ATTUALITA':
La Lampadina, Rodolfo Valentino e i sei gradi di separazione
Quando il mondo diventa piccolo e si contrae, approfittiamone!
Cari amici tutti, in questi tre anni de La Lampadina
sono state tante le amicizie ritrovate, i fatti particolari
che hanno coinvolto amici, parenti e il numeroso pubblico
che ci legge… e questo mi ha fatto ricordare un film,
“Sei gradi di separazione”.
La
sceneggiatura si rifaceva ad una tesi elaborata nel
1929 dallo scrittore Frigyes Karinthy nel suo racconto
“Catene”,
ripresa a sua volta per una sperimentazione più efficace
dal sociologo Stanley Milgram con la sua “teoria del
mondo piccolo”.
La
tesi sostanzialmente dice che ogni persona è collegata
ad una qualsiasi altra mediante una catena di conoscenze
composta da meno di 5 intermediari. Abbastanza
chiaro? No, beh, sostanzialmente ne potete avere
una vaga idea se accedete a Facebook e guardate chi
vi viene consigliato come “amico”. In pochi contatti,
potete arrivare a persone molto lontane da voi.
E questo capita anche con La Lampadina..
Il primo caso a seguito di un
articolo
di Giancarlo Puddu in merito al Gran Tour:
Annabel Townley Bellini, amica e Autore ospite de La
Lampadina segnala
il suo antenato Charles Townley, appassionato di
Gran Tour, Charles Townley, che tra il 1768 e il 1790
fece
per ben tre volte il Grand tour per acquistare in
Italia la parte più importante della sua collezione
di sculture marmoree greco-romane, che servirono prima
ad abbellire la sua casa di Londra in 7 Park Street,
Westminster e, dopo la sua morte nel 1805, le tre stanze,
chiamate the Townley Gallery, del British
Museum, cui lasciò questo importante patrimonio
artistico.
Poi
abbiamo avuto un articolo
di Filippo Gammarelli dove ci segnalava un libro
su Rigoni Stern a seguito di un suo viaggio in Russia
e …. Manù Selvatico Estense il 2
marzo 2013 scrive:
“Bellissimo articolo che mi ha molto commossa
perché mio padre ha fatto, come Alpino, la Campagna
di Russia ed aveva ai suoi ordini, il Sergente Mario
Rigoni Stern! Uomo eccezionale che ho ben conosciuto,
anche perché viveva ad Asiago e noi, essendo spessissimo
cortinesi, avevamo la gioia di vederlo spesso! Dopo
la sua morte sono rimasta in contatto con sua moglie,
ma adesso non ho più notizie……Comunque grazie di aver
scritto quelle bellissime cose su Mario e grazie anche
per avermi permesso di ricordare!”
Più recentemente Ilaria Dagnini
Brey, che oggi vive a New York e ha scritto quel famoso
libro “Salvate Venere” sul salvataggio delle opere d’arte
dopo l’ultima guerra (La
Lampadina, marzo 2014): i suoi genitori padovani
sono amici dei genitori della nostra Isabella Confortini.
E molte altre amicizie e rapporti sono poi derivati
dalla nostra news letter…
Perchè non inaugurare una rubrica su le cose particolari
delle famiglie? Documenti storici, se li avete, ricordi
ma che possano avere qualche rilevanza ed interesse
per tutti? Cosa ne pensate?
Comincerei,
pubblicando una lettera di Rodolfo Valentino dove il
nostro Rodolfo chiede ufficialmente un aiuto per un
film al Barone Alberto Fassini, nonno di mia moglie
Simonetta.
Alberto Fassini Camossi è stato un grande imprenditore
con l’apice tra le due guerre. Tra le sue tante attività
vi era quella delle fibre artificiali; con la sua Impresa,
la Cines, e la produzione in diversi stabilimenti, riuscì
a far dell’Italia uno dei maggiori produttori europei
di rayon fiocco.
La Cines fu anche la prima Casa di produzione italiana
a fabbricare in proprio la pellicola
vergine per il cinema, e tale autonomia costituì uno
dei motivi del suo grande sviluppo. Nella Cines coinvolse
diversi amici da Carlo Amato, Prospero
Colonna, Giovanni Alberto Blanc, Pietro Moncada e il
principe di Paternò e fu amico delle più importati attrici
del momento la Bertini, la Borelli, la Cavalieri etc..
i film prodotti forse una cinquantina…
Rodolfo Valentino venne in Italia nel 1923 insieme alla
seconda moglie, Natascha Rambova. L'attore pugliese
era all'apice della sua carriera, ma dopo l'insuccesso
de “La signora delle camelie”, Hollywood gli impose
uno stop di un anno.
Dopo Londra, Parigi, Nizza, il divo arrivò in Italia
snobbato da Mussolini ma accolto calorosamente da Gabriele
D'Annunzio. A Firenze alloggiarono nel palazzo
del Fassini, un amico intimo degli Hudnut, poi si offrì
di seguirli con la sua berlina fino a Roma e di far
loro da guida nella Città Eterna. A Roma assistettero
ad alcune "riprese" in esterni del film "Quo Vadis?"
con Emil Jannings nella parte di Nerone.
|
Fu dopo questo incontro che Rodolfo Valentino
inviò questa sua lettera ad Alberto Fassini
(clicca sulle immagini per leggere la lettera). |
|
Carlo Verga
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CULTURA: la storia di Pasqua Sappiamo esattamente cosa festeggiamo e perchè?
Il nostro paese ha tradizioni cristiane antichissime. La comunità cristiana di Roma era già viva e vegeta quando furono martirizzati Pietro e Paolo durante la persecuzione di Nerone, nella prima metà degli anni 60 d.C. cioè una trentina d’anni dopo la morte e resurrezione di Gesù. Come talvolta succede quando certe cose si danno per scontate, in presenza di questa antichissima tradizione c’è anche una contemporanea scarsissima conoscenza delle radici di quella che è la principale delle feste liturgiche cristiane: la Pasqua. Si, perché anche se nel cuore della gente il Natale è molto più sentito, la festa più importante per il Cristianesimo è la Pasqua. E poiché la Pasqua “cade” in questi giorni nei quali viene pubblicata la nostra newsletter, ho pensato di tracciare una (brevissima) storia di questa festa. La Pasqua ha origine in una festa che è tradizione per quasi tutti i popoli della terra. Tutti i popoli antichi infatti, avevano una “festa della primavera” per celebrare il risveglio, la rinascita della natura dopo il letargo invernale. Questa festa esprime la gioia nel vedere la vita che continua e riprende dopo la stasi e i rigori dell’inverno. Anche il popolo ebraico – al quale apparteneva per nascita Gesù di Nazaret, detto il Cristo da coloro che credono il Lui e dal cui ceppo è nata la “religione” cristiana – celebrava questa festa di primavera.
