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La Lampadina - n. 74 ::: Ottobre 2018

Cari Lettori, questo numero tocca tante epoche, narrando di fatti e personaggi di un passato recente e di altri che invece appartengono a un mondo che nessuno di noi ha vissuto, molto lontano nel tempo. L'esperienza di millenni dovrebbe renderci più saggi, meno inclini a ricadere sempre negli stessi errori, ma l'ovvio buon senso non è molto praticato dagli uomini, in nessun ciclo storico. D'altrocanto e per nostra fortuna, nel dna umano sono insiti anche un'insperata propensione evolutiva e un forte istinto di sopravvivenza che ci hanno fatto arrivare sin qui e ci spingeranno oltre. Ad maiora dunque e buona lettura!  


Lunedi, 1 ottobre 2018

Buongiorno,
oggi la nostra Lampadina si accende su:


ATTUALITÀ - Quanto vale la città?
Articolo di carlo Verga

Certo vivere la città, se sai organizzarti è proprio piacevole. La città è importante, ma avete mai pensato cosa vale al fine finanziario di una nazione e cosa significa l’espressione "una città attrattiva"?
La A.T. Kearney è una società “globale” leader nelle ricerche di mercato, propone delle analisi molto significative proprio su questo aspetto.
La AT Kearney pubblica infatti l’indice del dinamismo di ciascuna città (Global Cities Index), ne ha studiate 135 nel mondo e con una grande quantità di parametri e tali da suggerire ad ogni imprenditore, grande imprese ed anche ai dirigenti delle città stesse, una chiave di indirizzo per le strategie di sviluppo delle proprie organizzazioni;  la localizzazione dei centri operativi, di ricerca o anche del proprio ufficio regionale in funzione del miglior benessere per i dipendenti. Oggi la capacità di attirare capitali, investimenti da parte delle grandi città è basilare e condizionerà sempre più il livello competitivo dell’intero paese.
La ricerca parte  da 5 aree differenti: attività economica, circolazione delle informazioni, capitale umano, offerta culturale e impegno politico.
Ma chi è al top della lista?  In primis  New York poi Londra, Parigi, Tokio e Hong Kong, e in Italia? Le sole città prese in considerazione sono Roma e Milano. Roma si piazza al 34 posto, Milano al 40 ma con diversi distinguo.
Roma primeggia per la presenza politica ma anche culturale visto il numero dei musei, eventi e zone ad alta cultura, tuttavia ha perso 6 posizioni a favore di città come Melbourne, Istanbul, Dubai e Montreal.
Milano, tra le prime 50 classificate, è la città che ha guadagnato più punti nel corso dell’ultimo anno, i progressi in principal modo per le attività economiche, l’innovazione tecnologica, le università tra le migliori del mondo. Viene poi misurato il potenziale di crescita futura esaminando prospettive per il benessere dei cittadini, il PIL, la qualità del sistema sanitario, il tasso di innovazione, la circolazione delle informazioni ed altre. In questo caso Roma scende alla 48ma posizione, mentre Milano sale alla 35esima.
Il capoluogo lombardo è città più aperta della capitale, e ha molte caratteristiche dei grandi centri finanziari e industriale delle grandi metropoli. Nel panorama mondiale, una nota particolare riguarda il sorpasso di Londra su Parigi nonostante la Brexit, che sembra, almeno fino ad oggi, abbia avuto poca influenza sul cambiamento, tuttavia secondo gli analisti gli effetti potranno vedersi solo tra qualche anno. La grande sorpresa, certo attesa, viene dalla Cina dove ben 27 città sono entrate nella classifica, nel 2008, 10 anni fa, erano solo 7.
Che dire della nostra grande Roma piena di cose uniche al mondo, ma ahimè che per i tanti parametri inferiori si perde in una posizione di metà classifica? Quanto conta la storia per le nuove generazione delle nazioni “nascenti” a cui interessa certo più l’innovazione e il benessere dei propri paesi e del mondo?
Non pensate che sarebbe più costruttivo, oltre naturalmente ristudiare lo stato della città in generale, affiancare ai nostri luoghi di cultura, così come nelle altre metropoli anche grandi opere tipo “la nuvola” di Fuksas, che dovrebbero essere pensate, incentivate e pubblicizzate per avvicinarci ad un modello e che va via via modificandosi? Sarebbe tutto questo importante, così come asseriscono le grandi società di consulting, a migliorare lo stato del nostro paese?

Leggi il Global Cities report 2018

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Carlo Verga condivide questo pensiero:

"Mi angustiano le persone che non pensano, che sono in balia degli eventi. Vorrei individui pensanti. Questo è l'importante. Soltanto allora si porrà la questione se siano credenti o non credenti".

