ABBIAMO OSPITI – ARCHITETTURA: Ponte Morandi e dintorni

Riprendiamo il filo del discorso iniziato dal parere espresso dall’ingegnere Massimo Cestelli Guidi su La Lampadina del numero scorso (ottobre 2018) e al quale si sono succeduti vari commenti ed un ulteriore scritto di Cestelli Guidi stesso che ipotizza il recupero del ponte.
Pubblichiamo ora le considerazioni dell’architetto Giancarlo Busiri Vici in merito alla situazione attuale.

Dalla tragica mattinata del 14 agosto a Genova, sul Ponte Morandi, sulla sua storia, sulle cause del crollo e sulle varie ipotesi di ricostruzione totale o parziale si sono dette e contraddette cose giuste (poche) e cose errate (tante).
Fra queste ultime anche qualche fake news come quella che attribuirebbe alla pioggia intensa il crollo del pilone.
Elencarle tutte potrebbe essere un esercizio divertente se la tragedia consumata non suggerisse maggiore cautela e maggiore equilibrio.
Premetto che Riccardo Morandi l’ho conosciuto umanamente e culturalmente in varie occasioni emblematiche.
Da Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti ebbi l’onore di cooptarlo nella sezione italiana dell’Unione Internazionale degli Architetti da me presieduta.
Insieme al compianto Bruno Zevi, anch’egIi membro della stessa commissione, Morandi svolse un lavoro prezioso di raccordo “politico” e culturale tra le due strutture.
In altra occasione, essendo stato incaricato di trasformare in multisala il Cinema Maestoso di Roma, da lui precedentemente progettato e realizzato, gli chiesi se avesse difficoltà che io intervenissi su di una sua opera. In tal caso avrei immediatamente rinunciato alI’incarico.
Con una semplicità ed una umiltà disarmante, mi dette luce verde, chiedendomi soltanto il rispetto di una particolare struttura a trave rovescia che Egli aveva previsto per la grande sala di platea.
Procedetti, rispettando scrupolosamente la sua richiesta.
Traspare la figura di una persona di grande signorilità, di grande sensibilità ed in possesso di capacità tecniche straordinarie, che unite alle qualità artistiche dette sue opere ne hanno fatto un genio del suo tempo. Queste caratteristiche si manifestavano altresì con una semplicità e con una discrezione di cui soltanto pochi personaggi intelligenti sono stati dotati net secolo recentemente concluso.
Ciò nonostante, dal giorno del crollo, più o meno velatamente, una parte di opinione pubblica e di classe dirigente si è scagliata contro di lui, responsabile, a detta di costoro, di aver progettato I’opera  per  un tempo limitato, di averne sbagliato le previsioni strutturali, di avere usato materiali non idonei.
E’ stata, soprattutto nelle prime settimane una specie di “caccia aIl’untore” in una gara scriteriata a chi la urlava più grossa.
Ignorando totalmente che I’incarico affidatogli era strettamente connesso a parametri quantitativi di flussi e di carichi che, nel corso di mezzo secolo, erano lievitati paurosamente.
Se al progettista si dice che la struttura dovrà sopportare un flusso annuo di un milione di veicoli leggeri e/o pesanti e carichi trasportati per un massimo di 40/50 tonnellate, non lo si può poi mettere alla gogna se il flusso veicolare ha raggiunto rapidamente quota 25 milioni annui e carichi trasportati eccezionali di 150 tonnellate!
Ciò semmai dimostra la poca lungimiranza dette previsioni deIl’epoca che, forse, anziché pensare al futuro sviluppo abnorme del trasporto su gomma, si preoccupavano di contenere costi e risorse, limitando i programmi di una struttura che si è manifestata vitale dal punto di vista economico e sociale per la città di Genova.
Ed ora che fare?
C’è chi, a pochi giorni dall’evento, denotando un senso di solidarietà forse troppo precipitoso, si è premurato a presentare, progetto e modello del nuovo ponte, ai massimi livelli cittadini e regionali. Non metto in dubbio la generosità dette intenzioni, sono abbastanza perplesso sui risultati espressivi dell’operazione, la cui “idea” vuole ricordare le 43 vittime con altrettanti lampioni..
C’è chi volendo mantenere a futura memoria i due tronconi mozzati del ponte, ne propone la ricucitura ricostruendo soltanto la parte crollata. Anche tale soluzione non mi convince perché presume un consolidamento pressoché totale delle parti del ponte rimaste, probabilmente gravemente ammalorate e la nuova costruzione di collegamento e di ricucitura.
Lo sostengono autorevoli settori della cultura architettonica contemporanea, convinti assertori del valore “storico” della conservazione di brani importanti dell’opera di Morandi.
A parte i costi elevatissimi di una tale operazione, sarebbe necessario sciogliere due nodi essenziali:

