ARCHITETTURA – Il ponte di Genova: il parere di Massimo Cestelli Guidi

Riceviamo da un nostro amico e lettore, Massimo Cestelli Guidi, una disamina sulla questione “Ponte Morandi” che volentieri condividiamo con tutti i nostri lettori.

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Mi sono occupato professionalmente negli ultimi tempi di crolli di strutture in cemento armato, quindi ho potuto ricostruire quella che a mio parere risultava la cinematica del crollo.
Il video del crollo, ripreso da una persona e proiettato in televisione, mi ha fatto intuire che ad innescare il collasso del pilone era stato il cedimento (rottura) di uno dei “tiranti” (come venivano chiamati negli anni sessanta ed oggi noti con il nome di “stralli”), stralli che reggevano l’impalcato su cui transitava la viabilità.
La rottura dello strallo potrebbe essere stata causata probabilmente da una sovratensione prodotta da una raffica di vento, raffica che però è stata la classica “goccia che ha fatto traboccare il vaso”, poiché lo strallo si trovava già in una situazione statica precaria. Immediatamente si è verificata la rottura dello strallo adiacente avendo acquisito il doppio del carico. A questo punto il grosso pilone, non più bilanciato da ambo le parti dagli stralli, è crollato per il tiro degli stralli posti sul lato opposto del primo strallo collassato. Ovviamente sono anche crollate le due campate appoggiate ai lati dell’impalcato sostenuto dal pilone crollato.
Questa ricostruzione del crollo da me effettuata, mi è sembrata abbastanza realistica, confermata in parte da quanto apparso, in seguito al crollo, sulla stampa ed in televisione, ossia il fatto che gli stralli del ponte sono stati individuati come gli elementi strutturali più deboli del viadotto.
La storia di questi tiranti/stralli rivestiti in calcestruzzo e precompressi, stralli ideati da Riccardo Morandi e basati sul sistema di precompressione “Morandi” da lui brevettato, mi ha coinvolto personalmente negli anni ’60.
Nel 1962 ho scelto di effettuare la tesi di laurea presso la Cattedra di Ponti della facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma, cattedra di cui era titolare il Prof. Giulio Ceradini. Il tema che il professore mi ha dato è stato quello del progetto di un ponte, ad una sola campata sostenuta da tiranti/stralli, attraverso il Tevere a Roma. Gli stralli però, mi disse il professore, devono essere del tipo ideato da Riccardo Morandi per il ponte sulla laguna di Maracaibo in Venezuela, ossia acciaio rivestiti di calcestruzzo e precompressi.
Per comprendere il funzionamento di questi stralli, dato che in quel periodo ero amico di uno dei figli di Riccardo Morandi con il quale facevo nello stesso sci club gare di sci alpino, gli chiesi di farmi avere un breve incontro con il padre, anche se lo sapevo molto impegnato professionalmente.
Riccardo Morandi è stato molto cortese, mi ha ricevuto ricordo mentre contemporaneamente nell’altra sala riunione aveva degli Svedesi che volevano affidargli la progettazione di un villaggio nel loro territorio. Morandi mi ha dato alcune delucidazioni su i suoi tiranti precompressi riguardo le fasi di precompressione e l’attacco agli impalcati dei ponti, delucidazioni sufficienti per una tesi di laurea.
Poi è stato costruito nel cuore di Genova il lungo viadotto che attraversando il torrente Polcevera unisce due zone della città. Lungo il viadotto erano previsti tre piloni che sostenevano l’impalcato viario con i famosi stralli precompressi.
E’ opportuno a questo punto effettuare qualche considerazione su questi particolari stralli ideati da Morandi. Questa tipologia di stralli è stata ideata per ottenere degli elementi strutturali che resistessero meglio all’ossidazione rispetto ai tiranti non rivestiti, ossidazione che si verifica nell’acciaio dei tiranti quando sono esposti ad atmosfere marine o ad altre atmosfere aggressive di tipo chimico. Con questa protezione si sarebbero ridotti gli interventi di manutenzione anti-ossidazione. All’epoca era nota la manutenzione che si effettuava con la verniciatura dei cavi sul ponte Golden Gate di San Francisco. Durava qualche anno e quando si terminava ad una estremità si ricominciava dall’altra.
Il rivestimento in calcestruzzo previsto da Morandi doveva però essere preventivamente compresso (precompressione) per non fessurarsi quando sarebbe entrato in trazione nel momento che gli stralli sarebbero entrati in esercizio, ossia si sarebbe ottenuta una fase di decompressione del calcestruzzo limitando le successive tensioni di trazione dovute al traffico veicolare.
Senza scendere troppo nei dettagli tecnici si deve precisare che questa tipologia di tiranti è stata adottata solo da Morandi per alcuni suoi ponti. L’evoluzione tecnologica delle vernici protettive degli stralli ed altri accorgimenti di protezione dall’ossidazione previsti in seguito dai progettisti per i ponti “strallati”, consentiva una protezione dall’ossidazione più semplice ed affidabile dell’acciaio degli stralli.
Gli stralli precompressi di Morandi, anche se in progetto erano del tutto affidabili, a lungo termine potevano creare qualche problema.
Le tensioni elevate nell’acciaio, somma della iniziale precompressione e dell’entrata in esercizio del ponte, avrebbero generato valori di allungamento per rilassamento dell’acciaio (allungamento che si verifica lentamente nel tempo) superiori a quelli di uno strallo non rivestito. Se ben ricordo un fenomeno del genere si è verificato nel passato per alcuni stralli del ponte sul Polcevera. L’allungamento aveva generato una cuspide nel piano stradale, e quindi si è dovuto riportare del conglomerato bituminoso per ripianare la sede viaria, appesantendo però i carichi permanenti sull’impalcato. Sempre a causa dell’allungamento eccessivo nel tempo, il calcestruzzo di rivestimento, reso solidale con l’acciaio, probabilmente in qualche sezione si è fessurato causando l’ossidazione dell’acciaio.
Inoltre nei tiranti non rivestiti in calcestruzzo, si può rilevare meglio l’eventuale degrado per ossidazione, dato che l’acciaio è esposto, anche se l’eventuale fessurazione rilevata nel calcestruzzo di ricoprimento avverte di una possibile ossidazione all’interno. L’ossidazione per gli acciai di precompressione ad elevate tensioni risulta notevolmente più aggressiva rispetto a quella che si può verificare per gli acciai normali. A causa dell’ossidazione spinta verificatasi in molte travi precompresse dei ponti realizzati negli anni ‘60 sulla Bologna Firenze, sono state sostituite negli anni ‘90 molte travi.
In definitiva per il viadotto sul torrente Polcevera, gli elementi strutturali meno affidabili a lungo periodo erano proprio costituiti da questi stralli.
La stampa, successivamente al crollo del ponte, ha individuato gli altri ponti strallati progettati da Riccardo Morandi. Fra gli altri c’era il ponte sull’autostrada Roma-aeroporto di Fiumicino, progettato con stralli massicci, questi del tutto affidabili, a scapito però del lato estetico.
Il crollo ha lasciato il pilone, uguale a quello crollato, squilibrato rispetto ai carichi permanenti, poiché dal lato del crollo manca il peso della campata appoggiata. Qualche assestamento sta avvenendo poiché la stampa riporta che si sentono alcuni “scricchiolii” nelle strutture del pilone.
Per quanto riguarda infine Riccardo Morandi, è noto che è stato un grande progettista a livello mondiale, avendo progettato negli anni 50-60 opere che per l’epoca erano sicuramente dei capolavori tecnici. Era un’epoca nella quale per la progettazione strutturale non esistevano non solo i computer ma neanche le calcolatrici elettroniche. Per esperienza eseguire dei calcoli con le macchine calcolatrici a manovella o con quelle elettromeccaniche era impresa faticosa che prendeva un lungo periodo di tempo.
Se Riccardo Morandi ha ideato per i suoi ponti degli stralli che a lungo periodo potevano mostrare alcuni punti di debolezza, questi punti sono sempre stati noti ai Tecnici e quindi era necessario effettuare gli idonei interventi per mantenere inalterata la stabilità del viadotto sul torrente Polcevera.
Massimo Cestelli Guidi