Carlo Maria Martini

STORIA MODERNA - Spagna, 1938 SOFINDUS”
Articolo di Carlotta Chiatante Staderini

SOFINDUS -  Sociedad Financiera Industrial -  è stato un conglomerato di imprese commerciali con capitale tedesco che durante la Seconda Guerra Mondiale monopolizzò nel vero senso della parola, le relazioni economiche e non solo, esistenti tra Spagna e Germania. In pochissimo tempo riuscì ad accumulare potere e denaro: ebbe un accesso privilegiato verso i poteri politici di entrambi i paesi. Soldi, politica e spionaggio furono gli elementi di questa compagnia nata all'inizio della guerra civile spagnola e che favorì i rapporti di collaborazione tra Hitler e Franco. Sofindus arriverà a monopolizzare il commercio estero spagnolo fornendo anche materie prime spagnole ai tedeschi. Un ruolo importante avevano le operazioni portate avanti dal servizi segreti dei due paesi, che si adoperarono non solo a contrastare gli oppositori ma furono un ponte per le attività politiche di spionaggio in America Latina.
Presidente di Sofindus: Johannes Bernhardt, veterano del partito nazista, incontrerà il Fuhrer a Bayreuth dove quest’ultimo si è recato per assistere al Festival di Musica ed in particolare per sentire Wagner “Der Ring des Nibelungen”. Lì, Bernhardt, incontrerà anche la sua fortuna. Johannes Bernhardt, ha trentanove anni, ed è un imprenditore con diversi fallimenti alle spalle. Nella prima metà degli anni Trenta emigra in Spagna, poi non facendovi fortuna emigra in Marocco e si stabilisce a Tetuan dove ottiene un impiego presso un’azienda tedesca di import/export. Come veterano del partito nazista rappresenta l’organizzazione estera del suo partito. Bernhardt ha stabilito buoni rapporti con Goring.
La ribellione dell’esercito spagnolo in Marocco gli offre la possibilità di mettersi in mostra: offrirà ai militari ribelli la sua mediazione tra golpisti e Fuhrer. La fortuna vuole che il comandante militare delle Canarie sia Francisco Franco. Bernhardt vola a Berlino insieme al capo del partito nazista del Protettorato, Adolf Langenheim e al capo delle forze golpiste in Marocco. Verranno ricevuti da Rudolph Hesse che li favorirà offrendogli un aereo privato per portarli a Monaco e poi da lì una macchina che li porterà a Bayreuth. Bernhardt convince il Fuhrer che la massoneria e gli ebrei miravano a far diventare la Spagna una repubblica sovietica. L’incontro con il Fuhrer sarà un successo e le richieste di aiuto di Francisco Franco, scritte su una lettera che Bernhardt leggerà al Fuhrer (clicca e leggi la lettera) vengono totalmente soddisfatte. Verranno inviati ben venti aerei da trasporto completi di tutto il materiale bellico che si possa caricare. I venti Junckers tedeschi trasferiranno dal Marocco a Siviglia 15.000 soldati. È l’inizio della guerra civile spagnola e questo il primo passo dell’intervento nazista nella guerra civile spagnola.
Bernhardt, che gode della gratitudine di Franco, diventerà un brillante imprenditore, presidente della HISMA (Hispano Maroqui Transportes) costruendosi un impero. La HISMA era un’impresa fantasma utilizzata dal Terzo Reich per far arrivare aiuti economici e bellici alla fazione di Franco durante la guerra civile. Dopo la vittoria franchista del 1939, Bernhardt fonda la SOFINDUS, inserendovi anche la HISMA, e ne diventa Presidente.
La SOFINDUS non solo monopolizza il commercio estero spagnolo ma fornirà all’esercito tedesco materie prime spagnole e minerali strategici per l'industria bellica nazista. Alla fine della guerra, il nome Bernhardt, faceva parte della lista dei 104 nomi che gli Alleati consegnarono al governo di Madrid, reclamando la collaborazione spagnola nella localizzazione e consegna di persone legate ad attività naziste in Spagna. Si legge “Johannes Bernhardt, generale delle SS e Presidente di Sofindus, istituzione appartenente allo Stato tedesco, responsabile della spedizione clandestina di rifornimenti alle truppe tedesche assediate sulla costa occidentale francese durante e dopo la liberazione del paese: attualmente irreperibile”.
La lista dei 104 nomi presentata dagli Alleati non ebbe molte risposte dal governo di Madrid che protesse molti di costoro. Molti collaborazionisti dei paesi occupati, accusati di crimini contro l’umanità, risiederanno tranquillamente in Spagna. Tra i pochi che verranno consegnati agli Alleati, ci sarà Pierre Laval, uomo forte di Hitler in Francia, che ebbe un ruolo di primo piano nel governo collaborazionista di Vichy.
Bernhardt riuscì a cavarsela contando nuovamente sulla gratitudine dimostratagli da Franco, (famosa la sua frase "Questo quadro di Goya me lo ha regalato Franco"), che non solo lo munificò con ingenti somme di denaro ma gli diede la nazionalità spagnola e l’onorificenza della Gran Croce di Isabella la Cattolica. Bernhardt, visse a Denia e poi si trasferirà in Argentina, dove la Sofindus aveva avuto molti interessi e appoggi da Peron, il quale a sua volta, una volta, deposto da un colpo di stato militare nel 1955 si rifugiò in Spagna, dove visse per 18 anni ben tollerato dalla dittatura franchista. Dalla Spagna, Peron, ebbe modo di dirigere le più attive organizzazioni giustizialiste e tornò alla presidenza dell’Argentina nel 1973. E sempre nel 1973 Francisco Franco lasciò la carica di primo ministro spagnolo dopo aver guidato ben dodici governi.
P.S. Almudena Grandes, che ha scritto ultimamente un romanzo strettamente ancorato alla guerra civile spagnola, “I pazienti del Dottor Garcia”, in occasione di una intervista rilasciata per presentare il suo romanzo ha detto di “voler mostrare ai lettori spagnoli che c’è tanta gente che ha combattuto per loro grazie alla quale oggi vivono in una democrazia e godono di diritti e libertà. Questo libro è un modo per ringraziare chi ha lottato contro il regime, persone alle quali la democrazia non ha mai riconosciuto alcun merito” Il romanzo è magnifico. Non fatevi intimidire dalla sua mole e vi assicuro non ve ne pentirete.
Leggi anche questio interessante articolo sullo spionaggio durante la Seconda Guerra Mondiale

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Marguerite de Merode ci ricorda che:

“È la teoria che determina ciò che osserviamo".

Albert Einstein

CULTURA - Cristina di Belgioioso
Articolo di Marguerite de Merode

Ci si commuove davanti a "La belle italienne" ritratta da Hayez, donna molto interessante “dall'incarnato pallido, i capelli corvini, il lungo collo sinuoso, le mani affusolate, una delle quali posata sul petto. Come una dama del rinascimento, nel gesto di frenare il desiderio carnale. Ma lo sguardo dei grandi occhi neri è tutto ottocentesco: conturbante e malinconico, profondo, fisso, magnetico".

