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Giovedì, 24 aprile 2014

Ciao,
oggi la nostra Lampadina si accende su:

La Lampadina - n. 27
Aprile 2014

Come dire, tutto torna nella vita? O il nostro mondo infinito, è a volte troppo piccolo? La nostra interconnessione è provata. Grazie ai viaggi aerei, alla velocità della comunicazione anche con gli angoli più sperduti del globo, tra tutto e tutti, riusciamo a sentirci vicini a chi è a migliaia di chilometri da noi e magari a sentirci soli nella nostra città... Diamo spazio a ciò che ci può insegnare a vivere meglio, diamo un'occhiata al passato per sapere e capire, sfatiamo i luoghi comuni, rileggiamo la storia con tutti gli strumenti a nostra disposizione: è anche così che la nostra mente si allargherà...


ATTUALITA': La Lampadina, Rodolfo Valentino e i sei gradi di separazione
Quando il mondo diventa piccolo e si contrae, approfittiamone!

Cari amici tutti, in questi tre anni de La Lampadina sono state tante le amicizie ritrovate, i fatti particolari che hanno coinvolto amici, parenti e il numeroso pubblico che ci legge… e questo mi ha fatto ricordare un film, “Sei gradi di separazione”.
Spiegazione grafica della teoria dei sei gradi di separazioneLa sceneggiatura si rifaceva ad una tesi elaborata nel 1929 dallo scrittore Frigyes Karinthy nel suo racconto “Catene”, ripresa a sua volta per una sperimentazione più efficace dal sociologo Stanley Milgram con la sua “teoria del mondo piccolo”.
La tesi sostanzialmente dice che ogni persona è collegata ad una qualsiasi altra mediante una catena di conoscenze composta da meno di 5 intermediari. Abbastanza chiaro? No, beh, sostanzialmente ne potete avere una vaga idea se accedete a Facebook e guardate chi vi viene consigliato come “amico”. In pochi contatti, potete arrivare a persone molto lontane da voi.
E questo capita anche con La Lampadina..

Il primo caso a seguito di un articolo di Giancarlo Puddu in merito al Gran Tour: Annabel Townley Bellini, amica e Autore ospite de La Lampadina segnala il suo antenato Charles Townley, appassionato di Gran Tour, Charles Townley, che tra il 1768 e il 1790 fece per ben tre volte il Grand tour per acquistare in Italia la parte più importante della sua collezione di sculture marmoree greco-romane, che servirono prima ad abbellire la sua casa di Londra in 7 Park Street, Westminster e, dopo la sua morte nel 1805, le tre stanze, chiamate the Townley Gallery, del British Museum, cui lasciò questo importante patrimonio artistico.

Mario Rigoni Stern alpinoPoi abbiamo avuto un articolo di Filippo Gammarelli dove ci segnalava un libro su Rigoni Stern a seguito di un suo viaggio in Russia e …. Manù Selvatico Estense il 2 marzo 2013 scrive:
Bellissimo articolo che mi ha molto commossa perché mio padre ha fatto, come Alpino, la Campagna di Russia ed aveva ai suoi ordini, il Sergente Mario Rigoni Stern! Uomo eccezionale che ho ben conosciuto, anche perché viveva ad Asiago e noi, essendo spessissimo cortinesi, avevamo la gioia di vederlo spesso! Dopo la sua morte sono rimasta in contatto con sua moglie, ma adesso non ho più notizie……Comunque grazie di aver scritto quelle bellissime cose su Mario e grazie anche per avermi permesso di ricordare!”

Più recentemente Ilaria Dagnini Brey, che oggi vive a New York e ha scritto quel famoso libro “Salvate Venere” sul salvataggio delle opere d’arte dopo l’ultima guerra (La Lampadina, marzo 2014): i suoi genitori padovani sono amici dei genitori della nostra Isabella Confortini.

E molte altre amicizie e rapporti sono poi derivati dalla nostra news letter…
Perchè non inaugurare una rubrica su le cose particolari delle famiglie? Documenti storici, se li avete, ricordi ma che possano avere qualche rilevanza ed interesse per tutti? Cosa ne pensate?

Rodolfo ValentinoComincerei, pubblicando una lettera di Rodolfo Valentino dove il nostro Rodolfo chiede ufficialmente un aiuto per un film al Barone Alberto Fassini, nonno di mia moglie Simonetta.
Alberto Fassini Camossi è stato un grande imprenditore con l’apice tra le due guerre. Tra le sue tante attività vi era quella delle fibre artificiali; con la sua Impresa, la Cines, e la produzione in diversi stabilimenti, riuscì a far dell’Italia uno dei maggiori produttori europei di rayon fiocco.
La Cines fu anche la prima Casa di produzione italiana a fabbricare in proprio la pellicola vergine per il cinema, e tale autonomia costituì uno dei motivi del suo grande sviluppo. Nella Cines coinvolse diversi amici da Carlo Amato, Gli studi della CinesProspero Colonna, Giovanni Alberto Blanc, Pietro Moncada e il principe di Paternò e fu amico delle più importati attrici del momento la Bertini, la Borelli, la Cavalieri etc.. i film prodotti forse una cinquantina…
Rodolfo Valentino venne in Italia nel 1923 insieme alla seconda moglie, Natascha Rambova. L'attore pugliese era all'apice della sua carriera, ma dopo l'insuccesso de “La signora delle camelie”, Hollywood gli impose uno stop di un anno.

Dopo Londra, Parigi, Nizza, il divo arrivò in Italia snobbato da Mussolini ma accolto calorosamente da Gabriele D'Annunzio. A Firenze alloggiarono nel palazzo del Fassini, un amico intimo degli Hudnut, poi si offrì di seguirli con la sua berlina fino a Roma e di far loro da guida nella Città Eterna. A Roma assistettero ad alcune "riprese" in esterni del film "Quo Vadis?" con Emil Jannings nella parte di Nerone.

Lettera di Valentino 1 Fu dopo questo incontro che Rodolfo Valentino inviò questa sua lettera ad Alberto Fassini
(clicca sulle immagini per leggere la lettera).
Lettera di Valentino 2

Carlo Verga

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CULTURA: la storia di Pasqua
Sappiamo esattamente cosa festeggiamo e perchè?

