ATTUALITA’: Ma dove va il petrolio?

Lo shale oil è stata una rivoluzione nel mondo del petrolio, tale da far entrare  gli Stati tra il club dei maggiori paesi produttori mondiali con tutti quei vantaggi finanziari che questo comporta..

Quest’anno, però, è successo qualcosa di improvviso e particolare. Il prezzo del petrolio è sceso da 100/110 dollari al barile ad un valore tra 45 e 55 dollari che è all’incirca il costo di produzione dello stesso shale oil; valore questo considerato limite e sotto il quale, questo nuovo sistema di produzione, non sarebbe conveniente.

Il ridimensionamento del prezzo, ha causato un forte scompenso sul mercato, positivo per molti settori industriali e per le famiglie per un minor costo della benzina, elettricità, riscaldamento ma portando vicino al disastro finanziario alcuni paesi, investitori, industrie, banche che avevano scommesso sulla tenuta del prezzo e sui margini, previsti. Ancora nessuno sa cosa potrà poi succedere a fine anno, quando gli istituti di credito dovranno rivedere le regole per i finanziamenti accordati ai produttori di shale oil, le regole potrebbero essere più stringenti considerato che il calo del petrolio ha diminuito anche il valore delle scorte offerte come garanzia.

Ma cosa ha generato questa situazione?

L’OPEC (organization of Petroleum Exporting Countries) riunisce I maggiori produttori di petrolio arabi, paesi dove il costo di estrazione si aggira dai 5 ai 10 dollari al barile. L’OPEC agisce come un cartello sul prezzo del petrolio” quindi sono loro che decidono del mercato. Nel passato intervenivano variando la quantità di produzione e calmierando i prezzi. Quest’anno, l’offerta era buona, per un minor consumo dovuto a varie crisi, fonti energetiche alternative, lo shale oil, l’Iran etc e l’Opec, che in altri momenti sarebbe intervenuta con una riduzione di produzione ha deciso, invece, di non intervenire continuando a produrre volumi standard, provocando così un eccesso di offerta e la caduta del prezzo.

Come prima ipotesi sembra che l’OPEC voglia mettere fuori del mercato chi non fa parte all’organizzazione, cioè tutte quelle società nate recentemente e di dimensioni limitate che operano proprio nel mercato dello shale oil.  A loro dire, i nuovi operatori utilizzano tecnologie innovative e operano a margini di ricavo contenuti rispetto alle grandi compagnie provocando con i loro prezzi forti oscillazioni, con una forte instabilità sul mercato. Altre ipotesi riguardano una qualche penalizzazione per paesi come la Russia e gli Stati Uniti.

Ma, perché portare alcuni Paesi, vedi il Venezuela e alcuni africani che indebitati fortemente con le garanzie del
petrolio, sono sull’orlo del baratro finanziario e non optare magari per una riduzione lenta e progressiva con il vantaggio dei più?

Questa situazione quanto potrà durare?

Le previsioni future, sono, per un costante aumento dei consumi di petrolio, e nonostante le fonti energetiche alternative. Secondo le cifre fornite da British Petroil nel giro di 15 anni si dovrà considerare un aumento del 36% delle richieste di energia a causa degli standard di vita più elevati a cui avranno accesso oltre 1,3 miliardi di persone in più rispetto ad oggi.
Fattori come il miglioramento delle condizioni di vita nei paesi non Ocse (i paesi che saranno i maggiori beneficiari), aumenti salariali ma anche l’introduzione di nuove tecnologie come le pompe idrauliche per l’agricoltura (ricordiamo che le future emergenze idriche per la scarsità d’acqua saranno sempre più concrete), porteranno alla necessità di fornire energia a un numero sempre maggiore di persone…. e ai costi indicati chi può fare meglio del petrolio?

Del petrolio, sembra poi ce ne sia a sufficienza per molti anni ancora. La Rice University ci dice che almeno  4mila miliardi di barili sono disponibili dal solo sottosuolo statunitense, A questo si aggiungano le clamorose scoperte dei nuovi giacimenti in diverse aree geografiche (Africa subsahariana, Indocina, Artico) cui la stessa Eni ha partecipato.

Ma che dire? Credo dovremmo continuare  a vivere con forti oscillazioni di questa materia prima e a seconda della forza e degli umori delle varie potenze coinvolte.

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Giulio Clerici
3 Novembre 2015 9:41

Interessante, riporta l’attenzione su di una questione passata in secondo piano che invece è sempre attuale, infatti se ne parla solo quando si alzano i prezzi e non quando scendono.