Ma gli ebrei hanno vissuto nella loro storia un evento
“fondante”, che li ha costituiti come
popolo. Questo evento è stato la liberazione dalla schiavitù
di Egitto, avvenuta per mano di Dio attraverso la mediazione
del condottiero profeta Mosè e raccontata nel libro
dell’Esodo, il secondo dei libri della Bibbia.
E’ una legge “sociologica” che tutti gli eventi “fondanti” vengano celebrati con una “festa” (l’ultima esperienza che ne abbiamo noi in Italia è il 2 Giugno: festa della Repubblica). Considerato che questo evento, secondo la tradizione, era avvenuto in occasione della luna piena di primavera, Israele scelse come sua “festa” principale proprio la “festa della Primavera” attribuendole tuttavia un contenuto nuovo, anche se nella stessa linea di quello precedente, solo con un cambiamento di riferimento: non si celebrava più il risveglio della natura alla nuova vita dal letargo dell’inverno ma il risveglio del popolo che passava dalla schiavitù alla libertà. Il nome attribuito alla festa è stato Pasqua- Pesah in ebraico – che vuol dire “passaggio”. Da allora – circa 1200 anni A.C – tutti gli anni gli ebrei celebrano nella festa di Pasqua il ricordo di questo evento fondante. E lo fanno quando la luna di primavera è piena. In una notte nella quale gli ebrei celebravano Pesah è avvenuto un altro evento: Gesù di Nazaret che era stato messo a morte mediante crocifissione e deposto in un sepolcro è risuscitato dalla morte con un corpo trasformato e glorioso ed è apparso ad alcuni che erano stati suoi discepoli.
Questi
suoi discepoli hanno iniziato a diffondere questa notizia
incredibile e sconvolgente: uno che era morto è tornato
alla vita, “anticipatore” di tutti coloro che lo avessero
seguito nella via che indicava.
Quanti prestarono fede a questa notizia e cominciarono a seguire questa via che veniva loro mostrata formarono un nuovo “popolo”, non più su basi etniche ma di comunanza di fede. Quale l’evento “fondante”? Ovviamente la morte e resurrezione di Gesù avvenuta in una notte di Pasqua. E’ venuto allora naturale attribuire un nuovo contenuto, sempre sulla stessa linea, ma più pieno, alla stessa festa di sempre: non più passaggio dal letargo dell’inverno al risveglio della primavera, non più passaggio dalla schiavitù alla libertà ma passaggio dalla morte fisica a una vita nuova senza fine. Per quanto riguarda la data di celebrazione della festa per alcuni secoli in ambito cristiano si seguirono due tradizioni: una era di celebrare, come gli ebrei, il giorno della luna piena – qualunque fosse il giorno della settimana nel quale capitava; un’altra, invece, era di celebrarla sempre in prossimità della prima luna piena di primavera ma di Domenica – il giorno della settimana nel quale era avvenuta la resurrezione di Gesù. Delle due tradizioni questa è quella che ha prevalso – attraverso varie vicissitudini. E questo dà conto del fatto che la data della Pasqua possa “cadere” tra il 22 marzo e il 25 aprile. L’anno scorso il 30 Marzo, quest’anno il 20 Aprile: buona Pasqua a tutti! Beppe Zezza
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VIAGGI/ARTE: la Lampadina a New York Avevamo detto che ci saremmo andati e così è stato! E questo è ciò che è successo!
Un
gruppo di simpatizzanti de La Lampadina è tornato dal
bel viaggio a New York, organizzato benissimo da Carlo
Verga e Luciano Berni Canani, il quale ha dato al nostro
gruppo sia indicazioni per muoverci nella New York “da
vedere” che spiegazioni dotte, chiare e molto vive nel
contesto di due delle nostre visite-chiave al MOMA e
al Guggenheim. Penso che sia più corretto dire che abbiamo
soprattutto esplorato Manhattan (ma non solo) e per
essere ancora più precisi quello che succede intorno
alla Quinta Strada!
Si raggiungeva a piedi (dal nostro albergo a Midtown
Manhattan) tutti i Musei dove l’arte è regina. Una parte
del soggiorno in città è stata certo molto seria e colta,
ma il resto, su precise indicazioni degli “habitués”,
è stato dedicato allo shopping, al mangiare e al bere
in tutt’allegria. Cominciando dai negozi stupendi con
un dollaro molto conveniente, per poi cenare nell’immenso
ristorante giapponese “IchiUmi”
con un buffet incredibile, oppure nel bistrot francese
“Balthazar”
raccomandato dalla guida Michelin e ancora nel locale
“trendy” in cima all’albergo Standard
High Line per un aperitivo con vista da urlo a 360°
su New York e cena allo Standard
Grill nel più puro “old american style”.
La domenica del primo giorno, a un’ora e mezzo a nord
di NY, nei 30.000 metri quadri circa della stamperia
costruita nel 1929 da Nabisco, sull’argine del fiume
Hudson, un gruppo di arditi ha visitato, con estremo
interesse, la Dia
Art Foundation’s Collection, che presenta una selezione
di arte dagli anni sessanta a oggi. Notevole è un commento
realistico.
Nei giorni successivi ci si è dedicati, all’infuori
delle singole attività durante il tempo libero, a visitare
tra i più bei musei del mondo.
Quando sento parlare della Grande Mela per identificare
New York, penso piuttosto alla grande madre del mondo
nuovo. Una città che si presenta con una modernità oramai
stabilita, quasi antica con i suoi grattacieli storici,
ma con un’energia sempre proiettata verso il futuro.
Il MOMA,
che abbiamo percorso in lungo e in largo con la raffinata
e viva spiegazione di Luciano, espone in questo momento,
oltre alla sua ricca collezione storica, una rassegna
dei “disegni trasferiti” (poco conosciuti), stampe,
sculture e ceramiche di Gauguin (Gauguin:
Metamorphoses) con qualche famosissimo quadro della
collezione del Museo e una selezione della collezione
della gallerista storica, Ileana
Sonnabend (Ambassador for the new) nota per aver
portato alla fama, a Parigi e New York, l’arte di Pollock,
Rauschenberg, Jasper Johns,
Andy Warhol, Robert Morris, Mario Merz, Vito Acconci,
Mel Bochner, John Baldessari e Jeff Koons per citare
solo alcuni dei quaranta artisti esposti, che facevano
parte della sua “scuderia”.
