La Lampadina arriva su Twitter Dal mese di novembre 2018, La Lampadina inizierà a dialogare con tutti voi anche attraverso il canale Twitter. La nostra newsletter continuerà ad esssere inviata mensilmente, ma attraverso il canale Twitter, avremo la possibilità di aggiornarvi, in maniera tempestiva, delle iniziative e degli eventi che l'Associazione ha in preparazione.
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ECONOMIA – Cosa potrebbe succedere se... Articolo di Carlo Verga L’Opec (Organization of the Petroleum Exporting Countries), comprende dodici Paesi che associati, formano un cartello economico, per negoziare con le compagnie petrolifere i prezzi e approvvigionamenti petroliferi. Il presidente degli Stati Uniti, non va molto d’accordo con loro, li ha attaccati direttamente diverse volte nei tempi recenti e l’ultimo episodio, la scomparsa di Jamal Khashoggi, ha contribuito in modo determinante ad aumentarne le tensioni. Khashoggi, era un giornalista famoso in rotta di collisione con il regime Saudita. Era entrato nel consolato dell'Arabia Saudita a Istanbul per chiedere dei documenti per il Suo matrimonio, ma … non ne è più uscito o per lo meno non se ne sa come. Il mondo è profondamente scioccato da tutta questa situazione che va avanti tra negazioni e ammissioni.
Il
presidente Trump, ha preso una posizione iniziale molto
forte, ma il tempo passa e la sua irritazione tende
ad ammorbidirsi. Aveva proclamato che avrebbe preso
in considerazione sanzioni contro l'Arabia Saudita se
ci fosse stata la prova del loro coinvolgimento nella
scomparsa del giornalista, ma non sembra in grado di
procedere in questo senso. L'Arabia Saudita è un importante
partner commerciale per gli Stati Uniti e a parte l’energia,
è il più grande cliente di armi d'America. L'anno scorso
Trump ha firmato, con loro, un accordo di $ 110 miliardi. Ora
l’Arabia Saudita ha ammesso qualche coinvolgimento,
almeno da quanto dicono i giornali, ancora molto vago
e non è chiaro a che livello governativo.
Come procederà quindi il presidente americano? Eventuali sanzioni contro l'Arabia Saudita avrebbero effetti economici globali devastanti, l’Arabia Saudita potrebbe rispondere con la limitazione di flussi petroliferi contro gli Stati Uniti, che pur avendo una forte produzione interna, certo, ne soffrirebbero. Sopra tutto si creerebbe una psicosi generale che metterebbe in moto una fortissima ondata speculativa tale, da portare il prezzo del grezzo a prezzi stratosferici. Con tutta probabilità, quindi, la Casa Bianca minimizzerà l'intera situazione. Come sempre il tempo gioca a loro favore. Se sapranno attendere abbastanza a lungo, l’opinione pubblica verrà coinvolta in altri argomenti, più eclatanti, così da scordarsi presto l’intera questione. Se Trump dovesse invece reagire, dovrebbe assolutamente usare la sua retorica per evitare le possibili contro-sanzioni. Dell'omicidio verrebbe incolpato qualcuno sì del governo saudita ma appartenente a qualche organizzazione segreta ma nulla il governo avrebbe potuto fare per evitarlo.
Se
per qualche segreta ragione, non fosse poi possibile
seguire questa linea e i provvedimenti prospettati venissero
presi da entrambi gli schieramenti, ci troveremmo di
fronte a un disastro economico che farebbe impazzire
il mondo intero", il petrolio potrebbe raggiungere facilmente
i 100, o 200 usd, o addirittura 300 dollari."
Un embargo petrolifero dell'OPEC potrebbe sembrare inimmaginabile oggi. Ma se ci guardiamo intorno, assistiamo a fatti così incredibili che questa prospettiva potrebbe non sembrare così lontana… è già accaduto in passato, e con i personaggi che ci circondano, qualche levata di testa potrebbe essere anche possibile. Speriamo che nel bene e nel male, verranno seguite la ragione ed il buon senso per trovare la soluzione più idonea ad un buon accordo anche se questo dovesse nascondere uno degli episodi più sconcertanti degli ultimi anni.
Commenta questo articolo Invialo via mail ad un amico Torna all'indice | Beppe Zezza ci porta un pensiero popolare: "Faccia-tosta campaje e faccia-moscia muriette."