Nel numero 75 della nostra newsletter, abbiamo pubblicato altri due articoli in merito al Ponte Morandi:

Salviamo il viadotto di Riccardo Morandi a Genova
sempre a firma di Massimo Cestelli Guidi

Ponte Morandi e dintorni
alcune considerazioni dell’architetto Giancarlo Busiri Vici

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9 Commenti
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Carlo Verga
12 Novembre 2018 9:22

Caro Massimo, apprezzo molto la tua risposta giusta nella sua razionalità, è stato un interessante dibattito, ma ho paura che c’entri poco la razionalità, come hai visto anche un importante costruttore di Genova ha commentato che il ponte va risolto e costruito ex novo a tre corsie. Io penso sia anche molto una questione psicologica molto legata al tremendo impatto che ha avuto sui Genovesi ma anche su tutti noi. Aggiustando quei 200 metri e naturalmente dopo il dovuto restauro, rimarrebbe sempre impressa la tragedia e forse tutti noi passandoci ricorderemo il momento forse con qualche timore. Ho percorso quel ponte 1000 volte, negli anni ’70 o forse ’80 è rimasto limitato, per qualche tempo, ad una sola corsia per i lavori di manutenzione. Già all’epoca, con un piano stradale mal mantenuto mi faceva una certa impressione e ogni volta che lo percorrevo avevo la stessa sensazione. Io penso che in fin dei conti un opera, nuova nonostante il suo costo, darebbe un impronta nuova e costruttiva alla città.
A presto
carlo

