LA LAMPADINA – LIBRI: Il ministero della suprema felicità

Questo mese Carlotta, ci propone un’appassionata recensione del  nuovo libro di Arundhati Roy, “Il Ministero della Suprema Felicità”.

IL MINISTERO DELLA SUPREMA FELICITÀ

di Arundhati Roy
Ed. Guanda – 2017
Pag. 496
Traduzione: Federica Oddera

A vent’anni dalla pubblicazione del booker prize, “Il dio delle piccole cose”, la scrittrice indiana Arunhati Roy, attiva militante letteraria dei diritti umani, ci travolge con questo romanzo fiume dedicato agli inconsolabili ed ai discriminati.
Il romanzo è uno spaccato dell’India moderna (che quest’anno festeggia i 70 anni di indipendenza), e sullo sfondo, la cruenta guerra in Kashmir e la sua occupazione militare che perdura da 25 anni.
In una intervista l’autrice asserisce che “restare in silenzio dopo che la destra nazionalista è andata al governo in India è un lusso che non posso più permettermi”. L’autrice è molto critica nei confronti del Presidente Modi, denunciandone la forte spinta nazionalista hindu e non risparmia critiche neppure a Ghandi colpevole di non essere mai stato contrario alle caste. E ancora: “L’dea è quella di scrivere un libro sull’aria che respiriamo. Perché nell’aria c’è tutto:il terrore, l’intimità, la politica. Ci sono contesti in cui solo la letteratura riesce a dire la verità. Se viaggi o vivi in Kashmir , dove da venticinque anni è in corso la più grande occupazione militare del mondo, non basta riuscire a produrre rapporti sulle violazioni dei diritti umani, articoli di giornale o cataloghi di morti e scomparsi. La letteratura può raccontare cos’è davvero il terrore:quello delle persone terrorizzate e quello delle persone che terrorizzano, il terrore dei soldati e quello delle persone che non sanno se i loro figli torneranno a casa domani. Solo un romanzo può fare tutto questo”.
La storia è travolgente e viene raccontata attraverso le vite ed i sentimenti dei protagonisti per i quali l’autrice ha un estremo riguardo, sembrano tutti dipinti con la delicatezza dell’acquerello, rendendoli veramente unici.

Sarà proprio la  diversità dei personaggi di questo romanzo, la comunità degli “hijira” (corpi maschili con animi femminili), i combattenti kashmiri braccati dai miliziani, le tribù maoiste della foresta, le donne stuprate, gli intoccabili, i musulmani scampati al massacro del 2002 nel Gujarat… sarà la diversità la risorsa dei reietti che affollano questo libro. Si potrebbe dire una sorta di virtù della diversità.

Una lettura meravigliosa ed incredibile che fonde tenerezza poesia e brutalità. Una fiaba con ingredienti universali, crudele, poetica e filosofica. Un’opera potente contro tutte le ingiustizie, i pregiudizi, le diseguaglianze di un continente così contraddittorio. Un romanzo sempre in bilico tra felicità e dolore, fisicità e spiritualità, virilità e femminilità, in cui le varie storie frantumate, dilaniate e resistenti sono sempre “uniche” e quindi così preziose.

P.S. Sulla copertina del libro, troverete l’immagine di una pietra tombale. Non a caso il romanzo è ambientato tra il cimitero di Dehli, dove sono stati costretti a vivere alcuni dei protagonisti e dove una notte… appare una bambina ed i cimiteri del Kashmir. Questa copertina del libro voluta e curata personalmente dall’autrice vuole ricordarci che viviamo in un periodo pericoloso per il nostro pianeta dal punto di vista ambientale e rischiamo tutti noi, come specie ,di vivere in un cimitero. Naturalmente l’autrice ha tutte le sue idee in proposito, vedi intervista su IBS:

Vorrei inoltre trasmettervi un passo del libro:

“Il martirio s’insinuò nella Valle del Kashmir varcando la linea di controllo e superando al chiaro di luna passi di montagna presidiati dai militari. Notte dopo notte camminò lungo lunghi sentieri di pietra avvolti come fili intorno ad azzurri dirupi gelati, avanzò attraverso vasti ghiacciai e pascoli d’alta quota….. Raggiunta la valle, si tenne rasoterra e si diffuse tra gli alberi di noce , i campi di zafferano, i frutteti fitti di meli mandorli e ciliegi come la foschia strisciante. Sussurrò parole di guerra all’orecchio di medici e ingegneri, studenti e manovali, sarti e falegnami, tessitori e agricoltori, pastori, cuochi e poeti. Ascoltarono tutti con attenzione e poi posarono libri e strumenti di lavoro, aghi, scalpelli, bastoni, aratri, mannaie e luccicanti costumi da clown. Fermarono i telai sui quali avevano tessuto i più bei tappeti e gli scialli più soffici e raffinati che il mondo avesse mai visto e passarono dita nodose e meravigliate sulle lisce canne del Kalashnikov che gli stranieri in visita consentivano loro di toccare. Seguirono quei novelli Pifferai magici su negli alti pascoli e nelle radure alpine dov’erano stati allestiti i campi di addestramento. Solo dopo aver ricevuto le armi tutte per loro, dopo aver incurvato le dita intorno al grilletto e averlo sentito cedere con estrema delicatezza, dopo aver soppesato le probabilità e deciso che si trattava di un’opzione valida solo allora permisero alla rabbia e alla vergogna innescate da una sottomissione subita per decenni, per secoli, di scorrere nelle loro membra e di trasformare in fumo il sangue nelle vene…
E così ebbe inizio la rivolta. La morte era dappertutto. La morte era tutto. Carriera. Desiderio. Sogno. Poesia. Amore. La gioventù stessa. Morire divenne semplicemente un altro modo di vivere. Saltavano fuori cimiteri nei parchi e nei pascoli, lungo fiumi e ruscelli nei campi e nelle radure in mezzo alle foreste. Le lapidi spuntavano dal terreno come denti di neonato.“

Buona lettura

Carlotta Staderini Chiatante

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Sveva Paternó
15 Settembre 2017 17:51

Grazie Carlotta! Mi sembra un libro molto interessante. La Roy è un autrice poetica ma convincente ed i problemi dello stato del Kashmir sono a tutti noi totalmente ignoti. Lo leggerò