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La Lampadina - n. 76 ::: Dicembre 2018

Cari Lettori,

nel dicembre del 2011 abbiamo cominciato questa avventura editoriale e siamo ormai giunti all’ottavo Natale insieme a tutti voi. Lo festeggiamo parlando di tradizioni antiche come il mondo, che l’uomo perpetua variandole e adattandole alla realtà nella quale si trova a vivere; incontreremo verità storiche asservite ai bisogni del popolo; realtà economiche e produttive che variano nel tempo; uomini che entrano nel Guinness dei primati senza neppure conoscerne l'esistenza. E ancora potremo meditare sui numerosi tentativi che la pubblicità esperisce per far riflettere la collettività su temi antichi come il mondo che si ripetono e si aggiornano nella loro crudezza usufruendo di nuovi mezzi per esprimersi, ben conosciuti e volutamente ignorati dall’uomo, macchina meravigliosa e delicata, dalle mille capacità inesplorate.

Buona lettura e Sereno Natale a tutti voi.


Lunedi, 3 dicembre 2018

Buongiorno,
oggi la nostra Lampadina si accende su:


La Lampadina e' su Twitter

Dal mese di novembre 2018, La Lampadina ha iniziato a dialogare con tutti voi anche attraverso il canale Twitter. La nostra newsletter continuerà ad esssere inviata mensilmente, ma attraverso il canale Twitter, avremo la possibilità di aggiornarvi, in maniera tempestiva, delle iniziative e degli eventi che l'Associazione ha in preparazione.

Condividete i nostri articoli anche attraverso Twitter e seguite il nostro canale!



ATTUALITA' - Le donne, le loro scarpe e chi le produce
Articolo di Carlo Verga

I grandi acquirenti di scarpe sono principalmente le donne, ne sono terribilmente attratte così da riempirne armadi, scarpiere, mobiletti e ogni angolo della casa.
Parlano di loro, rispecchiano l’interpretazione della realtà e le scelte sono molto individuali; possono essere eleganti, con il tacco, da tennis o sportive, comunque esse siano, le più ne perdono la testa! Esistono perfino trattati di psicologia per dare una spiegazione a questo fenomeno di sempre.
Vi ricordate Imelda Marcos? Ne aveva 2700 paia e 800 vestiti, mi chiedo quanto Le ci volesse la mattina per vestirsi. Gli uomini forse ne sono meno attratti, molti tengono a quelle comprate magari 10 anni prima o più, ma devono essere lucidissime e perfette, per molti fondamentale che siano solo comode.
Le scarpe sono oggetti unici e come altre cose, le comprano maggiormente i Paesi più ricchi ma le producono i più poveri, a parte naturalmente quelle di lusso dove l’Italia, per il momento, è leader.
A fine del XIX secolo il più grande produttore mondiale erano gli Stati Uniti, potevano contare su 234 fabbriche con una produzione di oltre un milione di scarpe al giorno. Nel 1981 ha chiuso l’ultima fabbrica.
Le cose cambiano. Quando un’area povera del pianeta inizia ad avere le caratteristiche giuste per diventare un nuovo centro dell’industria manifatturiera, i produttori di scarpe sono i primi a rendersene conto e veloci a trasferire gli impianti. Il fondo speculativo Bridgewater Associates ci dice che, in questi ultimi anni, la scarsa crescita del Pil mondiale è dovuta ai "vecchi" ed ex ricchi Paesi mentre spesso gli emergenti hanno crescita a due cifre. Perfino Pechino comincia ad essere in crisi per i costi della manodopera.
I lavoratori cinesi chiedono stipendi ogni anno più alti: nella provincia dello Shenzen da marzo 2018 il salario minimo è stato alzato al nuovo record nazionale di 1.600 yuan al mese (circa 200 euro). La media nazionale è di circa 60 centesimi di euro l’ora, il lavoratore cinese non fa certo la bella vita, ma sono tanti i milioni di stranieri che prendono meno di lui e sono pronti a sostituirlo.
Ne sono calcolati in circa 1 miliardo. Sono le avanguardie della produzione mondiale a basso costo, ma anche indicano una fase di sviluppo economico ascendente per il proprio Paese. L’area dei Paesi così detti “emergenti”, comprende tre continenti. Il primo è quello dell’oceano Indiano con lo Sri Lanka, Myanmar, Bangladesh e Indonesia. Sul lato africano, l’Etiopia, il Kenya, la Tanzania e l’Uganda.
Il secondo è quello del Mar Cinese meridionale, Cambogia, Fillippine, Indonesia, Laos e Vietnam.
Il terzo polo dei nuovi emergenti, meno forte dei primi due, si trova in America Latina, dove il Messico è il paese più interessante con il Nicaragua, la Repubblica Domenicana e il Perù. Crocs, il produttore dei sandali di plastica americani, ha previsto di ridurre la quota di prodotti realizzati in Cina e aprire nuove fabbriche nel Sud-est asiatico. Coronet, società milanese che produce pelle sintetica per le grandi case di moda come Tod’s e Louis Vuitton, aprirà una fabbrica in Vietnam. Ed è chiaro che le nuove fabbriche, in quei siti segnalati, comprenderanno diritti limitati per i lavoratori e praticamente nessuna grana sindacale. Tuttavia è bene ricordare che 50 anni fa l’emergente del momento era il Giappone e la sigla "Made in Japan" indicava prodotti di scarso valore e scadenti. Ma poi sono arrivati Sony, Canon e Toyota e tanti altri. Lo stipendio del lavoratore medio giapponese, calcola l’Ocse, oggi è di circa 50 mila dollari all’anno: solo 3mila in meno del collega americano, ben 20mila in più di quello italiano...
Comunque care ragazze non abbiate paura: le scarpe continueranno ad esserci ovunque vengano prodotte e sempre più sofisticate… forse meno belle ma chissà?

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Carlo Verga:

"La differenza rilevante non passa tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti".

