TECNOLOGIA: auto volanti Articolo di Carlo Verga Non abbiamo ancora finito di parlare di auto elettriche, auto ibride, consumi e vantaggi che… toh: si parla di auto volanti. Sono passati oltre 30 anni dalle famose macchine volanti di Blade Runner e molto di più da quando Bruno Martino ci descriveva la vita nell’anno 2000, con macchine volanti, razzi, pasticche invece dei pasti, era la fine anni ‘70, il 2000 ci sembrava una data lontanissima e ora che siamo nel 2017? Bene, nella riunione annuale del Tech Crunch Disrupt una conferenza annuale organizzata dalla rivista High Tech di San Francisco si è parlato a lungo delle auto volanti ma non per uno scenario di fantascienza, ma come vera e propria aspettativa per il futuro prossimo.
Tanti sono stati i relatori sull’argomento e Sebastian Thurn professore a Stanford, già vice direttore di Google e ora presidente della Kitty Hawk, ha spiegato come con lo sviluppo delle tante tecnologie, aerospaziale, dei droni, delle auto senza pilota, intelligenza artificiale è possibile arrivare a produrre una automobile in grado di volare e in tutta sicurezza. L’insieme di tutte le tecnologie consente di individuare istantaneamente i percorsi i più sicuri e diretti, per arrivare a destinazione e senza incorrere in incidenti. Gli spostamenti diverrebbero individuali ma di massa e ognuno, con i dovuti accorgimenti, potrebbe volare alle giuste distanze e dove meglio crede. Tutto è pronto anche i capitali il problema è solo esclusivamente di scelta economica e sociale e certo normativo/organizzativo. Nel palco dei conferenzieri si sono avvicendati molti ricercatori ma anche i grandi investitori, particolare attenzione è stata per Jenny Lee, cinese, e il suo fondo Ggy. Secondo Lee, la Cina è estremamente interessata a questo nuovo progetto e conta di portarlo avanti in tappe forzate e nel breve termine. La Cina ha, al momento, un imponente programma di sviluppo di auto elettriche, e auto senza guidatore, l‘obbiettivo è quello di dotare 5 milioni di parcheggi con ricariche attive, il passo quindi, allo sviluppo consistente di auto volanti è veramente breve. Certo il problema è il coordinamento e il controllo di tutte le attività di volo che andrebbero impostate come per gli aerei e moltiplicate per i milioni di veicoli che potrebbero attraversare i nostri cieli nel giro di qualche decennio. Esistono già dei prototipi di modelli volanti ma per il momento sono più vicini a un gioco che non a un sistema coordinato di volo. Al primo posto la Kitty Hawk Flyer ha l’apparenza di una motocicletta e sembra uscita direttamente da uno film di fantascienza. Kitty Hawk, è una start-up finanziata da Larry Page, uno dei fondatori di Google. Il veicolo è sospinto da 8 eliche alimentate da motori elettrici e raggiunge la velocità di circa 40 km/h, ha un peso di 100 kg e si guida come una moto, spostando il peso da una parte o dall’altra. I comandi sono joystick integrati nel manubrio e, sono sufficienti poche ore di pratica per utilizzarla in assoluta sicurezza. Decollo e atterraggio sono verticali. Più “veicolo” è la Transition della americana Terrafugia fondata nel 2006 da un gruppo di ingegneri del MIT, la Transition è lunga 6 metri, ha ali ripiegabili, e, premendo un solo tasto si trasforma da auto normale in aeromobile in circa 30 secondi. Può volare per più di 650 km a 185 km/h ed essere guidata su strada a velocità autostradali. Funziona a normale benzina verde. l'auto dovrebbe uscire sul mercato entro pochi anni. Con un costo iniziale di quasi 280.000.
La
Hoversurf, una società russa specializzata nella costruzione
di droni, ha in sperimentazione la Scorpion 3, una specie
di motocicletta volante monoposto molto simile all'hoverboard,
la pedana elettrica con le ruote, in grado di sollevarsi
da terra, volare e atterrare, proprio come un drone.
Infine i Cinesi, con
i loro modelli molto scenografici!
La scelta certo non manca, le incertezze tante, ci arriveremo come nei film? Vota e/o commenta questo articolo da qui Fai leggere questo articolo ad un tuo amico... Torna all'indice | Aloisio Caetani ci propone questo Suo pensiero: “In una notte d'estate, sdraiati sul campo delle cose che conosciamo, con le mani dietro la testa, un filo d'erba tra i denti e i piedi sul bordo dell'oceano infinito di quelle che non sappiamo ma che ci illudiamo di intuire vagamente, come l'immagine appannata di una nebulosa lontana milioni di anni luce, la meraviglia del mondo e l'emozione dell'universo immenso intorno a noi, ci tolgono il respiro. E intanto cadono tre stelle" |
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SCIENZE: i nostri due cervelli Articolo di Beppe Zezza In un precedente articolo abbiamo parlato della presenza di recettori olfattivi e gustativi in zone del nostro corpo ben diverse da quelle deputate al riconoscimento degli odori e dei sapori. Andiamo oltre nello svelamento delle meraviglie del corpo umano. Una scoperta recente, ma neanche tanto, è che ognuno di noi dispone di DUE CERVELLI: roba da non credere! Eppure l’informazione proviene da fonte sicura e non è una bufala. La ricerca iniziata alla Columbia University di New York dal dott Michael Gershon coinvolge anche importanti istituzioni francesi. Dove è situato, o meglio qual è, il nostro secondo cervello? L’intestino! Nell’intestino ci sono circa 200 milioni di neuroni (più o meno quanti nella corteccia cerebrale di un cane. E se diciamo che un cane è intelligente, ebbene dobbiamo dire che anche l’intestino è intelligente!) Gli scienziati hanno scoperto – o meglio “riscoperto” – quello che la saggezza popolare ci ha trasmesso: i codardi non hanno fegato, le persone nervose hanno le farfalle nello stomaco, la paura ci attanaglia lo stomaco, a volte agiamo “di pancia”. I nostro due cervelli si assomigliano come fratelli: il cervello superiore è la sede del sistema nervoso centrale, il cervello inferiore del sistema nervoso enterico. Un’ipotesi avanzata dallo scienziato francese Michael Neunlist nell’ambito della teoria dell’evoluzione afferma che all’origine gli esseri viventi erano costituiti da praticamente solo un tubo digerente, all’interno del quale si è sviluppato il sistema nervoso enterico mentre il sistema nervoso centrale si è evoluto successivamente per permettere alle creature viventi di migliorare il modo di alimentarsi e non destinare tutte le energie nervose alla sola digestione. Nell’essere umano questa evoluzione è stata implementata dalla scoperta del controllo del fuoco che ha radicalmente mutato il modo degli umani di nutrirsi riducendo drasticamente l’energia richiesta per la digestione e rendendola disponibile per lo sviluppo del cervello “superiore”. Questa evoluzione motiverebbe il passaggio dallo ‘Homo ergaster’ (2 milioni-1 milione di anni fa) all’‘Homo sapiens”. Cervello superiore e cervello inferiore svolgono funzioni primarie differenziate: il superiore si ‘occupa’ del pensiero, quello inferiore della ‘digestione’. Tuttavia … Tuttavia i due cervelli sono strettamente interconnessi dal nervo vago attraverso il quale ‘dialogano’ costantemente. Dispongono infatti degli stessi “neurotrasmettitori”, le “parole” con le quali avviene lo scambio dei messaggi. Una delle “parole” più importanti è la “serotonina”: nel cervello superiore presiede alla “sensazione di benessere”, nel cervello inferiore regola il sistema immunitario e la velocità del transito intestinale. Sorprendentemente però ben il 95% della serotonina del nostro corpo è prodotta nell’intestino, e non solo agisce sul tubo digerente ma è anche rilasciata nel flusso sanguigno e attraverso di esso, opera sul cervello superiore, in particolare nell’ipotalamo, l’area che controlla e contribuisce a regolare le emozioni. Si sapeva già che le emozioni influenzano l’intestino, quello che si è scoperto è che ciò avviene anche nella direzione opposta e che cioè l’intestino opera sulle emozioni! Il sistema nervoso enterico invia al cervello segnali che non raggiungono la coscienza ma possono cambiare il modo nel quale il cervello – cioè noi percepiamo il mondo! Di norma questo scambio di informazioni tra cervello superiore e cervello inferiore avviene senza che noi ce ne rendiamo conto e perciò è difficile da analizzare. E’ quando qualcosa non funziona che, studiando, si riesce a saperne di più. La sindrome dell’intestino irritabile (in inglese IBS) non si può ricondurre ad alcuna malattia organica e la risposta che si dà ai numerosi pazienti che ne sono affetti è: c’è un malfunzionamento nella comunicazione tra cervello (superiore) e tubo digerente. Ebbene la ricerca ha individuato che nei pazienti affetti da questa malattia c’è una iperattività dei neuroni della mucosa intestinale (una specie di neurosi intestinale)! Questa scoperta apre le porte alla ricerca di un nuovo modo di cura. La somiglianza strutturale tra i nostri due cervelli è talmente impressionante che gli scienziati hanno cominciato a porsi seriamente la domanda se i due cervelli non potessero condividere anche le malattie! Per molto tempo si è ipotizzato che il Parkinson distruggesse progressivamente i neuroni situati nella area detta “substantia nigra”; partendo dall’osservazione che questa malattia è accompagnata spesso da notevoli disturbi digestivi, studiosi dell’Ospedale di Nantes hanno ipotizzato che essa colpisse anche i neuroni dell’intestino. Poiché i sintomi digestivi si possono rilevare assai prima che si manifestino i primi sintomi motori si è addirittura fatta la ipotesi che la malattia abbia origine nell’intestino e di là poi si diffonda al cervello lungo il sistema nervoso. Da dove la malattia abbia inizio non è stato ancora definito ma si è arrivati a verificare che i neuroni del sistema enterico di un paziente affetto da Parkinson presentano le stesse anomalie di quelli del sistema cerebrale e pertanto la diagnosi del Parkinson può essere effettuata attraverso una biopsia del tessuto nervoso intestinale. La biopsia del cervello è una operazione difficile e pericolosa quella dell’intestino è invece una procedura routinaria, e i sintomi digestivi possono apparire anche 20 anni prima dei sintomi motori si può comprendere allora l’importanza di questa scoperta. L’idea di esaminare l’intestino per conoscere il cervello si è dimostrata valida per il morbo di Parkinson. Potrebbe essere lo stesso anche per l’Alzheimer o altre patologie neuro vegetative? O per patologie psichiatriche o comportamentali (come l’autismo)? La ricerca si sta muovendo in questa direzione. Conclusione? Del funzionamento del nostro organismo ci pare di sapere tanto – ed è vero rispetto al recente passato – ma è ancora poco, pochissimo. Dobbiamo diventare tutti un po’ più “socratici”: sapere una cosa sola: non sappiamo! Vota e/o commenta questo articolo da qui Fai leggere questo articolo ad un tuo amico... Torna all'indice | Carlo Verga ci propone questa ultima formula: "Donare e investire negli altri è la vera felicita del denaro!" Warren Buffet |
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ABBIAMO OSPITI - STORIA: c’è un luogo a Venezia… Articolo di Elisabetta Barich - Autore Ospite de La Lampadina … il luogo del cuore, per me, meta ricorrente del mio girovagare da sempre in questa città che adoro, luogo che mi parla della mia famiglia e della mia gente, condannata all’esilio dalla ferocia del “secolo breve” ma che in questo luogo conserva intatto il legame secolare con la Serenissima: questo luogo è la Scuola Dalmata dei Santi Giorgio e Trifone. Le Scuole si diffusero nella città lagunare per iniziativa di tanti cittadini che, raggruppati in categorie, sentirono l’esigenza di avere delle sedi dove potersi riunire. La Scuola dedicata ai Santi Giorgio e Trifone venne fondata nel 1451 dai membri della comunità dalmata presenti a Venezia: la capitale della Dalmazia, Zara, era tradizionalmente legata da importanti relazioni alla più potente città dell’Adriatico ed era quindi naturale che qui arrivassero mercanti, artigiani o marinai originari di quelle terre. Ancora oggi, la Scuola intitolata ai due patroni della Dalmazia svolge un ruolo fondamentale per un popolo disperso dopo i tragici avvenimenti che hanno portato all’annessione alla Jugoslavia della costa adriatica orientale: questa regione, contesa nei secoli dalle varie potenze che in quell’area hanno via via esercitato la propria egemonia, fu definitivamente ceduta dall’Italia con il Trattato di Pace del 1947, sigillo definitivo del secondo conflitto mondiale.
Chi
da sempre aveva popolato quei luoghi fu costretto a
fuggire sia dall'odioso regime del Maresciallo Tito
che da un paese ormai ostile e inospitale per noi italiani.
Ciò che avvenne anche per la mia famiglia paterna, che
come tante altre scelse di riparare nella Penisola –fuori
luogo qualsiasi paragone con i migranti di oggi–. Le
notizie che venivano lasciate filtrare da chi all’epoca
gestì l’accoglienza degli esuli erano poche e imprecise:
tutti gli italiani patirono le conseguenze di una guerra
persa, ma alcuni pagarono per tutti un prezzo altissimo,
a risarcimento del quale solo negli ultimi anni è giunto
il tardivo riconoscimento rappresentato dall'istituzione
del Giorno del Ricordo.Tornando alla nostra Scuola,
si capisce come questa istituzione abbia avuto un valore
grande, come punto di riferimento per chi i riferimenti
li aveva smarriti. Inaspettato angolo di Dalmazia nascosto
tra le calli veneziane, la confraternita custodisce
ancora lo straordinario ciclo pittorico del Carpaccio
con le Storie dei Santi Giorgio, Trifone e Girolamo,
l’unico di questo autore che ancora si conservi nella
sede originaria: infatti, quella Dalmata, nata come
Scuola
Nazione e appartenente al gruppo delle cosiddette Scuole
Piccole, e la Scuola Grande di San Rocco, furono le
sole che, all’indomani del Trattato di Campoformido
del 1797, si sottrassero alla depredazione del patrimonio
artistico che seguì la soppressione degli ordini voluta
da Napoleone. In quasi sei secoli la nostra Scuola non
ha mai cessato di svolgere il suo importante ruolo e
oggi ancora di più per gli esuli Dalmati e i loro figli
questo è il luogo dove sentirsi a casa.
