CULTURA – Una figura epocale: la marchesa Luisa Casati, il più bel serpente del paradiso terrestre

“Una figura epocale, inimitabile, dal fascino meduseo e dark, un’eccentrica e metamorfica dandy al femminile dall’intramontabile allure e tuttora capace di emanare infinite ispirazioni, riflessi di stile e suggestioni”. Così definisce Cesare Cunaccia in un articolo su Vogue, la Marchesa Luisa Casati Stampa di Soncino nata Luisa Adele Rosa Maria Amman da una facoltosa famiglia di industriali di origine austriaca.
Suo padre è un importante produttore di cotone. Quando nasce Luisa nel 1881, Milano vive uno dei suoi momenti di maggior espansione economica e culturale, una fin de siècle frenetica e raffinata. Dopo la prematura morte dei genitori, è considerata la donna più ricca d’Italia, l’ereditiera per eccellenza della scena sociale milanese. Alta, occhi verdi, snella, colta, stravagante, raffinata e trasgressiva, Jean Cocteau la definisce “Il più bel serpente del paradiso terrestre”. Per Tommaso Marinetti è “La più grande futurista del mondo” e per D’Annunzio, col quale avvia una intensa e duratura relazione, è semplicemente “La Divina marchesa, la sola donna che mi abbia sbalordito“Adoro i capricci di questa donna. Quando cerco di immergermi nel suo mondo sento il suo profumo e vedo le sfumature del suo trucco disfatto”, con queste parole il poeta descrive il suo sentimento per lei.
Quasi patologicamente timida, rifugge, però, con ogni mezzo dagli schemi di un’esistenza banale, decisa ad essere prima di tutto un’opera d’arte vivente. Le sue feste e i costumi che indossa all’occasione erano rappresentazioni coreografiche piuttosto che eventi della società. Si circonda di numerosi animali insoliti: un boa costrittore con cui si avvolge il collo, porta al guinzaglio scimmie, due pavoni bianchi addestrati, levrieri e un ghepardo. Ci sono stormi di merli albini tinti di colori diversi per abbinarli ai temi delle sue feste. Stupire è la parola d’ordine, nonché il fil rouge di un’intera esistenza. Jean Cocteau dice di lei: “Aveva saputo crearsi un ‘tipo’ all’estremo. Non si trattava più di piacere o non piacere, o tantomeno di stupire. Si trattava di sbalordire”.

Nel 1910 Luisa Casati si installa a Venezia, nel non finito settecentesco palazzo Venier dei Leoni, l’attuale Guggenheim Museum, inaugurando un’irripetibile opulenta stagione mondana di folle prodigalità cadenzata da soirées memorabili, dove compare in abiti orientaleggianti concepiti per lei da Mariano Fortuny, Paul Poiret, Jean Patou e Léon Bakst con turbanti, aigrettes, make-up drammatico, pose teatrali e gioielli fiabeschi. Sul viso stende ciprie sempre più chiare, porta lunghissime ciglia finte sugli enormi occhi verdi bistrati di nero sotto le sopracciglia fino agli zigomi; si dilata le pupille usando gocce di belladonna e si dipinge le labbra rosso fuoco. Appassionata di scienze occulte, ospita nel suo palazzo maghi, chiromanti, medium con cui organizza sedute spiritiche. Si dice che passeggi nuda di notte in Piazza San Marco scortata da un ghepardo, con collare di brillanti e pietre preziose seguita da un servo di colore che regge un paio di torce accese affinché gli spettatori incuriositi possano ammirarla.

Il suo stravagante personaggio sarà sempre avvolto da racconti fantasiosi e da miti, voci discutibili e pettegolezzi. Nel 1920 approda a Capri e si trasferisce nella Villa San Michele, inquilina dello psichiatra svedese Axel Munthe dove si dà al consumo di oppio e cocaina in uso nei saloni mondani per colmare il vuoto delle giornate.
Quando nel 1923 si trasferisce a Parigi nel sontuoso Palais Rose la Casati possiede più di 130 opere che la ritraggono: dipinti e fotografie, compresi alcuni celeberrimi scatti di Man Ray. L’hanno ritratta, fra gli altri Giovanni Boldini, Augustus John, Kees Van Dongen, Romaine Brooks, Ignacio Zuloaga, Drian, Alberto Martini, Alastair, Giacomo Balla, Catherine Barjansky, Jacob Epstein, Cecil Beaton e il barone Adolph de Meyer, Jean Cocteau, Filippo Tommaso Marinetti e Alberto Martini. Una sconfinata serie di artisti e opere che a malapena illustrano la sua originale bellezza e i personalissimi e unici vestiti che sceglie di indossare.
È musa ispiratrice (e spesso amante) dei principali artisti dell’epoca, surrealisti, dadaisti, futuristi, fauvisti ma anche poeti e scrittori. Tanta prodigalità finirà ben presto. La Marchesa Casati dopo aver accumulato debiti per oltre 25 milioni di dollari, vende tutti i suoi averi, si trasferisce in Inghilterra, dove risiede sua figlia Cristina che la sostiene. Muore nel 1957 di emorragia cerebrale.
Sarà sepolta al Brompton Cemetery con il suo mantello nero bordato di pelle di leopardo, le immancabili ciglia finte e occhi bistrati, e, ai suoi piedi, l’amato pechinese imbalsamato. I versi di Shakespeare saranno il suo epitaffio: «L’età non può appassirla, né l’abitudine rendere insipida la sua varietà infinita».

Per saperne di più..

 

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2 Commenti
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Marguerite de Merode
6 Febbraio 2018 14:25

Grazie, per il suo commento.
Ecco la risposta alla sua domanda: Il marchese Camillo Casati Stampa, nasce a Roma l’8 gennaio 1927 ed era figlio di Camillo senior e di un’americana di nome Anna Ewing Cockrell, figlia di un senatore. Suo padre, separato da Luisa Casati, lo riconosce ma se ne disinteressa totalmente anche se provvede al suo mantenimento. Non è, dunque, diretto discendente di Luisa ma bensì del suo ex marito di cui si era separata dopo la sua relazione con Gabriele D’Annunzio .

Stefano Gentile
5 Febbraio 2018 18:06

Questa breve biografia è affascinante. Sarebbe bello collegare questo personaggio con Camillo Casati (se, come penso il collegamento esiste ). Stefano Gentile da Roma