Proverbio napoletano |
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ABBIAMO OSPITI - Le nostre campane. Gli scampanii della Roma di un tempo Articolo di Nicoletta Fattorosi Barnaba - Autore Ospite de La Lampadina Oggi a Roma è difficile sentire il suono delle campane che per secoli è stato il motivo di sottofondo e spesso conduttore della vita dei suoi abitanti. Macchine, motorini, autobus e quant’altro possa intervenire nella musica odierna della nostra città ha fatto sì che il suono delle campane sia stato relegato o spesso non udito. La campana è legata al concetto religioso della chiamata nelle varie ore del giorno alle preghiere che si tenevano nelle numerosissime chiese della nostra città, tanto che sono tutte benedette con la consecratio. Non era solo questo il compito di quello scampanio, infatti comunicava alla popolazione eventi di vario genere e la gente riconosceva addirittura la voce delle diverse campane. Facciamo un salto nel passato e cerchiamo di ritrovare il dolce din don che sottolineava i momenti delle giornate romane, quando la nostra città era sotto il governo del Papa. Erano tempi in cui gli orologi o non esistevano o erano solo oggetti di lusso e quindi di proprietà di pochi. Come facevano allora a sapere quando si andava al lavoro o i ragazzi a scuola? C’era una campana che aveva questo compito, quella che ancora oggi si trova sul palazzo di Montecitorio, alloggiata in un campaniletto a vela. Da lì con il suo scampanio iniziava la giornata lavorativa dei romani, e le lezioni nelle scuole. Le campane servivano anche come avviso meteorologico, infatti quella della Chiesa Nova avvisava per l’arrivo del temporale che a Roma era temutissimo soprattutto perché con il temporale sicuramente arrivavano le porcherie! Non vi spaventate sono solo i fulmini, ma il popolo era superstizioso nel nominare i fulmini e le saette perché aveva paura che nominandoli, li avrebbe chiamati addosso. Al suono della campana suddetta, quindi, i romani si mettevano in ginocchio, dicevano il Trisaggio angelico che si recitava segnandosi la fronte, il naso e la bocca: “Sanctus Deus, sanctus fortis…” questo per far si che il Signore li proteggesse. C’era un’altra campana a cui i romani dovevano dare ascolto, che proveniva dalle chiese dei vari rioni, era un suono che ricordava ai romani di mangiare di magro, ossia di astenersi dalle carni. Verso sera suonava la campana e questo suono aveva fatto nascere un detto: “La campana sona a merluzzo: è segno che domani è vigijia!” A Roma tutti parlano con tutti, quindi non ci dobbiamo meravigliare se anche le campane parlano tra di loro. Le parole che si scambiano non sono però attinenti al loro luogo di culto, infatti, come sempre, a Roma il sacro si unisce al profano generando una miscela piacevole e così vicina al mondo delle piccole cose del quale viveva il romano di ieri. Le chiese invitavano i romani alla preghiera, allo scadere delle ore canoniche: mattutino, ora media e vespri, e quel suono, che spesso interrompeva azioni che non si desiderava abbandonare, veniva ascoltato invece che attraverso la musica, attraverso le parole o forse il brontolio di uno stomaco un po’ troppo vuoto. Così ecco i dialoghi: - S. Maria Maggiore: “Avemo fatto li facioli, avemo fatto li facioli!” - rispondeva il vocione di S. Giovanni in Laterano: “Con che? Con che?” - la risposta da una campanella di S. Croce in Gerusalemme: “Co’ le cotichelle, co’ le cotichelle!” - la campana di S. Maria in Trastevere poneva un’altra interessante domanda: “Ando’ se magna la pulenta? Andò se magna la pulenta?” - il campanone di S. Pietro rispondeva: “In Borgo! In Borgo!”. Con le sue 400 chiese (di cui 48 con il titolo di basilica), a Roma le campane non mancano, ma, grazie ad una disposizione ecclesiastica che ne vieta l’uso prima delle sette del mattino, il sonno è salvo. Per sintetizzare quanto scritto leggiamo il sonetto del Belli su Le Campane: Le campan de le cchiese, sor Gregorio,/so de metal infuso e bbattezzate”/e vve fanno bellissime sonate/a cchi ha cquadrini de pagà er mortorio./Nun c’è ddiasilla, o pprego,o risponzorio/che, ar modo che le cose so aggiustate, pozzi mejjo d’un par de scampanate/ delibberà cchi pena in purgatorio./ Da la condanna ch’er bon Dio je diede/je se ne scala un anno pe oggni tocco,/ e ggiacubbino sia chi nun ce crede./ e ppe questo quassù, cchi nnun è sciocco,/ ner morì llassa l’obbrigo a l’erede/ che jje ne facci dà tanti a bajocco. Commenta questo articolo Invialo via mail ad un amico Torna all'indice | Isabella Confortini Hall condivide questo pensiero: "Ci sono uomini che sanno tutto, peccato che questo è tutto quello che sanno.”
Niccolò Macchiavelli |
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STORIA - Covadonga come Cerami Articolo di Beppe Zezza Nel numero di Luglio 2015 abbiamo pubblicato su La Lampadina un articolo che parlava dell’inizio della riconquista del sud Italia dagli invasori mussulmani ricondotto alla battaglia svoltasi a Cerami, in Sicilia, tra un piccolo gruppo di normanni cristiani guidati da Ruggero di Altavilla, e gli occupanti saraceni. La leggenda dice che la vittoria fu assicurata dall’intervento dell’Arcangelo San Michele. Anche alla origine della “Reconquista” della Penisola Iberica la tradizione pone un evento miracoloso: la Vergine Maria in persona sarebbe venuta in aiuto dei combattenti cristiani. La storia ci ricorda come la penisola iberica, conquistata dai Romani con qualche difficoltà, era stata poi romanizzata al punto da dare i natali ad Adriano e Traiano e a Teodosio I, l’ultimo imperatore che ha regnato su un impero romano unificato. La stessa penisola poi, nel corso del V secolo, è stata occupata da diversi popoli germanici e alla fine conquistata dai Visigoti. All’inizio dell’VIII secolo, in soli tre anni, i mussulmani che avevano occupato il Nord Africa, chiamati in soccorso da un potente per risolvere una bega locale, la conquistarono rapidamente, nella quasi totalità, senza incontrare resistenza. Secondo le cronache disponibili di parte cristiana – scritte circa un secolo e mezzo dopo i fatti e dunque di rigore storico discutibile ma certificanti qualcosa di realmente accaduto – un gruppo di cristiani per difendere la propria identità e credo religioso non si sarebbe assoggettato agli occupanti che imponevano o di convertirsi all’Islam o di sottostare a pesanti condizionamenti economici e personali e avrebbe imbracciato le armi al comando di Pelagio, un aristocratico probabilmente di origine visigota. I mussulmani, per schiacciare la rivolta, inviarono una armata costituita da – si dice - ben 180.000 uomini contro i quali i cristiani ne poterono schierare solo 300 (alcuni dicono 3.000 ma 300 o 3.000 sempre un numero estremamente