In questi ultimi tempi ci siamo adeguati a comportamenti molto diversi dalle nostre vecchie abitudini.
Si scriveva:
un biglietto di auguri, una lettera lunghissima ai genitori quando eravamo in vacanza all’estero, al flirt del momento, alla migliore amica.
Non si telefonava.
Scrivevamo invece, dando notizie che arrivavano già un po’ superate, salvo l’intensa corrispondenza con colui che sarebbe poi diventato mio marito: una lettera al giorno pretendeva ed una lettera al giorno inviava. La posta veniva depositata allo spaccio alimentare e la vecchia proprietaria si agitava se saltavamo un giorno. Le mie poi, spesso non venivano lette. Da mancina corretta avevo, ed ho, una calligrafia illegibile ai più ed anche a me. Le mie lettere erano spesso solo una professione di attenzione e affetto…in geroglifici.
Le tenevamo con cura. Ci ricordavano episodi della nostra vita bellissimi e a volte tristi come denunciavano alcune lettere con un piccolo tratto nero stampato sull’angolo.
Giorni fa
Non mi andava di ricorrere al whatsapp, né alla e-mail, no al telefono. Ho quindi estratto dalla scrivania un vecchio blocco di carta da lettere con relative buste. Ignorato da tempo. Cercando di scrivere il più chiaramente possibile, ho buttato giù poche righe. Poi è cominciata la caccia al tesoro, ovvero al FRANCOBOLLO.
Nella prima tabaccheria, in cui si possono anche pagare multe e bollettini, mi hanno guardato stupiti per la mia richiesta. Non ne tengono più. Non li chiede più nessuno.
Nella seconda il proprietario si è lanciato in una filippica contro tutti coloro che non scrivono più. Solo telefonini e messaggi, per giungere alla stessa conclusione. Ne è totalmente sprovvisto.
Sono entrata nella terza già convinta che non ne sarei uscita vittoriosa e di fatto mi è stato suggerito di andare in un ufficio postale.
Così faccio. Ma anche per un solo francobollo devo prendere il numero per la fila che è la stessa della riscossione delle pensioni. Mezz’ora di fila per avere la mia busta, oramai molto stropicciata, finalmente affrancata.
Allora, d’accordo con tutta la tecnologia, ma un piccolo spazio a chi ancora non si adegua del tutto?
La gioia di una lettera che non sia il conto del telefono o del gas, la curiosità di chi, riconoscendo sulla busta la scrittura, la strappa malamente per la fretta o la apre col tagliarte lentamente.
Per questo occorre lui: il francobollo.
Facciamo che non divenga una rarità assoluta!
Bei ricordi, cara Lalli, anch’io amavo scrivere e inviavo lettere lunghissime a genitori, ” fidanzate” e poi ai figli. In qualche cassetto ho ancora dei francobolli di alcuni paesi dove ho vissuto, che tenevo per riserva. Purtroppo niente piú francobolli…ma i bolli restano e costano; non è una consolazione!
Cara Lalli, tutto vero! Io ancora conservo le lettere del tempo che fu! E a proposito di penna e calamaio, Adelphi ha una collana, “Epistolari”, varia e interessantissima: https://www.adelphi.it/catalogo/tema/4
Così triste e così vero. Io mi ostino ancora a scrivere lettere ed a inviarle per posta. Ritengo, ad esempio, che un messaggio di condoglianze inviato via WhatsApp o peggio ancora su Facebook sia assolutamente terrificante. Comunque credo che siamo in pochi e in via di estinzione.
Lalli ha ragione! Mi è capitata esattamente la stessa cosa: 3 tabaccherie non li avevano, alla posta dopo un’ora di fila, hanno timbrato la busta ma alla mia richiesta di comprare qualche francobollo da tenere di scorta mi hanno risposto che i francobolli erano tutti chiusi in cassaforte in una stanza dove si stava tenendo una riunione (sicuramente IMPORTANTISSIMA!) per cui non me li potevano vendere!