Cristina Trivulzio di Belgioioso, appunto la donna dell'elegante dipinto, che nasce nel 1808 dai marchesi Vittoria Gherardini e Girolamo Trivulzio, è una bambina gracile e timida, un po’ malaticcia e delicata che soffre già da giovanissima di una leggera forma di epilessia. Ma non conviene farsi ingannare da questa infelice descrizione. Cristina rimane orfana di padre a quattro anni e la madre risposandosi con Alessandro Visconti d’Aragona la fa crescere secondo il credo del patrigno, nel fervore politico dei moti del 1821 che mirano ad ottenere, per l'Italia, una Costituzione e l'indipendenza dallo straniero. Il principe la vuole educare come un uomo, la rende colta e sopratutto fa di lei una donna intrepida che entra presto nel mondo della cospirazione carbonara e ne fa una delle protagoniste delle principali vicende storiche del risorgimento.
A 16 anni, dopo aver rifiutato il matrimonio con un noioso cugino, figlio del suo tutore, si sposa con il libertino principe Emilio di Belgioioso interessato sopratutto al notevole patrimonio di Cristina che gli porta in dote 400.000 lire austriache, che sembra corrispondano oggi più o meno a 4 milioni di euro. Il Principe, sifilitico, dissoluto ed infedele dilapida allegramente il suo patrimonio. Il loro matrimonio sarà breve.
Dopo poco lei tratta con Emilio la loro separazione e la sua libertà in cambio dell’estinzione dei debiti del fedifrago marito. Nel dicembre del 1828 inizia la sua avventura politica e il suo impegno civile, quando in tutta la penisola si respira aria di indipendenza.
Cristina comincia a frequentare i patrioti e la sua attività rivoluzionaria non passa inosservata alla polizia austriaca. E' costretta a scappare prima in Svizzera, poi in Francia. Addirittura nel 1831 viene emanato un decreto che prevede «la confisca di tutte le sue proprietà, al momento dichiarate sotto rigoroso sequestro».
Cristina, una delle donne più ricche d'Italia, si ritrova a Parigi sola e senza la possibilità di attingere al suo immenso patrimonio. Non si perde d'animo. Si guadagna da vivere dipingendo ventagli e confezionando coccarde. Appena recuperati i suoi beni affitta un appartamento nel centro di Parigi, apre un salotto dove s'incontrano gli esuli italiani Mamiani, Porro, Poerio, Pepe, Amari, Pepoli, Gioberti e Sirtori e molti dei rappresentanti dell'intellighenzia parigina, Stendhal, Balzac, Hugo, Dumas, Didier, Guizot, Toqueville, Coeur, Fauriel, Meyerbeer, de Sinner, Cousin e tanti altri.
Stringe amicizia con Heinrich Heine, Liszt, de Musset, corrisponde con il Générale La Fayette.
Si concede alcune relazioni sentimentali. E' bella, alta, di carnagione chiarissima, con i capelli corvini. Molti la corteggiano: è molto ammirata, sicuramente affascinante. Mentre sta a Parigi concepisce la figlia Maria senza mai rivelare il nome del padre creando notevole scandalo. Scrive articoli per vari quotidiani, (è convinta dell'importanza e della potenza della stampa), paga di tasca sua giornali patriottici, aiuta numerosi fuorusciti italiani, finanzia addirittura un tentativo di colpo di stato mazziniano in Sardegna.
Quando rientra in Italia nel 1840, si stabilisce a Locate nel feudo di famiglia, dove, forte del suo credo sociale, fa costruire un asilo, scuole elementari e superiori, abitazioni dignitose per i contadini, una cucina comune, promuove corsi di igiene per le donne, garantisce l’assistenza sanitaria gratuita. Manzoni, scandalizzato esprime il suo totale disappunto per questa iniziativa: “Ma se ora i figli dei contadini vanno a scuola chi coltiverà i nostri campi?” Riprende il suo peregrinare e, malgrado le sue precarie condizioni di salute non si risparmia ed è difficile seguirla nelle sue moltipliche avventure sempre pronta a perorare la causa italiana. La si vede nel 1848 salpare da Napoli verso Genova con 200 giovani volontari per raggiungere Milano liberata (il battaglione Belgioioso). La si vede a Roma durante l’assedio francese contro la Repubblica Romana, dove "inventa" il servizio infermieristico negli ospedali capitolini per i militari feriti.
Costretta di nuovo all'esilio, parte con la figlia di dieci anni per Malta, poi giunge ad Atene, sbarca a Costantinopoli e finisce in Turchia, dove compra una proprietà in Cappadocia. Ancora molto energica e coraggiosa fonda una colonia agricola con criteri di avanguardia, che si rivela purtroppo fallimentare.
Assiste la popolazione locale e parte per un lungo viaggio attraverso l'Anatolia, la Siria, il Libano e la Palestina dove tiene un appassionante diario in cui vengono smontati con estremo realismo i miti romantici dell'Oriente esotico, fastoso ed opulento e nel quale mette a nudo le miserie della società che incontra.
Torna finalmente a Locate nel 1856 e si spegne il 5 luglio 1871, ma fino all'ultimo scrive e combatte per migliorare le condizione della società del suo tempo e specificamente della donna e proclamare il suo credo patriota.
Sarà ricordata come "una personalità d’eccezione in cui la passione patriottica si salda con un forte impegno civile e una spiccata vocazione intellettuale. Fu una donna originale in un’epoca in cui soltanto le eroine della finzione letteraria avevano diritto d’esserlo”.

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Carlotta Staderini Chiatante  ci ricorda che:

“Ciò che chiamiamo il principio è spesso la fine. E segnare una fine è segnare un inizio".

Thomas Stearns Eliot

ARCHITETTURA - Il ponte di Genova: il parere di Massimo Cestelli Guidi
Riceviamo da un nostro amico e lettore, Massimo Cestelli Guidi, una disamina sulla questione "Ponte Morandi" che volentieri condividiamo con tutti i nostri lettori.

***

Mi sono occupato professionalmente negli ultimi tempi di crolli di strutture in cemento armato, quindi ho potuto ricostruire quella che a mio parere risultava la cinematica del crollo.

Il video del crollo, ripreso da una persona e proiettato in televisione, mi ha fatto intuire che ad innescare il collasso del pilone era stato il cedimento (rottura) di uno dei “tiranti” (come venivano chiamati negli anni Sessanta ed oggi noti con il nome di “stralli”), stralli che reggevano l’impalcato su cui transitava la viabilità.
La rottura dello strallo potrebbe essere stata causata probabilmente da una sovratensione prodotta da una raffica di vento, raffica che però è stata la classica “goccia che ha fatto traboccare il vaso”, poiché lo strallo si trovava già in una situazione statica precaria. Immediatamente si è verificata la rottura dello strallo adiacente avendo acquisito il doppio del carico. A questo punto il grosso pilone, non più bilanciato da ambo le parti dagli stralli, è crollato per il tiro degli stralli posti sul lato opposto del primo strallo collassato. Ovviamente sono anche crollate le due campate appoggiate ai lati dell’impalcato sostenuto dal pilone crollato.

Questa ricostruzione del crollo da me effettuata, mi è sembrata abbastanza realistica, confermata in parte da quanto apparso, in seguito al crollo, sulla stampa ed in televisione, ossia il fatto che gli stralli del ponte sono stati individuati come gli elementi struturali più deboli del viadotto.
La storia di questi tiranti/stralli rivestiti in calcestruzzo e precompressi, stralli ideati da Riccardo Morandi e basati sul sistema di precompressione “Morandi” da lui brevettato, mi ha coinvolto personalmente negli anni ’60. Nel 1962 ho scelto di effettuare la tesi di laurea presso la Cattedra di Ponti della facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma, cattedra di cui era titolare il Prof. Giulio Ceradini. Il tema che il professore mi ha dato è stato quello del progetto di un ponte, ad una sola campata sostenuta da tiranti/stralli, attraverso il Tevere a Roma. Gli stralli però, mi disse il professore, devono essere del tipo ideato da Riccardo Morandi per il ponte sulla laguna di Maracaibo in Venezuela, ossia acciaio rivestiti di calcestruzzo e precompressi.
Per comprendere il funzionamento di questi stralli, dato che in quel periodo ero amico di uno dei figli di Riccardo Morandi con il quale facevo nello stesso sci club gare di sci alpino, gli chiesi di farmi avere un breve incontro con il padre, anche se lo sapevo molto impegnato professionalmente.
Riccardo Morandi è stato molto cortese, mi ha ricevuto ricordo mentre contemporaneamente nell’altra sala riunione aveva degli Svedesi che volevano affidargli la progettazione di un villaggio nel loro territorio. Morandi mi ha dato alcune delucidazioni su i suoi tiranti precompressi riguardo le fasi di precompressione e l’attacco agli impalcati dei ponti, delucidazioni sufficienti per una tesi di laurea.

Poi è stato costruito nel cuore di Genova il lungo viadotto che attraversando il torrente Polcevera unisce due zone della città. Lungo il viadotto erano previsti tre piloni che sostenevano l’impalcato viario con i famosi stralli precompressi. E’ opportuno a questo punto effettuare qualche considerazione su questi particolari stralli ideati da Morandi.

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Beppe Zezza ci suggerisce questo pensiero:

"l faut chercher seulement à penser et à parler juste, sans vouloir amener les autres à notre goût et à nos sentiments; c'est une trop grande entreprise”.
(Dobbiamo cercare solo di pensare e parlare rettamente, senza voler portare gli altri al nostro gusto e ai nostri sentimenti; è un’impresa troppo grande).