E’ sempre un privilegio trovarsi nell’invidiabile rinnovata
struttura (2004) dell’architetto giapponese Yoshio Taniguchi,
con i suoi spazi funzionali ed eleganti.
Il mattino seguente, dopo un interessante giro di Manhattan
in pullman, ci siamo dedicati al piacere di una visita
alla Frick
Collection guidati con brio da Saverio Salomon,
capo curatore della collezione, che ci ha esposto sia
la storia sia le opere contenute nel prezioso Museo.
Il fondatore, Henry Clay Frick (1849-1919), grande industriale
dell’acciaio, nel 1913-14 decise di costruirsi una casa,
ampliata dopo la sua morte, concepita come museo, da
destinare alla sua collezione costituita essenzialmente
da ritratti e paesaggi.
Comunque il momento sicuramente più atteso e motore
decisivo per intraprendere il nostro viaggio a New York
è stato la visita alla storica mostra del Guggenheim
dedicata a Italian
Futurism, 1909-1944: Recostructing the Universe.
Entrare e godersi la sorprendente struttura, vista come
la Torre di Babele rovesciata, uno Ziguratt all’inverso,
realizzata nel 1943 da Frank Lloyd Wright su commissione
di Solomon Guggenheim è sempre un’immensa emozione.
Ho già avuto l’occasione di introdurre la mostra in
un precedente numero della Lampadina, ma vederla, dal
vivo, con la brillante e ricca spiegazione di Luciano
Berni Canani, mi permette di parlarne con speciale entusiasmo.
Come sappiamo il futurismo italiano è un movimento “globale”,
che risponde a un pensiero che tocca tutti gli aspetti
della vita e non solo l’arte nelle sue espressioni e
si allarga anche al vivere quotidiano, alla politica,
alla cucina, al vestiario a Tutto, come si legge nel
rivoluzionario manifesto
di Filippo Tommaso Marinetti pubblicato sul Figaro
nel Febbraio 1909.
E’ un grande errore abbinare il Fascismo al movimento
futurista. Effettivamente, essendo contemporaneo, ne
ha illustrato certi aspetti, ma in verità è stato l’espressione,
fondamentalmente, del desiderio ribelle di cambiare
il mondo, di distruggere il vecchio, di trasmettere
vitalità in un secolo che si apriva alla modernità,
alla velocità dei nuovi macchinari per sfidare lo spazio,
alla nascita di una nuova economia industriale. Bisognava
essere innovatori, dirompenti, partecipare ad ogni costo
per cambiare il mondo e fare, del suo credo, l’unico
linguaggio da usare.
La mostra ci regala una serie di opere di grande qualità
di Boccioni, Balla, Russolo, Benedetta Cappa, Depero
e tantissimi altri artisti, con sculture, tele, mobili,
pezzi d’abbigliamento, scritti numerosi, passando dai
disegni di un’architettura visionaria, a manifesti pubblicitari
e quant’altro.
La mostra sicuramente riunisce una serie di straordinarie
opere accostate per la prima volta per questo evento,
ma s’incontra forse un certo squilibrio nel rappresentare
gli artisti. Pochi Boccioni e pochi Balla. Troppi Depero.
Poche sculture e spazio esagerato dato a opere minori.
Sarà per decisione della curatrice, per difficoltà a
ottenere
le opere in prestito? Non importa. La mostra è comunque
affascinante per la grandissima qualità di alcune opere,
che, viste dal vivo (anche a pochi centimetri), fanno
provare una vera emozione con il loro colore, la loro
materia e il pensiero così moderno e vivo che le caratterizza.
Voglio, prima di lasciarvi, alludere ad una breve piacevolissima
visita fatta da alcuni di noi a Ilaria Dagnini Brey
l’autrice del “Salvate Venere” come da ultimo articolo
su “La Lampadina”. Bella la Sua casa con una
notevole vista su New York, c’erano il marito Carter,
una breve apparizione dei figli e gli amici Dianella
con il marito Terry che sta girando un film sul gioco
del calcio.. Ilaria sarà a Firenze i primi di maggio
per una conferenza a Firenze a palazzo Vecchio, l'argomento:
i tesori d'arte salvati in Toscana durante l'ultima
guerra.
In conclusione, spero che dal mio racconto emerga la
grande gioia provata da tutti noi dopo un bellissimo
viaggio ben organizzato e in ottima compagnia.
Marguerite de Merode
E in questo link trovate
il
commento di un'altra partecipante al viaggio..
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ABBIAMO OSPITI - MUSICA: gli strumenti di serie B, è l'ora della rivincita Forse non ci abbiamo mai pensato, ma anche nella musica ci sono luoghi comuni difficili da eliminare..
Amo profondamente la musica ma che assoggetto a dei
precisi “distinguo”.
Detesto le definizioni di musica colta, di musica d’arte,
di musica seria quasi che la musica popolare o legata
a delle tradizioni etniche sia di classe “b” e che,
pertanto, debba temere confronti o giudizi impietosi
da parte di critici supponenti che pensano di perdere
la loro aurea mediocritas. Perché di mediocrità si tratta.
Accade molto spesso che una composizione realizzata
originariamente per una determinata occasione (un banchetto
di corte, una festività, una funzione religiosa) venga
poi ascoltata in tutt'altro contesto come in una sala
da concerto, in un parco, oppure anche nel salotto di
casa propria. Ciò è possibile perché i brani della cosiddetta
tradizione colta vengono considerati come opere d'arte
che vanno assimilati e contemplati. Nell'ambito della
tradizione popolare, invece, una musica non può ancora
essere liberamente svincolata dall'occasione e dal luogo
dell'esecuzione, come nel caso di una danza, o di una
festa religiosa. In questi casi la musica diventa purtroppo
banalmente funzionale: essa non ha più valore di per
sé, ma è importante soprattutto per i partecipanti allo
svolgimento di un avvenimento o un'attività collettiva.
E così ci sono strumenti come il mandolino e la fisarmonica
che vengono ritenuti degli strumenti declassati, poco
considerati e inadatti ad un genere di musica quale
è quello cosiddetto classico. E questo è un fenomeno
molto frequente dovuto all'ignoranza delle persone e
alla loro assoluta convinzione che la fisarmonica sia
solo uno strumento per musica da ballo e il mandolino
un simbolo legato al sole, al mare e alla pizza napoletana!
