COSTUME – Come eravamo

Alcuni giorni fa, ascoltando alla radio in macchina vecchie canzoni degli anni Sessanta, ne canticchiamo alcune. Una volta sapevamo tutte, ma proprio tutte, le parole a memoria.
Ecco all’improvviso una vecchia canzone portata al successo da Edoardo Vianello: “Alle Falde del Kilimangiaro… paraponzi ponzi po. Ci sta un popolo di NEGRI che conosce molti balli più famoso l’hully gully…”  e prosegue con (se non fosse stato chiaro) “Siaamo i Watussi… gli altissimi negri”. Ma veramente cantavamo NEGRI? Ora ritenuto così offensivo?
Memorie di secoli fa. Lo abbiamo ballato con entusiasmo in enormi gruppi che andavano all’unisono tutti avanti, tutti indietro, tutti di fianco. Non ci ha minimamente sfiorato l’idea di essere in qualche modo offensivi. A Vianello che chiedeva ad alcune persone di colore se si sentissero ferite dalle parole della canzone è stato suggerito di non cambiare nulla.
Anni fa mi trovavo con mia sorella a Gaeta, avevamo appena fatto la spesa, enorme per un fine settimana pieno di ospiti. Cariche come muli uscivamo dal vicolo dei negozi quando dalla piazza del Comune ci sorprende una musica fortissima. Un mare di gente occupava tutta la piazza e come una grande onda si muoveva avanti e indietro alla canzone dei Watussi. Abbiamo mollato a terra tutti i nostri fagotti e ci siamo unite alla folla festante. Era la Festa dell’Unità e certo nessuno di tutti quanti ballavano nella piazza voleva essere in qualche modo scortese verso i NEGRI? NERI?

Era solo una musica allegra per un ballo divertente che, allora, sembrava non offendere alcuno. Come verrebbe accolto ora un testo di questo genere? Sicuramente un mare di polemiche e accuse di razzismo. Ma allora ballavamo felici e sereni e consci di non fare nulla di male. Sì, parlavamo fra noi della eventualità di accogliere in famiglia una persona di colore. Che sarebbe successo? Un po’ vigliaccamente ci dicevamo: “Meglio di no….ma per il loro bene. Già il creare una famiglia è difficile. Troppi problemi nell’essere una coppia mista.”
Una signora che viveva in una città multirazziale e molto aperta, ci raccontava che, essendo madre di un figlio biondissimo, ed avendone adottato uno che più nero non poteva essere, aveva saputo che quando le ragazze annunciavano a casa che sarebbero uscite con uno dei suoi due figli, le mamme con un sussulto di vera preoccupazione, con un filo di voce, un po’ vergognose chiedevano “Quale?” Aperte sì manon in casa.

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La  radio prosegue nelle sue antiche scelte. È la volta di Fausto Leali, mi lascio andare un po’ sonnolenta alla musica ma poi…un sobbalzo! “Io camminerò….tu mi seguirai” e prosegue “Io lavorerò…tu mi aspetterai. E ci sembrava normale! All’epoca nessuna femminista furibonda e pizzuta è scattata furiosa urlando “Col cavolo che ti seguirò e tanto meno ti aspetterò”. Ma allora, nella maggior parte delle  famiglie, LUI lavorava e LUI comandava. Lei veramente spesso seguiva in tutto e stava a casa.. ad aspettarlo. Due frasi di una canzone e la storia ci scorre davanti agli occhi.
Le lotte per l’emancipazione femminile.
All’inizio addirittura rabbiose, per anni di prepotenze, contro il dominio maschile. Ma con gli anni siamo arrivate ad un sano equilibrio. I padri guidano orgogliosi le carrozzine con i figli di cui si occupano tantissimo. Possono addirittura usufruire ora di giorni speciali per occuparsi della prole. Le mogli che godono di una libertà economica grazie al loro lavoro non seguono, ma condividono le decisioni famigliari. Quel “Io lavorerò. Tu mi aspetterai” è finalmente valido per ambedue i sessi. Ci si aspetta a vicenda camminando felicemente appaiati.

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2 Commenti
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5 Marzo 2019 9:19

Grazie, un bel numero interessante, quante cose ignoro.
Grazie.
E come e’ vero l’articolo di Lalli Theodoli.
Pierluigi Scazzola Trico’

Manù Selvatico Estense
4 Marzo 2019 23:26

Cosa farei senza l’articolo mensile di Lalli cosi’ pieno di tenerezza, nostalgia e tanti ricordi coccolissimi! E, come se non bastasse, é anche molto ben scritto..

Continua cosi’, per favore, perché qui’ piove molto ed un raggio di sole fa bene.