ABBIAMO OSPITI/ATTUALITÀ – È iniziato il tramonto dell’Occidente?

Articolo di Emanuele Ludovisi – Aurore Ospite de La Lampadina

Nell’estate del 1918 veniva pubblicata la prima parte del monumentale saggio di Spengler “Il tramonto dell’occidente”. Spengler fu uno studioso di scienze naturali e matematica e un controverso erudito del suo tempo (Thomas Mann lo definirà in una sua lettera “…scimmia astuta… di Nietzsche…preoccupato dai suoi vaticini profetici e orientati a una visione troppo assoluta dei destini dell’umanità”). Con i suoi studi Spengler fu capace di spaziare in un vasto campo che racchiude storia, filosofia, arte e sociologia, arrivando a definire la sua opera un tentativo “… di predire il destino di una civiltà e, propriamente, dell’unica civiltà che oggi stia realizzandosi sul nostro pianeta, la civiltà euro-occidentale e americana, nei suoi stadi futuri…”.
Obiettivo estremamente ambizioso che lo studioso affrontò analizzando l’evoluzione, dalla nascita all’estinzione, delle maggiori civiltà  (dalla babilonese, alla cinese, a quella greco-romana) che hanno governato la storia antica del mondo.
La suggestiva e complessa analisi di Spengler giunge alla conclusione che le civiltà, proprio come accade a ogni uomo, vivano delle stagioni che racchiudono le fasi della vita, dall’infanzia alla maturità, sino alla decadenza della vecchiaia che conduce poi alla morte.
In una frase del capitolo conclusivo dell’opera, è forse racchiusa la sintesi più compiuta del pensiero di Spengler. Scrive lo studioso nelle ultime pagine “…l’avvento del cesarismo spezzerà la dittatura del danaro e della sua arma politica, la democrazia. Dopo un lungo trionfo dell’economia cosmopolita e dei suoi interessi sulla forza politica creatrice, l’aspetto politico della vita dimostrerà di essere, malgrado tutto, il più forte…’”
La tesi di Spengler, dopo aver ripercorso lo sviluppo e la fine delle antiche civiltà, è in sostanza che l’evoluzione e il progressivo consolidamento di una civiltà è strettamente connesso con la sua capacità di accrescere la propria ricchezza attraverso il commercio e l’economia. E che la crescita dell’economia ha bisogno, a sua volta, per potersi consolidare e prosperare, dell’indispensabile strumento della democrazia, l’unica forma politica di partecipazione del popolo in grado di garantire una piena libertà di espressione. In sostanza il complesso saggio di Spengler ci vuole dire: una civiltà si sviluppa solo quando la libertà garantita da un sistema politico democratico può assicurare al popolo una totale indipendenza di azione in tutti i campi di attività, compresa l’economia che diviene così lo strumento di arricchimento di quella civiltà. E tuttavia è quella stessa libertà di azione in tutti i campi dello scibile umano a innescare, secondo lo studioso, paradossalmente, l’inizio della decadenza. Difatti, per Spengler, è proprio quella piena libertà, indice principe di una società matura, a favorire una sorta di totale revisionismo dei valori fondanti che hanno guidato lo spirito di sviluppo della civiltà. Il monito dello studioso è dunque quello di farci notare come una società opulenta, ricca, democratica, finisca sempre, prima o poi, per rimettere in discussione tutto il corpo degli elementi fondanti del sistema su cui poggia, in nome proprio di quella libertà che ne ha garantito la crescita e l’affermazione. La civiltà entra, secondo le tesi di Spengler, in una, diremmo oggi, ‘modalità’ di autodistruzione, per l’incapacità paradossale di  saper porre un confine di saggezza e buon senso al nostro stesso bisogno di libertà conquistata con lo strumento della democrazia. Spengler, oltre alla ricchezza sviluppata dall’economia, identifica nella circolazione delle idee e più in particolare nella comunicazione dei ‘media’, l’altro veicolo indispensabile per favorire questa ‘modalità’ di autodistruzione. I ‘media’, sospinti dal vento impetuoso della libertà democratica e da una tensione ‘faustiana’ di costante rigenerazione, sono lo strumento per cui i valori fondanti vengono di continuo dibattuti, analizzati, messi in discussione e alla fine demoliti aprendo così la via al ‘cesarismo’. All’avvento dunque di una personalità che, in virtù del suo carisma, riuscirà a riproporre dei valori fondanti cui far riferimento (con il concreto rischio che questi nuovi valori fondanti possano contenere, come già accaduto nella storia, fattori di spaventosa disumanità ) e di cui il “popolo” (termine oggi di cui si fa un enorme abuso) ha d’altra parte assoluta necessità.