Ma
quanti sono coloro che sanno che il repertorio di musiche
per mandolino è pressoché illimitato, potendosi adattare
a questo strumento vari tipi di musica? Tra l’altro
è possibile utilizzare il repertorio violinistico, dal
momento che il mandolino ha la stessa accordatura del
violino.
Pur essendo uno strumento popolare, è stato impiegato
anche nella musica cosiddetta colta e, talvolta, anche
nell'opera lirica. Lo stesso Antonio Vivaldi compose
un concerto per mandolino (Concerto in Do maggiore Op.3
n.6) e due concerti
per due mandolini ed orchestra. Mozart lo inserì
nel suo Don Giovanni e Beethoven gli dedicò quattro
sonatine.
Ben diversa sorte da quella in cui è relegato oggigiorno,
almeno che non si vada all’estero dove è ancora suonato
(in Cina ad esempio ci sono oltre 3000 suonatori di
mandolino) e nonostante gli italiani siano conosciuti
come portatori sani di questo strano strumento. Nessuno
sa come abbia avuto origine tutto questo; fatto sta
che per chiunque, all'infuori degli italiani, è scontato
che un italiano possegga e sappia suonare un mandolino
così come un bambino sappia dire mamma.
Fino
a poco tempo fa la fisarmonica era assimilata all’organetto
e, sebbene l’Italia sia considerata la patria di questo
strumento grazie alla gloriosa tradizione della fisarmonica
“made in Italy” sia a Stradella, nell’Oltrepò pavese
che a Castelfidardo nelle Marche, questo strumento ha
registrato una lunga fase di declino in corrispondenza
dell’affermarsi di nuovi gusti musicali.
Ma, come un’araba fenice, in questi ultimi anni la fisarmonica
italiana sta tornando in auge, questa volta come protagonista
di un repertorio molto più ricercato, erudito, abbandonando
quasi definitivamente il ruolo tipicamente folkloristico
che ne segnò i primi successi. E si studia anche nei
Conservatori da quando, nel 1992, con un decreto ministeriale
l’insegnamento della fisarmonica venne “promosso” a
Scuola, permettendo il conseguimento di un diploma decennale
analogo a quello degli altri strumenti insegnati in
Conservatorio. Firenze e Pesaro furono le due città
a ottenere le prime cattedre. Basta quindi assimilare
la fisarmonica al liscio, alle balere e al tango!
La fisarmonica classica è una realtà che (fortunatamente)
esiste ed ha una sua piena collocazione nel mondo. Solo
in Italia alcuni ancora la considerano di "basso lignaggio".
Ecco che il mio spirito tradizionalmente inquadrato,
ma controcorrente, ha avvertito l’esigenza di far ascoltare,
di far stupire e di vendicare l’indifferenza e l’altezzoso
sussiego ancora radicato nei confronti della fisarmonica
e quale miglior occasione se non quella di inserirla
a pieno titolo in un concerto di musica classica sia
come solista che accompagnata e sostenuta da un’orchestra
di archi? Questo accadrà presto perché il mese prossimo
darò vita ad un
concerto in cui la fisarmonica la farà da padrone!
Giulia Pasquazi Berliri
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ABBIAMO OSPITI - ITALIANITA': la falsa euforia napoletana Una città e i suoi abitanti, unicità a volte difficili da comprendere per complesse ragioni storiche e sociologiche. E’ assai facile farsi ammaliare dalla giovialità dei modi, comunemente attribuita a noi napoletani. E’ empiricamente verificabile il calore trasmesso in ogni atteggiamento tipico partenopeo. Eppure sono convinto che, al di là degli stereotipi di cui siamo saturi, non vi è maggior nichilistica rassegnazione che tra gli abitanti di una delle più belle città del Pianeta. Me ne devo rendere conto ogni volta che annoto la nostra predisposizione a lamentarci piuttosto che a risolvere i problemi. Un esempio? La drammatica, invereconda emergenza rifiuti. Tutti, giustamente, ci vergogniamo di questa ignominiosa piaga, eppure difficilmente trovi chi ha la premura di separare i rifiuti di plastica dagli organici. E se domandi “scusa che ti costa separare la plastica dal vetro?” la risposta è: “A cosa serve se lo faccio solo io?”. E poi giù di lì con argomentazioni preconfezionate: “Tanto non sono questi i rifiuti che inquinano, ma quelli che mandano dal Nord” (a qualche nostro conterraneo felice di accoglierli, aggiungerei io); e così via dicendo, sino a rimettere in discussione i massimi sistemi, l’Unità d’Italia e la Spedizione dei Mille. Sì, perché tanta è la nostra attitudine a cercare altrove le nostre responsabilità che abbiamo imparato ad individuare l’origine e causa di ogni male nella caduta del Regno delle Due Sicilie. Premetto che il mio affetto verso la Casa di Borbone ed il Regno Duosiciliano è cementato da una tradizione familiare che difficilmente può essere obliterata. Ciò non toglie che vedere solo negli ultimi anni un improvviso sentimento meridionalista, monarchico e borbonico, mi sa tanto di un inane tentativo di risposta al fenomeno del leghismo al Nord. Così vedi le immagini di una partita di calcio colorate dallo sventolio di bandiere bianche con lo stemma della Real Casa di Borbone, che secondo chi le issa sarebbero dovute essere quelle del Regno delle Due Sicilie, ignorando che l’ultima bandiera che sventolava su Gaeta, Messina e Civitella del Tronto era il Tricolore con al centro lo stemma della Casa di Borbone. Così ti rendi conto che persino il tifo per una squadra di calcio travalica se stesso per prendere la forma di un’impropria divinizzazione che segna l’indice del collasso valoriale in cui siamo precipitati noi partenopei. Una delle frasi più ricorrenti che ascoltiamo da qualche anno a questa parte è che “non si arriva a fine mese”. Ma a Napoli questo non è un problema. Il problema è far arrivare al Presidente de Laurentis la propria profetica opinione sugli acquisti da fare per rinforzare la difesa. “Non capisci niente – fa gentilmente notare un Solone che partecipa all’aulico dibattito – de Laurentis deve comprare un fantasista”. E così, tra offese personali, trascorre al bar la giornata chi si sarebbe dovuto preoccupare di “arrivare a fine mese”. Ricordo un episodio, era settembre, San Gennaro – tra le cui virtù va annoverato il fatto che ancora non si sia disgustato di noi – ripeteva, tra le preghiere del popolo, la prodigiosa liquefazione del sangue del martirio. Un giornalista tentava di raccogliere le emozioni di alcune tra le tante persone affollate fuori il Duomo richiamate dal Miracolo del Santo. Intercetta un uomo sulla sessantina: “Lei è emozionato per il Miracolo di San Gennaro?” e questi a lui “A Napoli solo Maradona ha fatto i miracoli!” Da napoletano fiero della storia millenaria della propria terra, vorrei poter continuare a credere nei miracoli anche senza Maradona. Gerardo Mariano Rocco di Torrepadula
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ABBIAMO OSPITI - LETTERATURA: Eugenio Corti, "Faccio lo scrittore per lasciare un segno" E' venuto a mancare da poco un grande scrittore. Ecco come lo ricorda chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e incontrarlo più volte. Tanto da rimanere ad ascoltarlo fino a notte fonda...
