PIANETA TERRA – Napoli, il terremoto del 1944 e i santi che lo fermarono

Casualmente tra uno zapping e l’altro sono incorso in un documentario del terremoto a Napoli del 1944. Napoli, definita da Raffaele La Capria una «Saigon mediterranea», era nelle mani degli alleati, il mercato nero, il tifo, le signorine, la farina di piselli, gli sciuscià, i piccoli orfani.. Disperazione e miseria imperversavano e poi…pure il terremoto.
L’attività iniziò il 19 Marzo (guardate il video!) con forti colate laviche che giunsero fino a Cercola, invasero e parzialmente distrussero gli abitati di Massa di Somma e San Sebastiano, uno dei comuni più colpiti dall’evento.
Il 22 marzo, la nube eruttiva raggiunse un’altezza di 6 km, ai lati del cono si formarono valanghe di detriti caldi e piccoli flussi piroclastici. Una forte attività sismica fino al mattino del 23 marzo, giorno in cui l’attività eruttiva si ridusse alla sola emissione di cenere e che poi scomparve totalmente il 29 Marzo.
Ci furono 26 vittime, tanti i comuni danneggiati. La città di Napoli, si salvò grazie alla direzione dei venti che allontanarono dalla città la nuvola di cenere e lapilli.
Norman Lewis, un ufficiale britannico di quei giorni in città con gli alleati, ecco come racconta l’evento e come i Napolitani lo affrontarono:
«19 marzo – Oggi il Vesuvio ha eruttato. È stato lo spettacolo più maestoso e terribile che abbia mai visto (…). Il fumo dal cratere saliva lentamente in volute che sembravano solide. Si espandeva così lentamente che non si vedeva segno di movimento nella nube che la sera sarà stata alta 30 o 40 mila piedi e si espandeva per molte miglia. (…) Di notte fiumi di lava cominciarono a scendere lungo i fianchi della montagna. (…) Periodicamente il cratere scaricava nel cielo serpenti di fuoco rosso sangue che pulsavano con riflessi di lampi. (…)
22 Marzo – (…) In seguito alle notizie che San Sebastiano stava per essere spazzata via dal corso della lava e che Cercola era minacciata, sono stato mandato per fare un rapporto su quanto avveniva. (…) Io ero proprio sotto la grande nube grigia piena di rigonfiamenti e protuberanze come un colossale pulsante cervello. Raggiunta S. Sebastiano, sembrava incredibile che tutta quella gente potesse aver voluto vivere in tal posto. La città era costruita all’estremità di una lingua di terra fin ad ora risparmiata dal vulcano, ma completamente circondata dai tremendi campi di lava lasciati dall’eruzione del 1872, anzi proprio in una valle fra di esse. (…) Qui, in mezzo a questa “terra di nessuno” del vulcano, qualsiasi dilettante avrebbe predetto la distruzione della città con matematica certezza, ma apparentemente nessun cittadino di S. Sebastiano ne avrebbe mai ammessa la possibilità. Il legame con la città è una questione di fede religiosa. Gli edifici sono stati costruiti solidamente per resistere nei secoli (…). Tutte le finestre guardano ad ovest, alle verdi vallate verso Napoli, e le case hanno il retro verso il grigio, eterno cono del vulcano (…).
All’ora del mio arrivo la lava stava scivolando tranquillamente lungo la strada principale e, a circa 50 iarde dal fronte di questa massa debordante, una folla di diverse centinaia di persone, per la maggioranza vestite di nero, era inginocchiata in preghiera (…). Di tanto in tanto un cittadino più arrabbiato afferrava uno stendardo religioso e lo agitava con furia verso il muro di lava, come a scacciare gli spiriti maligni dell’eruzione. (…) Una casa lentamente aggirata e poi sovrastata dalla lava scomparve intatta dalla vista e seguì un debole, distante scricchiolio mentre la lava cominciava ad inghiottirla. (…) Un certo numero di persone reggeva, a fronteggiare l’eruzione, immagini sante e statue fra cui quella dello stesso S.Sebastiano; ma in un lato della strada notai, con molte persone, la presenza di un’altra statua coperta da un lenzuolo bianco (…).

Questa era l’immagine di S. Gennaro contrabbandata da Napoli nella speranza che essa potesse essere di utilità se tutte le altre avessero fallito. Era stata coperta col lenzuolo per evitare un’offesa alla confraternita di S. Sebastiano e al santo stesso che si sarebbe potuto risentire di questa intrusione nel suo territorio. S. Gennaro sarebbe stato portato all’aperto solo come ultima risorsa.
Comunque, Santi o non Santi la lava si fermò…

 

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3 Commenti
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21 Settembre 2025 20:48

Appena tornata da Napoli, incredula nel vedere quante costruzioni ci siano sulle pendici del suo Vulcano, leggendoti mi ritrovo immersa nella sua atmosfera. Grazie S. Gennaro!

Gustavo
21 Settembre 2025 14:28

Leggo l’articolo in treno, di rientro da Napoli, che come sempre mi sorprende. Dall’eleganza del San Carlo alla folla urlante, appena fuori, per un concerto in piazza Plebiscito che durerà una settimana! Impossibile trovare un taxi. Rassegnati, verso l’una e mezza del mattino, ci siamo avviati a piedi verso il Vomero…e da lì lo spettacolo unico della baia, del Vesuvio, Capri e il luccichio del mare, ha alleviato la stanchezza e lo sconforto. Napoli, città eterna

Carlo Verga
Reply to  Gustavo
21 Settembre 2025 17:25

Ciao Gustavo belle le Tue note, si Napoli è unica….già a proposito ma i Tuoi di articoli? ti sei dimenticato?
a presto Carlo