Per saperne di più... Vota e/o commenta questo articolo da qui Fai leggere questo articolo ad un tuo amico... Torna all'indice | Carlotta Staderini ne è convinta: "Quel che al mondo ascolta più stupidaggini è forse un quadro da museo" Edmond de Goncourt |
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ABBIAMO OSPITI - MUSICA: la differenza Articolo di Francesco Rocco di Torrepadula - Autore Ospite de La Lampadina Queste mie prime note sono introduttive di un programma – che ambiziosamente ritengo possa interessare i lettori de “La Lampadina” – di preparazione, per così dire, all’ascolto della musica classica attraverso la conoscenza e il commento, integrato con riferimenti anche storici e letterari, delle più grandi composizioni dei nostri massimi musicisti. Innanzitutto ritengo di dovermi presentare, al fine di non ingenerare pericolose aspettative, che andrebbero deluse: non sono un professionista della musica; non svolgo alcuna attività musicale né per professione né per diletto; non sono neppure in condizione di leggere il pentagramma; in buona sostanza sono – al pari della gran parte di tutti Voi – semplicemente un appassionato della musica, la vera grande musica, e della sua storia.
Ho detto la vera, grande musica non a caso, poiché il fatto
musicale invade oggi tutta la nostra esistenza
quotidiana, la scandisce costantemente con richiami
pubblicitari e commerciali, sempre più suddividendosi
in “buona musica” e musica che tale non può definirsi.
Intendiamoci: la buona musica non può identificarsi esclusivamente nella musica che definiamo “classica” e che attribuisce ai suoi cultori, per lo più, un senso di superiorità intellettuale rispetto a coloro che non la coltivano: trattasi esclusivamente di due generi di musica diversi che possono esprimere entrambi quella che possiamo definire la “buona musica”. Sì, perché a ben vedere la distinzione fra musica classica e musica leggera non è poi così assoluta. La differenza fondamentale fra una canzone e una sinfonia non risiede nella melodia, poiché di melodie – e bellissime – è piena soprattutto la musica leggera: così belle che, nelle mani di un buon conoscitore della composizione, dell’armonia e del contrappunto, potrebbero sicuramente dar luogo a pagine di grande musica classica. La differenza tra i due generi risiede nella costruzione della partitura musicale che, nella canzone, è semplificata al massimo ed è in tal modo resa facilmente intellegibile e alla facile portata di tutti; mentre nella musica cosiddetta “classica” è estremamente più complessa. La canzone che tutti conosciamo ha una breve introduzione, un ritornello, una strofa, di nuovo il ritornello (che si chiama così proprio perché ritorna) sul quale si conclude. (Ascoltate qui la melodia con intro e ritornello di “City of Stars” del film La La Land del 2017, Oscar per la miglior canzone originale e anche per la migliore colonna sonora).
All’interno di una sinfonia lo sviluppo dell’idea
musicale è estremamente più complesso e, nella forma
tradizionale che tutti conosciamo, si realizza in
una introduzione; nella affermazione di un primo tema
musicale (leitmotiv che acquisterà fondamentale
importanza nella musica soprattutto di Wagner), cui
spesso se ne aggiunge un secondo e anche un terzo;
nella elaborazione di tale materiale musicale – attraverso
variazioni, sviluppi e “ricadute”, che donano all’ascoltatore
in grado di coglierli il più grande diletto – per
poi concludersi in un finale al quale partecipa spesso
gioiosamente tutta l’orchestra e nel quale a volte
i precedenti temi vengono richiamati, per fondersi
magicamente tra loro (come nel meraviglioso, fiabesco
e struggente finale del Crepuscolo degli dei in
cui i principali temi della tetralogia, che si era
protratta per oltre 20 ore di musica, vengono richiamati
da Wagner, quasi a volerceli ricordare un’ultima volta
nella loro bellezza, ringraziarli per la gioia che
ci hanno procurato, e quindi per poi dolorosamente
congedarci da loro). Ascolta
qui il finale!
Tutto ciò, come è evidente, crea nell’ascoltatore un appagamento estetico, tanto maggiore quanto maggiore è l’educazione del suo orecchio: piacere, che non può confrontarsi con quello immediato, passeggero e più edonistico, che può assicurare l’ascolto di un più breve e semplice brano di musica leggera. Ciò che intendo, comunque, evidenziare è che l’elemento comune ad entrambi i generi musicali è costituito dalla “melodia”; è la melodia che in entrambe le forme musicali è idonea, in primo luogo e innanzitutto, a creare nell’ascoltatore quel senso di rapimento e di estasi, di astrazione dalla realtà che è tipica del godimento della musica.
Nelle opere di Giuseppe Verdi, che è per lo più (erroneamente)
considerato il nostro massimo compositore e comunque
(giustamente) quello più popolare, la melodia regna
sovrana: ed è essa ad assicurare alle sue opere la
grandissima popolarità, che hanno avuto fin dal loro
primo apparire presso il pubblico non solo italiano
ma di tutta Europa.
Puccini affermava categoricamente il principio, che governava la sua creazione musicale: “Melodia, Melodia, Melodia ad ogni costo“. Ed è per la bellezza melodica delle sue composizioni che oggi è il più eseguito nel mondo.
Il caso più eclatante di successo di un’opera ricchissima
di melodie è però quello di Cavalleria Rusticana (1892),
che proprio perché nutrita di melodie indimenticabili,
esposte con scrittura musicale nuova e moderna (che,
non a caso, si colloca nel periodo del c.d. realismo
musicale del tardo Ottocento italiano) irrompe
sulla scena nazionale e internazionale con uno strepitoso
e repentino successo, proiettando l’Autore al primo
posto nella classifica di gradimento delle opere liriche
di quel momento storico, al punto da indurre il celebre
e temutissimo critico Eduard Hanslik – che nel medesimo
periodo stroncava ingiustamente l’eccelso e indubbiamente
superiore sinfonismo di Bruckner, sul quale torneremo
-“C’è una gran fame di Cavalleria in
tutto il mondo”. Vedi
e ascolta la versione di Karajan del 1968.
Mi accorgo di essermi dilungato e di essere uscito dal tema iniziale. Concludo pertanto queste mie prime note per affermare che, se la melodia accomuna e accompagna le due forme di musica, leggera e classica, devo sperare di trovare tra i miei lettori anche e soprattutto gli amanti della musica leggera che, come premio del loro sforzo, potranno percorrere con me nuove e meravigliose regioni. Vota e/o commenta questo articolo da qui Fai leggere questo articolo ad un tuo amico... Torna all'indice | Isabella Confortini Hall condivide questa idea: "Lo charme: un modo di ottenere in risposta un sì senza aver formulato nessuna chiara domanda" Sergej Bulgakov |
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I VIAGGI DE LA LAMPADINA: Torino 2017, last but not least! Articolo di Isabella Confortini Hall, Marguerite de Merode e Carlotta Staderini Chiatante A conclusione di un anno all’insegna di esplorazioni culturali in giro per la nostra Penisola, abbiamo dedicato a Torino l’ultimo “tour” per il 2017. Dal 2 al 5 novembre, un gruppo di fedelissimi Soci, si è immerso nelle atmosfere della città sabauda, alternando l’arte antica, con la compagnia di Emanuela Moroni, la nostra validissima guida, a quella contemporanea, con Ludovico Pratesi.
