ABBIAMO OSPITI – ARTE: uno sguardo attivo sui bonsai

Articolo di Agostino Muratori – Autore Ospite de La Lampadina

Un maestro bonsai al lavoro nel giardino dei 1000 bonsai a Suzhou in Cina

Sono in molti a pensare che il bonsai sia una costrizione che l’uomo impone alla natura, la versione vegetale delle piccole ginnaste romene. Tale punto di vista non dà particolare rilievo al processo creativo: l’arte di dare una forma. Gli orientali lo chiamano seishi.

Seishi è il cuore della pratica bonsai, ma non si può prescindere dall’arte di dare una forma anche quando ci si appresta a dipingere un quadro, a scrivere un racconto, a scattare una fotografia. Ora, dov’è la differenza che alimenta scrupoli morali? Il bonsai è un organismo vivente e come tale inviolabile. Premesso che l’inviolabilità non è un valore in sé, mi chiedo: davvero si procura sofferenza alla pianta indirizzandone la crescita al fine di ottenere una forma?

La risposta è no. Anche se gli alberi non parlano, la sofferenza vegetale si manifesta in altre forme, molto evidenti.

Sono un medico, professione che mi ha garantito una certa sicurezza nel trattare ciò che è vivente senza temere di nuocergli, fidandomi del linguaggio dei segni che conta più delle parole quando si fa una diagnosi. A questo punto di partenza si aggiunge il mio interesse per il paesaggio e la sua composizione.

Mi occupo di un giardino da oltre quarant’anni, si trova vicino al mare, sorge intorno a una casa costruita nel 1932. Come tutti i giardini razionalisti è stato progettato intorno a pochi, essenziali, elementi: pini, palme, ghiaia. In tale contesto ho iniziato a inserire piante di tutt’altro genere: succulente. All’inizio questi stranieri provenienti dal Sud Africa, dall’Australia, dai deserti americani, faticavano a integrarsi, e in me prevaleva l’aspetto collezionistico, la curiosità botanica. Allora la mia smania compositiva era tutta riversata in un’altra attività cui mi dedico da anni: la pittura.

il bosco di bonsai a Suzhou

il bosco di bonsai a Suzhou

Solo quando ho capito che quel giardino poteva essere trattato come una grande tela (nel mio caso tavola) passibile di infiniti aggiustamenti, pentimenti e nuove prospettive, tutto ha cominciato a prendere una forma coerente, ma in movimento. Il piacere che ripaga la fatica del giardiniere risiede non tanto nel disegno compiuto di un giardino che non esiste, ma nel disegnare, cercando il compromesso tra la contingenza, le necessità, gli imprevisti e il proprio sogno.

Con i bonsai la sfida si moltiplica, e il giardino diventa una macchina onirica dove ogni angolo può produrre una fertile allucinazione. Il bonsai viene spesso definito albero in miniatura, è senz’altro vero, ma riduttivo: il bonsai è una forma che a sua volta disegna e proietta altre forme su un fondale immaginario. Esiste l’arte di fare il bonsai, ma è molto importante anche l’arte d’osservare il bonsai. Il perfezionismo tecnico orientale non è una mania fine a se stessa, tanta applicazione ha uno scopo ambizioso: alterare la percezione del reale e aprirsi a un altro genere di sguardo, uno sguardo che crea il paesaggio che ha di fronte e non lo subisce. E' un paesaggio...La nostra idea, occidentale, dell’avventura dà valore all’esperienza in presa diretta, allo starci in mezzo a un bosco, per intendersi. Ma non è da meno dedicarsi all’avventura dello sguardo che ti riserva il bosco bonsai, o un paesaggio ridotto di alberi e rocce. All’inizio si vedranno solo miniature ma, perseverando, i dati assunti dalla coscienza -sono seduto su una sdraio, davanti a me c’è un vaso, e nel vaso quattro aceri miniaturizzati e un sasso- cedono ad altro. Detto questo, il sasso non diventa il fianco di una montagna perché s’ingigantisce tutto a un tratto. E’ possibile che la porosità del sasso, l’inclinazione di un ramo bonsai o l’ombra di quel ramo, diano inizio al processo di metamorfosi, e ciò che abbiamo di fronte non assomiglia più a un bosco, forse al perdersi in un bosco, comunque a qualcosa cui non sappiamo dare un nome, ma vale la pena esplorare.

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Marina Patriarca
5 Luglio 2016 0:07

Agostino Muratori, questo scritto ragionato sul bonsai lo poteva scrivere solo un pittore!
E’ vero che del bonsai ci si fa una idea tutta occidentale quasi folkloristica. Come pure dell’Ikebana, che simboleggia una creativa ascesa verso l’elevazione cosi mi è parso di capire.
A me (per gran parte orrendamente occidentale) il bonsai attira spesso come una rarità e mi da una idea di piccolo amuleto-pensiero recante una sorta di criptico messaggio; è l’invenzione paziente di una mente amorosa immaginativa e ansiosa di grandeur proprio in ragione della sua “piccolezza”.