Avevo quattordici anni quando ho incontrato per la
prima volta Eugenio
Corti: doveva tenere una conferenza di fronte a
un centinaio di ragazzi delle superiori per presentare
il suo romanzo uscito l’anno precedente, Il cavallo
rosso. Ricordo ancora bene cosa ci disse: «Uno
dei motivi per cui faccio lo scrittore è il desiderio
di lasciare un segno di me nella storia, che rimanga
dopo la mia scomparsa».
L’anno successivo decisi di leggere il suo romanzo e rimasi completamente affascinata dal suo modo di scrivere, dai suoi personaggi, dalla narrazione della ritirata dalla Russia.
Negli anni ho riletto Il
cavallo rosso diverse volte, alcune pagine
addirittura molte volte, tanto da arrivare a ricordarle
a memoria.
Durante gli anni dell’università ebbi la grande fortuna di andare alcune volte a casa sua a Besana Brianza con un gruppo di amici della Cattolica particolarmente appassionati dell’opera di Corti. Sono state serate incredibili: noi sparpagliati nel suo salotto attorno a lui che, a partire da qualche nostra domanda, iniziava a raccontare episodi del periodo della guerra, momenti delle battaglie culturali che precedettero i referendum su aborto e divorzio, la sua amicizia con don Carlo Gnocchi. Più di una volta nel corso di quelle serate si definì un cantastorie e noi infatti stavamo per ore ad ascoltarlo. Una volta ricordo che guardò l’orologio e disse: «È passata l’una, credo sia ora di congedarci». Un’altra volta ci regalò alcune copie della prima edizione de I più non ritornano, il suo primo libro. Divenuta insegnante, ho avuto altre occasioni di incontrare Corti, in particolare quando una volta venne a scuola a parlare della guerra e del mestiere dello scrittore ai ragazzi, nei miei primi anni di insegnamento alla Traccia. Sono infine tornata in quel salotto molti anni dopo, nel maggio del 2012, con una classe di miei alunni. Eugenio Corti era da poco tornato dall’ospedale, ma aveva gentilmente accettato di parlare con i ragazzi della IIIB di quell’anno: dovevano essere pochi minuti, diventati poi più di trenta. Avevamo seguito un percorso, proposto dall’Associazione culturale Brianze, tra Monticello e Besana Brianza attraverso alcuni dei luoghi del Cavallo rosso: Villa Greppi, la Besanella, la stazione di Besana, la chiesa. Io ero felice di poter salutare dopo tanto tempo uno dei miei scrittori preferiti. Si era ricreata la magia del tempo dell’università: questa volta una trentina di quattordicenni (talvolta un poco turbolenti) ascoltava in silenzio, senza neppure muoversi, lo scrittore novantenne rispondere alle loro timide domande. I ragazzi sono stati colpiti in particolare dal racconto della sua fuga attraverso l’Italia nei giorni successivi all’armistizio del ’43 e del suo incontro con i pastori abruzzesi, lungo i tratturi. Sono molto grata della possibilità che ho avuto nella vita di imbattermi in un uomo grande come Eugenio Corti, ma soprattutto ringrazio Domineddio (era una sua espressione consueta) che l’incontro con lui e la sua opera mi abbia permesso di conoscere un testimone serio della storia e un osservatore appassionato della realtà. Cristina Bonetti
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COSTUME: l'ombrello Oggetto scontato e prezioso di cui non sappiamo molto...
Stiamo,
forse, uscendo da uno degli inverni più piovosi della
nostra memoria. Per strada giacciono buttati, ciancicati,
rotti, una marea di piccoli ombrelli. Quelli che abbiamo
comprato al prezzo pazzesco di 3 euro da venditori indiani,
srilanchesi, africani, appostati in piccoli gruppi con
un occhio al cielo ed uno al meteo.it che ha promesso
pioggia. Sono durati forse solo il tempo di un violento
acquazzone a cui si sono strenuamente opposti, piegandosi,
cappottandosi, spaccandosi. Inservibili per la pioggia
seguente, ma, al momento, ci hanno salvato vestiti e
cappotti che si sarebbero trasformati in enormi spugne
da strizzare.
Oggetti eleganti? Questi certamente no. Solo momentaneamente
utili, ma quanto diverso il loro passato.
Il nome ne narra un po’ la storia.
Ombra dovevano procurare al loro nascere.
Ne ritroviamo l’immagine negli affreschi di tombe egiziane
in cui persino la dea NUT protegge la terra con il suo
corpo disteso sopra di essa come un immenso ombrello.
Ma pare che la sua invenzione risalga ai cinesi fin
dal XII secolo A.C.
Anche i Babilonesi ne facevano uso e in Estremo Oriente
era ritenuto un segno di classe alta, di nobiltà. Veniva
usato solo dai reali o dai dignitari di corte.
Nell’antica Roma, come sappiamo, il Colosseo veniva
protetto da una leggera tenda che proteggeva gli spettatori
dal sole.
Ma nelle giornate di vento in cui il velario non poteva
essere aperto le signore romane ricorrevano a piccoli
elegantissimi ombrelli.
Scompare poi per un lungo periodo durante il quale sopravvive
come insegna pontificia.
Merito di Caterina
dei Medici nel Cinquecento di aver fatto conoscere l’ombrello,
anzi, il parasole ai Francesi. Arriva poi anche in Inghilterra.
Con poca fortuna forse a causa del clima.
Fino al Settecento è rimasto in uso solo fra le classi
abbienti portato da un servitore come distintivo onorifico.
Per la pioggia ancora venivano usati mantelli e cappucci.
Certo è che si deve ai cinesi la trasformazione da parasole
a para pioggia: loro l’idea di renderlo impermeabile
con cera e lacca. Il parasole, divenuto ombrello, diviene
un oggetto di uso comune in Francia e in Italia.