Jean de La Bruyère

STORIA - Maria Maddalena: la vera storia
Articolo di Beppe Zezza

Maria Maddalena è un personaggio assai “gettonato” di questi tempi. Sull’onda del successo dei libri di Dan Brown sono stati in molti a scrivere su Maria Maddalena romanzi “storici” più o meno fantasiosi ma tutti con un denominatore comune: Maria Maddalena era “innamorata” di Gesù, da lui talvolta ricambiata – secondo alcuni addirittura sposata con lui o anche solo “amante” più o meno segreta.
Come fare a distinguere il grano dal loglio e discernere ciò che ha un fondamento storico, ciò che è solo “tradizione” da quello che è pura “invenzione” letteraria di natura prevalentemente “commerciale”?
Una prima sorpresa è, forse, apprendere che questo “denominatore comune” è qualcosa che ha ben poco a che vedere con i cosiddetti “vangeli apocrifi” (vedi La Lampadina febbraio 2015) i quali, quando parlano della Maddalena (assai poco) non lo fanno in questi termini. [I vangeli apocrifi sono scritti “spirituali” del tutto alieni da questioni “carnali” quali quelle dei rapporti sessuali; Dan Brown costruisce tutto il suo castello su una frase estrapolata dal contesto, nella quale si accenna alla Maddalena come “compagna” di Gesù].
Cosa c’è di “storico” nella figura di Maria Maddalena?
I soli scritti “storici” che parlano di Maria Maddalena sono i quattro Vangeli.
Nei Vangeli si trovano narrati episodi “simili” ma che differiscono tra loro per dei particolari. La critica ritiene che si tratti degli stessi fatti raccontati in modo diverso sia per una maggiore o minore conoscenza degli avvenimenti quali realmente accaduti sia a motivo della finalità della narrazione: non è facile distinguere quando si parli di Maria Maddalena e quando  invece si parli di altre donne che facevano parte del seguito di Gesù, cosa abbastanza anomala in un tempo nel quale le donne non avevano visibilità pubblica.
C’è una Maria di Betania, che è sorella di Marta e di quel Lazzaro che Gesù risuscita, che, narra Giovanni, cosparge i piedi di Gesù con un profumo di grande valore: i profumi “buoni” sono sempre costati molto e ciò suscita commenti negativi da parte di qualcuno dei presenti per lo spreco.
Anche Matteo e Marco narrano un episodio simile, sempre a Betania, ma in un’altra casa. L’olio profumato è versato sul capo e non sui piedi. Le reazioni circa lo spreco sono le stesse. La protagonista è “una donna” non meglio identificata.
Luca narra di una altra donna, – qualificata come una “peccatrice di quella città” da tutti definita  come una “prostituta” – che lava i piedi di Gesù con le sue lacrime e li asciuga con i suoi capelli e li cosparge di profumo. Anche essa suscita commenti negativi perché, nella mentalità religiosa del tempo, un “giusto” – quale Gesù veniva ritenuto -  non doveva consentire neanche di essere semplicemente toccato da un peccatore per non essere reso “impuro”. (Se andate a Gerusalemme anche ai giorni nostri e vi avvicinate al muro del pianto vi accorgerete che gli ebrei con i riccioletti e il cappellone nero vi scanseranno per non entrare neanche accidentalmente in contatto con voi).
Di questa donna Gesù dice: “Mi ha molto amato” ma non fa certo riferimento ad eventuali rapporti carnali intercorsi.
C’è infine una ultima donna esplicitamente detta “proveniente dalla città di Magdala” – caratterizzata dal fatto di essere stata liberata da “sette (parafrasi per “moltissimi”) demoni”, cioè che “aveva avuto un passato molto turbolento” e dopo l’incontro con Gesù aveva cambiato vita. Costei insieme ad altre donne faceva parte del seguito femminile che si occupava delle necessità concrete di Gesù e dei suoi discepoli. Questa donna, secondo i Vangeli, si troverà poi sotto alla croce ed è colei alla quale per prima appare il Risorto.
Per la Chiesa latina queste tre donne di cui parlano i Vangeli sono un solo personaggio e lo celebrano liturgicamente nello stesso giorno. La liturgia greca le commemora invece separatamente e distingue Maria di Betania, sorella di Lazzaro e di Marta, la peccatrice «cui molto è stato perdonato perché molto ha amato», e Maria Maddalena o di Magdala, l'ossessa liberata da Gesù, che ella seguì e assistette con le altre donne fino alla crocifissione ed ebbe il privilegio di vedere risorto. Dunque notizie “storiche” (o quasi storiche) veramente pochissime.
Una tradizione vuole che Maria Maddalena, insieme al fratello Lazzaro, dopo la resurrezione di Cristo si sia dedicata alla evangelizzazione e sia approdata in Provenza dove è ancora venerata e dove sono conservate alcune sue reliquie. E allora, da dove provengono tutte queste storie sulla Maddalena?
Il cliché su Maria Maddalena dipende fondamentalmente dal fatto che nell’immaginario collettivo odierno da una parte la sola forma di amore possibile ha sempre una radice o uno sviluppo “sessuale” – (ricaduta del pensiero psicoanalitico del xx secolo?) e dall’altra non sia possibile vivere senza avere “un partner sessuale” (travisamento del fatto reale che “non si può vivere senza amore”).
Maria Maddalena (che si tratti di una sola persona o di tre persone diverse) “amava” Gesù? Certamente! Ma esistono altre forme di “amore” che non abbiano radice “sessuale”? Certamente sì, basti pensare ad esempio all’amore che i discepoli hanno nei riguardi del proprio maestro o dei figli nei confronti dei propri genitori.
Quando vi trovate davanti a una notizia come questa: “Gesù era sposato, rivelata la verità su Maria Maddalena: la figura di Maria Maddalena come presunta sposa di Gesù sarebbe stata confermata dal ritrovamento di un papiro in cui il Messia parla di una moglie. Sul caso della donna è stato aperto un dossier per chiarire al meglio la vicenda.” reagite all’inglese: “Bullshit”!

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Isabella Confortini Hall:

"Facile è prendersi il lusso di fare l’agnello, quando la natura t’ha accordato il favore di nascere lupo".

L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza

ABBIAMO OSPITI/ROMA: Festa del vino
Articolo di Nicoletta Fattorosi Barnaba - Autore Ospite de La Lampadina

