La Lampadina – Racconti di Viaggio: A Mosca, a Mosca!

Pochi del gruppo assai nutrito che ha intrapreso il viaggio a Mosca, conoscevano già la capitale russa e per di più, i loro ricordi si rifacevano al periodo in cui c’era Leonìd Il’ìč Brèžnev e la Grande Madre Russia era ben lontana dalla glasnost di Michail Sergeevič Gorbačëv. Carlo racconta: “Era il 1972 quando con un paio di amici atterrammo a Mosca per la prima volta, eravamo tutti curiosi di vedere cosa succedeva in quel mondo per noi, allora, tanto lontano. Ne ricavammo considerazioni oscure e piene di timori per lo stato poliziesco, per i continui controlli e il grandissimo degrado generale. Siamo tornati a metà Settembre con il gruppo “Lampadina”, uno sbarco su un altro pianeta. Non più le lunghe code per i passaporti con moduli e moduli da riempire con il timore di scrivere qualcosa di inappropriato in merito alla valuta in entrata e/o quanto in oro e preziosi posseduti, informazioni che a quel tempo, avremmo dovuto nuovamente dichiarare alla partenza. Un altro mondo, oggi, l’arrivo in un grande aeroporto internazionale.”
A Mosca ad aspettarci c’era il nostro amico Valerio Bernini; la sua deliziosa moglie Karina, russa di Odessa, non potendo essere presente, ci aveva aiutato prima della partenza nel raccontarci tanto della vita di tutti i giorni nella nuova Russia.
Valerio, avendo vissuto e lavorato in ambito diplomatico per qualche decennio in quella città, è stato essenziale, con i suoi racconti, per farci comprendere una realtà tanto diversa dalla nostra. Avevamo anche un giovane guida dell’agenzia romana corrispondente, Ugo il suo nome, paziente e molto attivo nell’agevolare ogni cosa ci eravamo proposti di fare nelle giornate moscovite.
Il bus per portarci fino al nostro albergo era pronto alla nostra uscita, sotto il cielo di Mosca, un cielo dove l’orizzonte sembra più vasto, forse per il contemporaneo rincorrersi di sole, nubi e pioggia che rende la giornata incerta e varia.
Un percorso di circa un’ora trascorsa ad ascoltare Valerio che spiegava e rispondeva alle nostre mille richieste, ci porta a saggiare il traffico moscovita: in fila per 30 minuti, sembra per l’uscita di qualche funzionario dal Cremlino, fila se non altro composta di auto ordinatissime e senza i fastidiosi clacson. Si riparte e poco dopo si giunge all’Hotel Metropol che merita un discorso a parte. È infatti un capolavoro di Art Nouveau, aperto nel 1901.
Carico di storia, fu ed è sede di ogni transazione lecita e non lecita, traffico di cose e di spie, almeno così si legge dai romanzi e anche ai giorni nostri non mancano notizie in tal senso: non ci farei conversazioni delicate, hai sempre l’idea che ci siano cimici ovunque..Abbiamo visto transitare persone/gruppi di ogni origine, volti sorridenti, cupi, pensierosi, perfino alcuni preti ortodossi con la loro aria leggermente dismessa ma molto, molto ossequiati.
L‘hotel Si trova a pochi passi dalla Piazza Rossa e nella piazza del Bolshoi. Perfetto, comode stanze con arredamento d’epoca, con una sala della prima colazione ampia come un grande piazza, una cupola di vetrate decorate, una giovane signora che intratteneva i frequentatori con il soave suono dell’arpa e un buffet che a dire grandioso è poco.
Sistemate le cose in camera, la prima passeggiata sulla piazza Rossa, piena di gente, tantissimi asiatici e le prime foto.
Certo, oggi la piazza è diversa: negli anni Settanta, era perimetrata da camionette di soldati, civili neanche l’ombra. Carlo ricorda che nel 1972 tentò di scattare una fotografia della piazza verso la porta di ingresso del Cremlino, ma fu accolto dai fischi raggelanti dei poliziotti di guardia che a grandi bracciate facevano segno che era vietato fotografare…Altri tempi. Ora campeggiano le vetrine dei Gum: Hermes Brequet, La Perla…
La sera dell’arrivo usciamo da soli dall’albergo, due passi per arrivare al dottor Zhivago storico ristorante della Mosca abbiente. Locale modernissimo e che poteva trovarsi là, come a NewYork, Londra o Parigi. Abbiamo apprezzato la vasta varietà di antipasti e insalate, salmone e tanto altro. Piacevoli i racconti delle guide e la descrizione della differente cultura finanziaria del paese. I Russi concludono il più delle transazioni, anche ingenti, in contanti (centinaia di migliaia di euro in rubli), per loro la prassi normale, ci dicono poche tasse, un efficientissimo accesso ad ogni tipo di utility (certamente solo per chi sta meglio..)
Abbiamo trovato una città pulita senza un’ombra di cose per terra o graffiti sui muri, risultato, ci hanno detto, di un controllo efficientissimo e durissimo della polizia locale. Abbiamo visto persone lavare le strade anche con la pioggia, unica differenza, si erano infilate un impermeabile.
