SEI GRADI DI SEPARAZIONE/ARCHIVI DI FAMIGLIA: Puccini, la Turandot e le cose della vita

Che bello il fiore di gelsomino!
Dolcemente profumato e ricco di gemme
un bianco fragrante e adorato da tutti
Lasciati prendere perché voglio darti al mio amore.
“Fiori di Gelsomino”, Mo Li Hua è una dolce canzone popolare cinese che risale al periodo della Dinastia Qing.

La fascinosa melodia è arrivata fino a noi con la Turandot, e descrive gli aspetti seducenti e gloriosi della principessa cinese Turandot.

Ma com’è arrivata a Puccini l’ispirazione per considerare il motivo di Mi Li Hua per la propria opera?

Erano i primi del Novecento, arrivavano in Europa e Italia oggetti cinesi di ogni tipo. Era di gran moda la Cina in quel periodo, tanto da influenzare in qualche modo l’arte europea. Perfino alcuni degli impressionisti hanno ripreso nelle loro pitture i

colori e il clima della moda di quel periodo. Tra i diversi oggetti, i più richiesti erano i carillon, ne arrivavano di ogni tipo, decorati in legno inciso, con figurine in porcellana, uccelli, alberi e alcuni funzionavano addirittura a gettoni, tutti suonavano fascinose melodie cinesi.

I primi carillon cinesi risalgono alla dinastia Qing (1616-1911) erano prodotti per un ristretto numero di aristocratici e seguivano l’ossessione per gli oggetti meccanici.

In quel periodo la mania era per gli orologi e i più elaborati.

L’imperatore Qianlong aveva una delle più grandi collezioni di orologio del mondo. Questi lussuosi pezzi di tempo, erano spesso dorati e incastonati con pietre preziose, e andavano in dote  nelle famiglie imperiali e ai discendenti reali.

Agli inizi del secolo scorso il Barone Edoardo Fassini Camossi, grande collezionista, nonché colonnello dell’esercito, era a capo del corpo di spedizione militare italiano con sede a Tianjin, la concessione commerciale in territorio cinese che l’Italia ricevette nel 1902, dopo la partecipazione alla missione per fronteggiare la rivolta dei Boxer.

Tra gli oggetti acquistati a un’asta dal Barone c’era anche un  carillon che fu portato, assieme a quant’altro di quella origine, nella sua casa di Bagni di Lucca.

Puccini era grande amico del Barone e nel 1920, passò più di venti giorni nella quiete dei Bagni di Lucca e molte delle giornate, in sua compagnia nella sua bella casa. Il tempo trascorreva tranquillo, passeggiando e parlando del più e del meno fin quando l’attenzione di Puccini fu rapita dal famoso carillon: da quel momento non c’era istante che non dedicasse ad ascoltarne le melodie. Sembra che nella stessa casa, casualmente o volutamente, si sia poi svolto l’incontro con i librettisti Giuseppe Adami e Renato Simoni per il varo di Turandot.  La notizia dell’incontro e della nuova opera, fu subito pubblicata sul Giornale d’Italia, evidentemente qualcuno a conoscenza del progetto, ne aveva mandato l’informativa al giornale.. Fu un vero e proprio scoop che suscitò le ire del compositore che avrebbe desiderato una maggiore riservatezza.

La cosa poi particolare di questi avvenimenti, è che scartabellando tra le varie memorie di famiglia e di Alberto Fassini Camossi, grande imprenditore industriale e cinematografico e fratello di Edoardo, ho trovato alcune delle copie di lettere e telegrammi scambiati a suo tempo con Puccini. Sono diverse; in una si parla perfino di un acquisto di un’automobile, Puccini amava le automobili, ne aveva di tutti tipi, con una ebbe un pauroso incidente che quasi gli costò la vita.

In un’altra lettera si parla di un film, forse sulla vita del grande compositore? Non ho trovato altre tracce se non un breve filmato nel quale il compositore appare mentre suona il piano, il filmino è stato rinvenuto casualmente in un baule della casa di Puccini.

Chissà… Comunque il carillon esiste ancora ed appartiene alla collezione privata di una famiglia piemontese.
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