Norberto Bobbio

ABBIAMO OSPITI - Un dentista da Guiness dei Primati, nel cuore della Roma fine Ottocento
Articolo di Carlo Munns - Autore Ospite de La Lampadina

C’è un luogo a Roma che sin dai tempi dei Romani è stato legato alla medicina e alla salute: l’isola Tiberina. Qui era sorto sin dal III secolo a.C. un tempio ad Esculapio, il dio greco della medicina. Nei secoli vi sono succeduti tanti provvidenziali luoghi di cura e d’isolamento durante le terribili epidemie del passato.
Dal 1585 vi risiede un Ospedale curato dall'ordine dei Fatebenefratelli, e oggi intitolato a San Giovanni Calibita, un martire romano del V secolo. Tutti lo chiamano semplicemente, il Fatebenefratelli, ma i romani, quelli con più anni, lo ricordano come l’isola dei cavadenti.
Proprio così: da oltre 150 anni, quest’ospedale ha un suo preciso posto nell'immaginario collettivo della città, e tutto a causa di un frate venuto dal Nord alla fine del 1800, che rivoluzionò le tecniche odontoiatriche con un approccio originalissimo.
Il suo nome era Giovanni Battista Orsenigo, originario del Comasco, nato nel 1837 da un'umile famiglia ed entrato giovane nell'ordine dei Fatebenefratelli.
Scende a Roma e qui scopre la sua vocazione: cavare denti. Ha un dono di natura, uno strumento prezioso: due mani forti come tenaglie.
In un'epoca nella quale era ancora poco diffuso il ricorso all'anestesia, la sofferenza dei pazienti spesso era aumentata dall’irrigidimento della muscolatura prodotta dalla paura scatenata, anche dalla sola vista delle tenaglie. Ma lui, non ha bisogno di tenaglie: usa il suo pollice e il suo indice della mano destra.
Ha una straordinaria sensibilità nelle dita, e intuisce il corretto asse lungo il quale far forza per estrarre il dente, con il minimo dolore.
Il cliente è in piedi davanti a lui, sotto lo sguardo materno di un’icona della Madonna del Buon Consiglio. In un attimo, tutto è finito e il paziente torna a casa felice.
Per mantenere questa sua abilità il nostro frate "tutte le mattine, dopo un bagno ghiaccio, si esercita un quarto d'ora a roteare una specie di clava del peso di una decina di chili".
L’ambulatorio di fra’ Orsenigo nell'ospedale dell'isola Tiberina, apre nel 1870, e incontra subito un tale successo che si decide, per evitare ressa all'interno dell'Ospedale, di collocarlo in un locale attiguo alla Sacrestia di San Giovanni Calibita, una chiesetta facente parte del complesso ospedaliero, con accesso diretto dal lato del Ponte Quattro Capi.
Tanta gente comune, e spesso povera, accorre. Ma anche molti personaggi importanti ricorrono alle sue mani potenti: ministri come Francesco Crispi e Quintino Sella, letterati come Giosuè Carducci, attori, cantanti come Adelina Patti, la stessa Regina Margherita, e il papa Leone XIII.
Orsenigo lavora gratis, ma volentieri accetta un’offerta per i suoi poveri.
Con il ricavato del suo lavoro, egli metterà insieme un consistente capitale con il quale edificherà nel 1896, un ospedale per i poveri a Nettuno, ancora oggi esistente.
Una cosa particolare: il nostro frate pensa che il miglior modo di dare gloria a Dio per la sua opera, sia conservare tutti i denti estratti, che vanno a finire in "tre enormi casse della capacità di quasi un metro cubo, piene zeppe di denti cavati da lui, e divenuti col tempo di un giallo scuro, somiglianti a grossi chicchi di caffè crudo”.
A una conta effettuata nel 1903, l’anno prima della morte, i denti estratti erano già arrivati a 2.000.744, e proprio per questa sua performance, Fra’ Orsenigo è entrato nel 1972 nel “Guinness mondiale dei primati”.
Il nostro originale dentista muore nel luglio 1904, all’età di 67 anni. Cosa fare di quei 120 chili di reliquie del dolore umano? Una parte finisce nelle acque del sottostante Tevere.
Ma qualcuno ha un’idea migliore: il calcio di quei molari, canini e incisivi, anche se un po’ ridotto male, può essere ancora utilizzato insieme con altri materiali, per la pavimentazione di qualche strada nei dintorni dell’isola Tiberina. E secondo la voce del popolo, sembra che così sia avvenuto!
Ora, quando passeggerete intorno all'isola Tiberina, state attenti a dove mettete i piedi.

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Isabella Confortini Hall:

"Non attribuire mai a malafede quel che si può ragionevolmente spiegare con la stupidità".

Attribuita a Robert J. Hanlon

ABBIAMO OSPITI/CULTURA: Tradizioni in festa. Storie curiosità riflessioni
Articolo di Elvira Coppola Amabile - Autore Ospite de La Lampadina

