LA LAMPADINA/RACCONTI – Salamanca, non solo per il gin&tonic

di Ida Tonini, Autore Ospite de La Lampadina

Salamanca ammalia con il desiderio di ritornarvi chiunque abbia potuto godere dei suoi infiniti piaceri. Non si tratta di un efficiente slogan pubblicitario; Miguel de Cervantes sostiene, in qualche luogo della sua abbondante produzione che la città di Castiglia sia una delle piu belle e interessanti di Spagna.
Salamanca è la pietra dorata di Villamayor, utilizzata in università, palazzi, conventi, residenze ecclesiali; lavorata a forma di pinnacoli, colonne, capitelli, scudi, balau­stre; cesellata come una trina, per adornare finestre, torri, cupole campanili… che conferisce alla città cromie diverse a d ogni ora e si accende di fiamme inestinguibili al tramonto.
Salamanca è sede di una delle più antiche e prestigiose università d’Europa. Fondata da Alfonso IX nel 1218, ospitò nel XVI secolo come professore illustre Fray Luis de León, figura emblematica dell’epoca di maggiore splendore dell’i­stituzione. Poeta e traduttore degli autori classici, incorse nel­le terrifiche maglie dell’Inquisizione per la sua traduzione in castigliano del
Cantico dei Cantici. Rimase in carcere cinque anni e tornò alla sua cattedra, ancora oggi visibile nell’aula a lui dedicata, aprendo la lezione con le fatidiche parole Dice­bamus hesterna die (dicevamo ieri). Un’altra aula è dedicata a Miguel de Unamuno, filosofo, scrittore .sommo e rettore magnifico per molti anni dell’università salmantina. Queste e altre aule si affacciano sul chiostro basso delle Antiguas Escuelas Mayores, la cui facciata, riccamente decorata ín sti­le plateresco, come una filigrana d’argento, forma un vero arazzo lapideo.
Salamanca è la penombra dei suoi chiostri, originali come quello di Las Duenas, un sorprendente pentagono profu­mato di rose, gli archi mistilinei su due piani, i capitelli uno diverso dall’altro, con figure grottesche e animali fantastici.
Salamanca è tappa ineludibile del Cammino di Santiago, e l’emblema del Santo, la conchiglia di San Giacomo, è mo­tivo ripetuto a impreziosire le severe mura della Casa de las Conchas e a decorare gli infissi e le inferriate di porte, can­celli, travi e architravi.
Salamanca è la Plaza Mayor, cuore vivo e palpitante della città. La più elegante, la più perfetta nelle proporzioni, la più animata dai canti delle tunas, le antiche corporazioni di studenti, che conservano la gagliarda goliardia dei tempi che furono e ancora indossano i settecenteschi abiti neri rallegrati da svolazzanti nastri multicolori. Al consueto gioco di luci e ombre si aggiungono sui pennacchi di questa piazza mirabi­le i medaglioni scolpiti con effigi di re, conquistatori, personaggi storici su fondo cilestrino. Pinnacoli e lampioni, bal­coni e lesene, santi e campane aggiungono grazia all’incanto della perfezione voluta dal suo artefice Alberto Churrigue­ra. E, per questo salotto di pietra, come tetto il cielo, una fe­sta continua di rondini. Perfino le innumerevoli sedie dei ta­volini dei bar intorno non riescono a scompigliare le armo­niose cadenze degli archi, delle finestre, delle verticali ringhiere in ferro battuto. D’obbligo la sosta all’ora del tra­monto per assaporare insieme con la bevanda preferita la sor­prendente metamorfosi cromatica della pietra.
Salamanca è il fiume Tormes, che avvolge la città adagia­ta su un’altura con un nastro d’argento come fosse un dolce di caramello. È il fiume di Lazarillo de Tormes, l’eroe pica­resco prototipo dei personaggi in cerca di avventura on the road.
Salamanca sono i giardini profumati, questi sì sempre più rari, eredi di lontane civiltà moresche che s’intravedono ol­tre le alte recinzioni. Ancora rasserenante e placido, dispo­sto sulle antiche mura di cinta, il Giardino di Calisto e Melibea sembra conservare tra gli ombrosi alberi, pergolati di rose e siepi topiarie, gli aromi che avvolgevano i due infelici amanti ingannati dalla Celestina, madre letteraria di tutte le mezzane che verranno.
Salamanca sono le sue cattedrali, La Vecchia e La Nuo­va, una stravagante convivenza voluta da Ferdinando il Cat­tolico che trovava troppo piccola la vecchia cattedrale ro­manica dalle forme purissime. Le fa affiancare l’edificio più grande, che pur nelle forme rinascimentali racchiude anco­ra qualche palpito di gotico fiorito. Ma, contrariamente al progetto, i successori rinunciarono ad abbattere l’edificio preesistente che ospita tra le pareti curve dell’abside una delle pale più sorprendenti della storia dell’arte. Sono cin­quantatré tavole attribuite a Nicola Fiorentino, dipinte nella seconda metà del XV secolo con storie della vita di Gesù e di Maria, che aggiungono lampi d’oro e di colore al rigore romanico della chiesa.
Salamanca sono le cicogne che in alcuni mesi abitano in­disturbate le punte più alte di campanili, cupole, pinnacoli e torri. Stagliate nel cielo azzurro, con i loro lunghi becchi, durante la stagione degli amori intonano concerti con suoni come di nacchere e poi imboccano i loro pulcini negli ampi nidi, perfette architetture emisferiche costruite con fuscelli di ogni misura.
Salamanca sono le due città che s’incontrano in Plaza Mayor, l’antica città universitaria e monumentale dove vivo­no studenti di ogni parte del mondo, chiarissimi professori, illustri scrittori, e la città moderna dove vivono e passeggia­no i salmantini doc. Tutti sanno dove si possono gustare i migliori pinchos, gli stuzzichíní a base di prosciutto e altri deliziosi insaccati; frequentano il locale con la tertulia (cir­colo culturale) più alla moda e, alla fine della serata, scopro­no dove andare a ballare il charro, una danza popolare che trascina anche i negati per il ballo.
Salamanca è il Ponte Romano, il punto di vista migliore per abbracciarla tutta con lo sguardo.
Salamanca è tutto questo e anche le tante sorprese che sco­priranno coloro che andranno a visitarla, come dice Miguel de Cervantes, che di mondo ne aveva visto un bel po’. Perché non credergli?

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