Il Giovedì visita generale della città in pullman: Valerio da quando ci ha incontrato all’aeroporto Šeremet’evo fino al saluto finale ha cercato di spiegarci la complessità della storia russa e la stratificazione degli stili delle costruzioni che via via vedevamo girando per questi viali circolari, trafficatissimi che abbracciano la città dal centro pulsante rappresentato dal complesso del Cremlino via via fino alla periferia.
Abbiamo voluto vedere la città anche dal fiume, ed è stato estremamente utile prendere un battello lungo la Moskova per orientarci dall’acqua, fra l’altro con una ottima colazione.E poi in ordine sparso, la Cattedrale del Salvatore, e la vista dal ponte pedonale del Cremlino, il complesso della Casa “grigia” o “dei fantasmi” (qualcuno spariva sempre…).
Saliti alla Collina dei Passeri ci siamo fermati ad ammirare l’Università Statale di Mosca, la più grande e la più alta delle sette sorelle staliniane, costruita nel punto più alto della città. Le Sette sorelle meritano una spiegazione: sono sempre state elementi caratterizzanti la città di Mosca, simbolo ed emblema del classicismo socialista, sono 7 grattacieli progettati in periodo stalinista costruiti tra il 1947 ed il 1957: oggi ospitano due hotel (Hilton e Radisson), un’università, un ministero e tre complessi abitativi.
Alla fine del viaggio, le Sette Sorelle sono una delle poche cose che si riconoscono da 30 anni a questa parte nella città, insieme al complesso del Cremlino e a San Basilio.
La città è camaleontica: cambia faccia ogni giorno, ogni giorno ci sono lavori di ristrutturazioni, si abbatte e si ricostruisce, si fa largo al nuovo, al ricco, al bello: tutto illuminato, tutto grandioso, tutto consumistico.
C’è però ancora qualcosa che si è modernizzata rimanendo se stessa: la famosissima metropolitana con le sue monumentali stazioni: la Stazione Kievskaya, la Komsomolskaja, Kusnetskaja e Majakovskaya. La grandiosità che il regime ha voluto dimostrare nella costruzione di molte di queste stazioni è sbalorditiva. Forti esempi di realismo socialista, ogni fermata diversa dall’altra, illuminazione differente, pilastri ricoperti in labradorite e marmo bianco, bassorilievi in maiolica. Mosaici sui soffitti, e ancora colonne ricoperte da acciaio inossidabile, rodonite rosa, mura in marmo Ufaley e diorite grigia.
Nella stazione Majakovskaja, inaugurata nel 1938, i moscoviti guardavano (e guardano) in alto e vedevano il glorioso futuro del Paese raffigurato in 34 mosaici. Nella Komsomol’skaja abbiamo ammirato un incredibile soffitto barocco giallo tenue con mosaici, e poi colonne di marmo con capitelli ionici e sul soffitto la battaglia della Russia per l’indipendenza e le battaglie storiche contro gli invasori.
Insomma, molto marmo e ottone splendenti, ma sempre lo stesso leit motif: la propaganda non poteva lasciare soli i moscoviti mentre si recavano e tornavano dal lavoro: ecco la storia di una grande terra, di uomini importanti e padri della patria, raffigurati in statue, soffitti dipinti, pareti, statue bronzee…
Si parla di una metro lunga 386 km con 226 stazioni, che trasporta giornalmente più di 10 milioni di persone. Siamo rimasti Impressionati dalla velocità delle scale mobili, da quella dei convogli e la breve sosta alle fermate, tanto che se non sei più che veloce ad entrare, rimani facilmente fuori che è quanto è successo ad alcuni di noi, per fortuna ben istruiti, abbiamo preso il treno successivo e scesi alla stazione dopo, dove ci aspettava il resto del gruppo.
Per ristorarci dalle fatiche della giornata ci siamo concessi il ristorante Pushkin. Il famoso caffè Pushkin ha una storia curiosa: se ne comincia a parlare quando ancora non esisteva: era un fantasia, un nome immaginato da Pierre Delanoë, paroliere di Gilbert Bécaud che lo aveva inserito nella canzone “Nathalie”, una ragazza russa che fa da guida ad un ragazzo francese (e con il quale, immmancabilmente nasce una storia d’amore…). Un verso della canzone fa più o meno così: ““Parlava con frasi sobrie, Della rivoluzione d’ottobre, Io pensavo già, Che dopo la tomba di Lenin, Si potesse andare al Cafè Puškin, A bere una cioccolata“.
Tutti coloro che conoscevano questa canzone, una volta a Mosca, cercavano questo caffè, che in realtà non è esistito fino al 1999! Si chiama Pushkin perchè sorge in una zona all’epoca molto amata e frequentata dal famosissimo scrittore Alexander Pushkin., All’inaugurazione, ovviamente, Gilbert Bécaud vi cantò “Nathalie”.
Il locale è molto piacevole e di grande fascino, legno antico, mappamondi, tanti libri e un’atmosfera d’altri tempi si accompagnano a buon cibo e ottimo servizio.
Il tempo scorre e siamo già a venerdì: ci attende il Cremlino, con le sue cattedrali, portati per mano da una guida locale poco amata dal nostro Valerio, tra un orda di visitatori asiatici; a parte la grandiosità degli edifici all’interno delle mura, siamo stati particolarmente impressionati dal museo.. Il fondo dei diamanti con gioielli, pietre di ogni tipo, diademi, bracciali e delle pepite ora di grandezza inimmaginabile.

