COMUNICAZIONE – Socially correct: Le campagne pubblicitarie che non avremmo mai voluto fare

La pubblicità è un argomento che mi ha sempre molto interessato. Cosa inventarsi per far sì che il messaggio arrivi alla gente, come convincerla che quel prodotto o servizio fa proprio al caso tuo, come farsi notare? Cosa sta dietro quell’intuizione geniale che fa scaturire uno spot?
La Saatchi & Saatchi è una delle agenzie pubblicitarie più importanti al mondo e si è sempre occupata anche di campagne sociali.
Era il 2007 e al MAXXI presentarono una mostra molto interessante: “Saatchi & Social: vent’anni di campagne che non avremmo mai voluto fare.” Era mancato da poco Paolo Ettorre a capo della Saatchi Italia,  pioniere della comunicazione sociale in Italia.
Il manifesto dei primi anni Settanta, con l’uomo in cinto  per la promozione della contraccezione in Inghilterra, è quello che colpisce  di più, e sotto la scritta: 
“Saresti forse più attento se fossi tu a rimanere in cinto?”
Molti altri manifesti interessanti come quello con una bella sedia in velluto rosso vicino ad una serie di cassonetti scassati e maleodoranti e la scritta “il prossimo sindaco dovrà lavorare qui” e anche una foto con una pelle con macchie di sangue e la scritta “Questa non è action painting”, e ancora, per Pubblicità Progresso un uomo di colore su una croce “No al razzismo. Sì alla tolleranza” e la campagna di prevenzione del tumore al seno promossa dalla Lega Tumori di Roma: la foto di una mano che va verso un campanello ma il pulsante è un seno e la scritta “Visitateci”.
Dice la Saatchi nella presentazione: “Una raccolta di campagne che non ha certo la pretesa di risolvere i problemi dell’umanità, ma che ha l’ambizione di rendere sensibili e consapevoli molti.
Alcune idee sono state fortunate, hanno avuto maggiore visibilità grazie a investimenti di rilievo raggiungendo risultati a volte straordinari. Altre, pur ottenendo premi e riconoscimenti, hanno trovato poco spazio sui media”.
Entusiasta di questa mostra e di tutti i messaggi che ci invia  propongo di farla a Spoleto durante il Festival dei Due Mondi, contatto il sindaco e l’amministrazione comunale che aderiscono con entusiasmo ed infatti la mostra si terrà nella bella cornice del Chiostro di San Nicolò.
Affinchè le campagne sociali e il loro messaggio non rimangano episodici exploit di successo, oltre alla mostra si istituisce un premio dedicato a Paolo Ettorre, che per anni ha promosso queste campagne; il premio è riservato agli studenti di scuole di arte e comunicazione e consiste  in una borsa di studio per uno stage di 6 mesi presso la Saatchi.
Per fare qualche esempio nei 10 anni di istituzione del premio gli argomenti trattati sono stati molti e dei più vari, come molteplici ed eterogenei sono i settori nei quali la pubblicità sociale deve agire come pungolo della presa di coscienza di determinate problematiche più o meno conosciute.
La creazione della prima campagna riguarda il rispetto del nostro territorio denunciando gli abusi edilizi, i vincitori hanno utilizzato il gioco del Monopoli, partendo dal presupposto che l’abuso edilizio è “facile come un gioco” ma in realtà perdiamo tutti.  
Per il diritto al copyright il manifesto vincente mostra Alfred Hitchcock vestito da idraulico e la scritta “Il cinema sarebbe lo stesso senza copyright? Il diritto d’autore permette agli artisti di vivere del loro lavoro: RISPETTALO”.
Altri anni, altri messaggi: dal volontariato e solidarietà al diritto allo studio, dal donare gli organi allo spreco alimentare, dalla coesione sociale alla lotta per la differenza di genere, dalla campagna per “Save the children” contro la violenza ai bambini alla Caritas.
Quest’anno un altro tema di grande attualità, una piaga che colpisce oggi molti e specialmente i giovani. “Il cyberbullismo: mai più vittime”, in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione. In Italia oggi si calcola ci sia una percentuale di più del 20% di ragazzi vittima di bullismo on line. I vincitori hanno presentato una campagna trasformando il problema in chiave positiva, come un gioco e invitando la vittima a servirsi di un’App – un’idea che utilizza le stesse tecnologie che facilitano la diffusione del fenomeno.
E ancora Medici senza Frontiere, Autostrade per l’Italia e Enel Cuore Onlus.
Insomma, le campagne sociali non hanno confini, coprono tutto l’universo mondo, ovunque ci sia l’uomo e il suo operato, vi sono correttivi da apportare, contromisure da prendere, errori da correggere, coscienze da risvegliare. I nostri tempi sono difficili, poiché siamo abituati a tutto. Ci passano sotto gli occhi mille immagini significative, di denuncia, a volte drammatiche, ma sembra che ci si limiti a vederle, senza guardarle. Senza concedere il tempo al nostro intelletto e al nostro cuore di collegarsi, senza riuscire a maturare un pensiero critico. E così il mestiere del pubblicitario diventa sempre più difficile, rendere efficace una campagna diventa arduo, creare un teaser che si ricordi nel tempo è un’impresa titanica. L’obiettivo è smuovere la nostra paciosa indifferenza, fare in modo che non si volti il viso dall’altra parte.
Fortunatamente, le giovani leve sembrano ancora colpite dalla pubblicità, poiché fa parte del mondo digitale nel quale sono immersi, fatto solo di immagine. Crediamo fortemente in loro, speriamo che siano in grado di vedere, guardare, capire e agire. Come abbiamo fatto noi nei 20 anni di campagne Saatchi che non avremmo mai voluto vedere.

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4 Dicembre 2018 6:13

Bello! Brava Lucilla! E’ proprio vero che il mestiere del pubblicitario è difficilissimo, basta guardare a quello che è capitato a Dolce e Gabbana…