Il risveglio della primaveraIl nostro paese ha tradizioni cristiane antichissime. La comunità cristiana di Roma era già viva e vegeta quando furono martirizzati Pietro e Paolo durante la persecuzione di Nerone, nella prima metà degli anni 60 d.C. cioè una trentina d’anni dopo la morte e resurrezione di Gesù.
Come talvolta succede quando certe cose si danno per scontate, in presenza di questa antichissima tradizione c’è anche una contemporanea scarsissima conoscenza delle radici di quella che è la principale delle feste liturgiche cristiane: la Pasqua.
Si, perché anche se nel cuore della gente il Natale è molto più sentito, la festa più importante per il Cristianesimo è la Pasqua.
E poiché la Pasqua “cade” in questi giorni nei quali viene pubblicata la nostra newsletter, ho pensato di tracciare una (brevissima) storia di questa festa.
La Pasqua ha origine in una festa che è tradizione per quasi tutti i popoli della terra.  Tutti i popoli antichi infatti, avevano una “festa della primavera” per celebrare il risveglio, la rinascita della natura dopo il letargo invernale. Questa festa esprime la gioia nel vedere la vita che continua e riprende dopo la stasi e i rigori dell’inverno.
Anche il popolo ebraico – al quale apparteneva per nascita Gesù di Nazaret, detto il Cristo da coloro che credono il Lui e dal cui ceppo è nata la “religione” cristiana – celebrava questa festa di primavera.
Ma gli ebrei hanno vissuto nella loro storia un evento “fondante”, che li ha costituiti comeEsodo dall'Egitto, affresco ritrovato a Dura Europos in Siria popolo. Questo evento è stato la liberazione dalla schiavitù di Egitto, avvenuta per mano di Dio attraverso la mediazione del condottiero profeta Mosè e raccontata nel libro dell’Esodo, il secondo dei libri della Bibbia.
E’ una legge “sociologica” che tutti gli eventi “fondanti” vengano celebrati con una “festa” (l’ultima esperienza che ne abbiamo noi in Italia è il 2 Giugno: festa della Repubblica).
Considerato che questo evento, secondo la tradizione, era avvenuto in occasione della luna piena di primavera, Israele scelse come sua “festa” principale proprio la “festa della Primavera” attribuendole tuttavia un contenuto nuovo, anche se nella stessa linea di quello precedente, solo con un  cambiamento di riferimento: non si celebrava più il risveglio della natura alla nuova vita dal letargo dell’inverno ma il risveglio del popolo che passava dalla schiavitù  alla libertà.  Il nome attribuito alla festa è stato Pasqua- Pesah in ebraico – che vuol dire “passaggio”.
Da allora – circa 1200 anni A.C – tutti gli anni gli ebrei celebrano nella festa di Pasqua il ricordo di questo evento fondante. E lo fanno quando la luna di primavera è piena.

In una notte nella quale gli ebrei celebravano Pesah è avvenuto un altro evento: Gesù di Nazaret che era stato messo a morte mediante crocifissione e deposto in un sepolcro è risuscitato dalla morte con un corpo trasformato e glorioso ed è apparso ad alcuni che erano stati suoi discepoli.
Andrea Mantegna - Studio per La resurrezione di Gesù - British Museum LondraQuesti suoi discepoli hanno iniziato a diffondere questa notizia incredibile e sconvolgente: uno che era morto è tornato alla vita, “anticipatore” di tutti coloro che lo avessero seguito nella via che indicava.
Quanti prestarono fede a questa notizia e cominciarono a seguire questa via che veniva loro mostrata formarono un nuovo “popolo”, non più su basi etniche  ma di comunanza di fede.  Quale l’evento “fondante”? Ovviamente la morte e resurrezione di Gesù avvenuta in una notte di Pasqua.
E’ venuto allora naturale attribuire un nuovo contenuto, sempre sulla stessa linea, ma più pieno, alla stessa festa di sempre: non più passaggio dal letargo dell’inverno al risveglio della primavera, non più passaggio dalla schiavitù alla libertà ma passaggio dalla morte fisica a una vita nuova senza fine.
Per quanto riguarda la data di celebrazione della festa per alcuni secoli in ambito cristiano si seguirono due tradizioni: una era di celebrare, come gli ebrei, il giorno della luna piena – qualunque fosse il giorno della settimana nel quale capitava; un’altra, invece, era di celebrarla sempre in prossimità della prima luna piena di primavera ma di Domenica – il giorno della settimana nel quale era avvenuta la resurrezione di Gesù. Delle due tradizioni questa è quella che ha prevalso – attraverso varie vicissitudini. E questo dà conto del fatto che la data della Pasqua possa “cadere” tra  il 22 marzo e il 25 aprile.
L’anno scorso il 30 Marzo, quest’anno il 20 Aprile: buona Pasqua a tutti!
Beppe Zezza

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VIAGGI/ARTE: la Lampadina a New York
Avevamo detto che ci saremmo andati e così è stato! E questo è ciò che è successo!

