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La Lampadina - n. 82 ::: Giugno 2019

È arrivata l’estate finalmente, preceduta certo da quello che sembrava un ritorno dell'autunno, ma questo è solo un dettaglio...
Noi salutiamo questo arrivo con un percorso nel "particolare": un piccolo quartiere particolare di una grande città, un destino di donne che con la loro particolare personalità hanno influenzato grandi uomini,  l’inestinguibile sete di sapere che spinge l’uomo alla continua ricerca e che prende spunto sempre da quelli che a noi sembrano piccoli, a volte insignificanti particolari, e ancora minime particolari mutazioni epigenetiche che nel tempo influiscono sull'evoluzione del genere umano.
Vite di artisti costellate di particolari eventi che ne hanno determinato le scelte; giornate apparentemente uguali le une alle altre e invece disseminate di particolari che segnano la differenza come nelle camere di ospedale...

Come dice Jean Cocteau “Motivi potentissimi e quasi sempre segreti sono all’origine di mille dettagli che compongono la bellezza brulicante dell’universo. Una singolarità può sembrarci gratuita, ma la sua forza espressiva nasconde sempre delle radici.”
Buona lettura!
ICH


Lunedi, 3 giugno 2019

Ciao,
oggi la nostra Lampadina si accende su:


PITTURA – Picasso, vita d’artista
Articolo di Carlo Verga

Il periodo di Picasso forse più triste della sua vita fu quello denominato “blu”.
Con Freud, all'inizio del '900, si introduce il concetto scientifico di profondità della psiche.
La scelta del colore blu è determinata dalla esigenza di rappresentare una dimensione non visiva, rappresenta appunto, la ricerca di valore spirituale. Picasso dipinge, come molto dei suoi coetanei in quel periodo, usando il colore azzurro, legato sopratutto all'introspezione.
In quell’arco temporale, il pittore si era abbandonato alla disperazione più totale, dipingeva personaggi della strada, con atteggiamenti depressi, profonde occhiaie, malinconici e tutti su sfondo blu, caratterizzante il suo stato d'animo. Aveva perso molti dei suoi ammiratori che lo vedevano come pittore oramai finito. Ma cosa aveva acuito questa sua ricerca pittorica di dolorosa introspezione? Qualche anno prima del 1900, Picasso incontrò al famoso Els Quatre Gats café di Barcellona Carlos Casagemas un pittore spagnolo di medio successo, e con lui nel 1900 si trasferì a Parigi, condividendo poi con l'amico ogni aspetto della vita parigina, l'alloggio, le amicizie, la cultura, i divertimenti, gli amori e quant'altro. Insieme avevano assunto un atteggiamento spavaldo da bohemien, e fuori da ogni convenzione. Ebbero le amanti più svariate che si scambiavano volentieri. Tra queste la più ambita era una modella ventenne, Laure Florentin Gargallo chiamata tra loro Germaine. Casagemas perse la testa per lei e forse per la troppa insistenza, fu in qualche modo rifiutato. Tra scherzi e lazzi tipici tra amici di quell'epoca fu ipotizzato che la ragione del rifiuto andasse cercato nella poca virilità di lui. 