Si avvicina Natale, Capodanno e le tradizioni più o meno timidamente si riaffacciano. Ma inconsapevolmente ignoriamo che sono una ricchezza fatta di riti e abitudini che vanno lentamente scomparendo. Ignoriamo che costituiscono la nostra identità.
Dimentichiamola e il mondo si appiattisce. Le tradizioni sono cultura. Le tradizioni non sono un monumento ma un museo vivo che contrasta la globalizzazione.
Greci romani turchi saraceni longobardi normanni svevi angioini aragonesi borboni hanno attraversato il nostro territorio lasciando eredità d’usi e costumi che hanno influenzato la nostra vita e le nostre abitudini. Non come semplice assunzione di elementi estranei o motivi originali ma con una profonda continua rielaborazione e infine un intimo assorbimento. Via via si affacciano novità e si aggregano. Posseggono qualcosa...
Il senso del magico, i misteriosi rapporti tra uomo natura ed entità metafisiche si sono innestati su un fitto tessuto di usi antichissimi costituendo rituali nei secoli che hanno assunto comportamenti abituali.
Quando l’uomo da cacciatore si è trasformato in agricoltore e allevatore, alla terra ha affidato la sopravvivenza di se della famiglia del bestiame. A quel punto ha cominciato a rincorrere riti propiziatori. Questa l’origine comune di tutte le feste che da pagane si sono trasformate in cristiane. Cerere dea delle messi delle biade dei raccolti della terra feconda è diventata la Madonna.
A Roma si celebravano le Ceralia. Una raffigurazione della Dea con il bambino e in mano le spighe di grano e il melograno oggi è stata sostituita dalla Madonnina e si porta in processione nelle campagne vicino Paestum. La festa di Capodanno ha origini antichissime ed è legata all'osservazione del cielo e al calcolo del tempo. Poi successivamente le diverse civiltà hanno uniformato l’inizio dell’anno.
Vi sono fondati motivi per sostenere che tutti popoli antichi festeggiassero il Capodanno all’inizio del solstizio d’inverno. Ci si rivolgeva al Sole venerato come una divinità per garantire alla festa una sacralità. Variavano i riti a seconda dei popoli  ma senza dubbio misticismo e solennità scandivano i ritmi delle celebrazioni pur riflettendo credenze religiose e usanze locali.
Una curiosità: con Tolomeo III nel 238 a.C. gli Egizi introdussero anche l’anno bisestile, aggiungendo un sesto giorno epagomeno ogni quattro anni. Fu Giulio Cesare che stabilì l’inizio dell’anno al 1 gennaio nel 45 a.C. Era Giano la divinità tutelare di tutti gli inizi. Bifronte un viso giovanile uno senile. Il sacerdote offriva focacce a Giano e i romani festeggiavano con gli amici scambiandosi mele datteri fichi e “strenae” ramoscelli di alloro che rappresentavano il rinascere della natura che si raccoglievano nei boschetto sacro dedicato a Strenia dea della fortuna.  Tuttora si chiamano strenne i doni natalizi.
I “follovielli” uvetta o fichi avvolti in foglie di limone si preparano ancora come allora in tante località del sud e in costiera amalfitana. Le lenticchie simbolo di monete e quindi di ricchezza hanno origine nordica. Inizialmente erano scaglie di salmone. Furono sostituite dalle lenticchie perché più economiche. S.Alfonzo dei Liguori paragonò Gesù ad un grappolo d’uva che addolcisce la bocca e rallegra il cuore declamando ”quanno nascette ninno” e noi mangiamo i dodici chicchi d’uva uno per ogni mese dell’anno dall’epoca dei latini.
Si regalava una piantina di ruta “che ogni male stuta”.
San Nicola di Bari venerato nelle campagne del sud veniva invocato quando cadeva il primo dentino ad un bimbo perché il nuovo non crescesse storto ed è diventato babbo natale o Santa Klaus e porta i doni il 6 dicembre. Vestiva di marrone.
Ma allora Babbo Natale quando è diventato tutto colorato di rosso con la pelliccia bianca? Nel 1885 Luis Prang uno stampatore di Boston inventò questa immagine.
La Coca Cola negli anni trenta adottò questa immagine per la sua campagna pubblicitaria imponendola ovunque con successo.
Il natale cristiano é la memoria della nascita di Gesù Salvatore. La commemorazione del Natale cristiano cadde prima il 25 aprile poi il 24 giugno e ancora il 6 gennaio. Solo nel 336 il pontefice Giulio impose il 25 dicembre come giorno della nascita di Gesù. La necessità  nacque dalla contrapposizione al dies natalis solis invicti dei romani. Questa celebrazione religiosa in onore di Saturno, dio dell’agricoltura, era stata trasformata in occasione di divertimento sfrenato in cui tutto era permesso. La festività cristiana sostituendo quella pagana, all’epoca era imperatore Aureliano, introdusse in modo indolore il culto del nuovo dio al posto del culto del sole.
Sant’Agostino ammoniva: “ricordatevi che non si onora il sole ma il suo creatore”. Un cenno ad una poetica leggenda celtica che trasforma il Vischio nella pianta degli innamorati. Baldur figlio di Odino venne colpito da una freccia di legno di vischio. La pianta venne maledetta ma le lacrime della moglie di Baldur cadute sulla pianta si trasformarono in perle. E da allora baciarsi a mezzanotte sotto il vischio regala felicità.
In fine il presepe. Il primo a Greggio fu fatto da san Francesco. Con figure di legno e animali veri nel 1224. Doveva raccontare il vangelo agli analfabeti. Da allora il cammino è lungo e Napoli è diventata la patria del presepe. Il presepe è una metafora del tempo dove Napoli mette in scena se stessa sempre. C’è un’attività frenetica tutto l’anno che invade vicoli strade con artigiani straordinari e raffinatissimi miniaturisti. Merita un viaggio la visita di questi luoghi. Ma vorrei accennare a qualche curiosità.  Nel 1702 Filippo V ricevette in dono il primo presepio.
Suo figlio Carlo quando sali sul trono di Napoli e Sicilia si appassionò a questa espressione e dette un grande impulso alla sua diffusone. Divenne una moda e coinvolse tutti. Sulla Gazzetta di Napoli il più celebre presepe fu quello di Emanuele Pinto principe d’Ischitella. Fu addirittura visitato dalla contessa Visconti della Pieve viceregina austriaca. Il principe si rovinó per questa passione e gli ori dei Magi e le altre preziosità finirono sul banco dei pegni.
Ora c’è anche l’albero  di natale che pare sia cominciato in Inghilterra presso la corte della regina Vittoria.
E noi? Noi non ci faremo mancare niente per la gioia dei piccoli e per restare attaccati alle nostre tradizioni... globalizzate ma nelle quali riconosciamo ancora identità e significati che fanno da ponte tra passato e futuro.


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Beppe Zezza:

"Nu pazzo e 'nu savio 'nzieme ne sanno chiù 'e 'nu savio sulo - (Nelle decisioni ci vuole un pizzico di follia)".