SkylineUn gruppo di simpatizzanti de La Lampadina è tornato dal bel viaggio a New York, organizzato benissimo da Carlo Verga e Luciano Berni Canani, il quale ha dato al nostro gruppo sia indicazioni per muoverci nella New York “da vedere” che spiegazioni dotte, chiare e molto vive nel contesto di due delle nostre visite-chiave al MOMA e al Guggenheim. Penso che sia più corretto dire che abbiamo soprattutto esplorato Manhattan (ma non solo) e per essere ancora più precisi quello che succede intorno alla Quinta Strada!
Si raggiungeva a piedi (dal nostro albergo a Midtown Manhattan) tutti i Musei dove l’arte è regina. Una parte del soggiorno in città è stata certo molto seria e colta, ma il resto, su precise indicazioni degli “habitués”, è stato dedicato allo shopping, al mangiare e al bere in tutt’allegria. Cominciando dai negozi stupendi con un dollaro molto conveniente, per poi cenare nell’immenso ristorante giapponese “IchiUmi” con un buffet incredibile, oppure nel bistrot francese “Balthazar raccomandato dalla guida Michelin e ancora nel locale “trendy” in cima all’albergo Standard High Line per un aperitivo con vista da urlo a 360° su New York e cena allo Standard Grill nel più puro “old american style”.
Dia Art Collection La domenica del primo giorno, a un’ora e mezzo a nord di NY, nei 30.000 metri quadri circa della stamperia costruita nel 1929 da Nabisco, sull’argine del fiume Hudson, un gruppo di arditi ha visitato, con estremo interesse, la Dia Art Foundation’s Collection, che presenta una selezione di arte dagli anni sessanta a oggi. Notevole è un commento realistico.
Nei giorni successivi ci si è dedicati, all’infuori delle singole attività durante il tempo libero, a visitare tra i più bei musei del mondo.
Quando sento parlare della Grande Mela per identificare New York, penso piuttosto alla grande madre del mondo nuovo. Una città che si presenta con una modernità oramai stabilita, quasi antica con i suoi grattacieli storici, ma con un’energia sempre proiettata verso il futuro. Il MOMA, che abbiamo percorso in lungo e in largo con la raffinata e viva spiegazione di Luciano, espone in questo momento, oltre alla sua ricca collezione storica, una rassegna dei “disegni trasferiti” (poco conosciuti), stampe, sculture e ceramiche di Gauguin (Gauguin: Metamorphoses) con qualche famosissimo quadro della collezione del Museo e una selezione della collezione della gallerista storica, Ileana Sonnabend (Ambassador for the new) nota per aver portato alla fama, a Parigi e New York, l’arte di Pollock, Rauschenberg, Jasper Il MomaJohns, Andy Warhol, Robert Morris, Mario Merz, Vito Acconci, Mel Bochner, John Baldessari e Jeff Koons per citare solo alcuni dei quaranta artisti esposti, che facevano parte della sua “scuderia”.
E’ sempre un privilegio trovarsi nell’invidiabile rinnovata struttura (2004) dell’architetto giapponese Yoshio Taniguchi, con i suoi spazi funzionali ed eleganti.
Il mattino seguente, dopo un interessante giro di Manhattan in pullman, ci siamo dedicati al piacere di una visita alla Frick Collection guidati con brio da Saverio Salomon, capo curatore della collezione, che ci ha esposto sia la storia sia le opere contenute nel prezioso Museo.
Il fondatore, Henry Clay Frick (1849-1919), grande industriale dell’acciaio, nel 1913-14 decise di costruirsi una casa, ampliata dopo la sua morte, concepita come museo, da destinare alla sua collezione costituita essenzialmente da ritratti e paesaggi.
Comunque il momento sicuramente più atteso e motore decisivo per intraprendere il nostro viaggio a New York è stato la visita alla storica mostra del Guggenheim  dedicata a Italian Futurism, 1909-1944: Recostructing the Universe.
Entrare e godersi la sorprendente struttura, vista come la Torre di Babele rovesciata, uno Ziguratt all’inverso, realizzata nel 1943 da Frank Lloyd Wright su commissione di Solomon Guggenheim è sempre un’immensa emozione.
Ho già avuto l’occasione di introdurre la mostra in un precedente numero della Lampadina, ma vederla, dal vivo, con la brillante e ricca spiegazione di Luciano Berni Canani, mi permette di parlarne con speciale Il Guggenheimentusiasmo. Come sappiamo il futurismo italiano è un movimento “globale”, che risponde a un pensiero che tocca tutti gli aspetti della vita e non solo l’arte nelle sue espressioni e si allarga anche al vivere quotidiano, alla politica, alla cucina, al vestiario a Tutto, come si legge nel rivoluzionario manifesto di Filippo Tommaso Marinetti pubblicato sul Figaro nel Febbraio 1909.
E’ un grande errore abbinare il Fascismo al movimento futurista. Effettivamente, essendo contemporaneo, ne ha illustrato certi aspetti, ma in verità è stato l’espressione, fondamentalmente, del desiderio ribelle di cambiare il mondo, di distruggere il vecchio, di trasmettere vitalità in un secolo che si apriva alla modernità, alla velocità dei nuovi macchinari per sfidare lo spazio, alla nascita di una nuova economia industriale. Bisognava essere innovatori, dirompenti, partecipare ad ogni costo per cambiare il mondo e fare, del suo credo, l’unico linguaggio da usare.
La mostra ci regala una serie di opere di grande qualità di Boccioni, Balla, Russolo, Benedetta Cappa, Depero e tantissimi altri artisti, con sculture, tele, mobili, pezzi d’abbigliamento, scritti numerosi, passando dai disegni di un’architettura visionaria, a manifesti pubblicitari e quant’altro.
La mostra sicuramente riunisce una serie di straordinarie opere accostate per la prima volta per questo evento, ma s’incontra forse un certo squilibrio nel rappresentare gli artisti. Pochi Boccioni e pochi Balla. Troppi Depero. Poche sculture e spazio esagerato dato a opere minori. Sarà per decisione della curatrice, per difficoltà a otteneCrali e il suo "Prima che si apra il paracadute"re le opere in prestito? Non importa. La mostra è comunque affascinante per la grandissima qualità di alcune opere, che, viste dal vivo (anche a pochi centimetri), fanno provare una vera emozione con il loro colore, la loro materia e il pensiero così moderno e vivo che le caratterizza.
Voglio, prima di lasciarvi, alludere ad una breve piacevolissima visita fatta da alcuni di noi a Ilaria Dagnini Brey l’autrice del “Salvate Venere” come da ultimo articolo su “La Lampadina”. Bella la Sua casa con una notevole vista su New York, c’erano il marito Carter, una breve apparizione dei figli e gli amici Dianella con il marito Terry che sta girando un film sul gioco del calcio.. Ilaria sarà a Firenze i primi di maggio per una conferenza a Firenze a palazzo Vecchio, l'argomento: i tesori d'arte salvati in Toscana durante l'ultima guerra.
In conclusione, spero che dal mio racconto emerga la grande gioia provata da tutti noi dopo un bellissimo viaggio ben organizzato e in ottima compagnia.
Marguerite de Merode

E in questo link trovate il commento di un'altra partecipante al viaggio..

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ABBIAMO OSPITI - MUSICA: gli strumenti di serie B, è l'ora della rivincita
Forse non ci abbiamo mai pensato, ma anche nella musica ci sono luoghi comuni difficili da eliminare..

Amo profondamente la musica ma che assoggetto a dei precisi “distinguo”.
"Natura morta e mandolino" di Gris Detesto le definizioni di musica colta, di musica d’arte, di musica seria quasi che la musica popolare o legata a delle tradizioni etniche sia di classe “b” e che, pertanto, debba temere confronti o giudizi impietosi da parte di critici supponenti che pensano di perdere la loro aurea mediocritas. Perché di mediocrità si tratta. Accade molto spesso che una composizione realizzata originariamente per una determinata occasione (un banchetto di corte, una festività, una funzione religiosa) venga poi ascoltata in tutt'altro contesto come in una sala da concerto, in un parco, oppure anche nel salotto di casa propria. Ciò è possibile perché i brani della cosiddetta tradizione colta vengono considerati come opere d'arte che vanno assimilati e contemplati. Nell'ambito della tradizione popolare, invece, una musica non può ancora essere liberamente svincolata dall'occasione e dal luogo dell'esecuzione, come nel caso di una danza, o di una festa religiosa. In questi casi la musica diventa purtroppo banalmente funzionale: essa non ha più valore di per sé, ma è importante soprattutto per i partecipanti allo svolgimento di un avvenimento o un'attività collettiva. E così ci sono strumenti come il mandolino e la fisarmonica che vengono ritenuti degli strumenti declassati, poco considerati e inadatti ad un genere di musica quale è quello cosiddetto classico. E questo è un fenomeno molto frequente dovuto all'ignoranza delle persone e alla loro assoluta convinzione che la fisarmonica sia solo uno strumento per musica da ballo e il mandolino un simbolo legato al sole, al mare e alla pizza napoletana!
"Paggetto suonatore di mandolino" Gaetano PreviatiMa quanti sono coloro che sanno che il repertorio di musiche per mandolino è pressoché illimitato, potendosi adattare a questo strumento vari tipi di musica? Tra l’altro è possibile utilizzare il repertorio violinistico, dal momento che il mandolino ha la stessa accordatura del violino.
Pur essendo uno strumento popolare, è stato impiegato anche nella musica cosiddetta colta e, talvolta, anche nell'opera lirica. Lo stesso Antonio Vivaldi compose un concerto per mandolino (Concerto in Do maggiore Op.3 n.6) e due concerti per due mandolini ed orchestra. Mozart lo inserì nel suo Don Giovanni e Beethoven gli dedicò quattro sonatine.