esiguo). Siamo nel 722. Lo scontro avvenne a Covadonga (cueva de Nostra Señora, grotta di Nostra Signora) nelle Asturie, la estremità settentrionale della Spagna. Contro ogni previsione gli islamici furono sconfitti sia perché il terreno montuoso e assai impervio impediva il dispiegarsi dell’esercito sia per un intervento miracoloso della Vergine che rivolgeva contro gli assalitori le pietre da loro stessi catapultate. Nella grotta – luogo di straordinaria bellezza paesaggistica – a ricordo dell’avvenimento, è stata costruita una cappella, meta ancora oggi di pellegrinaggi e, a poca distanza, nel secolo scorso, è stato edificato un tempio monumentale. Cosa hanno in comune e cosa dicono a noi questi due avvenimenti di Cerami e Cuevadonga? Entrambi sono opera di un piccolo gruppo di persone. Entrambi, nel momento in cui sono accaduti, sono passati inosservati. In entrambi la vittoria, del tutto inattesa, è stata attribuita a interventi soprannaturali. Interessante lo scambio verbale tra Oppas, il Vescovo di Toledo che aveva apostatato schierandosi a fianco dei saraceni dilaganti e che invitava Pelagio ad arrendersi: “L’intero esercito dei goti non ha potuto resistere alla forza dei musulmani, come puoi resistere tu su questo monte? Segui il mio consiglio, abbandona i tuoi sforzi, e vivrai felice con i tanti benefici che i mori ti daranno”. Pelagio avrebbe risposto “Non hai letto nelle Sacre Scritture che la Chiesa del Signore è come il seme di senape che, piccolo come è, per grazia di Dio diventa più grande di tutti?” “La nostra speranza è Cristo; questo monte sarà la salvezza della Spagna e del popolo dei goti; la grazia di Cristo ci libererà da questa moltitudine”. Sull'onda deI pensiero dominante anche noi siamo portati a ritenere che siano le cause economiche quelle che spiegano gli avvenimenti storici e scartiamo invece come fantasiose le ricostruzioni che pongono alla base degli eventi motivazioni diverse quali ad esempio quelle di difesa della propria identità personale (di cui la fede religiosa è parte ineliminabile). Cerami e Cuevadonga ci mostrano come l’approccio “economico” sia, se non sbagliato, certamente insufficiente a dare conto della storia, la quale sovente prende delle pieghe inaspettate a seguito della azione di piccoli gruppi fortemente coesi e motivati. Proprio per giustificare in qualche modo queste “anomalie” le tradizioni introducono nei racconti interventi soprannaturali non verificabili. Sarà così anche adesso nel XXI secolo? È possibile che qualche avvenimento, del quale siamo ignari, accaduto ad opera di qualche piccolo gruppo che si oppone al dilagare del “pensiero unico” abbia già posto le premesse per un cambiamento della storia in una direzione inattesa? Potranno dirlo solo le future generazioni! Commenta questo articolo Invialo via mail ad un amico Torna all'indice | Carlo Verga ci propone: "L'uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante... Sforziamoci dunque di pensare bene.»
Blaise Pascal |
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ABBIAMO OSPITI/ARCHITETTURA: Ponte Morandi e dintorni Articolo di Giancarlo Busiri Vici - Autore Ospite de La Lampadina Riprendiamo il filo del discorso iniziato dal parere espresso dall'ingegnere Massimo Cestelli Guidi su La Lampadina del numero scorso e al quale si sono succeduti vari commenti ed un ulteriore scritto di Cestelli Guidi stesso che ipotizza il recupero del ponte e che potete leggere cliccando su questo link. Pubblichiamo ora le considerazioni dell'architetto Giancarlo Busiri Vici in merito alla situazione attuale. Dalla tragica mattinata del 14 agosto a Genova, sul Ponte Morandi, sulla sua storia, sulle cause del crollo e sulle varie ipotesi di ricostruzione totale o parziale si sono dette e contraddette cose giuste (poche) e cose errate (tante). Fra queste ultime anche qualche fake news come quella che attribuirebbe alla pioggia intensa il crollo del pilone. Elencarle tutte potrebbe essere un esercizio divertente se la tragedia consumata non suggerisse maggiore cautela e maggiore equilibrio. Premetto che Riccardo Morandi l’ho conosciuto umanamente e culturalmente in varie occasioni emblematiche. Da Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti ebbi l’onore di cooptarlo nella sezione italiana dell’Unione Internazionale degli Architetti da me presieduta.
Insieme
al compianto Bruno Zevi, anch'egli membro della stessa
commissione, Morandi svolse un lavoro prezioso di raccordo
“politico" e culturale tra le due strutture.
In altra occasione, essendo stato incaricato di trasformare in multisala il Cinema Maestoso di Roma, da lui precedentemente progettato e realizzato, gli chiesi se avesse difficoltà che io intervenissi su di una sua opera. In tal caso avrei immediatamente rinunciato alI'incarico. Con una semplicità ed una umiltà disarmante, mi dette luce verde, chiedendomi soltanto il rispetto di una particolare struttura a trave rovescia che Egli aveva previsto per la grande sala di platea. Procedetti, rispettando scrupolosamente la sua richiesta. Traspare la figura di una persona di grande signorilità, di grande sensibilità ed in possesso di capacità tecniche straordinarie, che unite alle qualità artistiche dette sue opere ne hanno fatto un genio del suo tempo. Queste caratteristiche si manifestavano altresì con una semplicità e con una discrezione di cui soltanto pochi personaggi intelligenti sono stati dotati net secolo recentemente concluso. Ciò nonostante, dal giorno del crollo, più o meno velatamente, una parte di opinione pubblica e di classe dirigente si è scagliata contro di lui, responsabile, a detta di costoro, di aver progettato l’opera per un tempo limitato, di averne sbagliato le previsioni strutturali, di avere usato materiali non idonei. E’ stata, soprattutto nelle prime settimane una specie di “caccia all’untore” in una gara scriteriata a chi la urlava più grossa. Ignorando totalmente che l’incarico affidatogli era strettamente connesso a parametri quantitativi di flussi e di carichi che, nel corso di mezzo secolo, erano lievitati paurosamente. Se al progettista si dice che la struttura dovrà sopportare un flusso annuo di un milione di veicoli leggeri e/o pesanti e carichi trasportati per un massimo di 40/50 tonnellate, non lo si può poi mettere alla gogna se il flusso veicolare ha raggiunto rapidamente quota 25 milioni annui e carichi trasportati eccezionali di 150 tonnellate! Ciò semmai dimostra la poca lungimiranza dette previsioni dell’epoca che, forse, anziché pensare al futuro sviluppo abnorme del trasporto su gomma, si preoccupavano di contenere costi e risorse, limitando i programmi di una struttura che si è manifestata vitale dal punto di vista economico e sociale per la città di Genova. Ed ora che fare?