Proverbio napoletano

STORIA – Masada
Articolo di Beppe Zezza

Quasi tutti coloro che si recano in Israele fanno una visita alla fortezza di Masada.
Masada è il nome di uno sperone roccioso trecento metri al di sopra del Mar Morto. Erode il Grande vi aveva costruito un palazzo per sé e l’aveva trasformato in una roccaforte militare. I resti del palazzo, con i mosaici gli stucchi e l’impianto balneare, affascinano ancora oggi i turisti che rimangono sorpresi a trovare cose simili nello scenario selvaggio del Mar Morto.
La vicenda della presa di Masada da parte dell’esercito romano, in appendice della prima guerra giudaica che si era conclusa con la presa di Gerusalemme nel 70 dC, è narrata dallo storico Giuseppe Flavio. Giuseppe Flavio, il cui nome originario è Yosef ben Matityahu, ebreo di nascita, era passato a un certo punto della guerra dalla parte dei romani ed era divenuto storico di corte dell’imperatore Vespasiano dal quale aveva assunto il nome di famiglia.
Giuseppe racconta come la cittadella, occupata dai resistenti ebrei, sia stata cinta di assedio dal generale Silva. Questi per non dover attendere che gli occupanti si arrendessero per fame (la fortezza era dotata di magazzini ben forniti e di cisterne d’acqua) avrebbe fatto costruire dai suoi legionari un gigantesco terrapieno – il più grande mai realizzato dai romani - in modo da poter combattere allo stesso livello degli assediati. Questi, infiammati da un discorso del loro comandante Eleazar, per non cadere in schiavitù, la sera prima dell’assalto finale, avrebbero incendiato le loro postazioni e si sarebbe suicidati in massa. Unici sopravvissuti una donna e cinque bambini che si erano nascosti nelle condutture della roccia.
Questo atto estremo di eroismo patriottico è stato assunto come mito dagli israeliani al punto che nel 1969 ossa umane trovate in una grotta nel fianco sud est di Masada furono identificate come quelle di eroici assediati e sepolte con una cerimonia di stato in bare avvolte dalla bandiera israeliana e – secondo quanto afferma Wikipedia – ancora oggi reclute dell’esercito vengono condotte sul luogo e pronunciano il giuramento di fedeltà: “Mai più Masada cadrà”.
Masada dopo la presa da parte dei Romani rimase in loro possesso, tranne una breve interruzione durante la seconda guerra giudaica, fino alla epoca bizantina. In questo periodo venne anche abitata da monaci cristiani. Poi cadde nel dimenticatoio fino agli anni ’60 del secolo scorso quando i suoi resti vennero riportati alla luce dall’archeologo Ebreo Yigael Yadin.
Senonché…
Senonché gli scavi e gli studi archeologici sono proseguiti con il risultato che la ricostruzione degli avvenimenti fatta da Giuseppe Flavio ed entusiasticamente accolta dagli israeliani è stata fortemente ridimensionata: il terrapieno “gigantesco” sarebbe stato costituito non di una altezza di 60 ma di solo 5 m (realizzabile senza tante difficoltà in un tempo compreso tra una settimana e un mese), la descrizione della fortezza fatta da Flavio Giuseppe non corrisponde ai ritrovamenti archeologici (mancano tracce di 11 torri  che si sarebbero dovute trovare nella parte superiore di Masada e tutti gli edifici descritti per la Masada inferiore non sono stati ritrovati); il discorso del suicidio di massa rassomiglia a quello di racconti di episodi analoghi in scritti di epoca ellenistica contemporanea e potrebbero essere largamente plagiati.
Secondo le ipotesi che vengono fatte oggi, gli occupanti di Masada si sarebbero difesi come potevano fino alla morte cercando di infliggere il maggior numero di perdite possibile agli assalitori, con la logica di Sansone (muoia Sansone con tutti i filistei) pur in mancanza di armi adeguate a una difesa efficace (non disponevano nemmeno di una catapulta e di una balista!) per poi cadere prigionieri. I resti trovati non sarebbero degli ultimi occupanti ma di soldati romani (tra i resti ci sarebbero anche ossa di porco, notoriamente cibo proibito per gli ebrei). Come concludere? Giuseppe Flavio ha scritto pochi anni dopo gli avvenimenti, possibile che abbia riportato cose così manifestamente false?
Non ci dobbiamo sorprendere: non dobbiamo pensare che gli “storici” antichi avessero il rigore di quelli dei tempi attuali. Era costume abbellire ed esagerare i fatti – il generale romano Silla che vi aveva preso parte ne avrebbe ricavata maggior gloria, quindi perché smentire?
La versione della resistenza eroica dei difensori di Masada fornisce un “buon esempio” per una popolazione che per certi versi si sente, oggi come allora, accerchiata da forze preponderanti, non possiamo neanche pensare perciò che una ricostruzione storica più realistica possa trovare larga diffusione.
I miti sono così: restano nonostante tutto.

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Leonardo Hall:

"Se il punto in cui ti immergi in un fiume è il presente, pensai, allora il passato è l’acqua che ti ha superato, quella che va verso il basso e dove non c’è più niente per te, mentre il futuro è l’acqua che scende dall’alto, portando pericoli e sorprese. Il passato è a valle, il futuro a monte. Qualunque cosa sia il destino, abita nelle montagne che abbiamo sopra la testa".

Paolo Cognetti, dal romanzo “Le otto montagne”

COMUNICAZIONE – Socially correct: Le campagne pubblicitarie che non avremmo mai voluto fare
Articolo di Lucilla Crainz Laureti

La pubblicità è un argomento che mi ha sempre molto interessato. Cosa inventarsi per far sì che il messaggio arrivi alla gente, come convincerla che quel prodotto o servizio fa proprio al caso tuo, come farsi notare? Cosa sta dietro quell’intuizione geniale che fa scaturire uno spot? La Saatchi & Saatchi è una delle agenzie pubblicitarie più importanti al mondo e si è sempre occupata anche di campagne sociali. Era il 2007 e al MAXXI presentarono una mostra molto interessante: “Saatchi & Social: vent’anni di campagne che non avremmo mai voluto fare.” Era mancato da poco Paolo Ettorre a capo della Saatchi Italia,  pioniere della comunicazione sociale in Italia. Il manifesto dei primi anni Settanta, con l'uomo in cinto  per la promozione della contraccezione in Inghilterra, è quello che colpisce  di più, e sotto la scritta:  "Saresti forse più attento se fossi tu a rimanere in cinto?" Molti altri manifesti interessanti come quello con una bella sedia in velluto rosso vicino ad una serie di cassonetti scassati e maleodoranti e la scritta "il prossimo sindaco dovrà lavorare qui" e anche una foto con una pelle con macchie di sangue e la scritta "Questa non è action painting", e ancora, per Pubblicità Progresso un uomo di colore su una croce "No al razzismo. Sì alla tolleranza" e la campagna di prevenzione del tumore al seno promossa dalla Lega Tumori di Roma: la foto di una mano che va verso un campanello ma il pulsante è un seno e la scritta "Visitateci". Dice la Saatchi nella presentazione: "Una raccolta di campagne che non ha certo la pretesa di risolvere i problemi dell'umanità, ma che ha l'ambizione di rendere sensibili e consapevoli molti. Alcune idee sono state fortunate, hanno avuto maggiore visibilità grazie a investimenti di rilievo raggiungendo risultati a volte straordinari. Altre, pur ottenendo premi e riconoscimenti, hanno trovato poco spazio sui media".
Entusiasta di questa mostra e di tutti i messaggi che ci invia  propongo di farla a Spoleto durante il Festival dei Due Mondi, contatto il sindaco e l'amministrazione comunale che aderiscono con entusiasmo ed infatti la mostra si terrà nella bella cornice del Chiostro di San Nicolò.
Affinchè le campagne sociali e il loro messaggio non rimangano episodici exploit di successo, oltre alla mostra si istituisce un premio dedicato a Paolo Ettorre, che per anni ha promosso queste campagne; il premio è riservato agli studenti di scuole di arte e comunicazione e consiste  in una borsa di studio per uno stage di 6 mesi presso la Saatchi. Per fare qualche esempio nei 10 anni di istituzione del premio gli argomenti trattati sono stati molti e dei più vari, come molteplici ed eterogenei sono i settori nei quali la pubblicità sociale deve agire come pungolo della presa di coscienza di determinate problematiche più o meno conosciute.
La creazione della prima campagna riguarda il rispetto del nostro territorio denunciando gli abusi edilizi, i vincitori hanno utilizzato il gioco del Monopoli, partendo dal presupposto che l'abuso edilizio è "facile come un gioco" ma in realtà perdiamo tutti.
Per il diritto al copyright il manifesto vincente mostra Alfred Hitchcock vestito da idraulico e la scritta "Il cinema sarebbe lo stesso senza copyright? Il diritto d'autore permette agli artisti di vivere del loro lavoro: RISPETTALO".
Altri anni, altri messaggi: dal volontariato e solidarietà al diritto allo studio, dal donare gli organi allo spreco alimentare, dalla coesione sociale alla lotta per la differenza di genere, dalla campagna per "Save the children" contro la violenza ai bambini alla Caritas.
Quest'anno un altro tema di grande attualità, una piaga che colpisce oggi molti e specialmente i giovani. "Il cyberbullismo: mai più vittime", in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione. In Italia oggi si calcola ci sia una percentuale di più del 20% di ragazzi vittima di bullismo on line. I vincitori hanno presentato una campagna trasformando il problema in chiave positiva, come un gioco e invitando la vittima a servirsi di un'App - un'idea che utilizza le stesse tecnologie che facilitano la diffusione del fenomeno.
E ancora Medici senza Frontiere, Autostrade per l’Italia e Enel Cuore Onlus.
Insomma, le campagne sociali non hanno confini, coprono tutto l’universo mondo, ovunque ci sia l’uomo e il suo operato, vi sono correttivi da apportare, contromisure da prendere, errori da correggere, coscienze da risvegliare.
I nostri tempi sono difficili, poiché siamo abituati a tutto. Ci passano sotto gli occhi mille immagini significative, di denuncia, a volte drammatiche, ma sembra che ci si limiti a vederle, senza guardarle. Senza concedere il tempo al nostro intelletto e al nostro cuore di collegarsi, senza riuscire a maturare un pensiero critico. E così il mestiere del pubblicitario diventa sempre più difficile, rendere efficace una campagna diventa arduo, creare un teaser che si ricordi nel tempo è un’impresa titanica. L’obiettivo è smuovere la nostra paciosa indifferenza, fare in modo che non si volti il viso dall’altra parte.
Fortunatamente, le giovani leve sembrano ancora colpite dalla pubblicità, poichè fa parte del mondo digitale nel quale sono immersi, fatto solo di immagine. Crediamo fortemente in loro, speriamo che siano in grado di vedere, guardare, capire e agire. Come abbiamo fatto noi nei 20 anni di campagne Saatchi che non avremmo mai voluto vedere.