Ben diversa sorte da quella in cui è relegato oggigiorno, almeno che non si vada all’estero dove è ancora suonato (in Cina ad esempio ci sono oltre 3000 suonatori di mandolino) e nonostante gli italiani siano conosciuti come portatori sani di questo strano strumento. Nessuno sa come abbia avuto origine tutto questo; fatto sta che per chiunque, all'infuori degli italiani, è scontato che un italiano possegga e sappia suonare un mandolino così come un bambino sappia dire mamma.
La fisarmonicaFino a poco tempo fa la fisarmonica era assimilata all’organetto e, sebbene l’Italia sia considerata la patria di questo strumento grazie alla gloriosa tradizione della fisarmonica “made in Italy” sia a Stradella, nell’Oltrepò pavese che a Castelfidardo nelle Marche, questo strumento ha registrato una lunga fase di declino in corrispondenza dell’affermarsi di nuovi gusti musicali.
Ma, come un’araba fenice, in questi ultimi anni la fisarmonica italiana sta tornando in auge, questa volta come protagonista di un repertorio molto più ricercato, erudito, abbandonando quasi definitivamente il ruolo tipicamente folkloristico che ne segnò i primi successi. E si studia anche nei Conservatori da quando, nel 1992, con un decreto ministeriale l’insegnamento della fisarmonica venne “promosso” a Scuola, permettendo il conseguimento di un diploma decennale analogo a quello degli altri strumenti insegnati in Conservatorio. Firenze e Pesaro furono le due città a ottenere le prime cattedre. Basta quindi assimilare la fisarmonica al liscio, alle balere e al tango!
Il programma del concerto all'Eliseo La fisarmonica classica è una realtà che (fortunatamente) esiste ed ha una sua piena collocazione nel mondo. Solo in Italia alcuni ancora la considerano di "basso lignaggio".
Ecco che il mio spirito tradizionalmente inquadrato, ma controcorrente, ha avvertito l’esigenza di far ascoltare, di far stupire e di vendicare l’indifferenza e l’altezzoso sussiego ancora radicato nei confronti della fisarmonica e quale miglior occasione se non quella di inserirla a pieno titolo in un concerto di musica classica sia come solista che accompagnata e sostenuta da un’orchestra di archi? Questo accadrà presto perché il mese prossimo darò vita ad un concerto in cui la fisarmonica la farà da padrone!
Giulia Pasquazi Berliri

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ABBIAMO OSPITI - ITALIANITA': la falsa euforia napoletana
Una città e i suoi abitanti, unicità a volte difficili da comprendere per complesse ragioni storiche  e sociologiche.

E’ assai facile farsi ammaliare dalla giovialità dei modi, comunemente attribuita a noi napoletani. E’ empiricamente verificabile il calore trasmesso in ogni atteggiamento tipico partenopeo.
Raccolta differenziataEppure sono convinto che, al di là degli stereotipi di cui siamo saturi, non vi è maggior nichilistica rassegnazione che tra gli abitanti di una delle più belle città del Pianeta.
Me ne devo rendere conto ogni volta che annoto la nostra predisposizione a lamentarci piuttosto che a risolvere i problemi.
Un esempio? La drammatica, invereconda emergenza rifiuti. Tutti, giustamente, ci vergogniamo di questa ignominiosa piaga, eppure difficilmente trovi chi ha la premura di separare i rifiuti di plastica dagli organici. E se domandi “scusa che ti costa separare la plastica dal vetro?” la risposta è: “A cosa serve se lo faccio solo io?”. E poi giù di lì con argomentazioni preconfezionate: “Tanto non sono questi i rifiuti che inquinano, ma quelli che mandano dal Nord” (a qualche nostro conterraneo felice di accoglierli, aggiungerei io); e così via dicendo, sino a rimettere in discussione i massimi sistemi, l’Unità d’Italia e la Spedizione dei Mille.
Sì, perché tanta è la nostra attitudine a cercare altrove le nostre responsabilità che abbiamo imparato ad individuare l’origine e causa di ogni male nella caduta del Regno delle Due Sicilie.
Premetto che il mio affetto verso la Casa di Borbone ed il Regno DuoTricolore con stemma del Regno della casa di Borbonesiciliano è cementato da una tradizione familiare che difficilmente può essere obliterata. Ciò non toglie che vedere solo negli ultimi anni un improvviso sentimento meridionalista, monarchico e borbonico, mi sa tanto di un inane tentativo di risposta al fenomeno del leghismo al Nord.
Così vedi le immagini di una partita di calcio colorate dallo sventolio di bandiere bianche con lo stemma della Real Casa di Borbone, che secondo chi le issa sarebbero dovute essere quelle del Regno delle Due Sicilie, ignorando che l’ultima bandiera che sventolava su Gaeta, Messina e Civitella del Tronto era il Tricolore con al centro lo stemma della Casa di Borbone.
Così ti rendi conto che persino il tifo per una squadra di calcio travalica se stesso per prendere la forma di un’impropria divinizzazione che segna l’indice del collasso valoriale in cui siamo precipitati noi partenopei.
Una delle frasi più ricorrenti che ascoltiamo da qualche anno a questa parte è che “non si arriva a fine mese”. Ma a Napoli questo non è un problema. Il problema è far arrivare al Presidente de Laurentis la propria profetica opinione sugli acquisti da fare per rinforzare la difesa. “Non capisci niente – fa gentilmente notare un Solone che partecipa all’aulico dibattito – de Laurentis deve comprare un fantasiSan Gennaro e Maradonasta”. E così, tra offese personali, trascorre al bar la giornata chi si sarebbe dovuto preoccupare di “arrivare a fine mese”.
Ricordo un episodio, era settembre, San Gennaro – tra le cui virtù va annoverato il fatto che ancora non si sia disgustato di noi – ripeteva, tra le preghiere del popolo, la prodigiosa liquefazione del sangue del martirio. Un giornalista tentava di raccogliere le emozioni di alcune tra le tante persone affollate fuori il Duomo richiamate dal Miracolo del Santo. Intercetta un uomo sulla sessantina: “Lei è emozionato per il Miracolo di San Gennaro?” e questi a lui “A Napoli solo Maradona ha fatto i miracoli!”
Da napoletano fiero della storia millenaria della propria terra, vorrei poter continuare a credere nei miracoli anche senza Maradona.
Gerardo Mariano Rocco di Torrepadula