Poi nei piani superiori, le stanze delle carrozze, dei paramenti dei cavalieri e dei cavalli (incredibile la grandezza degli smeraldi nei finimenti dei cavalli dello zar..), dei tessuti e vestiti del tempo e la più grande, con numerosissime bacheche stracolme di tutti i regali preziosi e non, ricevuti dagli zar nel tempo e dalle varie delegazione estere. Impressionante la quantità e la bellezza delle cose esposte.
Sotto una pioggerella sottile ed insistente arriviamo a colazione al Voskhod nel nuovissimo Parco Zaryadie, ristorante moderno, progettato come fosse una navicella spaziale a zonzo tra i pianeti, ma posta al centro di Mosca, dove abbiamo potuto assaggiare piatti tipicamente russi come il borsh, cioà una  zuppa di barbabietole, carne e altre verdure, poi piroshki, che sono tipici panini ripieni di ciò che si ha in casa: verdure, carne, funghi…
E alla fine di questa ottima colazione, un dubbio: tornare in albergo a piedi o in bus per riposarsi e poi recarsi all’ambasciata Italiana invitati dall’ambasciatore Terracciano.
Chi ha scelto il bus, a causa del traffico a quell’ora intensissimo, ha trascorso più di un ora sballonzolato nelle strade moscovite per fare 2,7 km ed è stato costretto ad andare direttamente in ambasciata senza poter passare dall’albergo per cambiarsi o altro. Non ci si lamenterà mai più del traffico romano!
L’ambasciatore Terracciano molto cortese e ci ha offerto un drink e raccontato vari episodi e le vicissitudini di Villa Berg, sede dell’ambasciata, dalla sua origine.
(Se volete sapere qualcosa di più di questa splendida dimora, leggetene il racconto che Valerio e Karina Bernini ne fanno in un articolo pubblicato su La Lampadina qualche mese fa  Villa Berg: la storia, l’arte, i misteri.)
Lasciata l’ambasciata, Valerio ci ha portato nella più affascinante drogheria avessimo mai visto, la centenaria Eliseyevskiy, al numero 14 della via Tverskaya: formaggi salumi, caviale rosso e nero, salmone, scatolame di ogni tipo e origine, vini, abbiamo girato una mezz’ora e fatto acquisti, sempre ben controllati da un paio di inservienti con viso scuro come ai tempi che furono.
La sera, colmi di visioni e un po’ stanchi ci siamo dati appuntamento all’indomani: giornata all’insegna della modernità, la mattina dedicata all’arte al Krimsky Val per visitare la splendida Galleria di arte contemporanea Tretiakovskaya, dove abbiamo potuto immergerci nell’arte moderna russa da inizio ‘900 al 2019: Larionov e Goncharova, Kandinsky, Chagall, Malevitch e così via fino ai “non conformisti” russi e ai giorni nostri. Museo di straordinario interesse, assolutamente unico, e… poco popolato! Quattro passi e molti si sono recati al parko Gorky, per vedere il famoso Garage Museum of Contemporary Arts della ex moglie di Mr Abramovich: arte contemporanea mondiale, ci siamo trovati a nostra agio e ci siamo anche riposati nella caffetteria, un breve spuntino e poi una veloce visita alle varie sale con le tante istallazioni. Interessante e particolare la costruzione in acciaio del garage molto semplice e lineare.
Velocemente verso il Metropol: al Bolshoi ci aspetta “Il lago dei Cigni.”
Il Bolshoi grandioso nel suo insieme, ma naturalmente il balletto, i ballerini e le ballerine perfette nel loro librarsi nell’aria, la musica, ci hanno colpito emotivamente: uno spettacolo unico e commovente, ne siamo usciti estasiati.