  • Quale linguaggio adottare per ricucire i due tronconi ancora in piedi? Un linguaggio di “mimesi” che personalmente rifiuto e che purtroppo è stata la tentazione vincente di analoghi interventi del passato o un intervento realizzato nel nuovo millennio che denunci  chiaramente la distanza di mezzo secolo dal precedente splendido intervento di Morandi?
    Se si optasse per questa operazione di “recupero” voglio immaginare per essa un progetto di grande qualità che, fatte salve le compatibilità strutturali, manifesti chiaramente il senso innovativo deII’intervento.
  • Siamo sicuri che Ie case circostanti e/o sottostanti il ponte debbano essere mantenute? Esse hanno vissuto decenni di precarietà, di rumorosità, forse di vibrazioni che, per gli utenti dette stesse si è tradotto in condizioni di vivibilità scarse, difficili, quantitativamente pressoché assenti.
    È evidente che l’eventuaIe loro demolizione comporta una redistribuzione degli abitanti in complessi edilizi esistenti, nella disponibilità deII’Amministrazione pubblica, o nella previsione della costruzione di nuovi alloggi nel medio periodo.

A sostegno del “recupero” si richiama alla memoria la barbarie di brutali demolizioni di opere d’arte secolari, effettuate dalI’Isis e consoci su di un patrimonio inestimabile deII’intera umanità. Per dovere di verità e di obiettività sarebbe giusto osservare Ie differenze colossali tra i contesti storici ed ambientali evocati.
Le demolizioni recentemente operate nel mondo orientale sono state oggetto di una rivolta morale universale perchè effettuate a freddo con la precisa volontà di attentare a monumenti artistici unici, non ripetibili. La stessa freddezza che li ha contraddistinti nell’esecuzione lenta e feroce di inermi esseri umani con il coltello alla gola.
Diversamente, il ponte è crollato non per volontà umane  ma per una serie numerosa di concause in questa sede difficilmente analizzabili.
E allora, bruciando i tempi, quale migliora occasione di un bando internazionale di progettazione formulato in tempi brevi, da un comitato di saggi, esperti  esperti della materia, che possano poi proseguire il loro lavoro identificandosi nella giuria giudicatrice del concorso?
Tra individuazione degli esperti, formulazione del bando ed espletamento del concorso con caratteri di esecutività, potrebbero al massimo passare 7/8 mesi.
Alla costruzione del nuovo ponte  si potrebbe arrivare, con i dovuti controlli procedurali di merito e di metodo e la sinergia di imprese di costruzione, dai curricula ineccepibili, in un massimo di 12 mesi.
Genova e i Genovesi si riapproprierebbero di una nuova struttura vitale per la loro economia, proiettata in un futuro lontano di funzionabilità e durabilità.
E ciò potrebbe attenuare il ricordo di una tragedia e i disagi pesanti ad essa seguiti, con fierezza e dignità.

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Marina Consuelo Patriarca
7 Novembre 2018 14:05

Ben spiegato ben detto bravo Giancarlo (come tuo solito).