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ABBIAMO OSPITI - LETTERATURA: Eugenio Corti, "Faccio lo scrittore per lasciare un segno"
E' venuto a mancare da poco un grande scrittore. Ecco come lo ricorda chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e incontrarlo più volte. Tanto da rimanere ad ascoltarlo fino a notte fonda...

Avevo quattordici anni quando ho incontrato per la prima volta Eugenio Corti: doveva tenere una conferenza di fronte a un centinaio di ragazzi delle superiori per presentare il suo romanzo uscito l’anno precedente, Il cavallo rosso. Ricordo ancora bene cosa ci disse: «Uno dei motivi per cui faccio lo scrittore è il desiderio di lasciare un segno di me nella storia, che rimanga dopo la mia scomparsa». La copertina del Cavallo Rosso
L’anno successivo decisi di leggere il suo romanzo e rimasi completamente affascinata dal suo modo di scrivere, dai suoi personaggi, dalla narrazione della ritirata dalla Russia.
Negli anni ho riletto Il cavallo rosso diverse volte, alcune pagine addirittura molte volte, tanto da arrivare a ricordarle a memoria.
Durante gli anni dell’università ebbi la grande fortuna di andare alcune volte a casa sua a Besana Brianza con un gruppo di amici della Cattolica particolarmente appassionati dell’opera di Corti. Sono state serate incredibili: noi sparpagliati nel suo salotto attorno a lui che, a partire da qualche nostra domanda, iniziava a raccontare episodi del periodo della guerra, momenti delle battaglie culturali che precedettero i referendum su aborto e divorzio, la sua amicizia con don Carlo Gnocchi. Più di una volta nel corso di quelle serate si definì un cantastorie e noi infatti stavamo per ore ad ascoltarlo. Una volta ricordo che guardò l’orologio e disse: «È passata l’una, credo sia ora di congedarci». Un’altra volta ci regalò alcune copie della prima edizione de I più non ritornano, il suo primo libro.
Divenuta insegnante, ho avuto altre occasioni di incontrare Corti, in particolare quando una volta venne a scuola a parlare della guerra e del mestiere dello scrittore ai ragazzi, nei miei primi anni di insegnamento alla Traccia.
Eugenio CortiSono infine tornata in quel salotto molti anni dopo, nel maggio del 2012, con una classe di miei alunni. Eugenio Corti era da poco tornato dall’ospedale, ma aveva gentilmente accettato di parlare con i ragazzi della IIIB di quell’anno: dovevano essere pochi minuti, diventati poi più di trenta. Avevamo seguito un percorso, proposto dall’Associazione culturale Brianze, tra Monticello e Besana Brianza attraverso alcuni dei luoghi del Cavallo rosso: Villa Greppi, la Besanella, la stazione di Besana, la chiesa. Io ero felice di poter salutare dopo tanto tempo uno dei miei scrittori preferiti. Si era ricreata la magia del tempo dell’università: questa volta una trentina di quattordicenni (talvolta un poco turbolenti) ascoltava in silenzio, senza neppure muoversi, lo scrittore novantenne rispondere alle loro timide domande.
I ragazzi sono stati colpiti in particolare dal racconto della sua fuga attraverso l’Italia nei giorni successivi all’armistizio del ’43 e del suo incontro con i pastori abruzzesi, lungo i tratturi.
Sono molto grata della possibilità che ho avuto nella vita di imbattermi in un uomo grande come Eugenio Corti, ma soprattutto ringrazio Domineddio (era una sua espressione consueta) che l’incontro con lui e la sua opera mi abbia permesso di conoscere un testimone serio della storia e un osservatore appassionato della realtà.
Cristina Bonetti

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COSTUME: l'ombrello
Oggetto scontato e prezioso di cui non sappiamo molto...

Estonia, fontana degli innamorati sotto la pioggiaStiamo, forse, uscendo da uno degli inverni più piovosi della nostra memoria. Per strada giacciono buttati, ciancicati, rotti, una marea di piccoli ombrelli. Quelli che abbiamo comprato al prezzo pazzesco di 3 euro da venditori indiani, srilanchesi, africani, appostati in piccoli gruppi con un occhio al cielo ed uno al meteo.it che ha promesso pioggia. Sono durati forse solo il tempo di un violento acquazzone a cui si sono strenuamente opposti, piegandosi, cappottandosi, spaccandosi. Inservibili per la pioggia seguente, ma, al momento, ci hanno salvato vestiti e cappotti che si sarebbero trasformati in enormi spugne da strizzare.
Oggetti eleganti? Questi certamente no. Solo momentaneamente utili, ma quanto diverso il loro passato.
Il nome ne narra un po’ la storia.
Parasole cinese Ombra dovevano procurare al loro nascere.
Ne ritroviamo l’immagine negli affreschi di tombe egiziane in cui persino la dea NUT protegge la terra con il suo corpo disteso sopra di essa come un immenso ombrello. Ma pare che la sua invenzione risalga ai cinesi fin dal XII secolo A.C.
Anche i Babilonesi ne facevano uso e in Estremo Oriente era ritenuto un segno di classe alta, di nobiltà. Veniva usato solo dai reali o dai dignitari di corte.
Nell’antica Roma, come sappiamo, il Colosseo veniva protetto da una leggera tenda che proteggeva gli spettatori dal sole.
Ma nelle giornate di vento in cui il velario non poteva essere aperto le signore romane ricorrevano a piccoli elegantissimi ombrelli.
Scompare poi per un lungo periodo durante il quale sopravvive come insegna pontificia.
Merito di CaterinaSignora con parasole, Signora Monet e sua figlia dei Medici nel Cinquecento di aver fatto conoscere l’ombrello, anzi, il parasole ai Francesi. Arriva poi anche in Inghilterra. Con poca fortuna forse a causa del clima.
Fino al Settecento è rimasto in uso solo fra le classi abbienti portato da un servitore come distintivo onorifico. Per la pioggia ancora venivano usati mantelli e cappucci.
Certo è che si deve ai cinesi la trasformazione da parasole a para pioggia: loro l’idea di renderlo impermeabile con cera e lacca. Il parasole, divenuto ombrello, diviene un oggetto di uso comune in Francia e in Italia.

