ABBIAMO OSPITI – ECONOMIA: La “summa iniuria” del giudice Griesa

Articolo di Vittorio Grimaldi – Autore Ospite de La Lampadina

Il 21 novembre scorso, su istanza di un fondo di investimento speculativo (Elliott Associates) Thomas Griesa, giudice distrettuale di New York, ha imposto alla Bank of New York-Mellon il blocco del pagamento degli interessi sulle obbligazioni (“Exchange Bonds”) emesse nel 2005 e 2010 dalla Repubblica Argentina e assegnate ai titolari di precedenti emissioni che furono vittime del default del 2001.

Secondo il giudice americano l’Argentina avrebbe potuto onorare il suo debito, sia pure decurtato del 70%, nei confronti degli obbligazionisti che hanno accettato lo scambio vessatorio (rappresentano il 93% dei titoli in default) solo dopo aver rimborsato alla Elliott Associates un importo di 1 miliardo e 300milioni di USD tra valore nominale e interessi.

La Corte di Appello Federale di New York ha sospeso l’esecutività della sentenza di Griesa concedendo all’Argentina più tempo per difendersi e consentendole così di pagare la rata di 3.3miliardi di USD dovuti, entro il 15 dicembre agli obbligazionisti che avevano accettato le ristrutturazioni del 2005 e del 2010.

Se la decisione di Griesa venisse confermata dalla Corte di Appello gli effetti politici, economici e sociali sarebbero devastanti non solo per l’Argentina. Infatti l’eguale trattamento (“PARI PASSU”) invocato in nome della “santità” del contratto dal giudice americano si è trasformato in una feroce ingiustizia nei confronti dei risparmiatori più deboli e indifesi che, pur di recuperare una percentuale risibile del loro investimento, nel 2005 e nel 2010 accettarono gli Exchange Bonds.  E’ proprio l’Argentina che, paradossalmente, ha trattato gli investitori pariteticamente mettendo sullo stesso piano (ovviamente rovinoso!) tutti i bondholders a cui ha tagliato il 70% del capitale investito.

Secondo il giudice americano deve essere premiato chi, come il fondo ricorrente, si è affidato alla giustizia delle Corti… con ciò implicando che è giusto che sopporti gravi perdite e che in sostanza sia punito chi non si è affidato ai tribunali. Chi ne esce bene, grazie al rigore calvinista del signor Griesa è il fondo speculativo che al momento del default rastrellò i titoli argentini a prezzi stracciati (20/25 centesimi per USD) e che poi si è potuto permettere di instaurare contro la Repubblica Argentina un contenzioso lungo e costoso, sicuramente inaccessibile ai singoli risparmiatori.

La decisione americana, che ha conseguenze sicuramente tragiche per i singoli risparmiatori, non ha nemmeno considerato i suoi effetti economici deludendo, in questo caso, quanti ritengono che la Common Law sia il regime giuridico preferibile per l’ampia discrezionalità, la creatività delle Corti e l’adattabilità alle circostanze.

Come ha giustamente osservato Guido Rossi, qui non solo pochi e ricchi creditori sono stati favoriti rispetto alla maggioranza, ma, con questo precedente, si è resa assai più ardua la possibilità di future ristrutturazioni di debiti sovrani, impartendo così un colpo mortale alla cosiddetta efficienza economica del diritto.

Forse pensando alla Grecia e alla terribile signora Merkel il Financial Times ha parlato della prospettiva di un ritorno ad una sorta di “equivalente sovrano” della ottocentesca prigione per debiti e ha ironizzato sulla filosofia più che sulle motivazioni del giudice Griesa: “This isn’t a Court of Justice, son, this is a Court of Law”.

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Vittorio Grimaldi

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Cosimo Gucci
30 Maggio 2013 21:36

Condivido le considerazioni di Vittorio Grimaldi sulla Common Law, che è sempre meno “common” di fronte ai potentati economici.