C'è
chi, a pochi giorni dall'evento, denotando un senso
di solidarietà forse troppo precipitoso, si è premurato
a presentare, progetto e modello del nuovo ponte, ai
massimi livelli cittadini e regionali. Non metto in
dubbio la generosità dette intenzioni, sono abbastanza
perplesso sui risultati espressivi dell’operazione,
la cui “idea” vuole ricordare le 43 vittime con altrettanti
lampioni..
C'è chi volendo mantenere a futura memoria i due tronconi mozzati del ponte, ne propone la ricucitura ricostruendo soltanto la parte crollata. Anche tale soluzione non mi convince perché presume un consolidamento pressochè totale delle parti del ponte rimaste, probabilmente gravemente ammalorate e la nuova costruzione di collegamento e di ricucitura.
Lo
sostengono autorevoli settori della cultura architettonica
contemporanea, convinti assertori del valore “storico”
della conservazione di brani importanti dell’opera di
Morandi.
A parte i costi elevatissimi di una tale operazione, sarebbe necessario sciogliere due nodi essenziali: - Quale linguaggio adottare per ricucire i due tronconi ancora in piedi? Un linguaggio di “mimesi” che personalmente rifiuto e che purtroppo è stata la tentazione vincente di analoghi interventi del passato o un intervento realizzato nel nuovo millennio che denunci chiaramente la distanza di mezzo secolo dal precedente splendido intervento di Morandi?
Se si optasse per questa operazione di “recupero” voglio immaginare per essa un progetto di grande qualità che, fatte salve le compatibilità strutturali, manifesti chiaramente il senso innovativo deII'intervento.
- Siamo sicuri che le case circostanti e/o sottostanti il ponte debbano essere mantenute? Esse hanno vissuto decenni di precarietà, di rumorosità, forse di vibrazioni che, per gli utenti dette stesse si è tradotto in condizioni di vivibilità scarse, difficili, quantitativamente pressoché assenti.
È evidente che l'eventuaIe loro demolizione comporta una redistribuzione degli abitanti in complessi edilizi esistenti, nella disponibilità dell’Amministrazione pubblica, o nella previsione della costruzione di nuovi alloggi nel medio periodo.
A sostegno del “recupero” si richiama alla memoria la barbarie di brutali demolizioni di opere d’arte secolari, effettuate dalI’Isis e consoci su di un patrimonio inestimabile deII’intera umanità. Per dovere di verità e di obiettività sarebbe giusto osservare Ie differenze colossali tra i contesti storici ed ambientali evocati. Le demolizioni recentemente operate nel mondo orientale sono state oggetto di una rivolta morale universale perchè effettuate a freddo con la precisa volontà di attentare a monumenti artistici unici, non ripetibili. La stessa freddezza che li ha contraddistinti nell'esecuzione lenta e feroce di inermi esseri umani con il coltello alla gola. Diversamente, il ponte è crollato non per volontà umane ma per una serie numerosa di concause in questa sede difficilmente analizzabili. E allora, bruciando i tempi, quale migliora occasione di un bando internazionale di progettazione formulato in tempi brevi, da un comitato di saggi, esperti esperti della materia, che possano poi proseguire il loro lavoro identificandosi nella giuria giudicatrice del concorso? Tra individuazione degli esperti, formulazione del bando ed espletamento del concorso con caratteri di esecutività, potrebbero al massimo passare 7/8 mesi. Alla costruzione del nuovo ponte si potrebbe arrivare, con i dovuti controlli procedurali di merito e di metodo e la sinergia di imprese di costruzione, dai curricula ineccepibili, in un massimo di 12 mesi. Genova e i Genovesi si riapproprierebbero di una nuova struttura vitale per la loro economia, proiettata in un futuro lontano di funzionabilità e durabilità. E ciò potrebbe attenuare il ricordo di una tragedia e i disagi pesanti ad essa seguiti, con fierezza e dignità. Commenta questo articolo Invialo via mail ad un amico Torna all'indice | Carlotta Staderini Chiatante: "…si cerca un capro espiatorio nelle sconfitte, che può essere quello giusto, quello che merita di pagare e nessun altro si assume le proprie responsabilità, il popolo ne esce sempre innocente. Il popolo spesso meschino e vigliacco e insensato, i politici non si azzardano mai a criticarlo, non lo rimproverano nè gli rinfacciano come si è comportato, anzi invariabilmente lo esaltano, per quanto poco sia degno di essere esaltato, in nessun paese. Ma è stato eretto a intoccabile e ormai è come gli antichi monarchi dispotici e assoluti. Come loro possiede la prerogativa della velleità impune, non risponde di ciò che vota nè di chi elegge, di ciò che sostiene, di ciò che tace e consente oppure di ciò che impone e acclama… Il popolo è sempre vittima e non viene mai punito; certo non si punisce da se, di sè ha compassione e pietà.”". Tratto dal libro “Bertha Isla” di Javier Marias |
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Note di viaggio - Palermo: ci siamo tornati! Articolo di Isabella Confortini Hall e Marguerite de Merode
Per la seconda volta un
entusiasta gruppo di soci si è recato a Palermo, città
dai più ben conosciuta, per un giro progettato tra il classico
e il contemporaneo, con due Virgili ad illuminarci le
vie di una città colma come uno scrigno di cose belle
da vedere: Elisabetta Calandrino e Ludovico Pratesi.
La parte classica ci è stata raccontata con sapienza e sensibilità da Elisabetta, la nostra ottima guida alla scoperta di una Palermo non scontata. Ed è proprio questo che abbiamo finalmente “visto”.