Appena
arrivati non poteva mancare una visita al Museo del
Cinema, dedicato a quell’arte considerata dai fratelli
Lumière “senza futuro! Il Museo è dal 2000 situato all’interno
della Mole Antonelliana che era stata progettata nel
1848 dall’architetto Alessandro Antonelli come sinagoga,
poi venduta dalla committenza israelitica al Comune
di Torino per divergenze in itinere…
Dobbiamo la realizzazione del Museo del Cinema ad una
giovane ed illuminata ragazza, Maria Adriana Prolo nata
a Torino all’inizio del secolo breve, di famiglia borghese
con importanti interessi culturali; è stata una collezionista
e studiosa di storia del cinema muto, e la sua attività
di ideatrice e direttrice del Museo Nazionale del Cinema,
che nasce nel 1941, in sede diversa, ottenne molti riconoscimenti
e oggi, è una realtà importante nel mondo intero ed
è unico in Italia. Delle sue collezioni fanno parte,
foto, video, films, manifesti,
locandine, ricostruzioni di interi ambienti cinematografici,
bozzetti, costumi, scenografie, lanterne magiche. Scalando
la Mole dall’interno lungo i suoi cinque piani, si scopre
comeè nato il cinema e come si è sviluppato tra lanterne ottiche
e attrezzature cinematografiche antiche e moderne. Al
piano terra, dove vi sono ricostruzioni scenografiche
di vari films “cult,” vi sono delle poltrone comodissime
dove ci si può godere uno spettacolo di tre schermi
giganti che proiettano le scene più salienti di films
super conosciuti. Una vera goduria.
La
sera la trascorriamo in un piacevolissimo ristorante
torinese d’epoca antichissima, (se ne parla già nel
1500), Le tre galline; in una sala da pranzo
di fine ‘800 veniamo coccolati da Leonardo de Boni,
e gustiamo una raffinata cucina tradizionale torinese
neoclassica (da gustare assolutamente il “loro” Vitello
tonnato..).
Ci
aspetta un venerdì molto intenso: partiamo alla volta
di Venaria per visitare la Reggia che festeggia quest’anno
i dieci anni dal recente restauro e con il quale è ritornata
alla sua originale bellezza. Co noi Emanuela Moroni,
che con cura e “vivace vivace sapienza” ci ha introdotti
nella conoscenza della città sabauda, facendo un giro
ampio per raggiungere Venaria, a nord della città, e
una volta giunti, ci ha condotto a visitare un restauro
che ha dell’incredibile, ricordando le condizioni nelle
quali la reggia versava solo fino a 20 anni fa: pensare
che nel 1970 c’era stata una proposta comunale di abbattere
tutti gli edifici che la componevano per costruire edilizia
popolare. Ora è sede anche di numerosissime mostre che
si avvicendano di mese in mese, e alla nostra data abbiamo
potuto visitarne una molto ampia su Giovanni Boldini
ed un’altra sul fotografo Peter Lindbergh.
Nel
parco della reggia invece si potevano scorgere le opere
di Giuseppe Penone mentre nella Regia Scuderia abbiamo
ammirato l’unico Bucintoro della Serenissima rimasto
totalmente integro, commissionato ai mastri d’ascia
veneziani dai reali sabaudi.
Dopo uno snack veloce partiamo alla volta della Palazzina
di Caccia di Stupinigi, posta a sud della città, all’esatto
posto rispetto a Venaria. La palazzina progettata da
Filippo Juvarra del quale avevamo riconosciuto l’impronta
anche nella residenza visitata al mattino, è perfettamente
conservata con mobilio, arredi, e dipinti originali.
E’ sempre stata amata, vissuta e abitata dai Reali fino
al 1919. Costruita
su un appezzamento donato da Emanuele Filiberto all’Ordine
dei Santi Maurizio e Lazzaro nel 1573 è ora di Proprietà
dell’Ordine Mauriziano che ne cura la conservazione
e la gestione.
Al ritorno non ci facciamo mancare un giro di shopping nelle cioccolaterie torinesi, una più elegante e invitante dell’altra: Gobino, al Bicerin o da Baratti & Milano e quante altre..
Venerdì sera gli affezionati dei nostri viaggi si riuniscono
per una squisita cena alla Società del
Whist Accademia Filarmonica Torino, in Piazza San Carlo,
a Palazzo Accademia, accolti da l’amico Angelo Salvi
del Pero, Direttore di Biblioteca e Musica del Circolo
e piacevolissimo padrone di casa. Le persone di Torino
“di gentile educazione”, come diceva Cavour, s’incontrano
al Whist, dove l’Accademia Filarmonica e il Circolo
fanno vita comune dal primo gennaio del 1948 in un unico
sodalizio d’eccellenza.
Il giorno dopo, non poteva mancare una visita al Museo
Egizio della Città, riconosciuto come il più antico
museo egizio del mondo e il più importante dopo quello
del Cairo. Tutto
ha inizio nel 1824, quando il re sabaudo, Carlo Felice,
acquista la collezione del piemontese Bernardino Drovetti,
console di Francia durante l’occupazione dell’Egitto,
con oltre 8.000 oggetti tra statue, mummie, sarcofaghi,
papiri, monili e amuleti. Nasce, allora, l’eccezionale
museo che raggiunge oramai almeno trentamila reperti.
Ne abbiamo scoperto alcuni con i dotti racconti di Emanuela Moroni, percorrendo le numerose sale recentemente riallestite; alcune in modo molto scenografico, dal premio oscar Dante Ferretti. Uno dei motivi del nostro viaggio, oltre che scoprire le meraviglie già descritte, era Artissima, la fiera, annuale appuntamento di punta della settimana dove Torino torna capitale dell’arte contemporanea. Ci ritroviamo nel pomeriggio con Ludovico Pratesi all’Oval, sede di Artissima, che, quest’anno, è sotto la direzione di Ilaria Bonacossa. C’è una novità tra le sezioni, forse tra le più interessanti della manifestazione, Disegni, dedicata al tema del disegno, che si aggiunge a quelle storiche. Il nostro mentore Ludovico, guida perfetta, ci seleziona uno dopo l’altro gli stands più importanti spiegando con chiarezza le opere rilevanti: Artiago (Napoli), Continua (San Giminiano), La Galleria del Cembalo (Roma), Raffaella Cortese (Milano), Magazzino (Roma), i Minini (Brescia e Milano), Lorcan o’Neil (Roma), Franco Noero (Torino), P420 (Bologna), Lia Rumma (Milano), Tucci Russo (Torre Pelice), Vistamare (Pescara) sono alcune delle più importante gallerie che avremo scoperto nell’arco del nostro pomeriggio.
La
fiera di Torino è stata fondata nel 1994 e ha saputo
costruire nel tempo una propria identità, creare un
modello vincente. Con la sua vocazione sperimentale
rappresenta un buon palcoscenico della migliore ricerca
nel campo delle arti visive italiano e internazionale,
un set effervescente dove tutti gli appassionati del
settore trovano un loro posto: “galleristi, artisti,
giovani, meno giovani, curatori, compratori nazionali,
compratori internazionali, collezionisti, passanti,
ospiti, invitati, figli, amici, premi, fondazioni, temi,
idee di comunicazione”.
Sabato è l’ultima serata libera del nostro giro per ritrovarsi con amici e parenti, all’Agrifoglio, buon ristorante, con il famoso bollito e le sue mille salsine, che a Torino proprio non poteva mancare!
Per
concludere il nostro viaggio, domenica mattina Ludovico
ci ha riservato, una sorpresa: una visita a Busca, alla
Collezione
La Gaia. Vi invito a visitarne il sito che spiega
il percorso intrapreso dagli anni ottanta da Bruna Girodengo
e Matteo Viglietta. In un edificio a tre piani in cemento,
metallo e in vetro sulle colline buschesi, scopriamo
una collezione che comprende più di mille opere dai
primi del ‘900 fino ai giorni nostri, e dove i Viglietta
hanno sviluppato la loro passione in maniera del tutto
personale e riservata. Terminata la visita è tempo di
tornare a casa con nella mente preziosi ricordi di ogni
tipo ed ogni epoca.