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Aloisio Caetani:

"Una candela non perde nulla ad accendere un’altra candela".

Titolo di un libro di Luisa Stracqualursi

COSTUME - E se fossimo dei barattoli?
Articolo di Lalli Theodoli

Età media? In sensibile aumento. Molte cose ovviamente sono cambiate, la medicina ha fatto e fa passi da gigante: di anno in anno vengono combattute con maggior successo malattie che una volta erano assolutamente inguaribili. La mortalità infantile nei nostri Paesi è un incubo sconfitto, anche se, purtroppo, permane feroce nei Paesi in via di sviluppo. Viviamo tanto, tantissimo. Seguiamo con attenzione i dettami dei medici che raccomandano cibi appropriati, molto moto, evitare lo stress (sì, ma come si fa?) e così piano, piano, stiamo raggiungendo età impensabili fino a qualche generazione fa. Ma tutto ciò avviene con l'evidente compagnia di qualche inevitabile acciacco. Se cadiamo ci rompiamo con facilità. Siamo circondati di ginocchia indebolite, femori aggiustati, menti, a volte, vacillanti. Ci arrabbiamo di questi incidenti di percorso e a volte non ci rassegniamo.
Ma… le automobili, anche le più prestigiose, hanno bisogno di revisioni annuali, di essere seguite anno per anno provvedendo quando necessario, alla sostituzione di parti meccaniche a volte, o elementi all’impianto elettrico, o centralina (ed allora sono guai). Dopo un certo numero di anni non c’è più nulla da fare: l’auto va rottamata. Le riparazioni non valgono la spesa, i pezzi di ricambio introvabili perché oramai l’auto è fuori commercio.
Possiamo considerarci alla stessa stregua? Il nostro corpo è stato forse progettato e studiato per una durata di anni che ora superiamo abbondantemente. Se fossimo un'auto dopo aver superato moltissime revisioni (check per noi) e cambi di pezzi (femori, ginocchia, fegato, cuore), saremmo già parte di un mucchio di rottami. Invece mal di schiena, ossa fragili, mente in libertà… ma siamo qui. Non gettati, non rottamati, anzi tuttora in circolazione e in uso.
Se fossimo un barattolo, già dai nostri cinquanta anni avremmo scritto in fronte “da consumare entro l’anno” e invece procediamo spediti incuranti della scadenza.
Ma noi siamo anche ALTRO. Mens (quasi) sana in corpore (in scadenza). Non ricordiamo un sacco di cose: il titolo del film di ieri, l’autore del libro di oggi, i compleanni e… tantissimo altro. Ne accusiamo gli anni, la mancanza di allenamento del cervello, e ce ne facciamo una ragione. Non funzioniamo come una volta. Ma.. mi è stato regalato recentemente un libro LA LINGUA GENIALE con un sottotitolo preoccupante: "9 ragioni per amare il greco".
Accettato con un ringraziamento formale. Che ne farò? Che idea! Il greco. Credo che non avrò alcuna voglia di affrontarlo. Ma, a corto di letture più frivole, una sera l'ho aperto e l'ho divorato.
L’autrice, Andrea Marcolongo, con profonda leggerezza ci fa rivivere la nostra adolescenza. Le spiegazioni dei mille motivi per cui dovremmo amare questa lingua vengono accompagnate da testi originali confortati da traduzione a fronte. Sembra impossibile ma, a distanza di tanti anni, la nostra comprensione ora è addirittura maggiore di quella di secoli fa, quando lo studiavamo per ore. Ritroviamo l’ottativo (ricordate? C’è addirittura quello della possibilità e della impossibilità, del desiderio cioè realizzabile o assolutamente irrealizzabile) e l’aoristo. Riusciamo a ricostruire le frasi che in greco sono costruite in totale libertà: una macedonia di parole. Tanti anni fa una fatica enorme mentre ora, con l’aiuto del testo a fronte, la nostra mente saltella leggera sulle frasi di Platone e di Senofonte. Questo cervello che non ha visto un testo greco da molti decenni ha come da lontano ed in silenzio nel tempo acquisito una maturità che gli permette di risolvere. Come se negli anni avesse digerito nozioni e capacità. “Abbiate pazienza, stiamo lavorando per voi”, ci hanno comunicato le menti che credevamo a riposo.
Sono stupita. Contenta. Pazienza per il film di ieri “Bello ma che cosa era?” Pazienza per il libro appena finito “Interessante ma chi lo ha scritto?” Sappiamo che la memoria recente ha dei vuoti a favore di memorie antiche. Ma che questo potesse anche riguardare una lingua di tanti anni fa pare miracoloso.
Grazie Andrea. A proposito, è una scrittrice. Deve il suo nome, maschile in Italia, ad un vecchio capriccio paterno per cui ha un po’ sofferto durante la scuola e che le ha fatto in seguito ricevere la cartolina per partire militare!