Finalmente un oggetto elegante, insieme al cappello
viene consegnato a
rigidi servitori nelle anticamere, il manico con l’impugnatura
d’ebano, un piccolo cerchio d’oro con le iniziali, il
rivestimento di seta, le stecche di balena, tutto ciò
concorre a farlo divenire un oggetto non solo utile
ma necessario complemento di raffinatezza maschile.
A Samuel Fox, nel 1852, si deve la prima struttura in
acciaio e la sua evoluzione arriva fino alla bottega
artigianale di Mario Talarico , a Napoli, fornitore
della Real Casa.
Parasole? Parapioggia?
Non solo.
Nel 1902 il Daily Mirror in un articolo lo suggerisce
alle donne come arma di difesa.
Ben più recentemente il presidente francese Sarkosy
assegna alla sua scorta un ombrello da difesa. Fatto
costruire dalla Real Cherbourg al piccolo prezzo di
10,000 sterline, dal peso di più di due chili, rinforzato
in Kevlar, a prova di acido, pallottole e coltelli chiamato
Para Pactum.
Nella nostra era dell’usa e getta l’ombrello è stato
duramente colpito.
Ma, consci dei suoi illustri antenati, trattiamoli con
rispetto questi poveri discendenti di augusti predecessori.
Abbiamone cura. Hanno una grande storia alle spalle.
Lalli Theodoli
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Torna all'indice La Lampadina ::: Periodiche illuminazioni Newsletter di fatti conosciuti ma non approfonditi, luoghi comuni da sfatare, semplici novità... La Lampadina è una newsletter ideata da Carlo Verga, gestita da un Comitato di redazione composto da: Filippo Antonacci, Isabella Confortini Hall, Lucilla Crainz Laureti, Marguerite de Merode Pratesi, Giancarlo Puddu, Ranieri Ricci, Carlotta Staderini Chiatante, Lalli Theodoli, Beppe Zezza e redatta con la partecipazione di: Lorenzo Bartolini Salimbeni, Renata Ferrara Pignatelli, Angelica Verga. La sede è in via Guido d'Arezzo, 16, 00197 Roma. La newsletter, di natura non politica, non ha scopo di lucro e si propone di fornire - con frequenza inizialmente mensile - "periodiche illuminazioni" su argomenti di vario genere, con spunti di riflessione e informazioni. L'invio viene effettuato su segnalazione degli stessi lettori, agli amici ed agli amici degli amici. il presente numero è inviato a circa milleseicento persone. Sono gradite da chiunque le collaborazioni e le segnalazioni di persone interessate a ricevere la newsletter. Per informazioni scrivere a info@lalampadina.net |
| SUGGERIMENTI "ILLUMINANTI" | CINEMA:
Non andate a vedere
“12 anni schiavo”
anche se ha vinto l’Oscar
o “Allacciate le cinture”
anche se è del bravo Ozpetek,
invece vi consiglio assolutamente
“Smetto
quando voglio”
e “Grand
Hotel Budapest”!
Lui è un regista mito -Wes
Anderson- e se avete tempo
gustatevi anche i suoi precedenti
films.
Lucilla | | OPERA:
L'opera al cinema: La
grande stagione live 2013-2014.
Direttamente dai più importanti
teatri del mondo le opere
liriche tanto amate trasmesse
in sale cinematografiche.
Uno spettacolo da non perdere
per gli amatori del genere.
Le prossime sono “Così fan
tutte” il 29 aprile e "Cenerentola"
il 13 maggio, entrambe dal
The Metropolitan Opera.
Per Carlotta voto 9. | | LIBRI:
"La
fragile bellezza del giorno".
Ho letto con piacere
l’ultimo libro di Giorgio
Montefoschi, è un’accurata
descrizione della vita dei
nostri giorni e di chi ha
vissuto o vive nelle zone
cosi attentamente percorse
e descritte dall’autore.
Struggente la parte finale
e l’inno all’amore della
coppia. Leggi
di più. Carlo | | LUOGHI
DA VEDERE: Foro
di Augusto, 2000 anni dopo,
dal 21 aprile, 2767°
Natale di Roma, al 21 ottobre,
ogni sera tre spettacoli
alle 21 – 22 – 23… Piero
Angela racconta l’antica
Roma e la storia
dell’Imperatore Augusto,
con filmati e ricostruzioni
usando tutte le più moderne
tecniche. Da non perdere!
Leggi
di più. |
Tutti i nostri suggerimenti li trovate qui |
FLASH NEWS! Un po' qua, un po' là...
Le mele marchio Melinda: il boom delle
mele italiane intorno al mondo! I
volumi hanno superato quello delle arance,
sia come frutto che come spremute. I dirigenti
della Melinda,
marchio Italiano che coinvolge molti produttori,
fattura 282 milioni di euro, esporta in 50
paesi, ha 1200 dipendenti, produce 340mila
tonnellate anno. Ha un impianto altamente
tecnologico e una struttura
di ricerca che gli permette di migliorare
la qualità del prodotto a seconda delle esigenze
del mercato. Ha investito 100 milioni di euro
necessario peri
miglioramenti qualitativi,
per la produzione di tutti i derivati (dai
succhi alle mousse, alle barrette…) per il
risparmio energetico, per il miglior uso del
terreno, fino al confezionamento dei vari
prodotti. Una bella realtà italiana!
CV
* E’ italiano il nuovo curatore della Tate Modern. Nominato come “Film and International Art Curator” della Tate Modern di Londra ed è Andrea Lissoni (1970). Lo storico d’arte e curatore dell’Hangar Bicocca di Milano dal 2011, conserverà il suo ruolo à Milano e assumerà il nuovo incarico nel marzo 2014. Ha un curriculum decisamente internazionale ed ha ampiamente il profilo giusto per entrare a far parte di una delle più importanti istituzioni d’Europa (e dunque del mondo). MdM *
Tesla:
la produttrice di macchine elettriche di lusso
con base in USA, le azioni in un anno sono
aumentate del 450%. Ha grandi prospettive
in Europa ed anche in
Italia. Il primo Paese che
ha la maggior parte delle colonnine per la
carica veloce è la Norvegia dove grazie alla
politica di incentivi economici la Tesla costa
poco più di una Golf (prezzo originale circa
70mila usd). La sperimentazione in Italia
sarà effettuata sull’autostrada Milano-Genova,
con tre/quattro colonnine per il rifornimento;
il tempo della ricarica è stimato intorno
ai 40/50 minuti. L’autonomia per ciascuna
ricarica circa 300 km…
CV
*
L’eterna
rivalità tra i due grandi architetti Borromini
e Bernini. Chi conosce
l’oratorio dedicato ai Re Magi all’interno
del palazzo di Propaganda Fide a Roma? Il
Borromini lo ha realizzato nel XVII secolo
a seguito della modifica della chiesa edificata
dal Bernini. Per non far vedere la chiesa
e l’oratorio, il Borromini lo ha inglobato
nel palazzo così che non fosse ne’ visibile
ne’ riconoscibile dall’esterno. Non ancora
soddisfatto della sua azione, ha scolpito
due grandi
orecchie di asino sul muro di fronte
alla abitazione del Bernini, il quale a sua
volta scolpì un enorme organo genitale maschile
sul cornicione del suo palazzo. Entrambi i
due dispetti marmorei furono però rimossi.