Nel mese di ottobre, Roma si preparava a fare festa al vino che è sempre stato protagonista delle tavole dei romani, quale fosse il loro ceto sociale. Se potessimo sorvolare la città e vederla come appariva nel XVI secolo, rimarremmo stupiti da quante vigne fossero presenti sul suo territorio. Tra le più antiche e famose ricordiamo quella legata a Raffaello, che ancora oggi si trova nel cortile del ristorante, presso Porta Settimiana, che ai tempi fu la casa della bella Fornarina, tanto amata dal pittore urbinate.
Ricordiamo anche le pergole che affiancavano il fiume nel suo tratto urbano, quando si poteva godere delle sue sponde non ancora imbrigliate nei muraglioni, che sono senza dubbio salute per Roma, ma disgrazia per il paesaggio. Le vigne, che orlavano il Tevere, sparirono tutte con l’innalzamento dei muraglioni, sopravvissero, invece, quelle delle grandi famiglie nobili, sparse nella città e affiancate, spesso, alle ville. Era una gioia vendemmiare in città, l’uso coinvolse anche gli stranieri che numerosi venivano in autunno proprio per questo motivo.
Le vigne che erano sulle sponde del Tevere davano un vino grosso e torbido, che poteva far appesantire o girare la testa. Il vino dei “sette colli”, invece, era più buono, forse perché i romani dicevano: “Baccus amat colles”, entrambe i tipi di vino erano designati con il nome di vino Romanesco. Quasi tutto coltivato dentro le mura ed era rosso, ma non era molto apprezzato, in quanto dai vicini Castelli arrivavano vini di pregio, tra cui il Cannellino, abboccato, che andava gustato con moderazione. Il “Cannellino” deve la sua denominazione, tra le tante ipotesi, alla facilità con cui questo vino scorre dalla cannella della botte, oggi è quasi introvabile.
La vendemmia più importante, che portava il buon vino, era quella che avveniva ai Castelli. Zanazzo così lascia scritto:
“In tempo de vendembia, in de le vigne de Roma e ppuro in quelle de li Castelli nostrali, ortre a ffasse un sacco de risate e dd'allegrie, s'ausa de fa' un scherzo a li conoscenti o a li forastieri che vve viengheno a ttrova a la vigna, ner tramente che state sotto le vite a ttajà' co' le forbice li grappi d'uva. Ecco 'sto scherzo in che cconsiste. La vendembiatora o mmózzatóra, pija un grappo d'uva o un paro, e li sfragne su la faccia de la persona che l'è ita a ttrova, come si sfragnesse l'uva drento ar tino. 'Sto scherzo se chiama
ammostà' o dda' un' ammostata.” Se le persone erano di riguardo lo scherzo si faceva sulle scarpe.
I grappoli venivano tagliati dalle mozzatrici e dai mozzatori che lavoravano dall’alba alla sera, a questi era proibito portar via lumache e/o grappoli senza il permesso del padrone della vigna, altrimenti venivano puniti con tre tratti di corda o con la resa del maltolto. Questo ci rende noto che il lavoro nelle vigne era gradito, primo perché raramente si facevano cogliere in flagrante e poi perché le lumache erano un cibo importante nell'alimentazione del contadino. È stata la carne più comune per molti di essi, che si recavano dal macellaio solo nelle grandi occasioni. Torniamo alla vendemmia, riempiti i tini, venivano messi nelle cantine tufacee o in grotte appositamente scavate o addirittura in antiche camere sepolcrali. Arrivato il momento di poter svinare, le cantine con il vino pronto, per avvertire i clienti, appendevano sulla porta una frasca. Questa poteva essere di edera, abete, quercia, vischio, paglia, o di olivo; alcuni dicono fosse a ricordo della corona di Bacco.
Le mozzatrici e i mozzatori, che venivano da Roma, alla fine della vendemmia tornavano in città dove venivano festeggiati a piazza Barberini, ben diversa da come la vediamo oggi, infatti allora era uno splendido connubio tra la campagna e la città. I carri con i contadini portavano i cesti con l’uva che veniva gettata, con generosità, tra la folla appagata per quel “regalo”, alla fine i colori della gente si omogeneizzavano con il rosso del vino. La bevanda di Bacco arrivava a Roma sui tipici carri, detti proprio “a vino”, e su questi, protagonista assoluto del trasporto era il “carrettiere”. Altri vini arrivavano a Roma via fiume, erano i vini “ripali”, scaricati ai porti fluviali. A Ripetta scendevano, per la maggior parte, le imbarcazioni che provenivano dagli Stati della Chiesa, a Ripa Grande approdavano le navi da Fiumicino. Per parlare di tempi più vicini a noi, ma ormai già legati a una memoria storica ricordiamo che Trilussa (1871-1950), usava ancora la carrozzella per andare ai Castelli e lo ricordiamo con un sonetto dedicato allo “Sciampagne”, che il nostro poeta non apprezzava molto: "Nun bevo che Frascati. Lo sciampagna/me mette in core come un'allegria/ per una cosa che m'ha fatto piagne:/ o pe' dì mejo sento/che er piacere che provo in quer momento/ è foderato de malinconia./ Er botto che fa er tappo/quanno lo strappo, er fiotto de la schiuma/ me rappresenta la felicità/che appena nasce, sfuma/ come viè, sparisce."

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La Redazione suggerisce:

“Per quanto difficile possa essere la vita, c'è sempre qualcosa che è possibile fare. Guardate le stelle invece dei vostri piedi"

Stephen Hawking

COSTUME - Nuove espressioni
Articolo di Lalli Theodoli

Le nuove generazioni ci hanno abituati a tante cose e tanto diverse dal nostro vecchio modo di essere.
Ci hanno insegnato a vestirci comodi, senza badare troppo all'eleganza: le scarpe da ginnastica che ora la fanno da padrone ovunque, non sono più, come una volta, relegate, dopo una ora di ginnastica a scuola, in un sacchetto putrido. I jeans sono diventati “firmati”.
Ci hanno insegnato a viaggiare con un trolley piccolissimo che un tempo non ci sarebbe nemmeno bastato per i vestiti di un giorno. Abbiamo anche imparato da loro un nuovo linguaggio: troppo forte e fico... non li usiamo spesso ma, li conosciamo.
Ma… ero in autobus. Non lo prendo spesso. Era pieno zeppo. Mi avvicino all’uscita a fatica, a gomitate, scavalcando valigie e carrozzine. Raggiunta, quasi, finalmente la porta, chiedo,come facevamo una volta “Scende alla prossima?” Il ragazzo si volge verso di me, la faccia inespressiva, spostando la gomma da masticare, mi dice “TRANQUILLA!”

Vuole dire “si”? Vuole dire “no”? Che diamine vuol dire? Scende o rimane a tappo della uscita? Non stavo dando in escandescenze. Avevo l’aria esaltata? Avevo una crisi isterica di cui non mi ero accorta?
Senza risposta sono scesa. Perplessa, è dire poco.

Sto in cucina, sorveglio che il roastbeef non cuocia troppo. Chiedo a mia nipote un consiglio. Il forno sarà troppo alto? “TRANQUILLA” mi dice. Ancora una volta rimango in attesa di giudizio. Lo abbasso? Lo alzo?
E così anche al ristorante, alla mia richiesta di poter fare una prenotazione… ”Tranquilla”, alla commessa cui chiedo l’esistenza del numero delle scarpe che mi piacciono… ”Tranquilla”. Tranquilla ho un tavolo o tranquilla siamo pieni. Tranquilla, le abbiamo le scarpe, o, sono esaurite? Che nostalgia di un chiaro “SI” o di un altrettanto chiaro “NO”!
In un primo tempo mi sono seriamente preoccupata. Ho forse l’aspetto di una agitata, scalmanata o furente che mi si debba rivolgere così?
Mi tranquillizzo in seguito. E’ un ennesimo “Loro” modo di dire che significa che non ci sono problemi, che non ha importanza, che va tutto bene... senza peraltro dare una risposta. Troppo impegnativo?

Racconto di aver visto un litigio furibondo per la strada fra una coppia di giovani. “Ma se lei è stata villana… CI STA” mi dice il mio giovane interlocutore. Apprendo un nuovo modo di esprimersi. CI STA al posto di giusto così, prevedibile, ovvio. CI STA che lui la mantiene, CI STA che i loro figli sono maleducati, CI STA che lui sta facendo carriera, CI STA che la loro casa è bellissima. Noi conversiamo, o, almeno, cerchiamo di fare conversazione, e la risposta è lapidaria: non lunghi discorsi in difesa o a spiegazione o a sostegno. Semplicemente CI STA.

Sono infine seduta nella mia macchina accanto al guidatore. Il guidatore è mio nipote che si sta allenando per prendere la patente. Cerco di fare finta di essere assolutamente rilassata mentre con il piede freno sul tappetino, mentre la mano corre verso il freno a mano, mentre cerco disperatamente di non aprire lo sportello per buttarmi di fuori o di non graffiare il vetro con la mano in cerca di uscita. Credo, in buona fede, di avere un'apparenza totalmente serena mentre il terrore mi avvolge in una spirale stretta quando la macchina avanza a balzelloni, come un canguro a bordo del dirupo per il rilascio troppo veloce della povera frizione.
Mio nipote si volta verso di me. “TRANQUILLA” mi dice.
E finalmente la parola è quella che noi conosciamo: è adatta e giusta. In poche parole…. CI STA!
Leggi un interessante articolo sui neologismi giovanili  

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APPUNTAMENTI DELL'ASSOCIAZIONE
LA LAMPADINA:::PERIODICHE ILLUMINAZIONI

Ecco i prossimi appuntamenti dedicati ai Soci de La Lampadina.

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 In via di definizione

Una passeggiata tra moda e arte  del Novecento al Museo Boncompagni Ludovisi



Nel 1996 Palma Bucarelli donò il suo guardaroba al Museo Boncompagni Ludovisi, da poco dedicato alle Arti decorative, al costume e alla moda. Si trattò di una donazione importante, sia perché assai consistente in numeri (oltre cento capi) sia perché particolarmente significativa del personaggio Palma Bucarelli, Direttrice della Galleria nazionale d’arte moderna dal
1941 al 1975.

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Giovedì 15 Novembre



andremo a vedere
la Fondazione Tirelli
un'incredibile raccolta di oltre 5000 costumi disegnati dai più grandi costumisti per il teatro, l'opera, il cinema e la televisione di tutto il mondo.
Un appuntamento da non perdere a Formello, alle porte di Roma!

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Stiamo progettando
giornate a Firenze, Verona, Napoli e  Ravenna.
Incontri sull'architettura del Novecento e altro ancora!

Per info sull'Associazione e/o prenotazioni, scriveteci a
appuntamenti@lalampadina.net

 

 

FLASH NEWS!

Un po' qua, un po' là... 

 

Uno strano museo - Il museo del carro funebre a Barcellona ha 19 pezzi tirati a lucido sia per poveri che per altezze imperiali, ci sono spiegazioni dei vari riti e chi hanno trasportato.
Interessante? Mah... non credo sarà una mia priorità, se a Barcellona.
CV.

 

*

 

Una App che vede - Un servizio interessante per i non vedenti, sviluppato in Danimarca, è usato in 150 paesi e con 80 mila persone come volontari. Il non vedente aziona la fotocamera del proprio telefonino che automaticamente trasmetterà le immagini sul display del volontario che risponderà alla chiamata. Questi vedendo le immagini potrà rispondere correttamente al non vedente di qualsiasi cosa abbia bisogno, nome di un strada, la medicina da prendere o altro.
(Be my eyes, produttore Bemyeyes, gratuito).
CV

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CHI SARA'
DI SCENA?

Cari Lettori, ecco le mie segnalazioni per il mese di ottobre!
Patrizia Circosta

***

Cari Lettori, questi i miei suggerimenti per il mese di ottobre.

Al Teatro dell’Opera va in scena Il Flauto Magico di Mozat, in un allestimento Komische Oper di Berlino, otto le repliche dal 9 al 17 ottobre. Dal 30 ottobre Le nozze di Figaro, sempre l’amatissimo Mozart nella seconda delle opere della trilogia italiana. Sul podio Stefano Montanari e regia di Graham Vick.

Per tutto il mese di ottobre e fino al 25 novembre saranno in scena numerosissimi spettacoli del RomaEuropaFestival giunto alla trentatreesima edizione. Quest’anno il titolo del festival è Between Worlds… e non poteva essere più attuale! Artisti di ventiquattro paesi, moltissimi i giovani e tantissima tecnolgia, come testimonia la sezione Digitalive.

Per il teatro segnalo Orestea della compagnia Anagoor che andrà in scena al Teatro Argentina il 2 e il 3 ottobre e dall’11 al 20 ottobre, al Teatro Vitttoria, The Prisoner, regia del maestro Peter Brook.

Per la danza, al Teatro Vascello il 13 e il 14 ottobre andrà in scena lo spettacolo RED - A documentary performance, della compagnia Living Dance Studio Beijing guidata dalla cineasta e coreografa Wen Hui. Dal 17 al 19 ottobre, al Teatro Olimpico, Grand Finale della Hofesh Shechter Company, che segna l’atteso ritorno del coreografo Hofesh Shecther al REF. Per vedere tutto il programma clicca qui

   

L’Accademia di Santa Cecilia inaugura la nuova stagione sinfonica al Parco della Musica venerdì 12, sabato 13 e domenica 14 ottobre con un omaggio a Leonard Bernstein nel centenario dalla nascita: West Side Story in forma di concerto diretto da Sir Antonio Pappano. Qui maggiori informazioni sul programma.

Dal 29 settembre al 19 ottobre, presso l’Institut Français – Centre Saint Louis si svolge il festival di cinema francese Cinéma Français, dieci i titoli in programma, alcuni già visti nelle nostra sale e altri inediti. Per maggiori informazioni, guarda o scarica il programma

 

Dal 4 al 10 ottobre al cinema Nuovo Sacher e al WeGil si svolge l’Asiatica Film Festival con trenta tra lungometraggi, documentari e cortometraggi, quasi tutti inediti in Italia. Oltre alle proiezioni, anche mostre fotografiche, installazioni e presentazioni di libri.

Alle Terme di Diocleziano dal 14 settembre al 16 dicembre 2018 ha luogo il Progetto O in programma musica, danza e teatro sullo sfondo delle magnifiche Terme di Diocleziano. Tutti gli spettacoli sono gratuiti ma richiedono la prenotazione on line.

Al Teatro Valle la bella mostra Paolo Poli è… dal 20 settembre al 4 novembre, ingresso gratuito giovedì, venerdì e sabato dalle 17.00 alle 20.00 e domenica dalla 11.00 alle 18.00.

E’ tutto per questo mese! Patrizia

 

 ... e ancora flash news

 

L'aquila d'oro - La prima aquila d’oro americana è datata 1792 ma non è mai entrata in circolazione, aveva da una parte il profilo di George Washington, dall’altra l’aquila calva. Washington la trovava troppo "monarchica" con la sua effige per rappresentare la moneta di uso corrente negli Stati uniti d'America e così non ebbe mai corso. Si dice però che George Washington la portasse sempre in tasca come porta fortuna (o come "Memento"?)
Fu acquistata da un famoso numismatico Eric P. Newman nel 1942. Alla sua morte nel 2017 a 106 anni, è stata messa all’asta e aggiudicata al valore di 1,7 milioni di dollari.
CV

 

*

 

C'era una volta la biglia - La grande passione di noi bambini di altri tempi era preparare, in spiaggia e fantasiosamente delle piste per le biglie. Beh scordatevi quei tempi, oggi c’e il mini automa sferico che traccia le piste, basta impostare sul proprio IPhone un tracciato e voilà, il gioco è fatto.
La biglia sferica farà tutto per i vostri piccoli (Sphero robot mini € 60).CV

 

***

 

La Lampadina
LIBRI

"Capri 1939, l'isola in bianco e nero" di Marcella Leone de Andreis
Ed. La Conchiglia
Capri 2018

Nell'estate del 1939 Capri vive uno dei periodi di maggior fulgore. Attraverso materiali archivistici, memorie e documenti inediti il libro racconta la storia dell'isola nell'ultima estate di pace e nel periodo che intercorre tra la fine dell prima guerra mondiale e lo scoppio della seconda. La nascita della Capri moderna fu fortemente voluta da Benito Mussolini che affidò al finanziere e uomo d'affari Alberto Fassini il compito di trasformare un luogo bello e selvaggio, sconosciuto agli italiani ma non agli intellettuali e agli irregolari di mezzo mondo, in una vetrina accattivante e rassicurante del regime fascista.
La storia del ventennio si snoda attraverso fatti e personaggi affascinanti e talvolta inquietanti, in cui il bianco e il nero, all'apparenza così antitetici e distanti, finiscono in realtà per intrecciarsi e spesso confondersi. C'è la noblesse di mezza Europa, gli imprenditori, gli artisti, gli scrittori e i gerarchi fascisti, che, incuranti dei rombi di cannone che si avvicinano sempre più minacciosi, non rinunciano ad accorrere per approfittare delle bellezze e dei divertimenti esclusivi che solo lì possono trovare.
E c'è il mondo oscuro che si cela dietro la facciata elegante, con la presenza incombente del fascismo, le sue liturgie, le camicie nere, i saluti romani, le purghe degli oppositori politici e gli agenti dell'Ovra, la potente polizia segreta del regime, che spiano tutto e tutti e persino i suoi ras più potenti.
Frequenta con assiduità Capri il principe ereditario al trono d'Italia Umberto di Savoia, con la sua corte di aristocratici e nobildonne. E villeggia a Capri anche Edda Mussolini, figlia del duce e moglie del giovane ministro degli Esteri Galeazzo Ciano, con la sua corte di gerarchi fascisti e persino nazisti. C'è il futurista Filippo Tommaso Marinetti sempre pronto a inventare qualcosa per épater le bourgeois, e il ministro e ras Italo Balbo, squadrista della prima ora e protagonista di epiche imprese aviatorie, che ha l'abitudine di arrivare a Capri pilotando il suo idrovolante. Ci i sono i duchi di Windsor, l'ex re Edoardo VIII, con Wally Simpson, la donna per amore della quale ha da poco abdicato al trono d'Inghilterra. C'è Curzio Malaparte, che si sta costruendo una villa dalle linee avveniristiche che finirà sui libri di architettura del Novecento e non solo. E la scrittrice Marguerite Yourcenar, che trascorre alcuni mesi in compagnia di Grace Frick, l'americana che diventerà la compagna della sua vita. Non mancano le visite di personaggi potenti del mondo nazista come Herman Goering e Rudolf Hess, i balli della principessa Mafalda di Savoia, figlia del re d'Italia e moglie del principe tedesco Filippo d'Assia, e le vacanze del principe del Nepal con la sua corte di concubine.
La cosmopolita comunità omosessuale che, sin dalla fine dell'Ottocento aveva eletto Capri come sua patria, passato il primo momento di sbandamento  per alcuni decreti di espulsione emessi dal regime fascista, continua la sua vita di sempre facendo però attenzione a non esagerare nelle manifestazioni di diversità.
Ma non solo nomi altisonanti affollano le stradine capresi: verso la metà degli anni Trenta si assiste alla novità del turismo popolare dei dopolavoristi e delle crociere e delle gite a quattro soldi che fanno arricciare il naso agli snob. La realizzazione del porto turistico, la sistemazione di strade e fogne, l'illuminazione delle vie, la piantagione intensiva di alberi e piante rampicanti, il lusso degli alberghi hanno trasformato in un ventennio l'isola.
Ai primi di settembre del 1939, però, allo scoppio della guerra, la ricca società cosmopolita che a lungo l'aveva frequentata si affretta ad abbandonale le amate spiagge per tornare nei propri paesi.
E' la fine di un'epoca. Per ritrovare gli antichi splendori Capri dovrà attendere la fine del conflitto. Poi tutto ricomincerà, ma con altri attori e altri protagonisti.

Leggi la recensione sul sito!

***

MOSTRE

Ecco le segnalazioni di
Marguerite de Merode per settembre

LONDRA

National Gallery Mantegna and Bellini
Questa importante mostra racconta la storia di due dei maggiori protagonisti del Rinascimento, 'Mantegna e Bellini'. “Una storia d’arte, di famiglia, di rivalità, di personalità” visto che i due grandi artisti erano cognati.
La loro affinità parte dalla bottega ma prosegue anche oltre nelle rispettive carriere sia a Venezia che a Padova. Per la prima volta in assoluto si mette in confronto la geniale innovazione compositiva di Andrea Mantegna e i rivoluzionari paesaggi naturali e atmosferici di Giovanni Bellini.
Fino al 27 gennaio 2019

 

FIRENZE

Palazzo Strozzi: Marina Abramovic: The cleaner
La mostra ripercorrere, con cento opere, il lavoro dell’artista serba, considerata tra i pionieri della performance art, dai primi anni della sua attività, dagli anni Settanta, al Duemila attraverso video, fotografie, dipinti, oggetti, istallazioni e la ri-esecuzione dal vivo di alcune sue celebri performance.
Il suo lavoro esplora le relazioni tra l'artista e il pubblico, ed il contrasto tra i limiti del corpo e le possibilità della mente”.
Fino al 20 gennaio 2019

 

VENEZIA

Due importanti mostre intorno a Tintoretto da non perdere! Jacopo Robusti detto il Tintoretto, il più veneziano tra i pittori del Rinascimento viene celebrato questi giorni a Venezia in occasione del cinquecentenario della sua nascita.
Parliamo dell’artista che più di tutti ha lasciato il suo inconfondibile marchio a Venezia, dove è nato ed ha vissuto per tutta la sua vita.

Galleria dell'Accademia: Il Giovane Tintoretto
Attraverso circa 60 opere, con straordinari prestiti arrivati da tutto il mondo, si percorre in questa mostra il primo decennio dell’attività del pittore. L’esposizione, articolata in quattro sezioni, segue un ordine cronologico che consente di chiarire il percorso creativo dell’artista in quei anni in cui sperimentò ed elaborò uno stile pittorico in grado di rinnovare l’intera pittura lagunare.
Fino al 6 gennaio 2019.

Palazzo Ducale: Tintoretto 1519-1594, Curata da Robert Echols e Frederick Ilchman raccoglie settanta dipinti e un raro nucleo di disegni, scelti con particolare riferimento alle opere esposte, questa mostra illustra al meglio il percorso creativo della maturità del maestro.
Anche in questa occasione i prestiti sono vari ed illustri.
Fino al 6 gennaio 2019

 

ROMA

Museo Nazionale Palazzo Altemps: Passi di Alfredo Pirri
A cura di Ludovico Pratesi e Alessandra Capodiferro.
L’istallazione di Alfredo Pirri voluta da Ludovico Pratesi e Alessandra Capodiferro deve essere un eccellente motivo per andare a rivisitare Palazzo Altems, luogo magico che raccoglie una meravigliosa scelta di opere classiche del patrimonio della città.
L’opera di Pirri allestita nella loggia d’ingresso di Palazzo Altemps, crea un emozionante riflesso tra la volta, il cortile e il cielo. Appoggiata sulla superficie specchiante e frammentaria vediamo una statua femminile proveniente dalla raccolta archeologica dei Principi Boncompagni Ludovisi esposta, finora, nel Casino dell’Aurora.

In una piccola stanza laterale troviamo esposti alcuni disegni dell’artista che illustrano altre rappresentazioni passati dello stesso concetto.
Fino al 6 gennaio 2019

Terme di Diocleziano: Je suis l’autre. Giacometti, Picasso e gli altri. Il Primitivismo nella scultura del Novecento.
La mostra è allestita nelle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano e presenta al pubblico ottanta opere, tra sculture di grandi maestri del Novecento, capolavori di arte etnica e popolare databili tra il XV e l’inizio del XX secolo e una selezione di opere precolombiane.
Si è voluto percorrere un viaggio all'interno di aree tematiche da cui presero spunto gli artisti del Novecento.
- L’infanzia dell’essere: sulla concezione della scultura come atto creativo più ancestrale;
- La visione e il sogno: sull'esplorazione di aree cognitive legate all'inconscio;
- Il mondo magico: sul rapporto fra medium, mito e tecnica;
- Amore e morte: sulla dicotomia riguardante le aree concettuali della creazione e della distruzione;
- Il visibile e l’invisibile: sulle ricerche inerenti le aree dell’ambiguo e dell’ignoto.
Fino al 20 gennaio 2019

MAC Maja Arte Contemporanea: 4 ottobre 2018, ore 18.00 inaugurazione della mostra: Angela Maria Piga. Approdo.
A cura di Daina Maja Titonel, testo critico di Marco Di Capua.
La Galleria Mac ospita la prima personale della scultrice Angela Maria Piga, presentando per la prima volta al pubblico una selezione di opere inedite in ceramica realizzate tra il 2017 e il 2018. 
Dapprima gallerista d’arte quindi giornalista nel settore di arte e architettura oltre che autrice, dopo più di venti anni spesi nell’osservazione continua e costante dei fenomeni e delle forme artistiche, nel 2017 decide di “passare dall’osservazione all’azione” dando il via ad un’intensa attività attraverso il lavoro con la ceramica. Osserva l’artista: “Se nella scrittura la narrazione crea forme immaginarie, nella scultura la forma crea narrazioni. Opposto il procedimento, simile l’esito: dalla parola scritta alla forma plasmata si creano mondi a sé stanti. I mondi da cui provengono le mie sculture possono essere letti attraverso lenti letterarie ma, se evocano un’affinità col senso del paradosso e dell’assurdo, restano pur sempre confinati in un contesto drammatico, volti o corpi emersi da un sostrato quasi sub-umano in cui esseri afoni e incompiuti tentano una loro riconciliazione con il mondo alfabetizzato e relazionale della realtà.”

Dal 4 ottobre al 17 novembre 2018, MAC, via di Monserrato, 30.

 


 

Pensiero Laterale 
I gioielli

Un fatto realmente accaduto, due sposi novelli partono per la vacanza estiva, chiusa con attenzione la porta di casa, le finestre etc, si avviano per le loro vacanze, al loro ritorno però vengono a sapere che per un improvviso black out della zona, è mancata la corrente per un intero week-end.
Presi da un terribile sospetto, entrati in casa si rendono conto che i gioielli erano scomparsi, come mai?

Guarda qui...

 

La Lampadina Racconti

"La favola di Umberto e Maria José"
di Marcella Leone de Andreis
tratto dal libro:
"Capri 1939. L’isola in bianco e nero"

Edizioni La Conchiglia

Tornò il principe Umberto, fresco sposo della giovane Maria José, figlia del re del Belgio. Pare che, in gran segreto, avesse trascorso parte della luna di miele su uno yacht davanti ai Faraglioni.
Dopo un periodo vissuto a Torino, la coppia si era trasferita a Napoli, dove dal novembre 1931 il principe era al comando della XXV brigata di fanteria. E Capri, già mèta prediletta di Umberto, ci mise poco a diventarla anche per la nordica moglie, il cui nome fu immediatamente italianizzato dai giornali in un più rassicurante Maria.
Sul reale motoscafo azzurro, i giovani eredi al trono d'Italia facevano continuamente la spola tra l'Isola e Napoli, a tutte le ore e in tutte le stagioni. Talvolta preferivano l'idrovolante, che partiva da Nisida. Alloggiavano al Quisisana, nella suite imperiale: Umberto sempre circondato dai suoi attendenti, Maria José seguita dalla dama di compagnia. La coppia appariva discretamente affettuosa e piuttosto unita. A volte lui se ne tornava a Napoli e lei si fermava sull'Isola da sola. I capresi impararono a conoscerla bene, quella ragazza alta e sottile, dai crespi capelli biondi e dai glaciali occhi azzurri, quella donna fortunata per la quale si prevedeva un futuro tutto rose e fiori. Maria di Piemonte imparò subito ad amare Marina Piccola, lo stabilimento delle Sirene, e la cucina di Gelsomina Mellino.

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La Lampadina ::: Periodiche illuminazioni
Newsletter di fatti conosciuti ma non approfonditi, luoghi comuni da sfatare, semplici novità.

La Lampadina e' una newsletter ideata da Carlo Verga, gestita da un Comitato di redazione composto da: Filippo Antonacci, Isabella Confortini Hall, Lucilla Crainz Laureti, Marguerite de Merode Pratesi, Ranieri Ricci, Carlotta Staderini Chiatante, Lalli Theodoli, Beppe Zezza e redatta con la partecipazione di: Lorenzo Bartolini Salimbeni, Renata Ferrara Pignatelli, Giancarlo Puddu e Angelica Verga. La sede è in via Castiglion del Lago, 57, 00191, Roma.

La newsletter, di natura non politica, non ha scopo di lucro e si propone di fornire - con frequenza inizialmente mensile - "periodiche illuminazioni" su argomenti di vario genere, con spunti di riflessione e informazioni. L'invio viene effettuato su segnalazione degli stessi lettori, agli amici ed agli amici degli amici. il presente numero è inviato a circa duemila persone. Sono gradite da chiunque le collaborazioni e le segnalazioni di persone interessate a ricevere la newsletter.
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