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APPUNTAMENTI DELL'ASSOCIAZIONE
LA LAMPADINA:::PERIODICHE ILLUMINAZIONI

Ecco i prossimi appuntamenti dedicati ai Soci de La Lampadina.

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“ROMA DA AMARE”
4 appuntamenti per conoscere
meglio la Citta' Eterna.

Il percorso di quattro incontri tenuti dalla Prof.ssa Nicoletta Fattorosi Barnaba ha come scopo quello di conoscere meglio la nostra città, per riuscire ad amarla, a rispettarla e quindi a migliorarla.

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Ecco il calendario degli incontri:

23 GENNAIO 2019 - Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele II, Pio IX. Roma diventa Capitale.

27 FEBBRAIO 2019 - Il Tevere e Roma

27 MARZO 2019 - Roma e i suoi ponti

10 APRILE 2019 - Da ponte Garibaldi alla foce del fiume

Le conferenze si terranno presso il Circolo ACEM (Via Fornaci di Tor di Quinto s.n.c. – Parcheggio gratuito) con inizio alle ore 20:15.
Il costo dell’abbonamento per le quattro conferenze è pari a 65 Euro a persona.
Le iscrizioni dovranno pervenire entro il 16 dicembre.

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Per info su questo evento, e sull'Associazione, scriveteci a
appuntamenti@lalampadina.net

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FLASH NEWS!

Un po' qua, un po' là... 

Il futuro della carne vegetale - Rinunciando all’allevamento di carne da macello si ridurrebbe l’uso dei terreni agricoli del 75% pari ad un'area degli Usa, Cina, Australia ed Europa messi insieme. Si ridurrebbe di 6 volte l’emissione di gas serra e si otterrebbe lo stesso numero di proteine vegetali con solo un trentaseiesimo di detti terreni.
CV

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Tutto il vino sorso per sorso! - Anche le aziende vinicole si allineano in una guerra contro le contraffazioni. A breve con il tuo cellulare inquadrando l’etichetta con tecnologia QRcode, potrai leggere la storia del vino dell’azienda che lo produce, l’origine geografica, le caratteristiche del terreno e una serie di altre informazioni. Questo certo limiterà la cattiva usanza di molte cantine di usare uva o altre vini da taglio di origine estera per le proprie produzioni e dichiarare una origine di zona locale. La tecnologia è della EZlab.
CV

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La Callas in Ologramma?

Cosa ne pensate dello spettacolo alla Salle Pleyel di Parigi dove si è proposto Maria Callas in versione oleogramma?
Guardate qui il video.

Tra coloro che hanno assistito allo spettacolo, molti hanno applaudito, altri sono rimasti scioccati, altri hanno provato una profonda tristezza.

Voi cosa ne pensate?

 

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SUGGERIMENTI "ILLUMINANTI"

DA VEDERE: Naufragio a Hermandad, l’isola dei cuori felici
V’invitiamo a fare un piccolo grande gesto di solidarietà: partecipare a un evento teatrale per aiutare tantissime persone ai margini della società e bisognose di cure per il loro cuore.

Naufragio a Hermandad, l’isola dei cuori felici è lo spettacolo che andrà in scena a Roma il 13 gennaio 2019 al Nuovo Teatro Orione a favore della Onlus Dona la Vita con il Cuore

Guarda la locandina dell'evento


E ANCORA
FLASH NEWS!

 

La chiavetta, che invenzione! - La chiavetta per memorizzare i dati è stata inventata da un israeliano nel 1999. Dov Moran in occasione di una presentazione ha avuto improvvisamente il pc impallato perdendo tutti i dati di una sua ricerca. Questo lo ha talmente scosso, che dopo qualche tempo di durissimo lavoro ha prodotto la prima chiavetta. Il lavoro gli ha reso bene ha venduto il suo brevetto a San Disk per 2,6 miliardi di dollari. E se la perdete con dentro tutti i vostri dati? Beh, ne avevamo parlato già tempo fà.
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Un'Italia in contanti - Secondo uno studio della Ambrosetti in Italia al giugno 2018 circolavano ben 201 miliardi di euro in contanti, oltre l’11% del PIL. 55 miliardi di pagamenti di cui 46 miliardi con carte di credito e debito, il resto cash.
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Cosa possiamo aspettarci? - "Coin de jardin avec papillons”, il dipinto raffigurante un angolo di giardino dai colori brillanti, realizzato da Vincent Van Gogh (1853 - 1890) nel 1887, è rimasto invenduto all'asta dell’11 novembre 2018 da Christie's a New York. L’opera, era stimata oltre 40 milioni di dollari. Secondo gli analisti è un brutto segno dal mercato: le case d'asta infatti con le loro vendite sono un fattore molto indicativo e il caso di un'opera di un pittore quale VVG invenduta, spesso anticipa una recessione o una forte contrazione del mercato. Una caduta verticale del loro valore ha preceduto il crollo del 2000, del 2008/09 e ne ha anticipato la contrazione nel 2015. Sotheby's ha però venduto i gioielli di Marie Antoinette per $ 53,2 milioni, che è stato un nuovo record, che possiamo aspettarci?
CV

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CHI SARA'
DI SCENA?

Cari Lettori, questi i miei suggerimenti per il mese di dicembre! 
Patrizia Circosta

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Il Teatro dell’Opera inaugura la stagione 2018/2019 con Rigoletto di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piava. Sul podio Daniele Gatti e Roberto Frontali nel title role. Otto recite dal 2 al 18 dicembre.  

Continua fino al 22 dicembre al Teatro Belli la XVII edizione della rassegna Trend – Nuove frontiere della scena britannica, a cura di Rodolfo Di Giammarco.

Per gli spettacoli trasmessi al cinema in diretta dalla Royal Opera House di Londra, lunedì 3 dicembre sarà la volta del balletto Lo Schaccianoci, musiche di Ciajkovskij.

All’Auditorium Parco della Musica dal 21 al 31 dicembre, come ogni anno, il Roma Gospel Festival.

Dal 5 al 9 dicembre presso il Centro dei Congressi, Più Libri Più liberi, la fiera dalla piccola editoria.

Al Teatro Valle la bella mostra Paolo Poli è… è stata prorogata fino al 6 gennaio, ingresso gratuito giovedì, venerdì e sabato dalle 17.00 alle 20.00 e domenica dalla 11.00 alle 18.00.

Patrizia

Leggete anche gli altri suggerimenti sul sito.

 

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La Lampadina
FILM

Questi i suggerimenti per i prossimi film in sala da Valeria Bosi, la nostra "casalinga di Voghera"!