Ecco dunque la spirale perversa che Spengler ha immaginato: le libertà democratiche favoriscono lo sviluppo della ricchezza, il benessere economico diffuso assieme alla crescita delle libertà individuali, finisce per favorire uno sviluppo della indipendenza in tutti i campi, quindi anche nell’utilizzo dei ‘media’, nei costumi sociali, nelle dinamiche delle speculazioni sociologiche e psicologiche alla base della comunità civile, allontanando così, quella stessa comunità, dai propri valori fondanti e finendo per favorire l’avvento di un nuovo ‘Cesare’.
Aristotele, diversi secoli prima, forse, era giunto a una tesi non dissimile quando aveva scritto che nella storia di una civiltà vi è sempre un momento in cui si crea confusione tra il concetto di ‘libertà’ e quello di ‘licenza’ (intesa come cattiva interpretazione dei limiti che pure debbono esistere nelle libertà individuali per poter garantire quelle collettive ) e che in quel momento inizia la decadenza di quella civiltà.
I segnali che oggi ci giungono dalle diverse parti del mondo, con l’avvento di personaggi caratterizzati da tratti della personalità particolarmente forti e da una diffusa retorica populista, assieme all’affermarsi dei nuovi strumenti di comunicazione mediale quali i ‘social’, sempre più egemoni nel condizionare gli orientamenti anche politici dei cittadini, ci debbono indurre a rileggere con attenzione (e preoccupazione) le profetiche tesi di Spengler.
Se si riflette poi come l’attuale fase storica sia stata proprio innescata in occidente dalla grande crisi economica del 2007/2008 (ritenuta oggi dagli studiosi anche più grave e profonda di quella del 1929), a seguito di una spericolata dittatura della finanza a partire dalla seconda parte del ‘900, allora le tesi dell’opera di Spengler appaiono di straordinaria attualità e impressionante lucidità.
Certo, resta difficile credere che nella complessa equazione che disegna la vita di una civiltà come quella che disegna la vita di un singolo individuo, si possano prevedere tutte le incognite degli accidenti che finiscono per delineare il corso di un destino. E tuttavia l’opera di Spengler appare comunque portatrice di alcune verità che sembrerebbero regolare la meccanica dei comportamenti umani sino a proporci, se non proprio una vera previsione degli accadimenti futuri, quantomeno una lucida premonizione dei disastri che sempre incombono sull’umanità quando si smarrisce il senso di un destino collettivo che non può e non deve prescindere dai principi del diritto universale fondati sui valori della solidarietà, il senso di giustizia, il rispetto degli altri, il rifiuto di ogni violenza, l’esercizio costante del dubbio per le proprie certezze.
Quando la consapevolezza di questo inevitabile destino collettivo si smarrisce si aprono le porte ai peggiori orrori della storia. I mostri assopiti si risvegliano.
E dunque… è forse iniziato …il tramonto dell’occidente

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2 Commenti
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Franca Pignatelli
5 Aprile 2019 13:09

Anche i tanti Cesari della storia dell’Occidente da Hitler a Stalin parlavano di un “destino collettivo”. Sono stati sconfitti, finora, da coloro che credevano nei valori e diritti individuali quelli sì uguali per tutti.

Carlotta Staderini
4 Aprile 2019 15:14

Grazie, un articolo estremamente interessante. Non si può far a meno di non coglierne degli aspetti attuali. Ho letto che Spengler, prima di morire nel 1936, sostenne in una lettera che nel giro dei successivi dieci anni il Terzo Reich sarebbe scomparso. Morì nel 1936, proprio nove anni prima della caduta del Terzo Reich.
E’ il caso di dire: “Io speriamo che me la cavo”.