LA LAMPADINA/LIBRI – GLI AMICI CONSIGLIANO…“A noi toccò l’Africa – Storia di una vita felice” di Pina Carbone Vollaro

Articolo di Lucilla Scelba, Autore Ospite de La Lampadina

Nello scrivere di questo piccolo quanto prezioso libro dal titolo evocativo di un certo destino, “A noi toccò l’Africa”, colpisce anche il suo sottotitolo: “Storia di una vita felice”. Infatti, la Storia con la -S- maiuscola è fatta delle nostre storie individuali che, coralmente, concorrono al corso degli eventi e, quindi, a fare la Storia stessa e questa è una oral history che l’Autrice, nel fissarla sulla carta stampata, dedica espressamente ai propri nipoti. Trovo molto coraggioso anche quell’aggettivo “felice” in tempi – adesso come allora – in cui mancano la pace, la serenità e il coraggio che invece l’Autrice testimonia vividamente come le forze che hanno guidato le scelte della sua vita e della sua famiglia. A riprova del fatto che la Storia la facciamo noi la narrazione parte da lontano, dalla Prima Guerra Mondiale e dalla nonna Vincenzina a Melfi, vedova di guerra con quattro figli da mantenere e che, tra lavoro nei campi e grande Fede, riesce a mandare avanti la famiglia. Vorrei sottolineare l’importanza fondante della famiglia sempre presente in questa vicenda e il fatto che questo è anche un racconto molto al femminile, poiché le figure delle tre generazioni di donne di cui si narra emergono in maniera esemplare. C’è poi la madre dell’Autrice, Alessandra, che a 10 anni è costretta a lasciare con grande rimpianto la scuola tanto amata per aiutare in casa occupandosi delle sorelle minori ma, a 20 anni – siamo nel 1928 – sposa il suo amore “Totonno il napoletano”, venuto in Lucania per cercare fortuna e realizzare il suo sogno, quello di creare una propria conceria a Napoli, sempre accompagnato da “onestà, stima e affetto” – parole testuali – che si avvererà nel 1947 a guerra finita, assicurando così benessere e sicurezza alla sua numerosa famiglia. Infine, c’è Giuseppina – detta Pina, l’Autrice – settima di nove fratelli, venuta alla luce nel dicembre 1939 tra lo scoppio della Seconda Guerra mondiale in settembre e il primo Natale sotto le bombe.

Due passaggi della sua narrazione, a proposito dei primi anni d’infanzia, meritano di essere citati testualmente: “Sono stata amata senza attenzioni particolari, nessuno allora badava ai bambini, almeno dal punto di vista psicologico” ma… “La nostra formazione scolastica, una vita familiare serena e il tessuto sociale in questa cittadina… mi hanno lasciato un’impronta solida”. Si parte dunque dalle origini e quegli anni dell’infanzia a Melfi sono bellissimi, anche per lo spaccato di vita quotidiana in casa con l’alternarsi delle stagioni, le festività, i profumi, i sapori, i gusti d’altri tempi… e le foto dell’epoca. Ma, tornando alla Storia, l’oro alla patria da parte dei genitori e le corse dei bambini verso la grotta che funge da rifugio antiaereo, fino al giorno memorabile della caduta di Mussolini – il 28 aprile 1945 – sono i primi veri e propri ricordi storici della protagonista che, all’epoca, a solo 6 anni.

Ma è a partire dal secondo dopoguerra che la vicenda personale e familiare, insieme a quella dell’intero Paese, decolla e prende una nuova svolta. Infatti, dal racconto delle origini si arriva agli anni ’50, agli studi universitari e all’incontro con l’amato futuro marito – quei “baci rubati” di allora, come dal titolo del capitolo dedicato – da cui scaturisce il futuro dell’Autrice, con il matrimonio e il primo viaggio in Africa negli anni ’60. Un’attenzione particolare meritano a questo punto le foto e le lettere che corredano il testo: matrimoni, lettere d’amore, viaggi, popoli e animali africani e persino la fatidica lettera di assunzione all’Agip di Giovanni Carbone – Gianni in famiglia – datata 17 dicembre 1959 e firmata personalmente da Enrico Mattei: questa è una vera e propria pagina di Storia, una volta di più, perché testimonia la nascita dell’industria italiana, il fervore imprenditoriale e la visione lungimirante che in quegli anni ha gettato le basi del benessere che ha permesso la rinascita del nostro Paese e il boom degli anni ‘60. Far parte dei “Mattei Boys” è stato il punto di partenza di una nuova vita per due giovani di buona e ferrea volontà e di grandi speranze nonché di coraggio nel sacrificio: andare a vivere in un’Africa tribale negli anni della decolonizzazione, dei disordini sanguinosi, delle epidemie, della grande miseria e far nascere lì i propri figli affrontando incognite e disagi di un mondo sconosciuto… il loro grande amore è stato la loro forza! Prima il Ghana – dove è nata la primogenita Laura – poi il Madagascar con la nascita di Fabio – e nel  frattempo ancora due eventi storici, la morte di Mattei e l’assassinio di Kennedy –; poi ancora la Guinea, il Togo e Dahomey con la creazione di nuove e solide amicizie e il crescere dell’affermazione professionale, nonché gli incontri ad alto livello con le personalità italiane in visita all’Agip in Africa, struttura dell’eccellenza italiana all’estero: Carli, Spaventa e Moro solo per citarne alcuni, ma anche diplomatici ed esponenti di spicco di altri Paesi stranieri. Però, rimangono sempre vive le radici italiane e sono frequenti i ritorni, specie per le vacanze, fino a un rientro semi definitivo in Italia, a Roma, negli anni ’70, mentre i figli crescono e, quindi, richiedono molta attenzione nella scelta per gli studi. Questo soggiorno, in realtà, dura solo quattro anni, perché il richiamo dell’Africa è troppo forte e, dunque, ecco il ritorno a nuove esperienze: la Tanzania con il misterioso Kilimangiaro pubblicato in copertina e i safari immersi in una natura rigogliosa e all’epoca non ancora preda del turismo di massa; poi a Nairobi a metà degli anni ’80, con Gianni a capo dell’Agip Kenia, la più grande di tutta l’Africa  e dove nel 1989 viene inaugurata  una nuova e imponente sede. “Gianni era il faro, a me delegava l’organizzazione della famiglia con i compiti dei bambini che crescevano. Ci dividevamo i compiti; sempre legati da uguali vedute e un grande amore”, questa è la ricetta del loro matrimonio.

I figli, ormai, sono diventati adulti e hanno scelto le proprie strade e sono nati i nipoti, dunque il racconto da parte della nonna si ferma ai ricordi della loro prima infanzia, agli albori degli anni ’90 e la “storia felice” finisce qui. Una narrazione felice anche nella forma che restituisce le emozioni, le scoperte ma anche i timori di tutte le esperienze passate, sempre lungo il cammino della Storia. Un’eredità ideale che da trasmissione orale l’Autrice ha voluto fissare per iscritto e con le immagini d’allora tutte scattate dal marito, affinchè il passato continui a vivere nelle generazioni presenti e future, contro l’indifferenza e l’incoscienza collettiva ma con quell’amore, quei valori fondanti, con l’entusiasmo e la grande forza d’animo che qui rivivono intatti e sono la testimonianza e il legato che viene consegnato a noi Lettori, nipoti in primis: un piccolo grande libro esemplare.

Subscribe
Notificami

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments