LE DIATRIBE DE LA LAMPADINA: non c’è pace tra le nuvole! Il commento di Gianfranco Bologna

Appunti sparsi su Global Environmental Change e Climate Change

*Gianfranco Bologna,  febbraio 2015

Il cambiamento climatico costituisce la punta dell’iceberg del cambiamento ambientale globale (Global Environmental Change GEC) cui l’umanità ha sottoposto, in particolare con l’accelerazione avutasi dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, tutti i sistemi naturali del pianeta. La comunità scientifica internazionale che si occupa da decenni del Global Environmental Change ha dimostrato con tutti i suoi programmi di ricerca internazionali oggi coordinati da Future Earth: Research for Global Sustainability, (vedasi il sito www.futureearth.org )  patrocinato dalla più grande organizzazione scientifica mondiale l’International Council for Science (ICSU, vedasi www.icsu.org)  la straordinaria pervasività e forza della continua pressione umana sui sistemi naturali dell’intero pianeta.

La comunità scientifica internazionale che si occupa del GEC sta dimostrando che siamo ormai entrati addirittura in un nuovo periodo geologico, l’Antropocene (www.anthropocene.info), l’epoca in cui gli esseri umani sono i principali driver dell’evoluzione dei sistemi planetari, con effetti similari alle forze geofisiche che hanno modificato la nostra Terra da quando esiste e cioè da oltre 4.6 miliardi di anni.

INFLUENZA-DEI-PIANETIL’International Union of Geological Sciences, attraverso la sua Commissione Stratigrafica Internazionale, si pronuncerà formalmente nel 2016 sul fatto se al Geological Time Scale della Terra debba aggiungersi un nuovo periodo geologico, l’Antropocene appunto, che costituisce veramente una sorta di “battito di ciglia” rispetto ai tempi geologici del nostro pianeta.

Siamo quindi in una situazione nella quale l’intervento umano sta profondamente trasformando l’intera superficie del pianeta, intervenendo pesantemente sui meccanismi evolutivi della vita e sulle strutture, i processi e le funzioni di tutti gli ecosistemi presenti.

Chi si permette di negare queste evidenze acclarate da tutta la letteratura scientifica internazionale dichiara palesemente il falso. Gli scienziati esperti dei cambiamenti globali stanno studiando da vari anni i cosidetti Planetary Boundaries (che sono stati recentemente aggiornati e rivisitati da una straordinaria pubblicazione apparsa su “Science” il 15 gennaio scorso) cioè i confini planetari oltre i quali l’intervento umano non dovrebbe andare, perché oltrepassati questi la situazione potrebbe raggiungere dei punti critici che provocherebbe effetti a cascata pesantissimi sulle stesse società umane. Uno dei Planetary Boundaries che la specie umana ha già sorpassato riguarda i limiti di concentrazione della presenza di anidride carbonica nella composizione chimica dell’atmosfera e lo “sbilanciamento” radiativo tra energia in entrata e energia in uscita nel sistema atmosferico.

La cultura umana dominante che vede ancora prioritari i meccanismi di crescita ad ogni costo delle economia umane non ha mai considerato lo sconvolgente impatto che questa azione provoca sulla natura ed i suoi complessi sistemi da cui dipendiamo, deriviamo e senza i quali, non possiamo vivere.

Continuare a bruciare carbone, petrolio e gas significa solo aggravare l’instabilità climatica con l’alta probabilità human-evolution-evoluzione-umana-di raggiungere e superare delle soglie molto pericolose per tutte le società umane e per l’intera natura e ricchezza della biodiversità con cui condividiamo questo periodo della vita del nostro pianeta e grazie alla quale riusciamo a vivere e a ottenere benessere e sviluppo.

L’utilizzo delle energie rinnovabili, del risparmio e dell’efficienza energetica diventa ormai essenziale e questi strumenti combinati tra loro possono consentire di affrontare queste sfide epocali in un modo corretto e soddisfacente.

A fine settembre 2014 il Global Carbon Project (www.globalcarbonproject.org), il più autorevole programma internazionale di ricerca sul ciclo del carbonio che opera nell’ambito dell’International Geosphere-Biosphere Program (www.igbp.net) sempre nel già citato programma Future Earth, ha reso noto il Global Carbon Budget 2014. I dati riportati da questo rapporto annuale, un appuntamento ovviamente molto utile e interessante per chiunque si occupi delle problematiche globali che riguardano la costante pressione umana sui sistemi naturali e gli effetti che da essa derivano, sono ancora più negativi rispetto al budget precedente.

Nel 2013 la concentrazione di biossido di carbonio nella composizione chimica dell’atmosfera ha raggiunto le 395 ppm; si tratta della concentrazione più alta registrata negli ultimi 800.000 anni ed è del 43% più alta della concentrazione esistente agli inizi della Rivoluzione Industriale nel 1750 che risultava essere di circa 277 ppm.

