ARTE: l’arte concettuale crea problemi al legislatore

Il nuovo modo di fare arte, le nuove modalità di espressione artistiche, creano non pochi problemi nel dover definire legalmente dove comincia la nozione legale di “opera d’arte” e come gestirne l’autenticità.

La «concettualità» si conferma come lo snodo decisivo.
E’ Joseph Kosuth verso la metà degli anni Sessanta che per primo definisce l’arte concettuale nel contesto dell’arte contemporanea per dare un nome a un’arte fondata sull’idea, sulla parola o sul pensiero seguito per realizzare tale opera e non più su di un ambiguo lato estetico, sulla qualità fisica dell’opera stessa e la sua capacità di suscitare emozioni.
E’ quando il valore dell’opera si pone, per esempio, al livello fiscale e doganale dove non esistono mezze misure, che sorgono i primi problemi. Un’opera di Dan Flavin fu definita “luce al neon da parete” e uno straordinario video di Bill Viola un “proiettore” modificato dall’artista” quando dovettero passare in dogana americana per essere esposti in una galleria londinese e non fu applicata la riduzione dell’IVA al 5% per l’opera d’arte e l’esenzione d’imposta doganale.
Se poi un’opera esiste essenzialmente tramite un’idea e risulta “smaterializzata” e il suo valore si basa solo su di un certificato o su un contratto stipulato per legittimarla, potrebbe sfuggire a qualsiasi imposizione e creare complessi problemi (con pagamenti in contanti).

La normativa in vigore «si ferma all’opera d’arte come “oggetto fisico”, senza recepire lo status di molte opere concettuali». E’ quando le gallerie si occupano di fare da mediatrici per l’acquisto da parte di un museo o di collezionisti di una transazione “orale”, di un’idea concettuale o di una prestazione memoriale, che l’opera deve “concretizzarsi” in regolari documenti e perciò essere definita legalmente per conservare ufficialmente un attestato d’acquisto e accertarne il valore ufficiale. Le gallerie si devono poi tutelare per poter sostenere le spese spesso affrontate per la realizzazione di alcune opere.
Per rimanere nel campo della legalità, un altro problema fu sollevato durante un convegno dal titolo: “Arte contemporanea e copyright. Copyright or right to copy?” cioè fu analizzato il concetto di plagio o di falso. Infatti, da quando il “ready made” è entrato a far parte del mondo dell’arte e il suo valore sarebbe stato determinato da una firma e dall’unicità, son entrati pure i concetti di “appropriazione”, di “duplicato” e di “opere sosia”; se poi viene esteso il problema al mondo delle idee ancora una volta si ripropone l’eterno problema: “Ma che cosa s’intende per «opera d’arte» e per «opera originale» e quando scattano le leggi che la tutelano?” Come determinare l’unicità di un’idea che poi potrà essere realizzata da qualcun altro.

L’artista Sol LeWitt, che delegava sempre la realizzazione delle sue opere, aveva per errore rilasciato due certificati di autenticità di una stessa opera, «Standing structure white», pensata come unica. Dovette accettare il doppio certificato d’autenticità che «conferisce un certo valore venale a un bene dall’apparenza comune» (com’è, spesso, l’opera d’arte concettuale), considerando che «in materia di arte concettuale è raro che le opere siano realizzate direttamente dall’artista».
Il problema non è risolto e spesso sfugge ancora, al legislatore, l’evanescente concetto delle idee nel mondo dell’arte contemporanea.

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