L'amicizia tra Picasso e Casagemas era comunque fortissima, Picasso si divertiva a disegnare l'amico esagerando su ogni particolarità fisica del suo corpo, lo disegnò anche nudo che si copriva le sue parti intime con le mani. Casagemas, forse in apparenza, non se la prendeva più di tanto. Tornarono insieme in Spagna poi Picasso rimase a Madrid mentre Casegemas tornò a Parigi, sperando di conquistare Germaine ma senza molte speranze: per Carlos si trattava di amore profondo, quasi un’ossessione, per Germaine si era trattato di una liason passeggera.
Il 17 febbraio del 1901, il dramma si sviluppò improvvisamente, nel locale l’Hippodrome, dove Casagemas aveva organizzato una cena con alcuni amici e con Germaine. La serata si era svolta in un modo insolito, ed era quasi alla fine. Casagemas era molto distratto e nervoso, forse aveva bevuto molto e alzatosi, mentre tutti pensavano ad un brindisi, gettò sul tavolo alcune lettere, forse quante restituite da Germaine. Cominciò a parlare in modo sconnesso, tanto che la povera ragazza ebbe paura e ancora più quando vide tra le prime lettere una da inviare o inviata alla vicina stazione di polizia.
Ad una mossa incerta di Casagemas si rifugiò, piangendo, sotto il tavolo nel momento esatto in cui Casagemas estrasse la pistola sparando un colpo nella sua direzione. Casagemas terrorizzato di quanto aveva evidentemente progettato e fatto, non vide di averla mancata, girò l'arma verso la sua tempia e premette una seconda volta il grilletto. Fu subito portato ad un vicino ospedale dove morì poco dopo.
La cosa fu immediatamente comunicata a Picasso.
Da quel momento il tormento dell'artista per l'amico lo portò alla disperazione, cercava di lenire il dolore, un alibi, qualcosa che potesse spiegare quel tragico evento.
Tornò a Parigi e contattò subito Germaine con cui intrecciò una profonda relazione. Voleva dormire nel letto che era stato di Casagemas, e ripetere tutte le abitudini che aveva condiviso con l'amico, addirittura cominciò a dipingere nello studio di lui.

Per fortuna con il tempo tutti i grandi dolori perdono di intensità. Finì, intorno al 1905, quella carica malinconica e ritrovò una sorta di tranquillità interiore.
Da qui inizia quel periodo contraddistinto da colori più tenui e più caldi con l'inserimento del colore rosa nelle sue tele.
Picasso comincia a dipingere con maggiore indulgenza, con grazia, rivelando la sua delicata e grande sensibilità.

 

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Carlo Verga  ha letto che: 

 "Una mattina, siccome uno di noi era senza nero, si servì del blu, era nato l'impressionismo".

Pierre Auguste Renoir

CULTURA – Il brillante destino delle duchesse di Courlandia e di Sagan
Articolo di Marguerite de Merode Pratesi