Negli ultimi anni ho la fortuna di coltivare la mia grande passione per il cinema partecipando, come spettatrice, alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Poter assistere alla proiezione di alcune delle novità cinematografiche della stagione, presentate per la prima volta in occasione del Festival del Cinema (che si svolge in una delle città più belle del mondo), è sempre una grande emozione, anche perché in sala sono presenti sia il regista che gli interpreti principali del film oggetto di visione.
Il giudizio del pubblico alla fine della proiezione, espresso attraverso più o meno applausi o, in alternativa, a mezzo di altre forme di disapprovazione (fischi oppure uscita anticipata dalla sala) spesso decreta quale sarà il gradimento e, quindi, il successo del film ai botteghini. E non solo.
Molti dei film da me visionati nel corso dell’ultima edizione del Festival verranno resi disponibili per il grande pubblico a breve.

Qui di seguito alcune mie personali recensioni.

"Doubles Vies" di Olivier Assayas, film francese raffinato e arguto che affronta la tematica della digitalizzazione e il futuro dell’editoria. Continueremo ad avere la carta stampata con il suo fascino indiscusso oppure tutto verrà sostituito dal più pratico e conveniente digitale? Il film non vuole e non deve dare delle risposte ma stimolare delle domande, come il grande cinema deve fare. La trama si sviluppa su dialoghi acuti e ironici che ricordano un po’ Woody Allen della prima maniera, grazie ad un cast ricco di attori degni di nota, tra cui un affascinante Guillame Canet, Juliette Binoche (un po’ sciupata, ma sempre brava) ed uno straordinario Vincent Macaigne (già visto in C’est la vie, Prendila così, del 2017) che interpreta uno scrittore un po’ stralunato e in crisi artistica, di una tale bravura, la cui interpretazione da sola vale la visione del film.

"The Sister Brothers" di Jacques Audiard, regista del film "Un sapore di ruggine e ossa" e che ha vinto, tra l’altro, la Palma d’oro a Cannes nel 2015 con Dheepan. Di solito non amo i film western e, probabilmente, non sarei neanche andata a vederlo se non fosse rientrato nel carnet del mio abbonamento.
Devo ammettere che sono rimasta favorevolmente sorpresa, il film mi è piaciuto anche perché "The sister brothers" si può definire un “emo-western”, ovvero un western emotivo (ma anche divertente) che comincia come tanti altri e poi si sviluppa in un percorso più profondo, un viaggio catartico di due fratelli cacciatori di teste che durante una spedizione punitiva ritrovano se stessi.
È un film diretto molto bene e interpretato magistralmente da Joaquin Phoenix e uno straordinario John Reilly (a mio parere meritevole della "Coppa Volpi”, che invece è stata attribuita a Willem Defoe per l’interpretazione in At Eternity’s Gate di Julian Schnabel) un bel western con la grazia di una regia francese! Nb: i costumi del film erano nei magazzini della maison Tirelli!

"The Favourite" del regista greco Yorgos Lanthinos (regista di "The Lobster" 2015). Il film, in costume, è ambientato nel Regno Unito nel periodo in cui governava la regina Anna. In un intreccio saffico le due favorite della regina si scontrano fino all’ultimo sangue per raggiungere il potere a corte. La sete di potere è il leitmotiv di questo film che esce completamente dagli schemi di tutti i film in costume per scelte artistiche del regista assolutamente anti convenzionali. È un film grottesco dove tutto viene esasperato, a tratti quasi infastidisce. Appena uscita dalla proiezione ero leggermente infastidita, direi quasi disturbata. Mi aspettavo tutt’altro. Ho cominciato ad apprezzarlo dopo, ripensandoci. Le interpreti sono bravissime, Emma Stone, Rachel Weltch e una straordinaria regina Anna interpretata da Olivia Coleman (per gli amanti della bellissima serie tv di Netlix “The Crown" interpreterà la regina Elisabetta nella nuova serie) che con questa performance ha vinto la Coppa Volpi come migliore attrice. Il film ha vinto anche il premio della giuria. Da evitare se amate i film in costume classico, da vedere se Vi piace osare.

"Capri Revolution" di Mario Martone. Il regista continua con i film a fondo storico come "Noi Credevamo" e “Il giovane favoloso". Siamo sull’isola di Capri alla vigilia della prima Guerra mondiale. Una ragazza di paese (interpretata da Marianna Fontana, una delle due gemelle del film “Indivisibili" del 2016, assolutamente da vedere) subisce il fascino di una comune di giovani nordeuropei che si sono trasferiti sull’isola e che predicano la libertà di pensiero, il nudismo, il corpo come forma d’arte e il rispetto per la natura. Un movimento così moderno (vegetariani ante litteram) che a tratti ci si dimentica di essere nei primi del Novecento, piuttosto rimanda agli anni Sessanta e alle sue rivoluzioni. In quegli anni Capri ha anche attirato diversi dissidenti russi che si preparavano alla rivoluzione. Due mondi che si incontrano e si scontrano, la tradizione e la modernità, chi predica la pace e chi crede nella guerra alla vigilia del conflitto. Bella regia, bellissima fotografia, bello e poco conosciuto il tema trattato con un finale non scontato che lascia speranza.

"Roma" di Alfonso Cuaron che ha vinto il Leone d’oro come miglior film (per alcuni maligni un po’ raccomandato dal regista Guillermo del Toro, presidente della giuria nonché suo connazionale e grande amico). Indubbiamente un bel film, tutto in bianco e nero e a tratti con una regia un po’ compiaciuta. Dopo i primi 20 minuti mia sorella ed io ci siamo chieste quale fosse l’obiettivo del regista, cosa volesse rappresentare, sembrava che non ci fosse una trama, poi il film ha cominciato a prendere forma. Roma è un Amarcord del regista, che racconta la sua infanzia in un quartiere borghese di Città del Messico, chiamato appunto Roma agli inizi degli anni 70. Il film è un omaggio di Cuaron alle donne importanti della sua vita, la madre, la nonna e in particolare la sua amorevole tata Cleo, alla quale ha dedicato il film. Ha persino voluto ricreare l’ambiente della sua casa recuperando gli arredi originali. Uscita dal film, che a tratti (onestamente) può sembrare un po’ lento ma che prende un bel ritmo nella seconda parte, mia sorella ed io abbiamo ripensato a quando eravamo piccole, alla nostra tata Carmela, un sapore di madeleine, ecco questo è l’effetto benefico del film, risveglia l’amarcord in ognuno di noi. Roma uscirà sulla piattaforma Netflix a dicembre (forse solo in alcune sale d’essai). A mio parere un vero peccato perché è un film da grande schermo. Purtroppo questa sembra essere la tendenza sempre più diffusa, mai come quest’anno ci sono stati film in concorso prodotti da Netflix.
Noi continueremo sicuramente ad andare al cinema, vincendo la pigrizia e con il piacere di condividere l’esperienze con quelli che come noi amano questa forma di arte.
Buona visione a tutti!

Continua a leggere sul sito.