Lo splendore della Cappella Palatina e l’eterogenea
popolazione dell’Albergheria dove alloggiavamo in B&B;
lo sforzo del sindaco Leoluca Orlando ritornato alla
guida della città a far sì che la sua Palermo rinasca,
finalmente, dalle ceneri
dei bombardamenti del 1943 e da quelli politici e sociali
che sono seguiti. Una spinta al recupero di una storia,
di una tradizione, di una cultura secolare che per tante
e variegate motivazioni, era talmente rallentato da
sembrare, di fatto, inesistente.
Il recupero della propria civiltà parte dalle scuole, dall’insegnamento alle giovani leve che il patrimonio che la città possiede sotto la polvere dei palazzi nobiliari da recuperare, sotto le insegne di un artigianato che non ha eguali in Italia, è Loro, è una Loro ricchezza da gestire al meglio.
Abbiamo studiato un programma che mutava di ora in ora,
per inglobare particolari, persone, incontri, occasioni:
uno fra tutti Le stanze del Genio, un palazzetto dedicato
alle maioliche Siciliane e partenopee di
rara bellezza. Una colazione a palazzo Alliata, dai
preziosi saloni e con uno splendido lampadario di Murano
di rara bellezza.
Il graditissimo benvenuto a Villa Tasca ci ha fatto “sentire” la rilassata e impareggiabile ospitalità di Tea Tasca e di suo figlio Giuseppe. Con Elisabetta si è poi visitato il complesso di San Giovanni degli eremiti, e ci siamo immersi nel mercato di Ballarò con le sue fragranze e uno street food eccezionale.
La nostra piacevolissima pausa-caffè è stata un assaggio
di Manifesta 12 (alla quale abbiamo dedicato
i due giorni successivi), infatti Maria Teresa e Marino
Albanese Trigona con la figlia Giovanna, ci hanno accolto
a palazzo Scavuzzo Trigona, che sta attraversando un
poderoso restauro e che è una sede eccezionale per le
installazioni degli eventi collaterali di Manfesta 12
in giro per la città. Proprio là, in particolare, abbiamo
cominciato a ”percepire” il fremito creativo che percorre
la città: la giovane figlia dei padroni di casa, trasferita
da Roma a Palermo per lavorare nella città e per la
città, ne è l’esempio più chiaro.
Nella nostra esplorazione metropolitana abbiamo avuto come compagni di viaggio amici da varie parti d’Italia e molto forte è il legame di Palermo con Roma: nella loro casa di Mondello, siamo stati accolti con grande affetto, in un’atmosfera rilassata e allegra da Giuseppe e Renata Hausmann Tortorici con la loro splendida famiglia. Ludovico Pratesi invece ci ha guidato a Manifesta 12, per darci la chiave di lettura di questa particolarissima manifestazione: “Manifesta 12 è un’opportunità per celebrare Palermo nella sua essenza: un laboratorio per l’arte e la cultura. La città è capace di rinnovare se stessa e costruire il proprio futuro”. Palermo città della cultura 2018 ha ospitato la dodicesima edizione di questa mostra di arte contemporanea itinerante nei palazzi, nei giardini, nei teatri, nelle strade e ha un nome perfetto: “Il Giardino Planetario. Coltivare la coesistenza”.
Non
si parla ancora, per l’ennesima volta, di integrazione,
ma di coesistenza, un termine che esprime un concetto
più ampio, ramificato, che va a tangere e ad intersecarsi
con l’humus del territorio, con la riqualificazione
delle aeree al servizio della città e di chi la abita,
autoctoni ed emigrati, ricchi e poveri, investitori
e sopravvissuti, ora come centinaia di anni fa, quando
la Sicilia era un crogiolo di arte, etnie, genio e civiltà
diverse.
Manifesta è una Biennale di arte contemporanea itinerante che nasce nei primi anni ’90 fondata ad Amsterdam dalla storica dell’arte olandese Hedwig Fijen, che la guida ancora oggi. Nasce con l’intenzione di creare un dialogo tra arte e società in Europa
con un progetto culturale site-specific che dialoga
con l’ambito sociale in cui si sviluppa. Per la Fijen “Manifesta
12 a Palermo è una grande sfida per ripensare a come
gli interventi culturali possano avere un forte ruolo
nell’aiutare a ridefinire uno dei più iconici crocevia
del Mediterraneo della nostra storia, all’interno di
un lungo processo di trasformazione”.
Da parte “governativa”, si deve riconoscere al sindaco di aver messo, dal 1985, tutta la sua energia nell’aver creduto in un futuro migliore per la città promuovendo varie attività che hanno permesso il recupero dell’immagine di Palermo in Italia e nel mondo. Manifesta ha dato alla città una grande opportunità. Ha permesso di aprire, ripulire, ridare dignità e bellezza a numerosi spazi oramai chiusi o degradati. Questa edizione di Manifesta è divisa nelle tre sezioni Garden of Flows, Out Of Control Room, City On Stage. In pratica: natura e politica.