Ci ricordiamo tutti, senz’altro, dell’intrigante film “A cena col diavolo” malamente tradotto in italiano dall’originale pellicola del 1992, “Le souper”, del regista francese Edouard Molinaro.
È la notte del 1815. Napoleone è in fuga. Le armate di Inghilterra, Prussia e Russia hanno invaso Parigi e la Francia.
Siamo nell’hotel particulier di Talleyrand, già ministro ora di Napoleone ora del Re, che si trova a cena con Fouché, capo della commissione provvisoria del governo, e i due uomini più potenti di Francia seduti a tavola decidono insieme quale destino attende il Paese. Il film trae la sua trama da un testo letterario: “Les Memoires d’outre-tombe” di René de Chateaubriand.
Nel 1814 Talleyrand, personaggio, a dir poco “versatile”, è stato “regista”, insieme a Metternich Ministro degli Affari Esteri dell’Impero d’Austria, del congresso di Vienna. L'Europa tira le somme dopo la sconfitta di Napoleone e Talleyrand guida i negoziati per la Francia. Accanto a Talleyrand, si trova una giovane donna di 21 anni, sua nipote, la contessa Dorothée de Talleyrand-Périgord, legata da sua madre e dalle sue sorelle a tutte le corti d'Europa. Chi è quest’intrigante donna, il qui nome varia a secondo dei diversi periodi della sua vita? Nata Dorothée di Courlande, diventa contessa Edmond de Talleyrand-Périgord, data in sposa al dissoluto nipote del Principe, poi duchessa di Dino, poi duchessa di Talleyrand e infine duchessa di Sagan, nome del suo castello in Slesia, diviso tra due paesi, la Prussia e la Francia.
Da dove proviene il titolo di Dorothée duchesse di Courlande? Da quale strano luogo di assonanza quasi mitica che sembra uscito da un racconto fantasmagorico di dubbia credibilità? La Curlandia, regione della Lettonia, esiste veramente, si trova a sud ovest di Riga e segue, come tutta la zona, il tragico destino dei territori baltici. Il padre di Dorothée, Piero von Biron, Duca di Curlandia, poi Duca di Sagan, sposa in terze nozze la bella von Medem, dalla quale avrà quattro figlie. È donna di grande fascino e di grande bellezza, che non disdegna i fasti dei luoghi alla moda e intreccia numerose relazioni in giro per l’Europa. Amante prima del conte Batowski, aristocratico polacco a cui si attribuisce la paternità della figlia Dorothée, poi dello scandaloso ma brillante generale svedese, Gustave Maurice Armsfeld, imbastisce anche una relazione amorosa con Talleyrand.
Charles Maurice de Talleyrand, mandato da Luigi XVIII per rappresentare la Francia e per proteggere le sue sorti al Congresso di Vienna, vi si trasferisce. Nella capitale austriaca, durante quegli anni, ci si perde nei più stravaganti turbini mondani. Le donne rivaleggiano in eleganza ai balli e alle feste. Ci si dimentica con ogni mezzo degli orrori della guerra. Gli accordi si prendono tra saloni ed alcove e spesso sono le questioni di cuore a determinare le decisioni del potere.
Dorothée si avvicina molto allo zio di suo marito, il grande Talleyrand, e occupa un ruolo importante nella gestione del suo quotidiano. Lo accompagna ovunque e gli fa da padrona di casa nel palazzo dove risiede a Vienna: i ricevimenti sono brillanti e la tavola eccellente. Intimamente legata a quest’uomo di 39 anni più vecchio di lei rimane al suo fianco e poi lo sposa malgrado fosse stato l‘amante di sua madre e poi di sua sorella Wilhelmina.
Le sorelle de Courlande, ora contesse di Sagan, si confrontano in seduzione e bellezza. Wilhelmina, la sorella maggiore intrattiene, tra l’altro, una relazione con Klemens Metternich di cui risulta un abbondante scambio di lettere (più di 600) preziosa testimonianza e fonte d’informazioni storiche sulla vita diplomatica e mondana nella Vienna tra il 1813 e il 1815. Le negoziazioni che si concludono nel 1813 con una coalizione contro Napoleone tra Russia, Austria e la Prussia si svolgono in una delle residenze di Wilhelmina, il castello di Ratibonce.
Strano destino per queste donne nobili, belle, ambiziose e ricchissime che sfidarono la storia accostando il loro destino a due degli uomini tra i più potenti del mondo, i più importanti Ministri degli Esteri del momento. Ma malgrado abbiano accumulato grande quantità di figli legittimi e illegittimi, abbiano avuto vari mariti, numerosi amanti, non sono mai riuscite a trovare serena felicità.
Concludo con un dettaglio interessante: il loro titolo di Duchesse di Sagan si lega alla storia della letteratura francese. La giovane Françoise Sagan nata Quoirez, leggendo Proust alla ricerca di uno pseudonimo, in un passaggio evocante il Duca di Curlandia e di Sagan, viene sedotta dalla sonorità del nome, se ne attribuisce e ne fa il suo nome d’arte.

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La Redazione:

"Mai parlare male di voi stessi. Penseranno i vostri amici ad affrontare a sufficienza l'argomento"

Charles Talleyrand-Perigord

ABBIAMO OSPITI/ROMA – Il Paese del Velabro
Articolo di Nicoletta Fattorosi Barnaba – Autore Ospite de La Lampadina