Grazie Lampadina! Al prossimo appuntamento! Vota e/o commenta questo articolo da qui Fai leggere questo articolo ad un tuo amico... Torna all'indice | Marguerite de Merode condivide questa idea: "Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chaimare al telefono tutte le volte che ti gira" J. D. Salinger, "Il giovane Holden" |
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ABBIAMO OSPITI - PIANETA TERRA: saluti dalle Stelle! Articolo di Andrea Duchini - Autore Ospite de La Lampadina
Mi
trovavo recentemente in una zona sperduta del Canada,
dove è ancora possibile godere di una notte stellata
senza l’interferenza fastidiosa del bagliore delle luci
cittadine.
L’aria era frizzante e tersa e potevamo vedere le costellazioni
boreali brillare nel cielo scuro e senza luna.
Una sera, notiamo tutti una stella che brillava più
delle altre e che subito sembrava muoversi sullo sfondo.
Era la Stazione Spaziale che viaggiava ad una velocità
incredibile sopra le nostre teste seguendo la sua orbita
intorno al nostro pianeta.
Che visione incredibile! E non ci sarebbe stato momento
migliore per me per notare questa meraviglia tecnologica
dal momento che proprio in questo periodo uno degli
astronauti italiani più importanti e noti sta trascorrendo
il suo semestre proprio in quella Stazione Spaziale.
Paolo
Nespoli non è solo una grande astronauta, ma è stato
un inestimabile membro della nostra Comunità Italiana
in Texas. È nato il 6 aprile del 1957 a Milano, abita
a Verano Brianza. Laureato in Ingegneria aerospaziale
nel 1988, ha un master in Astronautica e scienze astronautiche
ottenuto all’Università Politecnica di New York. Una
laurea in ingegneria meccanica all’università degli
Studi di Firenze, nel 1990 e varie altre specializzazioni.
Arruolato nell’esercito italiano nel 1977, era istruttore
di paracadutismo a Pisa e nel 1988 ha fatto parte della
Brigata d’assalto “Moschin” di Livorno, dove operava
nelle Forze Speciali. Dal 1982 al 1984 fu assegnato
al Contingente Italiano della Forza Multinazionale di
Pace in Libano.
Dopo innumerevoli periodi di addestramento e specializzazione
alla Nasa, all’Esa a Colonia e in Russia, inizia poi
la sua operatività nello spazio nel 2007, quando vola
come specialista di missione a bordo dello Space Shuttle
Discovery per il volo STS 120 verso la stazione Spaziale
Internazionale. Ancora nel 2010 passa 159 giorni sulla
ISS rientrando il 24 maggio 2011.
A luglio 2017 è stato assegnato ad una terza missione
spaziale come membro della Spedizione 52/53 sulla Stazione
Spaziale Internazionale. È partito a bordo della navetta
Soyuz per una missione di cinque mesi. Quest'ultima
missione è parte di un accordo di scambio tra la NASA
e l'Agenzia Spaziale Italiana (ASI) che coinvolge astronauti
ESA. La missione di Nespoli sulla ISS si chiama VITA
che è l’acronimo di Vitalità, innovazione, tecnologia
e Abilità.
Il
logo della missione è stato sviluppato da ESA, Agenzia
Italiano per lo Spazio, e Nespoli. Il cerchio esterno
rappresenta il pianeta Terra, e al centro, che collega
i due opposti della circonferenza, c’è una variante
del simbolo dell’infinito, chiamato “Terzo Paradiso”,
disegnato da Michelangelo Pistoletto. All’interno del
simbolo troviamo il simbolo del DNA, un libro, ad indicare
la didattica, la sensibilizzazione e la cultura, e la
Terra come simbolo di umanità. I colori rappresentano
la bandiera italiana.
Paolo è stato un attivo ricercatore e scienziato e ha
condiviso la sua esperienza e il suo lavoro con la nostra
comunità nelle varie edizioni della “Conferenza dei
Ricercatori Italiani nel Mondo”. E’ sempre stato disponibile
con noi tutti e ha contribuito al successo dell’iniziativa,
illuminando il pubblico con le immagini incredibili
che ha ripreso dallo spazio e con tutti i divertenti
aneddoti sulla vita di bordo a gravità zero.
Il Comitato di Houston ed io stesso vogliamo salutare
Paolo e ringraziarlo per tutto ciò che sta facendo,
lì, ai confini dello Spazio. Siamo tutti orgogliosi
di lui e del suo lavoro e speriamo di averlo ancora
tra noi per parlare della sua ultima missione al nostro
think tank l’anno prossimo.
Dalla Comunità Italiana in Texas, a presto Paolo Nespoli! Per aspera ad astra!
Guarda le fotografie di Paolo dalla ISS al link:
https://www.space.com/11144-stunning-space-photos-astronaut-paolo.
Puoi anche seguirlo su Tweeter a Paolo Nespoli (@astro_paolo)
| Twitter.
Vorrei ringraziare per questo articolo l’ing. Francesco
Fusco che ci ha permesso di salutare Paolo direttamente
sulla ISS. E un ringraziamento anche a Orazio Chiarenza
e Gustavo Priotto alla Nasa per il loro aiuto nell’illustrare
lo spazio alla nostra comunità e per insegnarmi le meraviglie
dei viaggi spaziali.
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Marta
Baldasseroni pensa che l'amore dovrebbe
essere così:
"Si
conobbero. Lui conobbe lei e se
stesso, perchè in verità non s'era
mai saputo. E lei conobbe lui e
se stessa, perchè pur essendosi
saputa sempre, mai s'era potuta
riconoscere così".
Italo
Calvino, "Il Barone Rampante"
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COSTUME: ritorna! Articolo di Lalli Theodoli Pare ieri. Pare ieri che, affannati, correvamo alla ricerca dei regali di Natale per una miriade di parenti che crescevano o diminuivano ogni momento. Quanti saremo quest’anno? Senza sapere in che razza di confusione ci avrebbero messo , le risposte sono state quanto mai incerte: ”Se non viene mia nuora non posso, ma se lei viene veniamo tutti e sette…!!!!” ”Ti faccio sapere, che bello, in caso posso portare mia nipote? È sola.” La lista si allunga. Bisognerà organizzare un pranzo in piedi, o forse usare le sedie ed i tavoli del terrazzo. Ma alcune telefonate. “Mi dispiace non posso più” …e la lista si accorcia. Forse possiamo stare tutti seduti senza traffici. Indicativamente saremo fra trenta e dodici. Impossibile saperlo. Il menu è deciso, si cambia la quantità, ma rimane lo stesso da anni. Calma. L’importante è stare insieme con chi potrà. Per chi non potrà c’è la Befana. Ora i regali. Mi viene suggerito di trovare tutto su AMAZON. Mi iscrivo. A fatica, dato che le parole chiave che propongo non vengono accettate. “Già in uso”. Quante con il mio nome e la mia data di nascita? Scorro le offerte. Riempio il carrello. Pago. Sono certa che le poche cose ordinate non arriveranno mai. Quando, puntuale, arriva l’enorme pacco che contiene i tre oggetti ordinati protetti da una imbottitura spropositata, sono sbalordita. Peccato, per sfiducia nelle mie capacità, ho limitato il mio ordine. IDEE REGALO? Non ce ne sono più. Per anni abbiamo regalato golf, calzette, guanti da sci, scarponi, creme, trucchi, portachiavi e terribili regali “spiritosi”. Il cervello non ha più risorse. Oltretutto alcuni, come me, sono negati nella scelta. I vasi a Samo? Un detto, fatto per me, che ho portato coralli a Positano e Meissen in Germania. Ho visto i miei regali agli adulti finire fin dal giorno dopo nel cesto delle bambole.