Una nota: i biglietti del Bolshoi sono stati acquistati mesi fa necessariamente con il passaporto: sono biglietti nominativi, si accede al Bolshoi tramite cordoni di sicurezza controllati da porte metal detector e polizia. Smistati nelle varie entrate, si accede ad un ulteriore controllo di sicurezza da effettuarsi con biglietto, passaporto e riconoscimento visivo da parte degli addetti…
In effetti i controlli in città sono estremamente numerosi..
Abbiamo concluso la sera alla Bottega Siciliana, un ottimo ristorante italiano di fronte al Metropol dove ci ha portato Valerio. Eccellente, una pasta con varie essenze e un insalata di gamberi che a detta di qualcuno veramente super…una serata piacevole con commenti e storie sempre interessanti e curiose raccontate da Valerio.
La domenica avremmo voluto visitare il mercato di Izmailovo sito fuori Mosca, ma sapevamo che il centro della città sarebbe stato bloccato per tutta la giornata per un qualche evento: nulla arrivava o partiva dalla nostra zona tranne la metro, perciò abbiamo desistito. Abbiamo optato per una breve visita ai magazzini Gum, splendida, enorme struttura contenente solo negozi carissimi di alta gamma, tutti i marchi italiani presenti e anche quelli più importanti stranieri, molto forte anche la parte gastronomica, a tratti sembrava il Paese dei Balocchi di Pinocchio…i costi piuttosto alti.
NdR: Chi ha visto i Gum negli anni Settanta li ricorda come magazzini completamente vuoti, polverosi, con lunghe code di persone che compravano ciò che c’era quel giorno: mele, cetrioli… un reggiseno da donna modello unico, taglia unica, niente altro. Chi li ha visti in quegli anni, domenica non li ha riconosciuti.
Verso le 13, presi i bagagli con l’aiuto di Valerio, Ugo e dei nostri amici più volenterosi, ci siamo avviati verso la metropolitana a un passo dal Metropol, per arrivare ad una fermata dove ci aspettava il bus che ci ha portato all’aeroporto.
Un pomeriggio freddo ventoso e con qualche fiocco di neve. All’aeroporto abbiamo salutato Ugo e Valerio (quest’ultimo lo ritroveremo a Roma a breve) con già la nostalgia nel cuore. Abbiamo passati dei giorni molti intensi in una città particolare.
Una città difficile da interpretare, si percepisce che non è ciò che appare, come fosse una facciata: ci chiedevamo dove erano i milioni di abitanti che ci abitano.
Ci chiedevamo quanti possono veramente “vivere” una città così sfacciatamente consumistica.
Dobbiamo tornare, abbiamo visto ma non abbastanza, abbiamo colto l’atmosfera, percepito le sfaccettature di una città poliedrica e camaleontica, che sembra non possa rimanere uguale a se stessa, in effetti sembra una città gattopardesca: bisogna che tutto cambi affinchè tutto rimanga com’è…

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3 Commenti
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Gueni
9 Ottobre 2019 9:30

Un bel riassunto di un viaggio indimenticabile, Sarebbe bello visitare anche Pietroburgo!

Reply to  Gueni
9 Ottobre 2019 10:57

Grazie Gueni! È molto difficile descrivere le contraddizioni e l’atmosfera di Mosca.
E per quanto riguarda San Pietroburgo… è già in lavorazione: si parla di maggio prossimo!

Marina
8 Ottobre 2019 12:38

Bellissimo.