Oltre all’Oratorio, rimane ancora visibile
il grande dispetto della fontana dei 4 fiumi
a piazza Navona…realizzata dal Bernini con
una delle statue con una mano alzata a coprire
la sua vista della chiesa di Sant’Agnese realizzata
invece dal Borromini….
CV
*
A
Reggio Calabria il Museo intorno ai bronzi
di Riace si è totalmente rinnovato.
Con
il progetto dello studio ABDR di Paolo Desideri
rispettosissimo dell’architettura originale
di Piacentini, si è ridato ai bronzi di Riace
e alla bellissima collezione di antichità
della Magna Grecia un nuovo degnissimo spazio.
I bronzi si possono finalmente rivedere da
vicino in un
museo allargato e dotato di nuovissime tecnologie
ambientali.
MdM
*
S
sta per sicurezza! http://
e https:// sulla barretta dell'indirizzo
siti Internet.
quella "s" finale sta per SICUREZZA.
Ma cosa significano http e https?
La differenza principale tra http:// e https://
è una questione di sicurezza. HTTP è l'acronimo
di Hyper Text Transfer Protocol.
La S è l'acronimo di "Secure" : quando visitiamo
un sito web o una pagina web, e guardiamo
l'indirizzo nel browser web, vediamo che inizia
con: http:// . Ciò significa che il sito sta
parlando con il browser usando il linguaggio
normale "non garantito" . In altre parole,
è possibile che qualcuno possa “vedere” la
conversazione sul nostro computer con il sito
e se si compila un modulo, qualcuno potrebbe
appropiarsi delle informazioni inviate al
sito.
Questo è il motivo per cui è fortemente sconsigliabile
inserire il numero di carta di credito in
un sito web http:// ! Se invece l'indirizzo
web inizia con https:// , significa fondamentalmente
che il computer sta parlando con il sito web
in un codice di sicurezza che nessuno può
intercettare. Oppure
no?
CV
EVENTI-APPUNTAMENTI
La Delegazione romana del FAI – Fondo Ambiente Italiano, in collaborazione con l'Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione della Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma, ha ideato COSA FAI OGGI, un’iniziativa culturale che prevede altre tre aperture straordinarie durante l’anno con le stesse modalità di una Giornata FAI di Primavera, e cioè visite gratuite a cura dei volontari FAI a monumenti e siti archeologici poco conosciuti dal grande pubblico perché abitualmente non accessibili. Il prossimo appuntamento di COSA FAI OGGI è sabato 10 maggio dalle ore 10 alle ore 17 (ultima entrata ore 16.30), con visita ai RESTI DELL’ACQUEDOTTO VERGINE IN VIA DEL NAZARENO.
Via del Nazareno, percorso abituale per moltissimi romani, ma anche per i turisti che da Piazza Spagna sciamano verso Fontana di Trevi. Eppure sono in pochi a notare, dietro un cancello situato in prossimità del numero civico 9, una straordinaria testimonianza archeologica, una di quelle sorprese che bloccano il fiato per l’emozione. In basso rispetto all’attuale livello di calpestio, si stagliano in maestosa solitudine tre arcate di un acquedotto. L'iscrizione su di esso ci dice che:
“Tiberio Claudio…. ricostruì e restaurò dalle fondamenta gli archi dell’acquedotto dell’Acqua Vergine, danneggiati da Gaio Cesare (Caligola). Il tratto di via del Nazareno è il più importante fra quelli ancora visibili nel percorso urbano dell’acquedotto Vergine, che fu costruito nel 19 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa...
Leggi
tutto sulla visita e su ciò che
vedrai!
Per
i lettori de la Lampadina è stato
organizzata una visita alle ore
11.00!
Prenota
la tua visita mandando una email
a
eventi-appuntamenti@lalampadina.net
oppure
clicca qui per info
|
* La Russia si organizza per avere la più grande opera del mondo.
Con un programma chiamato “Living Art”, L'arte
da vivere, su dieci ettari di una zona di
Mosca con cinque grattacieli, la società russa
Krost guidata da Alexiey Dobashin sta costruendo
"l’opera d’arte abitabile” più grande al mondo.
Due italiani, Dante Oscar Benini, architetto, e l'artista Mario Arlati, saranno incaricati di trasformare questi appartamenti in opere d'arte, a partire dall'immenso affresco realizzato sulle facciate."Giocare in periferia è davvero stimolante, perché con eleganza e qualità del lavoro si riesce a nobilitare un luogo" (Arlati). " La mia idea è quella di regalare a chi abiterà Living Art dei luoghi di atmosfera, dove si possa respirare arte e bellezza." Qualcosa di molto lontano dall’idea di periferia dove si ritorna solo per dormire. "Un luogo che unisca in sé utilità, robustezza e bellezza e dove aleggi lo spirito dell’ingegno europeo", spiega Dobashin. MdM *** NOTE DI VIAGGIO
Indonesia:
un esteso arcipelago composto da
più di 17.000 isole, con una popolazione
di 230
milioni d’abitanti. L’itinerario
proposto è un mix molto vario del
paese, una combinazione tra gli
aspetti culturali, antropologici
e paesaggistici di cui tutta la
regione è ricca: vulcani, molti
ancora attivi, affascinanti templi,
infinite risaie e piantagioni di
tè, fitte foreste, una costa di
imparagonabile bellezza, una flora
di gran ricchezza e varietà e un
patrimonio faunistico inconsueto.
I templi di Borobudur e Prambanan:
due straordinari esempi delle meraviglie
del passato, entrambi patrimonio
dell'UNESCO: il primo
è uno dei più grandi templi buddisti
del mondo, costruito nel 9° secolo,
nascosta dalla polvere lavica per
mille anni. Il secondo è uno dei
più bei complessi di templi Indù
dell’Indonesia.
Per
saperne di più, contattate Federico
di Marzo, Cultura e Natura nel Mondo,
FOCUS Himalaya Travel.
