ATTUALITÀ – I ragazzi  A e B nelle università americane

Rich Karlgaard è un giornalista di Forbes magazine, specializzato in inchieste giornalistiche. Recentemente scorrendo un giornale locale californiano è rimasto fortemente colpito da un articolo che parlava dell’escalation di suicidi nelle scuole superiori nella Silicon Valley e in pricipal modo nella scuola che prepara i futuri dirigenti della Palo Alto High. La situazione appariva così preoccupante che ha sentito il bisogno di approfondire l’intera storia riportando poi i risultati, in un libro di recente pubblicazione “Late Bloomers”.
Karlgaard ha iniziato la ricerca nella cerchia ristretta di alcune delle più prestigiose università americane. Ha intervistato genitori, professori, consultori, figli di varie età, e la cosa strana è che raramente, nei suoi colloqui, ha avuto qualche sentore di giovanissimi a rischio del tipo tradizionale. Non ha trovato seri problemi di droga o giovani nei guai con la legge ma ha trovato i problemi per lo più negli  studenti del tipo B +. Cioè quegli studenti che avrebbero potuto qualificarsi nelle olimpiadi di matematica ma che difficilmente le avrebbero vinte.
Studenti B +, in una cultura che vede positivamente “Solo il +”. Ragazzi che avrebbero potuto trovare comodamente un posto come professionisti nella benestante classe americana. Ma, purtroppo, come spesso succede le aspettative non vanno d’accordo con la serenità” . Questi giovanissimi sono influenzati da una cultura di aspettative estremamente elevate, ne hanno sofferto il duro fanatismo; forse qualcuno ha spiegato loro che se non fossero saliti in alto e non lo avessero fatto all’inizio della loro vita, sarebbero stati dei perdenti. Non riuscirci, In una cultura d’onore, è un disonore che è peggiore della morte e considerata la vasta area dell’élite americana dove la cultura d’onore è un “must”, i ragazzi hanno scelto la morte prima del disonore.
La più parte di loro si è buttato sotto al treno locale. Uno studente intervistato affermava che il suono del treno, che poteva essere ascoltato dalle loro classi, era diventato per loro qualcosa di simile alle esplosioni che avvengono durante gli Hunger Games negli omonimi romanzi distopici adolescenziali – un promemoria audio della morte dei caduti.
In questi romanzi, la società divisa in 13 distretti a diverso e decrescente grado di povertà, è governata da un’élite: per poter mantenere l’ordine e in ricordo di una ribellione sedata nel sangue che aveva portato alla distruzione del distretto più povero, il tredicesimo, alcuni studenti, appartenenti ai vari distretti, ogni anno si sfidano in prove letali e sono sostanzialmente offerti in sacrificio (sono i Tributi) in nome di una distorsione sociale di meritocrazia. Solo chi sconfigge tutti gli altri ha il diritto di vivere.
Ci sono voluti quattro anni di intensa ricerca, tra cui immersioni profonde nelle ultime ricerche neurologiche e ciò che Karlgaard ha rilevato dai primi risultati, è che solo una piccola minoranza è afflitta da questo problema, da cui però viene irrazionalmente giudicato l’intero gruppo.

Guarda l’intervento di Karlagaard al TEDx Fargo
Comunque, i bambini hanno bisogno di tempo per svilupparsi. Il secondo e il terzo posto nei risultati scolastici, non sono tragedie, ed è necessario che i genitori, forse frustrati dal loro successo relativo, smettano di spingere i ragazzi verso un fantomatico top a cui probabilmente loro non hanno mai neanche aspirato.
Il libro di Karlgaard conclude con una avvertimento ai genitori a non caricare i loro piccoli con pesi insopportabili.

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2 Commenti
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Beppe
1 Ottobre 2019 19:03

Questo articolo mi fa venire alla mente un episodio vissuto all inizio della mia vita lavorativa. Tornavo da Milano – allora si viaggiava in treno – dove avevo partecipato a una riunione, e vidi in unoscompartimento quello che stato il direttore centrale della unità dove lavoravo. Quando era in servizio era considerato quasi una divinità : uno come me, ai primi passi, non si sognava di avvicinarlo. Ora che andato in pensione – pensai – magari gli farà piacere essere riconosciuto e salutato. Mi feci avanti. Ebbene da Bologna a Roma non fece altro che dirmi: Non fare come me che ho dedicato tutta la mia vita alla carriera. È un errore colosssle!!!
Quello che non credono questi poverini imgannati dall idea che il successo nella carriera rappresenti la realizzazione di sé

Franca Pignatelli
3 Settembre 2019 10:53

Spesso, purtroppo, il biglietto d’entrata per poter accedere ai vertici della finanza, politica, mass media,silicon valley, (un po meno nel campo scientifico) è una laurea dalle prime 10 università USA. Altissimi punteggi negli esami SAT, ACT, voti alti, talenti eccezionali in uno sport o in campo artistico, volontariato, è il curriculum obbligato che solo poche high school USA possono offrire. Quindi non solo i “late bloomers” ma anche la maggior parte degli studenti USA sono quasi tagliati fuori dal sogno Americano di poter un giorno con merito non porre limiti a ciò che vogliono raggiungere.