Cari lettori, oggi vi propongo una passeggiata in un “paese” di Roma, non andiamo for de porta perché per paese intendo una parte della città stessa, nel caso specifico una delle zone più antiche e romane di Roma, conosciuta come il Velabro, che si trova intorno alla chiesa di San Giorgio.
Due storici di Roma, Pietro Paolo Trompeo prima e Manlio Barberito dopo, nel secolo scorso, hanno ricordato come fosse caratterizzata la nostra città da queste particolari zone, che si trovano nei rioni storici, definite paesi o paesetti proprio per la loro vita legata a questi territori limitati che, dice il Trompeo in un suo scritto, sono luoghi: “… dove tutti si conoscono, dove le donne si incontrano ogni giorno al mercatino locale, gli uomini all'osteria e i ragazzi al caffè o al biliardo. Il “paesetto” è una circoscrizione tutta ideale, intima e affettuosa.”
Il Velabro, ricco di memorie e di leggende, è nel cuore dei romani, perché proprio in questa zona, sotto al Palatino, si arenò la famosa cesta con dentro i due gemelli Romolo e Remo. Così racconta Pascarella: “ … povere anime innocenti!,/nu’ li messero drento in un cestino/navigabile, in mezzo a la corrente/de fiume, pe’ mannalli a Fiumicino?/Ma volle er caso fortunatamente/…che se fermorno/Immobili in mezzo a la mollaccia./E lì volle er destino de la sorte/Che ‘na lupa che stava de lì intorno/Je diede er latte e je sarvò la morte.”
Velabro era la concavità che dal Foro Romano giungeva al Tevere, da questo spesso alluvionata (anche perché si trovava sotto il livello del fiume) e resa perciò paludosa, alimentata dal ristagno delle acque dei ruscelli, che scendevano dai colli circostanti e dal trabocco del Tevere. È infatti questa l'origine del nome "velabrum" dato alla zona ed al fiumiciattolo d'acqua che attraversava la valle del Foro Romano. Deriva dalla parola latina "velus", cioè "palude”. L’esigenza di una bonifica si sentì già in età monarchica, quando, da parte dei Tarquini, si canalizzarono le acque nella Cloaca Maxima, ancora oggi funzionante, situata sul lato della strada di fronte alla chiesa di San Giorgio.
Il Velabro era un quartiere a carattere commerciale e industriale, attraversato da due strade molto importanti, il vicus Tuscus e il vicus Iugarius che collegavano il Foro Romano con il Tevere. La zona mantenne la sua funzione commerciale fino al VI secolo. Fu cristianizzato e vi si insediarono istituzioni ecclesiastiche ed assistenziali, come le chiese di San Teodoro (titolo cardinalizio) e di San Giorgio in Velabro (diaconia). Poco dopo il toponimo si era modificato in Velum Aureum e tale rimase per tutto il medioevo.
Dal VI secolo la riva del Tevere che si trova da questa parte fu detta Ripa Graeca, intendendo per greci gli abitanti dell’oriente bizantino. Tra il VII e l'VIII secolo, infatti, ai tempi della dominazione bizantina, si stabilirono a Roma monaci greci fuggiti a causa della lotta iconoclasta, il movimento religioso sorto nella chiesa bizantina contraria ad ogni forma di culto delle immagini sacre e propugnatore della loro distruzione. Qui i monaci scampati alle persecuzioni iconoclaste avevano fondato le diaconie, vale a dire ospizi per pellegrini, poveri e malati. Nel corso del tempo, quelle diaconie si sarebbero trasformate in edifici di culto, o inglobate nelle chiese già esistenti che sarebbero state intitolate a santi orientali. Fu aperta anche la schola graeca, che si trova dietro a Santa Maria in Cosmedin, fulcro della comunità orientale, il cui nome evoca proprio la bellezza dell’edificio, dal greco kòsmion=ornato.
Tra le diverse chiese quella di San Giorgio la cui pianta, assai irregolare, è la testimonianza di una fabbrica sviluppata per aggiunte e trasformazioni succedutesi in varie fasi storiche. La chiesa di San Giorgio in Velabro si trovava, in quell'epoca, al centro di una zona frequentata da funzionari, mercanti e milizie bizantine.
Risale forse al VI secolo, è stata detta in Velabro perché fa riferimento alla zona. Nel XIII secolo alla chiesa fu aggiunto il campanile a quattro piani di trifore e il portico con quattro colonne a capitelli ionici. Numerosi furono i restauri alla quale, nei secoli, la basilica fu soggetta, anche per il ripetersi di allagamenti dovuti, come già detto, al fatto che è situata sotto il livello del fiume. Dopo l’attentato del 1993, quando un’auto bomba fece saltare il portico antistante la chiesa, il successivo accorto e meticoloso restauro ci ha ridonato un bene artistico, che sembrava perso per sempre.