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COSTUME - Ce lo dicono da tempo Articolo di Lalli Theodoli Ce lo dicono da tempo. Siamo una nazione di anziani, anzi una nazione di vecchi. L’età media si è alzata a dismisura. Si lavora non solo per la generazione dei genitori ma oramai per quella dei longevi nonni. A che serve cedere il posto di lavoro ai giovani quando sussistono due generazioni da mantenere alle spalle? Pensioni in tilt. Diveniamo orfani a volte a più di settanta anni. L’immagine dell’orfanello non è più quella dei libri della nostra infanzia. E siamo noi, con tutti, che lentamente invecchiamo e le rubriche telefoniche cominciano ad avere troppi vuoti dolorosi: inesorabilmente la nostra età avanza. Si certo mille pensieri profondi: chi ha fede, chi non ne ha, cosa ci sarà OLTRE, ci sarà poi un OLTRE. Avremo dall’aldilà legami con i nostri cari. Rinasceremo bruchi, andremo in cielo, oppure. Se rinasceremo con il nostro corpo, sarà il corpo di quale età? Rinascere con il corpo di ottanta anni, mamma mia. Da lassù vedremo i nostri cari? E via tante domande angosciose. Paura della morte? Si certo! Anche se Epicuro dice che la morte non può generare paura. Non ci si incontra mai. Quando noi esistiamo lei non c’è e quando lei c’è noi non ci siamo più. Ma….l’avvicinarsi inesorabile di quella che sarà la conclusione della nostra vita ci pone anche assai meno seri quesiti. O forse solo a me. So che è tutto molto stupido ma, all’avvicinarsi del nostro addio alle spoglie terrene, bisogna anche organizzarsi un minimo. Inutile la lista degli oggetti da lasciare a figlio e a nipoti: il trumeau non lo hanno voluto quando eravamo in vita figuriamoci quando non ci saremo più. Venduto insieme all’argenteria che ci è stata cara, ai quadri che ci hanno circondato per tanti anni. Inutile addolorarsi per qualcosa di cui non saremo testimoni. Per il resto, per il saluto finale, ho scelto già la musica: una marcia di Elgar, potente, non triste. Voglio che si sappia che la mia vita ha avuto un mare di cose belle (naturalmente non sono mancati i dolori ma col tempo si affievoliscono): per cui una marcia quasi trionfante. Ma mi dispiacerebbe allontanarmi, senza un filo di tristezza, dagli amici e parenti che mi sono stati vicini in questo lungo percorso. Per cui.. violini che aiutino un minimo di commozione. Poi, mamma mia, mio figlio si metterà finalmente un vestito blu con la cravatta? Mio nipote avrà potuto o voluto districare la sua massa di capelli? Le nipoti ..leggins o qualcosa di più formale? Vietato saltare sull’altare a fare discorsi. Non vorrei soprattutto che le mie numerose sorelle ne approfittassero per raccontare a parenti ed amici mie malefatte passate. Vendetta finalmente! Oltretutto potrebbe essere una faccenda lunga. Ma io non ci sarò comunque. Mi sembra di aver pensato a tutto. Ma di botto un orrendo pensiero: E SE POI NON VIENE NESSUNO? Commenta questo articolo Invialo via mail ad un amico Torna all'indice | APPUNTAMENTI DELL'ASSOCIAZIONE LA LAMPADINA:::PERIODICHE ILLUMINAZIONI Ecco i prossimi appuntamenti dedicati ai Soci de La Lampadina. ********************Giovedì 15 Novembre | ore 10.15
andremo a vedere la Fondazione Tirelli, un’incredibile raccolta di oltre 5000 costumi disegnati dai più grandi costumisti per il teatro, l’opera, il cinema e la televisione di tutto il mondo. Un appuntamento da non perdere a Formello, alle porte di Roma! ******************** 21 novembre 2018 |ore 18.00 Mimmo Rotella. Manifesto Gnam, Roma
La mostra è stata inaugurata il 29 ottobre; Ludovico Pratesi ci guida nel salone centrale della Galleria nella visione di 160 opere che compongono sei insiemi-manifesto nei quali si possono individuare tutte le tecniche adottate da Rotella nella sua produzione artistica. ******************** A dicembre Picasso. La scultura alla Galleria Borghese
Visita della mostra, inaugurata il 24 ottobre scorso, con Ludovico Pratesi che ci accompagnerà alla scoperta di Picasso scultore Per info sull'Associazione e/o prenotazioni, scriveteci a appuntamenti@lalampadina.net Seguiteci anche sul nostro canale Twitter |
FLASH NEWS! Un po' qua, un po' là... Il consumo di droga - Secondo l’Osservatorio Europeo delle droghe, il 22 % degli adulti tra i 15 e i 64 anni nel 2017 ha fatto uso di qualche sostanza. L’italia la peggiore. La droga più diffusa è la cannabis. Fra i più giovani l’ecstasy, per i più grandi la cocaina. Qui il report molto interessante. CV ****
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L’acquisto
dei libri graphic o visual design -
Secondo uno studio di ricerca americano,
la più parte degli acquirenti di libri, prima
dell’acquisto passa il 40% del suo tempo a
leggere la quarta di copertina e dà sempre
più importanza all'aspetto grafico della pubblicazione.
Per questa ragione vengono fortemente rivalutate
le scuole di graphic o visual design.