Finalmente un oggetto elegante, insieme al cappello viene consegnato aOmbrello da difesa per signore rigidi servitori nelle anticamere, il manico con l’impugnatura d’ebano, un piccolo cerchio d’oro con le iniziali, il rivestimento di seta, le stecche di balena, tutto ciò concorre a farlo divenire un oggetto non solo utile ma necessario complemento di raffinatezza maschile.
A Samuel Fox, nel 1852, si deve la prima struttura in acciaio e la sua evoluzione arriva fino alla bottega artigianale di Mario Talarico , a Napoli, fornitore della Real Casa.
Parasole? Parapioggia?
Non solo.
Nel 1902 il Daily Mirror in un articolo lo suggerisce alle donne come arma di difesa.
Il Parapactum Ben più recentemente il presidente francese Sarkosy assegna alla sua scorta un ombrello da difesa. Fatto costruire dalla Real Cherbourg al piccolo prezzo di 10,000 sterline, dal peso di più di due chili, rinforzato in Kevlar, a prova di acido, pallottole e coltelli chiamato Para Pactum.
Nella nostra era dell’usa e getta l’ombrello è stato duramente colpito.
Ma, consci dei suoi illustri antenati, trattiamoli con rispetto questi poveri discendenti di augusti predecessori.
Abbiamone cura. Hanno una grande storia alle spalle.
Lalli Theodoli

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La Lampadina ::: Periodiche illuminazioni
Newsletter di fatti conosciuti ma non approfonditi, luoghi comuni da sfatare, semplici novità...

La Lampadina è una newsletter ideata da Carlo Verga, gestita da un Comitato di redazione composto da: Filippo Antonacci, Isabella Confortini Hall, Lucilla Crainz Laureti, Marguerite de Merode Pratesi, Giancarlo Puddu, Ranieri Ricci, Carlotta Staderini Chiatante, Lalli Theodoli, Beppe Zezza e redatta con la partecipazione di: Lorenzo Bartolini Salimbeni, Renata Ferrara Pignatelli, Angelica Verga. La sede è in via Guido d'Arezzo, 16, 00197 Roma.

La newsletter, di natura non politica, non ha scopo di lucro e si propone di fornire - con frequenza inizialmente mensile - "periodiche illuminazioni" su argomenti di vario genere, con spunti di riflessione e informazioni. L'invio viene effettuato su segnalazione degli stessi lettori, agli amici ed agli amici degli amici. il presente numero è inviato a circa milleseicento persone. Sono gradite da chiunque le collaborazioni e le segnalazioni di persone interessate a ricevere la newsletter.
Per informazioni scrivere a info@lalampadina.net

SUGGERIMENTI "ILLUMINANTI"

CINEMA: Non andate a vedere “12 anni schiavo” anche se ha vinto l’Oscar o “Allacciate le cinture” anche se è del bravo Ozpetek, invece vi consiglio assolutamente “Smetto quando voglio” e “Grand Hotel Budapest”! Lui è un regista mito -Wes Anderson- e se avete tempo gustatevi anche i suoi precedenti films.
Lucilla

OPERA: L'opera al cinema: La grande stagione live 2013-2014.  Direttamente dai più importanti teatri del mondo le opere liriche tanto amate trasmesse in sale cinematografiche. Uno spettacolo da non perdere per gli amatori del genere. Le prossime sono “Così fan tutte” il 29 aprile e "Cenerentola" il 13 maggio, entrambe dal The Metropolitan Opera.
Per Carlotta voto 9.

LIBRI: "La fragile bellezza del giorno". Ho letto con piacere l’ultimo libro di Giorgio Montefoschi, è un’accurata descrizione della vita dei nostri giorni e di chi ha vissuto o vive nelle zone cosi attentamente percorse e descritte dall’autore. Struggente la parte finale e l’inno all’amore della coppia. Leggi di più. Carlo

LUOGHI DA VEDEREForo di Augusto, 2000 anni dopo, dal 21 aprile, 2767° Natale di Roma, al 21 ottobre, ogni sera tre spettacoli alle 21 – 22 – 23… Piero Angela racconta l’antica Roma e la storia dell’Imperatore Augusto, con filmati e ricostruzioni usando tutte le più moderne tecniche. Da non perdere! Leggi di più.


Tutti i nostri suggerimenti li trovate qui

 
FLASH NEWS!
Un po' qua, un po' là...


Le mele marchio Melinda: il boom delle mele italiane intorno al mondo! I volumi hanno superato quello delle arance, sia come frutto che come spremute.  I dirigenti della Melinda, marchio Italiano che coinvolge molti produttori, fattura 282 milioni di euro, esporta in 50 paesi, ha 1200 dipendenti, produce 340mila tonnellate anno. Ha un impianto altamente tecnologico e una Una mela Melinda con il suo bollinostruttura di ricerca che gli permette di migliorare la qualità del prodotto a seconda delle esigenze del mercato. Ha investito 100 milioni di euro necessario peri miglioramenti qualitativi, per la produzione di tutti i derivati (dai succhi alle mousse, alle barrette…) per il risparmio energetico, per il miglior uso del terreno, fino al confezionamento dei vari prodotti. Una bella realtà italiana!
CV

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E’ italiano il nuovo curatore  della Andrea LissoniTate Modern. Nominato come “Film and International Art Curator” della Tate Modern di Londra ed è Andrea Lissoni (1970). Lo storico d’arte e curatore dell’Hangar Bicocca di Milano dal 2011, conserverà il suo ruolo à Milano e assumerà il nuovo incarico nel marzo 2014. Ha un curriculum decisamente internazionale ed ha ampiamente il profilo giusto per entrare a far parte di una delle più importanti istituzioni d’Europa (e dunque del mondo).
MdM

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Tesla: la produttrice di macchine elettriche di lusso con base in USA,  le azioni in un anno sono aumentate del 450%. Ha grandi prospettive in Europa ed anche in Italia. Il primo Paese che ha la maggior parte delle colonnine per la carica veloce è la Norvegia dove grazie alla politica di incentivi economici la Tesla Il super charger della Teslacosta poco più di una Golf (prezzo originale circa 70mila usd). La sperimentazione in Italia sarà effettuata sull’autostrada Milano-Genova, con tre/quattro colonnine per il rifornimento; il tempo della ricarica è stimato intorno ai 40/50 minuti. L’autonomia per ciascuna ricarica circa 300 km…
CV