 

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Beppe Zezza sottolinea:

Ci sono sette tipi di ladri. Il più odioso di tutti è il ladro che ruba le coscienze". 

Mekhilta su Mishpatim 13

CULTURA – Corpo umano: meraviglie e interrogativi
Articolo di Beppe Zezza

Già in altri numeri della nostra Lampadina ho scritto di alcune "scoperte" recenti sul funzionamento del nostro corpo che aprono nuovi campi di indagine e che mostrano come la nostra conoscenza della realtà sia ancora molto limitata.
Una cosa che ha sollecitato la mia curiosità è stata leggere alcune esperienze riportate dai media di trapiantati, in particolare di trapiantati di cuore ma anche di cornea, i quali segnalano come, dopo il trapianto, abbiano riscontrato in se stessi delle modificazioni del carattere o dei gusti, che si potevano far risalire al donatore.
Come se negli organi trapiantati sussistesse una parte della personalità del donatore e che questa si trasmettesse al ricevente! Comprensibilmente la cosa pone tanti interrogativi.
Alcuni ritengono che questi fenomeni riscontrati in alcuni trapiantati abbiano a che fare con la teoria della cosiddetta "memoria cellulare".
Secondo questa teoria "pseudoscientifica" la memoria non sarebbe immagazzinata solo nel cervello ma in tutte le cellule dell’organismo. Pertanto in un trapianto la memoria del donatore verrebbe in tutto o in parte trasferita al ricevente. Costui potrebbe allora avere delle sensazioni di "già visto" o riconoscere luoghi o avvenimenti ai quali non ha mai partecipato. I medici specialisti nei trapianti escludono questa possibilità, ben consapevoli dei gravi problemi sia fisici che psicologici che un trapianto porta sempre con sé e attribuiscono le esperienze riportate a effetti secondari delle terapie anti-rigetto alle quali i trapiantati devono sottoporsi e allo stress psicologico che l'accettazione di qualcosa di estraneo inserito nel nostro corpo comporta. E quando queste spiegazioni alternative risultano non dare risposte convincenti alle esperienze riportate, sostengono che si tratti di semplici coincidenze non significative.
Naturalmente queste dichiarazioni fatte da personaggi di chiara fama non possono non essere accolte anche se sembrerebbe comunque necessario lasciare spazio a una ombra di dubbio. In fondo la scienza è sempre avanzata in questo modo: le discrepanze osservate tra la realtà e le teorie accreditate ha portato a indagare e ha condotto a riformulare le teorie. C’è qualcosa di vero da indagare o si tratta di fantascienza?
C'è un altro settore oggetto oggi di indagine e che in qualche maniera potrebbe avere relazione con la "memoria cellulare". Ed è quello della cosiddetta "epigenetica".
L'epigenetica (dal greco epì, «sopra» e gennetikòs, «relativo all'eredità familiare») è una recente branca degli studi genetici a complemento degli studi genetici tradizionali. Studia tutte le modificazioni “ereditabili” che variano l'espressione genica pur non alterando la sequenza del DNA.
Sappiamo tutti che ogni individuo è caratterizzato dal DNA, che lo identifica in modo assoluto. Ogni cellula del nostro corpo porta con sé lo stesso DNA. Due gemelli omozigoti condividono la stessa sequenza di DNA. Gli studi fatti su di loro mostrano tuttavia che nascono con lo stesso identico patrimonio genetico, ma crescendo le caratteristiche complessive si possono differenziare tra loro a causa dell'ambiente, dello stile di vita, delle emozioni e delle sofferenze provate, fattori che possono cambiare l'espressione di alcuni geni, attivandoli o disattivandoli, pur lasciando inalterata la sequenza del DNA. L’aspetto interessante è che questi cambiamenti "epigenetici" si conservano quando le cellule si dividono durante la vita dell’organismo. In altri termini l'ambiente, lo stile di vita, le emozioni, le sofferenze risultano essere in qualche maniera "inscritte" nelle cellule.
Non potrebbe essere questa la base per una spiegazione dei fenomeni descritti dai trapiantati e dei quali non si sa al momento dare una risposta adeguata? Penso che negli anni a venire ci saranno degli sviluppi interessanti.
Resta ferma comunque una conclusione: guai a portare troppo avanti la similitudine tra “corpo umano” e “macchina”, con pezzi, sostituibili a piacere quando usurati o rimpiazzabili con altri più efficienti (transumanesimo). Si rischia di fare la fine degli “apprendisti stregoni”.