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SUGGERIMENTI "ILLUMINANTI" | DA VISITARE: dal 14 al 17 novembre 2018 la tradizionale ESPOSIZIONE al Circolo San Pietro, operante da 147 anni a favore dei poveri di Roma. in Piazza San Callisto 13. Continua a leggere | | DA VEDERE: mercoledì 28 novembre alle ore 10.30 ACDMAE CINE FESTIVAL presenta il film "Un tocco di zenzero" al Rist. Tanagra, Lungotevere Flaminio 57. Una mattinata all'insegna della Grecia! Continua a leggere |
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CHI SARA' DI SCENA? Cari Lettori, questi i miei suggerimenti per il mese di novembre! Patrizia Circosta *** Come già anticipato, al Teatro dell’Opera dal 30 ottobre fino al 11 novembre per ben dieci rappresentazioni, andrà in scena Le nozze di Figaro, sempre l’amatissimo Mozart su libretto di Lorenzo Da Ponte. Si tratta della seconda delle opere della trilogia italiana di Mozart rappresentata al Teatro dell’Opera, preceduta dal Così fan tutte nella stagione precedente e seguita, nella prossima, dal Don Giovanni, sempre con la regia di Graham Vick. Sul podio Stefano Montanari che abbiamo già potuto apprezzare nella direzione de Il Viaggio a Reims. Musicato da Mozart all’età di ventinove anni, il testo dapontiano fu tratto dalla commedia Le mariage de Figaro di Beaumarchais. L’opera è in quattro atti e ruota attorno alle trame del Conte d’Almaviva, invaghito della cameriera della Contessa, Susanna, alla quale cerca di imporre lo ius prime noctis. L’opera, rappresentata per la prima volta nel maggio del 1786, è per Mozart, e prima di lui per Beaumarchais, un pretesto per prendersi gioco delle classi sociali dell’epoca che da lì a poco saranno travolte dai fatti con la Rivoluzione Francese. Insomma da non perdere! Vi ricordo che fino al 25 novembre il RomaEuropaFestival continua a rallegrare i nostri palcoscenici. Io vi segnalo il 23 e il 24 novembre al Teatro Vascello, lo spettacolo di musica e danza DFS in cui i coreografi Cecilia Bengolea e Francois Chaignaud fondono “tecniche e stili tradizionali alle pratiche contemporanee in cui la danza diventa forma espressiva generazionale”. Per maggiori informazioni sul cartellone vedi qui. Al Teatro India, dal 30 ottobre al 11 novembre, La scortecata: una rilettura della regista Emma Dante dal seicentesco Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, recentemente oggetto anche di un film di Matteo Garrone, intitolato appunto Il racconto dei racconti. Una favola decisamente noir che mi sembra adattarsi perfettamente alla cifra registica di Emma Dante. Lo cunto de li cunti overo lo trattenimiento de peccerille di Giambattista Basile, noto anche col titolo di “Pentamerone” (cinque giornate), è una raccolta di cinquanta racconti narrati in cinque giornate che prendendo spunto dalle fiabe popolari elabora un mondo affascinante e sofisticato. La scortecata è “lo trattenimiento decemo de la iornata primma” e narra la storia di un re che si innamora della voce di una vecchia, la quale vive in una catapecchia insieme alla sorella più vecchia di lei. Emma Dante riscrive e dirige il racconto ambientandola in una scena completamente vuota ed affidando a due uomini il ruolo di due personaggi femminili, come nella tradizione del teatro settecentesco. Qui una critica dello spettacolo che ha esordito al festival di Spoleto Se avete voglia di teatro in francese (con sopratitoli in italiano!) allora vi segnalo lo spettacolo del Théâtre des Bouffes du Nord, La maladie de la mort, un adattamento cinematografico live, liberamente ispirato al testo di Marguerite Duras, della trasgressiva regista Katie Mitchell che andrà in scena l’8 e il 9 novembre al Teatro Argentina. Fa ormai parte del circuito del Teatro di Roma anche il Teatro di Villa Torlonia, se non lo conoscete vi invito caldamente ad andare a vederlo: è un vero gioiello! A questo scopo, se avete fretta qualsiasi spettacolo andrà bene, ma vi segnalo fin da ora che a fine gennaio andrà in scena La signorina Else di Arthur Schnitzler, con la regia di Federico Tiezzi.
Al
Teatro Belli anche quest’anno fino
al 22 dicembre, va in scena la XVII
edizione della rassegna Trend
– nuove frontiere della scena britannica,
a cura di Rodolfo Di Giammarco.
Leggete anche gli altri suggerimenti sul sito. Patrizia |
----------------------- La Lampadina LIBRI Elvira Coppola Amabile commenta il libro Centane di Gea Palumbo Gioacchino Onorati Editore (Narrativa Aracne), 2018
Un libro che narra di Procida. L’isola più misteriosa del Mediterraneo. Centane è una contrada. Quando Gea ne parla la sua voce ha la musica di Napoli: è una barca sulle onde. Ti culla. Definite dalla sua raffinata cultura di antropologa culturale si snodano le storie di 5 generazioni. I personaggi si avvicendano in cent’anni di successioni. Maria Genoveffa Marietta Gaia le matriarche che ne segnano i contorni. Ed è come accostare l’orecchio alle conchiglie. Tutte hanno un fruscio diverso. Tutte hanno forme e colori diversi. Come i personaggi descritti. E tutti vengono dal mare. Lo attraversano per raggiungere altri continenti o vi restano prigionieri. Vite palpitanti. Mistiche carnali dolci sofferte. Storie. Gea Palumbo nasce a Napoli insegna Storia e Iconografia all’università degli studi Roma Tre. Autrice di numerosi saggi esordisce nella narrativa con Centane. |
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MOSTRE
Ecco
le segnalazioni di
Marguerite de Merode per settembre
ROMA
Mattatoio:
Lu Song. Interni Romani
curata
da Ludovico Pratesi.
Il padiglione 9A del Mattatoio ospita la prima mostra in Europa del pittore cinese Lu Song dove l'artista con la sua pittura, di matrice figurativa, si ispira ad un'analisi attenta e puntuale della storia dell'arte europea, con una particolare attenzione al paesaggio, colto in maniera surreale e fantastica, quasi evocativa. Una mostra raffinata, curata con maestria da Ludovico Pratesi che con la Galleria Massimo de Carlo porta 40 opere dell'artista a riempire il grande spazio del padiglione 9A creando un'atmosfera impregnata di magia.
Fino al
6 gennaio 2019
Scuderie
del Quirinale
Ovidio. Amori, miti ed altre storie.
Curatore Francesca Ghedini.
In onore del bimillenario della morte di un grande poeta della latinità, la mostra delle Scuderie del Quirinale ospita oltre 200 opere dall’antichità ad oggi tra affreschi e sculture antiche, rilievi, gemme, preziosissimi manoscritti medievali e dipinti di età moderna. Il racconto si svolge intorno ai temi dei suoi scritti; amore, seduzione, il rapporto con il potere e il mito. Molto bene allestita, la mostra ci fa capire quanto Ovidio abbia influenzato la cultura fino a nostri giorni. Fino al 20 gennaio 2019
Museo
di Roma in Trastevere:
Lisetta Carmi. La bellezza
della verità.
Per la prima
volta a Roma una mostra che illustra il percorso
fotografico di Lisetta Carmi lungo vent'anni.
Tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta,
la fotografa è riuscita, attraverso il suo
obiettivo, ad allineare la storia della fotografia
con la contemporaneità. La sua è stata un'attenta
osservazione della realtà, mai occasionale
e straordinariamente empatica.
Fino al
3 marzo 2019.
Galleria
del Cembalo:
Alain Fleischer "Je ne suis qu'une image"
Con un’attenta selezione di fotografie e video, la mostra ripercorre tutta la carriera dell’artista francese, dai primi lavori degli anni settanta fino ai più recenti.
L’artista
nell’esplorare il mezzo fotografico dà vita
a immagini che sono liberate dalla necessità
di rappresentare il visibile. Le fotografie
rivendicano dunque il loro ruolo: “Je ne suis
qu’une image”. Alcuni temi sono ricorrenti
nella sua opera: il viso e il corpo femminile,
l’erotismo, il senso della sopravvivenza,
la spettralità, l’illusione, il riflesso e
il doppio, il rituale, il mondo dell’infanzia
e il gioco, la trasfigurazione delle forme,
la rovina, la natura selvaggia”.
Fino al 19 gennaio
Villa
Medici-Accademia di Francia. “Le violon d’Ingres“
curata da Chiara Parisi.
In
questo luogo così particolare una mostra notevole
che rende omaggio alla storia della Villa
con un rilevante livello culturale, molta
raffinatezza e originalità. Si è creato un
dialogo tra la curatrice e l’artista Cristian
Boltansky facendosi incontrare la storia dell’arte
con il contemporaneo, mettendo insieme Victor
Hugo, Guillaume Apollinaire, Antonin Artaud,
Samuel Beckett, Jean Cocteau, Sergueï Mikhailovich
Eisenstein, Federico Fellini, Jean Genet,
Sacha Guitry, Franz Kafka, Pierre Klossowski,
Carlo Levi, René Magritte, Nelson Mandela,
Louise Michel, Pier Paolo Pasolini, Arnold
Schönberg, ed I contemporanei Etel Adnan,
Chantal Akerman, Christian Boltanski, Chris
Kraus, Pierre Guyotat, Abbas Kiarostami, David
Lynch, Patti Smith e Robert Wilson. Da non
perdere!
Fino al 3 febbraio 2019.
MILANO
In questo momento, Milano propone mostre molto interessanti, da non perdere.
Fondazione
Prada: “Sanguine-Luc
Tuymans on baroque”
La mostra che vi propongo viene da Anversa e approda a Milano con 80 opere realizzate da 63 artisti internazionali, di cui oltre 25 sono presentate esclusivamente alla Fondazione Prada.
Tuysmans
è un artista belga contemporaneo che lavora
dal 1980 attivamente; è stato tra l’altro
presente alla Biennale di Venezia nel padiglione
belga del 2001, a Documenta dal 1991 in poi,
ed è la persona ideale per portare avanti
la curatela di questo progetto. Tuysmans con
la mostra “Sanguine” dà una lettura totalmente
personale del Barocco in cui va aldilà dell’interpretazione
della nozione di “barocco” convenzionale e
mette a confronto l’arte del Seicento, l’arte
contemporanea, l’artista e il suo ruolo nella
società. Mostra raffinata, intelligente da
non perdere.
25 febbraio 2019
Fondazione
Carriero: Giulio
Paolini: Del bello ideale. A cura
di Francesco Stocchi.
La mostra è
dedicata a uno dei massimi esponenti dell’arte
concettuale, con interventi della scenografa
Margherita Palli, organizzata in stretta collaborazione
con l’artista. La Fondazione Carriero è situata
dietro piazza San Babila, in Casa Parravicini,
uno dei pochi edifici privati di Milano risalenti
al Quattrocento e va tenuto d’occhio perché
i progetti che propone sono spesso molto belli.
Questa piccola mostra riflette con cura i
57 anni della carriera di Giulio Paolini,
esponendo capisaldi della sua produzione,
alcuni dei suoi celebri autoritratti, fino
a tre nuove opere appositamente concepite
per l’occasione. La scenografa Margherita
Palli è stata invitata a entrare in dialogo
con il corpus delle opere dell’artista mettendo
in scena i nuclei tematici della mostra e
portandoci all’interno del viaggio introspettivo
dell’artista.
Fino al 10 febbraio 2019.
Pirelli
Hangar Bicocca:
Mario Merz: Igloos. A cura di Vicente
Todolí.
Nell’immenso
spazio di Fondazione Bicocca tutta l’antologia
del suo lavoro dedicato agli Igloos trova
perfettamente la sua sede. Con oltre 30 opere
di grandi dimensioni si forma un paesaggio
inedito dal forte impatto visivo.
Gli
igloo di Merz rappresentano l'unità abitativa
più povera di quanto si trova in natura. L’artista,
uno dei maggiore rappresentante dell'arte
povera prende in prestito all'arte concettuale
i suoi materiali: il vetro, il plexiglass e
l'ardesia, con pure il ferro. Allestito con
l’intenzione di esprimere il tempo dagli igloo-capanne
fatte con legnetti e ramoscelli, fino ai nostri
giorni, con alcune forme dell'abitare moderno.
Fino al
24 Febbraio 2019.
Pensiero
Laterale
Nero
come la pece
Un uomo nero,
un po’ ubriaco, vestito di nero, con una maschera
nera sta barcollando in mezzo ad una strada
con l’asfalto nero, proprio dietro una curva.
La strada è completamente deserta, i lampioni
sono spenti, in cielo non c’è luna e le stelle
sono oscurate da nuvole nere.
Le case ai fianchi della strada sono tutte
dipinte di nero, hanno le finestre chiuse
e le luci spente.
Improvvisamente, da dietro la curva spunta
un’auto nera, con i fari spenti, a tutta velocità.
Eppure il conducente riesce, senza nessuna
difficoltà ad evitare, con una brusca sterzata,
l’uomo nero.
Come si spiega?
Guarda
qui...
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