STORIA: il genocidio degli Armeni

Ricorre in questi giorni il centenario del massacro degli armeni operato dai turchi dell’impero ottomano.

Molte polemiche sono riverberate sui principali media a motivo soprattutto delle parole di Papa Francesco, il quale in un’occasione pubblica ha evocato questo fatto usando il termine “genocidio”, termine sdegnosamente contestato, da sempre, dalle autorità turche.

Ha destato qualche sorpresa che alle rimostranze delle autorità politiche si siano anche aggiunti, da parte del Gran Mufti di Ankara Mehmet Gormez, dei  severi  richiami a che il  Papa nel suo parlare non tradisca i “i valori cristiani”!

Mehmet Gomez è indicato essere la principale autorità religiosa islamica (sunnita) turca e capo della direzione affari religiosi Dyanet del governo.

[Colui che qualche mese fa aveva accolto Papa Francesco a Istanbul nella visita alla moschea blu era invece  Rahmi Yaran – indicato anche egli  come  “il Gran Mufti”  ma di Istanbul. Ora poiché la posizione di “Gran Mufti“, stabilita originariamente dall’impero ottomano, appariva come essere “unica” ci sentiamo un po’ confusi. Chi dei due è più “grande” dell’altro?]

Vorrei svolgere alcune considerazioni.

Innanzitutto i fatti, molto sinteticamente perché presumo che nelle loro linee generali siano conosciuti da tutti.
Gli armeni sono un’etnia storicamente stanziata nell’Anatolia e nel sud del Caucaso.

Nel 1915 era in corso la Prima Guerra mondiale e l’impero ottomano era alleato degli imperi centrali (Germania e Austria-Ungheria) contro Francia, Gran Bretagna e Impero Russo. (L’Italia non era ancora entrata in guerra) Nell’esercito russo militava una brigata armena. Tra il 23 e il 24 Aprile del 1915 il governo dei “giovani Turchi” al potere nell’Impero Ottomano iniziò la repressione contro gli armeni sudditi dell’impero Ottomano eseguendo i primi arresti e uccisioni tra l’élite armena di Costantinopoli (il nome della città venne cambiato in Istanbul solo nel 1930). Nel giro di poche settimane decine di migliaia di armeni (soprattutto, ma furono inclusi anche cristiani di altre etnie) vennero imprigionati e sottoposti a torture. I militari armeni che militavano nell’esercito turco furono giustiziati. Successivamente furono organizzate deportazioni di massa dei civili verso località isolate, costretti a marciare sino allo sfinimento, e poi rinchiusi in “campi” – un’anticipazione dei lager nazisti, dei gulag sovietici e dei laogai cinesi – nei quali molti morirono a causa di epidemie.

Il numero totale di vittime, ovviamente, non è noto ed è altamente controverso.
I Turchi parlano di circa 500.000 mentre gli armeni di 1.500.000.
Del fatto che ci siano state atrocità terribili esercitate verso persone aventi come unica colpa quella di appartenere a un’etnia diversa da quella dei detentori del potere, c’è accordo universale.
Quale allora il problema? Il NOME da attribuire a queste atrocità. Gli armeni le chiamano “genocidio”, i turchi rifiutano questo termine (chi lo usa in Turchia viene imprigionato).
Il termine “genocidio” è un termine “moderno”. Chi lo ha coniato è stato nel 1944, un avvocato Ebreo Polacco, Raphael Lemkin (1900-1959), che ha unito il prefisso geno-, dal greco razza o tribù, con il suffisso -cidio, dal latino uccidere.
Al termine “genocidio” venne poi attribuito anche valore “legale” dalle Nazioni Unite che ne diedero la seguente descrizione:

Per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:

a) uccisione di membri del gruppo; (b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; (c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; (d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; (e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.

 Stante questa definizione, nel caso degli armeni, fatti rientranti tra quelli descritti sono certamente avvenuti, la contestazione dei turchi contro l’uso della parole “genocidio”  si fonderebbe dunque sull’assenza di una loro “intenzione” di distruggere la popolazione armena “in quanto tale”.
Quando ero ragazzo si diceva che quelli che contano sono i fatti perché “non si fa il processo alle intenzioni”.
Ma da allora il mondo è cambiato e si fa sempre più strada la pretesa della giustizia di discernere e graduare la colpa a seconda dell’intenzione.
Il terreno però appare molto scivoloso dato che la “reale” intenzione delle azioni spesso non la conosce neanche chi le fa!

Si discute se quello contro gli armeni sia stato o meno un “genocidio” e si discetta sulla presenza o meno dell’“intenzione” forse per non dire apertamente e semplicemente che si è trattato  di un “atto immondo” e che atti di questo tipo non sono un “unicum” nella storia (il genocidio degli ebrei da parte dei nazisti) ma, ahimè, si ripetono con una costanza degna di miglior causa. E che dobbiamo stare sempre all’erta.

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