C’eravamo
tutti accordati. Quest’anno niente regali. Al massimo
ai bambini. Evitiamo le folli corse. Ma alla padrona
di casa? E al marito? E a loro che si sono appena sposati?
E a lei che mi ha invitato tante volte? E poi e poi…
a tutti!
Impossibile ricordare le età dei bambini. Sembrano nati ieri. A noi che eravamo pronti a comprare un piccolo pelouche, ci viene detto che il bebè lavora ora frenetico con le manine grasse sull'IPAD, scegliendo giochi pazzeschi senza saper leggere. nascono con il fiuto tecnologico. Si decide però quest’anno di fare non veri regali ma “pensieri”. I “pensieri” si rivelano altrettanto costosi (ed il costo non appare). Li ammucchiamo tutti preparando carta e cartellini. I doni ora ci sembrano poca cosa. Decidiamo di rimpolparli e ripartiamo per una ennesima corsa. Doppio “pensiero”: forse era meglio un vero regalo. Da anni ci diciamo di partire, anzi meglio dire scappare, durante il Natale.
Ma alla fine il nostro cuore non regge a non vedere
quel giorno figli, nipoti, sorelle, famiglia e amici.
E così, brontolando, tiriamo giù i festoni per il camino,
le palle per l’albero, riempiamo i vasi di pungitopo
e agrifoglio, montiamo il vecchio presepio che suscita
da anni le affettuose critiche della famiglia. Vestiamo
la tavola con la tovaglia più bella, i candelabri scintillano,
il camino acceso sparge per casa un profumo di legna,
tutto luccica gioioso.
Dopo tutto sarà anche quest’anno
un Fantastico Natale
Vota e/o commenta questo articolo da qui Fai leggere questo articolo ad un tuo amico... Torna all'indice | SUGGERIMENTI "ILLUMINANTI" |
| DA VEDERE: "LA SCIMMIA" di Dimitar Kotsev-Shosho La visione si svolge nell'ambito del ACDMAE Cine Festival, un progetto di Pucci Biffi Rastrelli. Il film "Scimmia", diretto da Dimitar Kotsev-Shosho, ha vinto il premio del pubblico al Sofia Film Fest nel 2016. Il film racconta la storia delle due sorelle Eva e Maya e del loro viaggio verso l’adolescenza. Quando il loro mondo cambia per sempre, le sorelle dovranno rispondere alle domande che gli adulti non hanno nemmeno il coraggio di pronunciare. Martedì 19 dicembre 2017 alle ore 10.30 al cinema Tiziano, Via Guido Reni, 2 - Roma | | DA VISITARE: "Più libri più liberi" la manifestazione della piccola e media editoria. Dal 6 al 10 dicembre al Roma Convention Center - La Nuvola. Lucilla Laureti Crainz ci consiglia di andare e ci racconta la sua esperienza di Lettrice: Le donne che leggono sono pericolose! “Abbiamo cominciato ben 13 anni fa, io ero costretta a casa per un incidente e quale migliore occasione per dedicarsi alla lettura! Cosa c’è di meglio di leggere un libro e di poterne confrontare i pareri? Contattato alcune amiche lettrici e scrittrici e così il piccolo gruppo si riuniva da me per parlare di libri. | | DA VISITARE: Inaugurazione della mostra Il gioco della pittura, La collezione di carte dipinte di Paola Masino, a cura di Marinella Mascia Galateria Una collezione unica al mondo, straordinaria testimonianza dell’arte pittorica del Novecento, arriva – dal Museo di Roma in Palazzo Braschi – al MAG MetaMorfosi Art Gallery in piazza del Duomo a Spoleto. 7 dicembre alle ore 12 alla MAG di Palazzo Bufalini in Piazza Duomo a Spoleto | | DA ASCOLTARE: PAUSA MUSEO: un’iniziativa che apre i musei alla musica in forma totalmente gratuita. Troveremo piacevoli tarde mattinate di musica al Museo Carlo Bilotti – Aranceria di Villa Borghese, al Museo Napoleonico, al Museo della Scultura Antica Giovanni Barracco. |
Tutti i nostri suggerimenti sono qui |
FLASH
NEWS!
Un po' qua, un po' là... Economia sociale - Interessante il programma di investimenti promosso dal Ministero dello Sviluppo Economico per sostenere la nascita e la crescita di imprese sociali. Il bando si rivolge alle associazioni sociali di qualsiasi tipo, per aiutarle a creare nuove aziende e supportarle nel potenziamento e sviluppo delle proprie strutture. Uno dei primi finanziamenti lo ha avuto la Vivikaulon di Reggio Calabria che ha ideato un servizio di bike sharing a guida museale collegati al museo e al parco archeologico dell’antica Kaulonia contribuendo così alla sua valorizzazione. CV *
Fai
quel che devi e cresce una foresta
- Un'applicazione molto particolare per programmarti
la giornata con orari precisi. Scarica l’applicazione
“Forest”
della Seekrtech Co. Avrai l’immagine di un
albero che crescerà lentamente. Se lo trascurerai
e quindi non ti atterrai ai tuoi programmi
come impostati, troppo tempo al telefono o
su Facebook o altro, deperirà e morirà, altrimenti
crescerà rigoglioso formando una foresta.
E poi, la Seekrtech Co, gli alberi, li pianta
veramente.
CV
La Lampadina Film Ludovico Pratesi ci parla di “THE SQUARE” un film di Ruben Östund con Elisabeth Moss, Claes Bang, Terry Notary, Dominic West. Ho visto recentemente “The Square”, il film che ha vinto la Palma d'Oro al Festival di Cannes. Avevo avuto commenti disparati, dal capolavoro al "trascurabile" ed ero quindi curioso di avere un'opinione, che condivido con voi.
Il
film è meno teso e intenso di “Forza
Maggiore”, che ha fatto salire alla
ribalta il regista svedese Ruben
Östlund nel 2014 ed unisce diversi
episodi della vita di un curatore
in un immaginario museo di Stoccolma,
belloccio e superficiale, che potrebbe
essere ispirato alla figura di Lars
Nittve, ex direttore della Tate.
I riferimenti all'arte contemporanea,
per altro abbastanza precisi (l'inserviente
che spazza via la ghiaia in un'opera
che ricorda le installazioni di
Robert Smithson o Wolfgang Laib,
il performer che enfatizza le gesta
canine dell'artista russo Oleg Kulik,
effimera star degli anni Novanta)
ma servono soprattutto per sottolineare
gli aspetti paradossali del nostro
quotidiano, dominato da una tecnologia
che ha robotizzato l'essere umano
del XXI secolo, soprattutto nei
paesi nordici.
Un film denso di messaggi allarmanti
cucinati in salsa agrodolce, con
momenti di raffinata comicità: un
quaderno di appunti ben scritti
che non hanno però la forza e la
complessità di un racconto fulminante.
Tema interessante, svolgimento approssimativo.
Comunque da vedere, ma i capolavori
sono un'altra cosa.
|
e
ancora
FLASH NEWS!
