COSTUME – Sicurezze e insicurezze

Sere fa una splendida inaugurazione della stagione dell’auditorium. Un poderoso Requiem di Berlioz con un coro di 150 elementi ed un’orchestra con 25 timpani. Trombe dislocate nelle gallerie laterali per dare al suono una speciale  amplificazione.
Prima di andare mi sono un po’ documentata su Berlioz del quale poco o nulla ricordavo.
Figlio di un medico che lo aveva obbligato a seguire le sue orme professionali. Ben presto aveva abbandonato la medicina per seguire la sua passione: la musica.
Il genitore, non approvando la sua scelta, taglia i viveri, per cui si mantiene faticosamente da solo. Cinque tentativi falliti per essere ammesso al conservatorio in cui non godeva dell’appoggio di Cherubini da cui era, al contrario, molto ostacolato, per poi finalmente ottenere quanto caparbiamente desiderato.
Ed ora eccoci davanti a questa meraviglia di composizione.

Mentre ascolto la musica mi domando. Cosa è che fa sì che alcuni di noi rinuncino alla prima difficoltà ed altri affrontino di tutto convinti di arrivare ad un porto?
Cosa ci dà la sicurezza per provare e riprovare, convinti che prima o poi ce la faremo e cosa invece ci fa tirare i remi in barca con rassegnazione al primo ostacolo? Nella triste consapevolezza che “Non ce la faremo mai”?
Il nostro DNA? L’educazione? I legami famigliari? L’ambiente?
Passando ad esempi più fatui del nostro vivere quotidiano. È passata da poco l’estate: ho ancora negli occhi il ricordo di una splendida donna, bellissimo viso e fisico perfetto. Ciò nonostante perennemente coperta di parei, di maglie lunghe, di vestitoni larghi. Nascosta in ogni modo possibile. Il costume usato nello spazio di tempo strettamente necessario per fare un bagno e subito abbandonato per poi arrotolarsi in enormi asciugamani. Ne sono sorpresa. Se fossi come lei andrei in giro spavalda, quasi arrogante.
Nello stesso luogo una bruttona sta sdraiata al sole perennemente in costume, va e viene saltellando succinta di ombrellone in ombrellone, ostentando il suo fisico senza timidezze, sicura di sè. Non nasconde la pancia, non le braccia non più toniche. Ha l’aria assolutamente tranquilla sul suo apparire.
Come nasce tutto ciò?
Genitori non incoraggianti? Paragoni sempre a sfavore? Mancanza di affetto? Da cosa deriva questa insicurezza? Ci si nasce? O altrettanto dall’altra parte, da dove nasce questa sicurezza non confortata da realtà oggettive?
Per la mente.
Allo stesso colloquio di lavoro può presentarsi una persona preparatissima, ma altrettanto totalmente priva di autostima, tale da ottenere un risultato non  soddisfacente: non assunta.
Ottiene invece il posto una persona non preparata, forse non intelligente ma coraggiosa e sicura di sè, tale da offrire un’impressione totalmente positiva. Vincente a dispetto di un handicap di partenza.
Mancanza di affetto per uno. Formidabili incoraggiamenti per l’altro?
Tutto dipende dal DNA, dai nostri antenati ? Nasciamo così: sicuri o insicuri?
Non so, ma se anche per un milionesimo questo atteggiamento potesse dipendere dagli incoraggiamenti in famiglia… diamoci da fare da subito. Diciamo più che possiamo ai nostri cari quanto sono bravi e belli. Se lo sono già, e se sono anche intelligenti, non se ne glorieranno. Se non lo fossero, forse un piccolo incentivo li aiuterà ad affrontare la vita con un minimo di sicurezza in più e forse un pochino anche noi li avremo aiutati.

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Carlotta Staderini Chiatante
4 Novembre 2019 19:17

Cara Lalli, mi trovo d’accordissimo con te. Incoraggiare, dobbiamo sempre incoraggiare e magari anche lodare i nostri figli e tutti i nostri cari. Penso proprio che il maggior bisogno emotivo delle persone è la necessità di sentirsi apprezzati.