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L’eterna rivalità tra i due grandi architetti Borromini e Bernini. Chi conosce l’oratorio dedicato ai Re Magi all’interno del palazzo di Propaganda Fide a Roma? Il Borromini lo ha realizzato nel XVII secolo a seguito della modifica della chiesa edificata dal Bernini. Per non far vedere la chiesa e l’oratorio, il Borromini lo ha inglobato nel palazzo così che non fosse ne’ visibile ne’ riconoscibile dall’esterno. Non ancora soddisfatto della sua azione, ha scolpito due granFacciata dell'Oratoriodi orecchie di asino sul muro di fronte  alla abitazione del Bernini, il quale a sua volta scolpì un enorme organo genitale maschile sul cornicione del suo palazzo. Entrambi i due dispetti marmorei furono però rimossi. Oltre all’Oratorio, rimane ancora visibile il grande dispetto della fontana dei 4 fiumi a piazza Navona…realizzata dal Bernini con una delle statue con una mano alzata a coprire la sua vista della chiesa di Sant’Agnese realizzata invece dal Borromini….
CV

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A Reggio Calabria il Museo intorno ai bronzi di Riace si è totalmente I bronzi al Museorinnovato. Con il progetto dello studio ABDR di Paolo Desideri rispettosissimo dell’architettura originale di Piacentini, si è ridato ai bronzi di Riace e alla bellissima collezione di antichità della Magna Grecia un nuovo degnissimo spazio. I bronzi si possono finalmente rivedere da vicino in un museo allargato e dotato di nuovissime tecnologie ambientali.
MdM

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S sta per sicurezza! http:// e https://  sulla barretta dell'indirizzo siti Internet.
quella "s" finale sta per SICUREZZA.
Ma cosa significano http e https?
La differenza principale tra http:// e https:// è una questione di sicurezza. HTTP è l'acronimo di Hyper Text Transfer Protocol.
La S è l'acronimo di "Secure" : quando visitiamo un sito web o una pagina web, e guardiamo l'indirizzo nel browser web, vediamo che inizia con: http:// . Ciò significa che il sito sta parlando con il browser usando il linguaggio normale "non garantito" . In altre parole, è possibile che qualcuno possa “vedere” la conversazione sul nostro computer con il sito e se si compila un modulo, qualcuno potrebbe appropiarsi delle informazioni inviate al sito.
Questo è il motivo per cui è fortemente sconsigliabile inserire il numero di carta di credito in un sito web http:// ! Se invece l'indirizzo web inizia con https:// , significa fondamentalmente che il computer sta parlando con il sito web in un codice di sicurezza che nessuno può intercettare. Oppure no?
CV



EVENTI-APPUNTAMENTI

Logo Fai Delegazione Roma

La Delegazione romana del FAI – Fondo Ambiente Italiano, in collaborazione con l'Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione della Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma, ha ideato
COSA FAI OGGI, un’iniziativa culturale che prevede altre tre aperture straordinarie durante l’anno con le stesse modalità di una Giornata FAI di Primavera, e cioè visite gratuite a cura dei volontari FAI a monumenti e siti archeologici poco conosciuti dal grande pubblico perché abitualmente non accessibili.
Il prossimo appuntamento di COSA FAI OGGI
è sabato 10 maggio
dalle ore 10 alle
ore 17

(ultima entrata ore 16.30), con visita ai RESTI DELL’ACQUEDOTTO VERGINE IN VIA DEL NAZARENO.
L'acquedotto Vergine

Via del Nazareno, percorso abituale per moltissimi romani, ma anche per i turisti che da Piazza Spagna sciamano verso Fontana di Trevi. Eppure sono in pochi a notare, dietro un cancello situato in prossimità del numero civico 9, una straordinaria testimonianza archeologica, una di quelle sorprese che bloccano il fiato per l’emozione. In basso rispetto all’attuale livello di calpestio, si stagliano in maestosa solitudine tre arcate di un acquedotto. L'iscrizione su di esso ci dice che: 
Dove corre l'Aqua Virgo

“Tiberio Claudio…. ricostruì e restaurò dalle fondamenta gli archi dell’acquedotto dell’Acqua Vergine, danneggiati da Gaio Cesare (Caligola).
Il tratto di via del Nazareno è il più importante fra quelli ancora visibili nel percorso urbano dell’acquedotto Vergine, che fu costruito nel 19 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa...

Leggi tutto sulla visita e su ciò che vedrai!

Per i lettori de la Lampadina è stato organizzata una visita alle  ore 11.00!
Prenota la tua visita mandando una email a

eventi-appuntamenti@lalampadina.net

oppure clicca qui per info

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La Russia si organizza per avere la più grande opera del mondo. 
Con un programma chiamato “Living Art”, L'arte da vivere, su dieci ettari di una zona di Mosca con cinque grattacieli, la società russa Krost guidata da Alexiey Dobashin sta costruendo "l’opera d’arte abitabile” più grande al mondo. Living art
Due italiani, Dante Oscar Benini, architetto, e l'artista Mario Arlati, saranno incaricati di trasformare questi appartamenti in opere d'arte, a partire dall'immenso affresco realizzato sulle facciate."Giocare in periferia è davvero stimolante, perché con eleganza e qualità del lavoro si riesce a nobilitare un luogo" (Arlati). " La mia idea è quella di regalare a chi abiterà Living Art dei luoghi di atmosfera, dove si possa respirare arte e bellezza." Qualcosa di molto lontano dall’idea di periferia dove si ritorna solo per dormire. "Un luogo che unisca in sé utilità, robustezza e bellezza e dove aleggi lo spirito dell’ingegno europeo", spiega Dobashin.
MdM

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NOTE DI VIAGGIO

Indonesia: un esteso arcipelago composto da più di 17.000 isole, con una popolazione di 23Mappa dell'Indonesia0 milioni d’abitanti. L’itinerario proposto è un mix  molto vario del paese, una combinazione tra gli aspetti culturali, antropologici e paesaggistici di cui tutta la regione è ricca: vulcani, molti ancora attivi, affascinanti templi, infinite risaie e piantagioni di tè, fitte foreste, una costa di imparagonabile bellezza, una flora di gran ricchezza e varietà e un patrimonio faunistico inconsueto.
I templi di Borobudur e Prambanan:
due straordinari esempi delle meraviglie del passato, entrambi patrimonio dell'UNESCO: il Il tempio di Borobudurprimo è uno dei più grandi templi buddisti del mondo, costruito nel 9° secolo, nascosta dalla polvere lavica per mille anni. Il secondo è uno dei più bei complessi di templi Indù dell’Indonesia.