Il segreto della lunga vita - C'è? Forse si tratta della “parabiosis”: la trasfusione di sangue giovane in corpi vecchi. La procedura è offerta per "soli" 8000 dollari a seduta dalla "Ambrosia" società USA con sedi a San Francisco e Tampa. Leggi di più. BZ * Sei pronto a spogliarti? - Fallo con tranquillità davati a Naked 3D Fitness Tracker: in effetti è solo uno specchio che però rileva tutti i cambiamenti del tuo corpo, giorno dopo giorno: che tu ti stia allenando o ingrassando in gravidanza o dimagrendo per una dieta. Lo specchio registra ogni cambiamento che avviene nel tuo corpo, lo elabora, e te lo presenta con un app affinchè tu possa avere un quadro completo di massa grassa, aumento o diminuzione della massa muscolare e vari altri paramentri. Specchio, specchio delle mie brame... forse non sarebbe piaciuto tanto alla strega di Biancaneve. ICH * Smartphone a chi? - Foto di qualsiasi tipo, e ora? Anche filmare a 360 gradi! Sì, un cellulare della Motorola il Moto Z! La sua caratteristica principale è la modularità. Applicando magneti sul retro puoi collegare vari accessori dedicati. Così la tua macchina diventa un riproduttore audio, un proiettore su parete e una telecamera a 360 gradi, costa poco meno dei 300 euro. CV **** La Lampadina Libri di Carlotta Staderini Chiatante CORRESPONDANCE (1944-1959) d’Albert Camus et Maria Casarès Ed. Gallimard “Ci siamo conosciuti, ci siamo riconosciuti, ci siamo abbandonati uno all’altra, abbiamo cesellato un amore che incendia, di cristallo puro, ti rendi conto della nostra felicità, di ciò che ci è donato?” (Maria Casarès a Albert Camus nel 1950) Gallimard ha pubblicato i primi di novembre questo volume, la corrispondenza tra Albert Camus e Maria Casarès, a sessant’anni dal Premio Nobel per la letteratura, ricevuto dallo scrittore de “La peste”. E’ stato un evento culturale. Albert Camus incontra Maria Casarès nel giugno 1944, precisamente il 6 giugno, giorno dello sbarco in Normandia. Lei è un’attrice, è nata in Spagna a La Coruna, è figlia di un ministro repubblicano spagnolo, Santiago Casarès, rifugiatosi in Francia dopo l’insurrezione e l’avvento al potere di Franco. Lei ha 21 anni ed esce dall’Accademia di Arte Drammatica e lui ne ha 30, è sposato con Francine Faure, insegnante ad Orano, e provvisoriamente separato da lei a causa dell’occupazione tedesca a Parigi. Albert è impegnato nella resistenza. Lei è bellissima ed è una musa di Cocteau e Bresson. Albert e Maria, sono due esiliati, lui dall’Algeria e lei dalla Spagna e sembra trovino una “patria” uniti l’uno nell’altro. Sono tutti e due passionali, vivono di arte, sono fieri. La loro sarà una passione lucida e forte.“ In ottobre sempre 1944, la moglie di Albert rientra in Francia e Maria, con grande sofferenza abbandona Albert. Si ritroveranno quattro anni dopo sempre il 6 giugno, e malgrado tutte le difficoltà decideranno di vivere il loro amore. La loro notorietà internazionale crescerà di pari passo e questo li obbligherà a separarsi per lunghi periodi, in cui la corrispondenza diventerà travolgente. Nel 1956, Marie riceverà un’accoglienza trionfale in Argentina e nel 1957 Albert riceve il premio Nobel per la letteratura. Belli, innamorati, di successo. Una straordinaria storia d’amore che non ha nulla da invidiare a Casablanca, anzi la realizza. Ecco come Albert Camus descrive il loro amore: “Ugualmente lucidi, ugualmente sapienti, capaci di capire tutto e tutto smontare, sufficientemente forti per vivere senza illusioni e legati l’uno all’altra come i legami della terra, dell’intelligenza, del cuore e della carne, niente può, già lo so né sorprenderci né separarci” Non c’è che dire: sapevano amare ed incendiare tutto e tutti! Le foto che li ritraggono insieme sono uno spettacolo: lei bruna, occhi fiammeggianti e vincenti, un sorriso da sballo e lui bello inquieto inafferrabile sempre con una sigaretta tra le dita, sempre un po’ sognante, una alchimia perfetta tra due complici. Loro sono unici e in una Parigi occupata c’è spazio per la loro passione. Questa corrispondenza rivela quale fu l’intensità della loro vita intima. “Ho deciso una volta per tutte che siamo uniti per sempre; allora tutto ciò che sono ombre leggere passeranno e resta il nostro amore”, scrive Albert, “ti amo irrimediabilmente, come si ama il mare” risponde Maria. Sono consapevoli di quanto questa passione sia loro necessaria, come una rivelazione. Nel 1960, a 47 anni, Albert Camus, muore in un incidente automobilistico. Sul sedile posteriore della sua macchina fu ritrovata la stesura del “Primo uomo”, romanzo autobiografico. Dopo il ciclo dell’assurdo, poi della rivolta questo era il ciclo dell’amore (Carnets 1956). A molti anni dalla sua morte, Maria scrive.” Quando si è amato qualcuno, si ama per sempre.” In attesa che arrivi a breve la traduzione in italiano, vi auguro buona lettura e per incuriosirvi vi invio un passaggio. Carlotta Staderini Chiatante
ALBERT CAMUS A MARIA CASARÈS:
Giovedì, ore 10 (di sera) giugno
1944
Sono così felice, Maria. Come
è possibile? Quello che mi fa
tremare è una specie di gioia
folle. Ma allo stesso tempo sono
trafitto dall’amarezza- partirai,
la tristezza dei tuoi occhi mentre
mi lasci. Davvero quello che ho
di te è un gusto in cui si mescola
la felicità all’inquietudine.
Ma se tu mi ami, come scrivi,
dobbiamo avere altre cose. Questo
è il momento di amarci e dobbiamo
volerlo con forza e a lungo per
andare oltre ogni altra cosa (…)
Attendo domani il tuo caro volto.
Stasera troppo stanco per parlare
di questo cuore traboccante a
cui mi hai ridotto. C’è qualcosa
che è solo per noi e dove ti raggiungo
sempre, senza sforzo. Queste sono
le ore in cui mi chiudo in te
e tu dubiti di me. Ma non importa,
il mio cuore è pieno di te. Addio,
tesoro. Grazie per quelle parole
che mi hanno dato così tanta gioia.
Grazie per questa anima che ama
e che ti ama. Ti bacio con tutte
le mie forze.
