TEMPI MODERNI: Eravamo molto piccoli? Eravamo molto coraggiosi? La vecchia cinquecento.


A vederla ora, che di poco supera l’altezza delle ginocchia, ci si può domandare come potevamo considerarla una macchina. Una scatoletta sembra, o una macchinetta a scontro del Luna Park.

Sul cruscotto solo due interruttori per comandare le luci. Fra i due sedili la levetta della messa in moto e quella dell’aria, un lunghissimo cambio fra i sedili e…basta

Una seconda macchina per i più agiati, raramente l’unica, giacché con uno sforzo in più si arrivava alla Seicento.

Affidata ai ragazzetti, è stata la palestra impossibile di prime affettuose effusioni, con il cambio che, come un inflessibile chaperon, schizzava fuori implacabile e severo a ogni mossa avventata.

In sediletti molto precari, e non fissati al sedile posteriore, viaggiavano bambini piccolissimi, liberi dalle pastoie che con lacci e cinghie li assicurano ora alla vettura, stretti e imballati senza possibilità di fuga.

Allora i precari seggiolini scivolavano velocissimi in curva da una parte all’altra, mentre i bebè ignari del pericolo, uggiolavano gioiosi gorgogliando versi di assoluta felicità.

Fino alla prima brusca frenata che li spiaccicava al sedile anteriore. Dopo un attimo di sbigottimento…urla spaventose.

Durante i fine settimana, che allora cominciavano il sabato pomeriggio, partivano cariche di bambini, libri di scuola, cani e viveri. Estremamente appesantite per le salite, ma poi giù come bolidi nelle discese, con ragazzini che tifavano felici a ogni raro sorpasso.

Terribile esperienza in autostrada durante gli acquazzoni.

Ci si affiancava a fatica con il motore imballato all’enorme ruota di un TIR che ci accecava inondandoci di acqua e trasformandoci di colpo in un piccolo sottomarino cieco che, lentamente e con estrema fatica, centimetro a centimetro, cercava di uscire da una specie di violentissimo autolavaggio.

D’estate si apriva la capote e un turbine di aria faceva volare tutto quanto non fissato all’interno, d’inverno la levetta del riscaldamento la trasformava in un fornetto semovente.

Non capivamo gli sguardi sbalorditi degli stranieri che all’apertura dello sportello vedevano uscire fino a cinque adulti spiegazzati.

Guinness dei primati?

Eravamo molto piccoli e molto coraggiosi nella nostra grandissima Cinquecento.

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Inserto di Lorenzo & Renata Bartolini Salimbeni

Fra tenerezza e nostalgia: il Fiat 500 Club Italia

Chi come noi ha avuto la fortuna di conservare il proprio “cinquino”, che sia marciante oppure da restaurare, sappia che esiste questo Club, con sede centrale a Garlenda (SV), che conta più di 20.000 soci (!) e organizza attività di ogni genere e frequentissimi raduni nazionali e locali, pubblicando anche un divertente periodico chiamato 4PiccoleRuote.

Perché quindi non recuperare la mitica macchinina? Ricordiamo che con l’iscrizione all’ASI (Registro delle Auto Storiche), possibile per tutte le 500 in virtù dell’età, si pagano una tassa di circolazione e un’assicurazione molto ridotte.

Tutte le informazioni si trovano sul sito del Club: www.500clubitalia.it, che ospita anche un attivissimo Forum dove esperti e amatori sono pronti a soddisfare curiosità, fornire recapiti di meccanici qualificati e altro. Chissà, ci incontreremo forse a qualche raduno, a Roma, sulle Alpi o in Sicilia?

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2 Commenti
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Diego Mazzonis
2 Novembre 2012 20:39

Brava Lalli. I tuoi articoli sono sempre divertenti!!
a presto
Diego

Picci Caffarelli Fontana
30 Ottobre 2012 11:30

Eravamo molto temerari decisamente! Ma quante avventure, con quella 5oo che ora ci sembra così pericolosa! Io stessa una volta fuggii da casa, Napoli, per andare a Roma, perchè ingiustamente punita da mio padre…oggi non lo farei più, mi vengono i brividi al solo ricordo!