Il 5° rapporto dell’Intergovernamental Panel on Climate Change (www.ipcc.ch) del quale è stato reso noto il documento di sintesi alla fine di ottobre a Copenaghen (dopo che erano stati già pubblicati i tre volumi del rapporto, il primo dedicato allo stato di conoscenze sul clima della Terra, il secondo agli impatti ambientali e socio-economici del cambiamento climatico e alle opzioni di adattamento e il terzo sulle risposte di strategie, tecnologie, costi e politiche necessarie ad evitare un ulteriore aggravio del cambiamento climatico) dimostra chiaramente i danni inflitti ai sistemi ambientali e sociali del nostro pianeta dal continuo utilizzo dei combustibili fossili, dimostrando ormai l’insostenibilità economica dell’utilizzo addizionale di carbone, petrolio e gas.
La conoscenza scientifica sin qui acquisita ci dimostra sempre di più l’estrema necessità e l’urgenza di agire concretamente per fronteggiare il cambiamento climatico frenando ed eliminando l’utilizzo dei combustibili fossili nonchè il danno ambientale, sociale ed economico prodotto dall’inazione e dal rinvio.

Le conclusioni di questo quinto rapporto dell’IPCC sono molto chiare: ormai vi è l’estrema certezza che il cambiamento climatico è in atto e che gli esseri umani hanno causato la maggior parte di esso. Le emissioni di gas climalteranti hanno raggiunto livelli da record e gli effetti del cambiamento climatico stanno avendo ripercussioni ed impatti su tutti i continenti e gli oceani risultando in mutamenti che sono senza precedenti nella storia umana e potrebbero parzialmente essere, o diventare presto, irreversibili. L’attuale acidificazione degli oceani registrata a causa dell’eccesso di anidride carbonica che questi straordinari ambienti acquisiscono, potrebbe condurre ad un tasso così alto, come non si è mai verificato negli ultimi 300 milioni di anni, mettendo a rischio totale le catene alimentari degli organismi marini e le strutture e le funzioni degli ecosistemi marini.

Mantenere la crescita della temperatura sotto i 2°C entro tutto questo secolo è ancora possibile, ci dicono gli scienziati dell’IPCC, ma ciò richiede un cambio ad ampia scala nel mix globale di produzione energetica più un drastico e urgente taglio delle emissioni che dovranno poi essere azzerate. In ogni caso, proprio per cercare di evitare gli effetti più devastanti del cambiamento climatico, non si dovrebbe raggiungere un livello di concentrazione di CO2 nella composizione chimica dell’atmosfera superiore alle 450 ppm e sarebbe molto opportuno restare nell’ambito di un dato più basso di questo.

La comprensione scientifica che si sta ottenendo negli ultimi anni sui rischi futuri derivanti dai cambiamenti climatici in atto si sta rafforzando e dimostra quanto la crescita della temperatura media della superficie terrestre causerà sempre di più effetti economici molto significativi sul prodotto globale lordo, eroderà e modificherà le disponibilità di cibo e di acqua, accentuerà l’insicurezza alimentare, esacerberà le diseguaglianze sociali ed economiche.

Per leggere alcune pagine del State of the world 2013. E’ ancora possibile la sostenibilità?
di Worldwatch Institute

*Gianfranco Bologna è direttore scientifico del WWF Italia e segretario generale della Fondazione Aurelio Peccei, che rappresenta il Club di Roma in Italia. E’ stato anche membro del Club di Roma per un mandato sotto la presidenza di Alexander King. Svolge da 40 anni attività di divulgazione, di didattica e di progettualità sui temi della conservazione della natura e della sostenibilità. E’ stato dal 1999 al 2009 docente di sostenibilità dello sviluppo all’Università di Camerino e svolge diverse attività seminariali in varie università. Ha scritto diversi libri e enciclopedie sulla natura e diversi volumi sui problemi della sostenibilità, tra i quali “Pianeta Terra” (Giorgio Mondadori, 1990), “Nelle nostre mani” (Giorgio Mondadori, 1993), “Italia capace di futuro” (EMI, 2000), “Invito alla sobrietà felice” (EMI, 2001), “Manuale della sostenibilità. Idee, concetti, nuove discipline capaci di futuro” (Edizioni Ambiente, seconda edizione 2008).
Cura dal 1988 l’edizione italiana del rapporto mondiale “State of the World” del Worldwatch Institute ed è inoltre curatore delle edizioni italiane di decine di volumi di importanti studiosi di fama internazionale che si occupano di queste tematiche (da Lester Brown a Paul Ehrlich, da Amory Lovins a Norman Myers ecc.) e di diversi rapporti internazionali. Nel 1996 ha curato l’edizione italiana del classico volume di Mathis Wackernagel e William Rees, “L’impronta ecologica”, con la presentazione del primo calcolo dell’impronta ecologica dell’Italia. E’ stato esperto non governativo nelle delegazioni dell’Italia alla Conferenza ONU Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro nel 1992 e al Summit ONU sullo Sviluppo Sostenibile di Johannesburg nel 2002.

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