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MOSTRE
Ecco le segnalazioni di Marguerite de Merode per questo periodo natalizio e per iniziare bene il nuovo anno Roma Palazzo Braschi: “Artisti all’Opera. Il Teatro dell’Opera di Roma sulla frontiera dell’arte da Picasso a Kentridge (1881-2017)” La mostra di Palazzo Braschi celebra la collaborazione del Teatro dell’Opera con i più grandi artisti del Novecento. Un'immersione completa nella storia dell’Opera con musicisti, compositori, registi, pittori e artisti figurativi, costumisti, stilisti che raccontano la storia di un Teatro. Un’atmosfera perfetta che riprende i backstage degli spettacoli in una trepidante successione di sale in cui si illustra la collaborazione di grandi artisti come Casorati, De Pisis, il futurista Prampolini. Nel 1919 Pablo Picasso realizza le scene e costumi per il balletto di Manuel de Falla Il cappello a tre punte, messo in scena al Teatro dell’Opera nel Secondo Dopoguerra. Poi Guttuso, Manzù, Calder, Burri, Ceroli e William Kentridge nello straordinario Lulu di Alban Berg, andato in scena quest’anno. Tanti tra quei nomi che ne fanno uno spettacolo da non perdere. Fino all'11 marzo 2018 Palazzo Barberini: Parade. Il sipario. Picasso Per chi non l’avesse ancora visto, Palazzo Barberini espone il grande sipario dello Spettacolo Parade, complemento della mostra delle Scuderie del Quirinale, nel salone affrescato da Pietro da Cortona. L’immensa tela di Picasso, lunga 17 metri e alta 11, dipinta come sipario nel 1917 per il balletto Parade ideato da Jean Cocteau per i Ballets Russes di Diaghilev di cui l’artista aveva realizzato i costumi e le scene. Non ve lo perdete. Fino al 21 Gennaio 2018 Futurism & Co: Quello che ho imparato da Giacomo Balla e Dorazio. Curatore Giancarlo Carpi Si apre un nuovo spazio in via Mario dei fiori. E propone un interessante mostra su due grandi protagonisti del futurismo italiano.Come spiega Giancarlo Carpi, collezionista e curatore del progetto, "con questa mostra abbiamo voluto ricostruire l’influenza di Giacomo Balla su Piero Dorazio, uno dei più grandi nostri artisti astratti, collegandola a un evento preciso: la mostra di Balla che Dorazio e Perilli organizzarono a New York nel 1954 e che garantì il successo dell’astrattismo italiano." La mostra riunisce 26 opere tra quelle di Balla e quelle di Dorazio in un momento di grande assonanza stilistica. Fino all'8 gennaio 2018 Milano Fondazione Carriero: Between The Lines a cura di Francesco Stocchi e Rem Koolhaas A dieci anni dalla scomparsa dell’artista statunitense, si intende offrire nei saloni della Fondazione Carriero di Milano un nuovo punto di vista sulla pratica artistica di LeWitt. Tante opere in mostra che affrontano alcuni aspetti dell’opera dell’artista, con l’intento di superare quella frattura che tradizionalmente separa l’architettura dalla storia dell’arte. Fino al 23 giugno 2018 Fondazione Stelline: Le nuove frontiere della pittura curata da Demetrio Paparoni. La Fondazione Stellina ci propone una collettiva con 35 artisti di tutto il mondo. Con 34 opere, 34 artisti in 17 paesi si parla delle nuove tendenze della pittura figurativa contemporanea in area europea e asiatica. “Oltre a mettere in evidenza il carattere innovativo e l’incidenza che la pittura riveste oggi nello scenario artistico internazionale, la mostra si qualifica come un momento di riflessione sull’arte dei nostri giorni.” Interessante soprattutto Francis Alÿs, Michael Borremans, Wilhelm Sasnal e i bravi italiani Alessandro Pessoli, Nicola Samorì e Nicola Verlato.. Forse troppe opere in mostra ma comunque da vedere. Fino al 25 febbraio 2018 Londra Tate Modern. Amedeo Modigliani In questo momento alla Tate Modern di Londra, ci sono le opere più note e rappresentative di questo straordinario artista che, nella sua breve e turbolenta esistenza, ha sviluppato uno stile pittorico unico ed immediatamente riconoscibile. Con 80 opere, di cui 12 nudi, provenienti dalle più importanti collezioni internazionali (pubbliche e private), con dipinti, disegni, schizzi e sculture di grandi dimensioni la Tate illustra in modo perfetto la carriera dell’artista. Saranno anche utilizzate le tecnologie più avanzate della realtà virtuale per ricreare il cuore della Parigi del primo quarto del XX secolo. Fino al 2 aprile 2018
Trovate
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CHI SARA' DI SCENA? Cari Lettori, eccoci ad un nuovo appuntamento per le mie segnalazioni teatrali. Patrizia Circosta *** Finalmente ci siamo: prende l’avvio la nuova stagione del Teatro dell’Opera di Roma, ricchissima di appuntamenti immancabili già dalla prima dell'opera in scena “La damnation de Faust”, musica di Hector Berlioz, su libretto sempre di Berlioz e Almire Gandonnière da Johann Wolfgang Goethe, tradotto in francese da Gérard de Nerval, rappresentata per la prima volta nel 1846. La regia sarà del nostro regista d’opera preferito, Damiano Michieletto, di cui spero abbiate potuto ammirare qui al Teatro dell’Opera di Roma sia la messa in scena de “Un viaggio a Reims” sia de “Il Trittico”, e la direzione di un altrettanto straordinario Daniele Gatti. Ricordiamo che il maestro Gatti ha meravigliosamente condotto il “Tristan und Isolde”, opera di apertura della precedente stagione. Senza tema di smentita, credo che si tratti di uno spettacolo imperdibile. La prima è fissata per il 12 dicembre e l’opera resterà in scena per sole altre 5 rappresentazioni fino al 23 dicembre. Aggiungiamo che si tratta di una nuova produzione che vede insieme il Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino e il Palau des Arts Reina Sofia di Valencia. Vi segnalo anche la lezione su “La damnation de Faust” che sarà tenuta dal mastro Giovanni Bietti domenica 10 dicembre alle ore 11.00 al Teatro Nazionale (per maggiori informazioni www.operaroma.it). Sempre in tema musicale, vi segnalo due importanti appuntamenti per gli amanti del canto lirico all’AuditoriumParco della Musica con due dei più bravi ecelebrati tenori dei nostri giorni: il 20 dicembre Juan Diego Florez si esibirà in un recital di arie tratte dalle opere di Rossini, Mozart, Donizetti, Puccini, Offenbach e Verdi con la direzione di Sir Antony Pappano. Solo due giorni dopo, il 22 dicembre, Jonas Kaufmann sarà il protagonista di una serata dedicata a Richard Strauss sempre con la direzione di Sir Antony Pappano (per maggiori informazioni www.santacecilia.it). Vi ricordo che dal 21 al 31 dicembre l’Auditorium Parco della Musica ospita anche il Roma Gospel Festival. Per maggiori informazioni clicca qui Per il teatro di prosa, segnalo al Teatro Nazionale “"Richard II" testo di Shakespeare con la regia di Peter Stain e un cast di ottimi attori tra cui Maddalena Crippa e poi Alessandro Averone, Gianluigi Fogacci, Paolo Graziosi, Graziano Piazza e molti altri. L’inestimabile valore dell’autore, la bravura del regista e la ricchezza e esperienza del cast fanno ben sperare! Lo spettacolo andrà in scena solo dal 12 al 17 dicembre. Al Teatro Argentina viene invece ripreso dal 21 dicembre al 7 gennaio “Ragazzi di Vita” testo di Pier Paolo Pasolini, regia di Massimo Popolizio, un cast numerosissimo di giovani attori capitanati da Lino Guanciale. Lo spettacolo torna in scena all’Argentina dopo lo straordinario successo della precedente stagione. E’ tutto per questo mese. Patrizia |
Pensiero
Laterale
L'assassino
A seguito di una telefonata anonima, la polizia fa irruzione in una casa per arrestare un sospetto omicida. Non sanno che aspetto abbia ma sanno che si chiama John e che si trova dentro la casa. La polizia si trova davanti un falegname, un autista, un fabbro e un prete che giocano a poker. Senza esitazione e senza comunicare tra di loro arrestano subito il prete. Come fanno a sapere che è lui il colpevole? Vedete qui... |
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