4 Novembre 2018 11:46

Gentile Ing. Massimo Cestelli Guidi, potrei essere d’accordo sulla manutenzione per evitare demolizioni di strutture e di edifici con produzione di enormi quantità di materiali di risulta. Ho qualche dubbio sull’adeguamento delle strutture rimaste in piedi alle normative attuali.
Mi lasciano altresì perplesso i costi per il recupero delle strutture superstiti in quanto potrebbero lievitare più di quanto si possa credere.
Con viva cordialità
Stefano Mariani

Massimo Cestelli Guidi
Reply to  Isabella Confortini Hall
10 Novembre 2018 15:37

Come ho già commentato fra l’altro sarebbe un errore ricostruire il Viadotto sullo stesso tracciato. Il consolidamento delle strutture rimaste è limitato al rinforzo di tutti i tiranti rimasti. per il resto si deve rilevare se occorrono degli interventi di normale manutenzione non effettuati. Abbiamo visto recentemente in televisione che anche su pile di viadotti dell’autostrada Roma Aquila si rilevavano armature esposte per mancanza di manutenzione. Ugualmente per elementi strutturali dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. La negligenza nell’effettuare la manutenzione sulle strutture in cemento armato è un fatto tutto italiano, probabilmente perché abbiamo strutture che hanno 2000 anni di età (ad esempio la cupola del Panteon a Roma) e quindi riteniamo che le strutture siano eterne anche senza manutenzione, senza considerare che il cemento armato è un materiale giovane e per quello realizzato negli anni 50-60 è necessaria un’idonea manutenzione.

Luigi Solari
3 Ottobre 2018 23:35

Caro Massimo,
non sono un ingeniere, ma il tuo articolo è molto interessante e realistico. Posso inoltrarlo ad amici di Parma (città ove mi sono laureato) ed eventualmente farlo pubblicare sulla GAZZETTA DI PARMA (il più antico quotidiano tuttora esistente) ?
Cari saluti.
Luigi

Massimo Cestelli Guidi
Reply to  Luigi Solari
4 Ottobre 2018 21:53

Ma certamente grazie. Oggi ho scritto un altro articolo molto importante per salvare il viadotto progettato da Riccardo Morandi dalla demolizione. Ho mandato l’articolo anche a Carlo Verga. Poiché i tempi sono stretti senti Carlo se posso inviartelo prima che lo pubblichi sulla Lampadina. Nel caso inviami la tua e-mail a: mcgingegneria@gmail.com
Un caro saluto
Massimo Cestelli Guidi

Marco Nuti
1 Ottobre 2018 19:42

Ciao Massimo,
Grazie della chiara ricostruzione. Per tua info ho letto recentemente un’ipotesi di un gruppo di tecnici USA che ha cercato di ricostruire col computer una possibile dinamica della caduta i quali ipotizzano che abbia ceduto per primo l’impalcato che a sua volta ha fatto cadere gli stralli ed il pilone.
Cari saluti a presto
Marco

Massimo Cestelli Guidi
Reply to  Marco Nuti
2 Ottobre 2018 14:00

Non condivido la ricostruzione fatta dai tecnici USA. Un video fatto dai Tedeschi e proiettato in televisione mostra chiaramente la dinamica del collasso ossia la rottura di uno strallo ed il seguito come da me riportato. In ogni caso ritengo che per 20 anni non si conoscerà quale elemento strutturale ha ceduto per primo e la causa che l’ha portato al collasso. Ci sono venti indagati ognuno dei quali ha un Consulente Tecnico di Parte i quali dovranno sostenere la causa del crollo che può discolpare il proprio assistito. Mi volevano incaricare come CTP ma io non posso assumere ovviamente incarichi così a lungo periodo.
Un caro saluto, Massimo

Manlio Moggioli
1 Ottobre 2018 18:26

Più chiaro di così…

Massimo Cestelli Guidi
Reply to  Manlio Moggioli
2 Ottobre 2018 14:11

Grazie. Il problema adesso è impedire la demolizione totale o parziale del Ponte .
La demolizione è una follia sia dal punto di vista culturale che dal punto di vista dei tempi di demolizione e realizzazione di un nuovo viadotto. Dal punto di vista culturale perché questa opera di Morandi è stata sempre apprezzata in tutto il mondo. Dal punto di vista della demolizione si pensi solo a portare a discarica qualche migliaio di tonnellate dei residui della demolizione che, non potendo essere assorbiti dalle discariche nel territorio dovrebbero andare al porto, via mare.
La soluzione più economica esiste e mantiene quel che resta del Viadotto sul Polcevera.