Tel. 0664790088 - Cell: 339.1416222
federicodimarzo@gmail.com
|
*** A teatro con La Lampadina Roma: Al Teatro Olimpico, Emiliano Pellisari - Comics. dal 29 aprile all'11 maggio 2014. Volare nel cielo come uccelli, nuotare nel mare come pesci o scomporre il corpo umano e farne un fantasma. La fantasia che fa tornare bambini: suggestioni dei cartoni animati e dell'arte grafica per realizzare i sogni eterni degli uomini. Così nasce questo gioiello di physical theatre in cui il gesto atletico segue l'immaginazione di un irriverente sguardo coreografico. All’incalzante ritmo di jazz, l'allegria del corpo libera la mente.
Un appuntamento speciale per il Primo
maggio: pic nic nei Giadini della Accademia
Filarmonica Romana , incontro con Pellisari
e spettacolo.
Clicca
qui per leggere il programma.
Nelle repliche di tutti gli altri giorni, andiamoci con la promozione per La Lampadina che ti darà una riduzione del 30% sul costo del biglietto. Se prenotate tramite noi, conviene: chiedi info o prenota qui.
* I SUGGERIMENTI DELLA LAMPADINA Vi ricordate di vini, olii, olive, biscotti e Chianina...? Se siete interessati trovate tutte le informazioni qui. |
*
MOSTRE
VENEZIA
Palazzo
Grassi:
L’illusione
della Luce curata
da Caroline Bourgeois. Sono venti, gli artisti
rapresentati nella mostra
della fondazione Pinault, che , con i loro
lavori, hanno cercato di esplorare i vari
valori - dal fisico al politico, estetico
o filosofico - che accompagnano il rapporto
dell'uomo con la luce, specie negli ultimi
decenni: Eija-Lisa Ahtila, Troy Brauntuch,
Marcel Broodthaers, David Claerbout, Bruce
Conner, Latifa Echakhch, Dan Flavin, Vydya
Gastaldon, General Idea, Gilbert & Geroge,
Robert Irwin, Bertrand Lavier, Julio Le Parc,
Antoni Muntadas, Philippe Parreno, Sturtevant,
Claire Tabouret, Danh Vo, Doug Wheeler e Robert
Whitman. La mostra è stata pensata come un
libero percorso tra differenti correnti del
contemporaneo per permettere allo spettatore
di trovare il suo proprio linguaggio personale
secondo la propria sensibilità.
Irving
Penn: Resonance curata
da Pierre Apraxine e Matthieu Humery.
Due grande prime, per il fotografo americano Irving Penn (1917-2009): la prima grande mostra dedicata a lui in Italia, e la prima esposizione della collezione Pinault dedicata alla fotografia. Con 130 imagini raccolte tra gli anni ’40 e ’80 la mostra, al secondo piano di Palazzo Grassi, riprende i suoi celebri scatti di moda realizzati per Vogue, i suoi ritratti di personaggi famosi e qualche fotografie di alcuni oggetti che amava immortalare. Fino al 31 dicembre 2014
Roma
Fondazione
Roma, Palazzo Sciarra, Hogart,
Reynolds, Turner.
Pittura
inglese verso la modernità, curata
da Carolina Brook e Valter Curzi. L’Inghilterra
del diciottesimo secolo era in un periodo
di totale egemonia sia dal punto di vista
storico, che politico ed economico. In
mostra oltre 100 opere,
provenienti dalle più prestigiose istituzioni
museali (British Museum, Tate Gallery, Victoria
& Albert Museum, Royal Academy, National
Portrait Gallery, Museum of London, Galleria
degli Uffizi, Yale Centre for British Art).
La mostra è divisa in sette parti e mette
in risalto il ruolo centrale dell’Inghilterra
di allora nel mondo.
Fino al 20 luglio 2014.
Valentina
Bonomo Artecontemporanea: Marie Harnett
(Herfordshire, 1983)
Sono esposte nello spazio della galleria le
opere dell’artista ispirate al mondo del cinema.
Con un semplice tratto di matita su
carta Marie Harnett cattura i momenti ed i
dettagli più significative delle inquadrature
di una pellicola. Basta la semplicità del
disegno per restituire la bellezza e l’aspetto
drammatico del film al di là della trama.
Fino all'11 maggio 2014.
Galleria
del Cembalo, Lo spazio condiviso. L’Italia
raccontata dai circoli. Fotografie di Massimo
Siragusa. La mostra è
anzitutto – e letteralmente – una raffigurazione
del Paese ‘visto dall’interno’.
“….Ho scoperto luoghi dove, dietro
un’apparente
immobilità, succede sempre qualcosa. Spazi
dove le storie di ognuno, la memoria e i valori
condivisi si intrecciano, per divenire l’anima
ed il cemento del posto.” Massimo Siragusa.
Fino al 14 giugno 2014.
Modena
Fondazione
Fotografia al Foro Boario
Axel Hütte: Fantasmi e realtà
- a cura di Filippo Maggia.
Negli spazi del Foro Boario di Modena, Fondazione
fotografie presenta diciannove opere di grande
formato dell’artista tedesco (noto fotografo
internazionale della Scuola di Dusseldorf).
Sono paesaggi dalle serie Glaciers (1997 -2002), Water Reflections (1998 -2007) e Caves (2008), e i nuovi lavori del ciclo New Mountains (2011-2013), realizzate tra il 2012 e il 2013 nell’area dell’Appennino modenese, finora mai esposte. Fino al 29 giugno 2014.
Modena
e i suoi fotografi.
Dal dopoguerra agli anni novanta, a cura di
Chiara Dall’Olio e Stefano Bulgarelli.
La mostra ritraccia il lavoro di ventidue fotografi (tra i quali Luigi Ghirri) che hanno fatto di Modena un punto di riferimento a livello nazionale per la fotografia d’autore. Fino al 25 maggio 2014.
Le
mostre sono a cura di Marguerite de Merode
e le
trovate tutte qui
PENSIERO LATERALE: ELMETTI E FERITE All'inizio della prima guerra mondiale, l'uniforme dei soldati inglesi prevedeva un cappello di stoffa marrone. Nel corso della guerra, vista la forte incidenza di ferite alla testa, le autorità adottarono un elmetto di metallo. Tuttavia con grande sorpresa le autorità notarono che le ferite al capo continuavano ad aumentare… Altri cambiamenti, armi differenti o tipo di combattimento erano rimasti i medesimi. Come quindi giudicare questa maggiore incidenza?
Controllate
la vostra idea... Cliccate
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