Per saperne di più, contattate Federico di Marzo, Cultura e Natura nel Mondo, FOCUS Himalaya Travel.
Tel. 0664790088 - Cell: 339.1416222
federicodimarzo@gmail.com

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A teatro con La Lampadina

Logo Teatro Olimpico
Roma: Al Teatro Olimpico, Emiliano Pellisari - Comics.  dal 29 aprile all'11 maggio 2014. Volare nel cielo come uccelli, nuotare nel mare come pesci o scomporre il corpo umano e farne un fantasma. La fantasia che fa tornare bambini: suggestioni dei cartoni animati e dell'arte grafica per realizzare i sogni eterni degli uomini. Così nasce questo gioiello di physical theatre in cui il gesto atletico segue l'immaginazione di un irriverente sguardo coreografico. All’incalzante ritmo di jazz, l'allegria del corpo libera la mente.
Un appuntamento speciale per il Pr
Una scena di Comicsimo maggio: pic nic nei Giadini della Accademia Filarmonica Romana , incontro con Pellisari e spettacolo.
Clicca qui per leggere il programma.
Nelle repliche di tutti gli altri giorni, andiamoci con la promozione per  La Lampadina che ti darà una riduzione del 30% sul costo del biglietto. Se prenotate tramite noi, conviene:
chiedi info  o prenota qui.

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I SUGGERIMENTI DELLA LAMPADINA

Vi ricordate di vini, olii, olive, biscotti e Chianina...?
Se siete interessati trovate tutte le informazioni qui.

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MOSTRE

VENEZIA
Palazzo Grassi:
L’illusione della Luce
curata da Caroline Bourgeois. Sono venti, gli artisti rapresentati nella mostraL'illusione della luce della fondazione Pinault, che , con i loro lavori, hanno  cercato di esplorare i vari valori - dal fisico al politico, estetico o filosofico - che accompagnano il rapporto dell'uomo con la luce, specie negli ultimi decenni: Eija-Lisa Ahtila, Troy Brauntuch, Marcel Broodthaers, David Claerbout, Bruce Conner, Latifa Echakhch, Dan Flavin, Vydya Gastaldon, General Idea, Gilbert & Geroge, Robert Irwin, Bertrand Lavier, Julio Le Parc, Antoni Muntadas, Philippe Parreno, Sturtevant, Claire Tabouret, Danh Vo, Doug Wheeler e Robert Whitman. La mostra è stata pensata come un libero percorso tra differenti correnti del contemporaneo per permettere allo spettatore di trovare il suo proprio linguaggio personale secondo la propria sensibilità.

Irving Penn: Resonance
curata da Pierre Apraxine e Matthieu Humery.
Due grande prime, per il fotografo americano Irving Penn (1917-2009): la prima grande mostra dedicata a lui in Italia, e la prima esposizione della collezione Pinault dedicata alla fotografia. Con 130 imagini raccolte tra gli anni ’40 e ’80 la mostra, al secondo piano di Palazzo Grassi, riprende i suoi celebri scatti di moda realizzati per Vogue, i suoi ritratti di personaggi famosi e qualche fotografie di alcuni oggetti che amava immortalare.
Fino al 31 dicembre 2014

Roma
Pittura inglese a RomaFondazione Roma, Palazzo Sciarra, Hogart, Reynolds, Turner.
Pittura inglese verso la modernità, curata da Carolina Brook e Valter Curzi. L’Inghilterra del diciottesimo secolo era in un periodo di totale egemonia sia dal punto di vista storico, che politico ed economico. In mostra oltre 100 opere, provenienti dalle più prestigiose istituzioni museali (British Museum, Tate Gallery, Victoria & Albert Museum, Royal Academy, National Portrait Gallery, Museum of London, Galleria degli Uffizi, Yale Centre for British Art). La mostra è divisa in sette parti e mette in risalto il ruolo centrale dell’Inghilterra di allora nel mondo.
Fino al 20 luglio 2014.

Valentina Bonomo Artecontemporanea: Marie Harnett  (Herfordshire, 1983)
Sono esposte nello spazio della galleria le opere dell’artista ispirate al mondo del cinema. Con un semplice tratto di matita Un'opera di Harnettsu carta Marie Harnett cattura i momenti ed i dettagli più significative delle inquadrature di una pellicola. Basta la semplicità del disegno per restituire la bellezza e l’aspetto drammatico del film al di là della trama.
Fino all'11 maggio 2014.

Galleria del Cembalo, Lo spazio condiviso. L’Italia raccontata dai circoli. Fotografie di Massimo Siragusa. La mostra è anzitutto – e letteralmente – una raffigurazione del Paese ‘visto dall’interno’.
“….Ho scoperto luoghi dove, dietro Una fotografia in mostraun’apparente immobilità, succede sempre qualcosa. Spazi dove le storie di ognuno, la memoria e i valori condivisi si intrecciano, per divenire l’anima ed il cemento del posto.” Massimo Siragusa.
Fino al 14 giugno 2014.

Modena
Fondazione Fotografia al Foro Boario
Axel Hütte: Fantasmi e realtà
-  a cura di Filippo Maggia.
Negli spazi del Foro Boario di Modena, Fondazione fotografie presenta diciannove opere di grande formato dell’artista tedesco (noto fotografo internazionale della Scuola di Dusseldorf). Un'opera di Hutte
Sono paesaggi dalle serie Glaciers (1997 -2002), Water Reflections (1998 -2007) e Caves (2008), e i nuovi lavori del ciclo New Mountains (2011-2013), realizzate tra il 2012 e il 2013 nell’area dell’Appennino modenese, finora mai esposte.
Fino al 29 giugno 2014.

Modena e i suoi fotografi. Dal dopoguerra agli anni novanta, a cura di Chiara Dall’Olio e Stefano Bulgarelli.
La mostra ritraccia il lavoro di ventidue fotografi (tra i quali Luigi Ghirri) che hanno fatto di Modena un punto di riferimento a livello nazionale per la fotografia d’autore.  
Fino al 25 maggio 2014.

Le mostre sono a cura di Marguerite de Merode e le trovate tutte qui


PENSIERO LATERALE: ELMETTI E FERITE

All'inizio della prima guerra mondiale, l'uniforme dei soldati inglesi prevedeva un cappello di stoffa marrone. Nel corso della guerra, vista la forte incidenza di ferite alla testa, le autorità adottarono un elmetto di metallo. Tuttavia con grande sorpresa le autorità notarono che le ferite al capo continuavano ad aumentare… Altri cambiamenti, armi differenti o tipo di combattimento erano rimasti i medesimi. Come quindi giudicare questa maggiore incidenza?

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