 

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MOSTRE

Ecco le segnalazioni di
Marguerite de Merode per settembre

ROMA

Galleria Nazionale d’Arte Moderna: Mimmo Rotella, Manifesto a cura di Germano Celant. Mi ha sempre incuriosito quest’artista che esordisce con opere di matrice neo-geometriche per poi essere riconosciuto essenzialmente per i suoi “décollages” esposti per la prima volta nel 1954. La Galleria d’arte moderna con la mostra monografica Mimmo Rotella Manifesto, vuole celebrare con centosessanta opere il centesimo anno della sua nascita non solo con i suoi poster strappati ma anche con gli aspetti performativi e alcune sculture.
Fino al 10 febbraio 2019

Gagosian: Sarah Sze - L’artista americana utilizza, per il suo linguaggio creativo, quantità di immagini sospese tra il mondo della scultura, del cinema, dell’incisione e quello della pittura, costellazioni di immagini a creare un mondo intriso di energia vitale. Nello spazio della galleria, sono delle vere costellazioni “che accolgono il visitatore in un universo di immagini che mutano nel passaggio dallo schermo adattandosi ad ogni altra forma di supporto fisico”. Ci sarà anche da visualizzare, alla Cripta Balbi, un grande masso di pietra diviso a metà come un geode che presenta su ciascuna superficie un cielo al tramonto e che evoca le immagini presenti in alcune pietre cinesi gongshi e nei soggetti spirituali del Rinascimento.
Fino al 12 gennaio 2019

Museo Carlo Bilotti: Balla a Villa Borghese a cura di Elena Gigli. Questa bella mostra organizzata da Elena Gigli, storica dell'arte, da tempo impegnata nella catalogazione dell'opera di Giacomo Balla, è un’antologia dedicata a uno dei massimi esponenti del futurismo italiano. L’esposizione è rivolta soprattutto ai lavori pre-futuristi che il grande artista torinese dipingeva sporgendosi fuori dal balcone della casa in cui era andato a vivere nel 1904 con la moglie Elisa. Saranno 30 i dipinti che illustreranno gli scorci di Villa Borghese che gli si offrivano o che sceglieva nelle sue passeggiate in Villa. Oltre che dalle fotografie di Mario Ceppi al primo piano sullo sguardo dell’artista, la mostra viene arricchita anche da un interessante film, “Balla e il Futurismo”, premiato nel 1972 alla Biennale di Venezia con un Leone d’argento.
Fino al 17 febbraio 2019

 

MILANO

Fondazione Prada: The Black Image Corporation curata da Theaster Gates Con la mostra, negli spazi di Osservatorio, in Galleria Vittorio Emanuele II, la Fondazione si dedica al patrimonio di immagini della Johnson Collection di Chicago. Nel novembre 1942, l’uomo d’affari John H. Johnson, insieme alla moglie Eunice, fondano la Johnson Publishing Company una casa editrice che nell'arco dei decenni raccoglie oltre quattro milioni di immagini. Theaster Gates ne fa un punto di partenza, contrastandone gli stereotipi negativi, per sviluppare una riflessione estetica, sulla rappresentazione e l’autorappresentazione della popolazione afroamericana.
Fino al 14 gennaio 2019


 

Pensiero Laterale 

Questo mese vi presentiamo un video... a voi la soluzione!

Clicca qui per vedere il video


Guarda qui la soluzione...

La Lampadina Racconti

"La prima secessione della plebe e l’apologo di Menenio Agrippa:
fu Montesacro o Aventino?"

di Gianni Fazzini

Il giuramento di Bolívar sul Montesacro (1805) - Negli anni dal 1803 al 1806, il giovane Simón Bolívar effettuò in Europa quel viaggio di istruzione, esperienze e conoscenze che, col nome di Grand Tour, i giovani di famiglie europee nobili e facoltose – soprattutto inglesi tedesche francesi – erano soliti compiere fin dalla metà del secolo XVIII. Fra le sue esperienze europee, il 26 maggio 1805 Bolívar ebbe anche occasione di assistere all’incoronazione di Napoleone nel Duomo di Milano, quale re d’Italia, ma il momento più esaltante e significativo del suo Grand Tour fu la permanenza nella “Eterna Città dei Cesari”.

In luglio Simón Bolívar giunse a Roma in compagnia dei suoi compagni di viaggio: Simón Narciso de Jesús Rodríguez, che era il suo precettore e mentore (benché avesse solo quattordici anni più di lui) e il loro amico Fernando Rodríguez del Toro e Ibarra; i tre giovani venezuelani presero alloggio in una locanda di Piazza di Spagna e per varie settimane visitarono la città, di cui conoscevano bene la storia. Un giorno di agosto si avviarono lungo la Via Nomentana e, superato l’antico ponte che prende il nome dalla strada, sulla riva destra dell’Aniene si soffermarono sulla collinetta che venne loro indicata come il luogo in cui nel V sec. a.C. era avvenuta la prima secessione della plebe romana. Bolívar – sulla spinta di un viaggio affascinante e pieno di sorprese, consapevole delle tristi condizioni di mancanza di libertà in cui versava l’America Latina, sull’onda della giovane età (aveva ventidue anni), imbevuto di letture classiche, di romanità e degli spiriti del Romanticismo – si sentì emozionato al pensiero di trovarsi nel luogo che aveva visto l’inizio del riscatto della plebe e quindi, accostando idealmente la condizione di servaggio dei due popoli, il romano e il latino-americano, all’imbrunire del 15 agosto 1805 espresse proprio lì a Montesacro l’impegno solenne di combattere per la libertà della Patria dall’oppressione della monarchia spagnola.

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La Lampadina ::: Periodiche illuminazioni
Newsletter di fatti conosciuti ma non approfonditi, luoghi comuni da sfatare, semplici novità.

La Lampadina e' una newsletter ideata da Carlo Verga, gestita da un Comitato di redazione composto da: Filippo Antonacci, Isabella Confortini Hall, Lucilla Crainz Laureti, Marguerite de Merode Pratesi, Ranieri Ricci, Carlotta Staderini Chiatante, Lalli Theodoli, Beppe Zezza e redatta con la partecipazione di: Lorenzo Bartolini Salimbeni, Renata Ferrara Pignatelli, Giancarlo Puddu e Angelica Verga. La sede è in via Castiglion del Lago, 57, 00191, Roma.

La newsletter, di natura non politica, non ha scopo di lucro e si propone di fornire - con frequenza inizialmente mensile - "periodiche illuminazioni" su argomenti di vario genere, con spunti di riflessione e informazioni. L'invio viene effettuato su segnalazione degli stessi lettori, agli amici ed agli amici degli amici. il presente numero è inviato a circa duemila persone. Sono gradite da chiunque le collaborazioni e le segnalazioni di persone interessate a ricevere la newsletter.
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