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Isabella Confortini Hall condivide questo pensiero:

""Nulla ha senso in biologia eccetto che alla luce dell'evoluzione".

Theodosius Grygorovych Dobzhansky

ABBIAMO OSPITI – ASTRONOMIA –Siamo soli nell’universo?
Articolo di Massimo Cestelli Guidi - Autore Ospite de La Lampadina

Questa annosa domanda che si sono posti gli Scienziati da sempre, domanda che non ha mai potuto avere una risposta appropriata ma solo formulazione di fantasiose ipotesi, ritorna oggi attuale per un articolo del National Geographic Magazine. La novità nell’articolo è costituita dal fatto che altre forme di vita nell’Universo vengono date per scontate e non come ipotesi, ossia: “Noi non siamo soli (nell’Universo)”.
Innanzitutto è comprensibile che gli Scienziati che effettueranno ricerca (e che hanno ricercato per decenni) per forme di vita su altri pianeti e che nel prossimo futuro si apprestano ad avere strumenti più sofisticati per la ricerca, credano nella possibilità di trovare qualche altra forma di vita al di fuori della Terra. È previsto di inviare in orbita terrestre nel 2021 e nel 2025 strumenti all’avanguardia per la ricerca di forme di vita su pianeti distanti anche qualche migliaio di anni luce.
Quindi se gli Scienziati non avessero fede in una possibilità di successo per questa ricerca futura, risulterebbe un dispendio inutile l’impegno di inviare satelliti con strumenti in orbita e mantenere gli Scienziati stessi a ricercare “l’araba fenice”.
Quale scopo è possibile prevedere nella ricerca di forme di vita su pianeti distanti qualche migliaio di anni luce? La possibilità di rilevare condizioni del pianeta che potrebbero aumentare le probabilità dell’esistenza di forme di vita, non certo la possibilità di contatto con forme di vita evolute.
L’anno luce sembra una misura del tempo ma in realtà è una misura di distanza coniata apposta per valutare le immense distanze fra le stelle e le galassie che esistono nell’Universo ed è l’unità di misura relativa alla distanza che percorre la luce in un anno.
È bene avere la percezione di quanto sia grande questa unità di lunghezza.
La velocità della luce è la massima (limite) raggiungibile nell’Universo ed il valore è di 300.000 Km al secondo. Quindi la luce della luna, riflessa del sole, impiega un secondo per arrivare sulla Terra, mentre la luce del sole (il sole è distante dalla Terra circa 150 milioni di Km) impiega circa 8 minuti.
Si pensi che distanza percorre la luce in un anno!
Il sistema stellare più vicino al nostro sistema solare, Alfa Centauri, è distante 4,2 anni luce. Il diametro della nostra galassia, la Via Lattea a forma di spirale, è di circa 100.000 anni luce. Sono principalmente due le considerazioni che ho formulato riguardo la futura ricerca di forme di vita simili alla nostra su pianeti molto distanti da noi.
La prima è relativa alla contemporaneità ipotetica dell’evoluzione di forme di vita su due diversi pianeti, contemporaneità che oggettivamente risulta impensabile. La vita sulla Terra, secondo gli Scienziati è iniziata circa 4 miliardi di anni fa dall’agglomerazione chimica di una singola cellula.
Nell’evoluzione susseguente, a partire da circa 210 milioni di anni fa e per 150 milioni di anni i dinosauri sono stati i padroni del pianeta. Sono diventati così enormi per il lungo periodo dell’evoluzione. Se una forma di vita su un altro pianeta avesse raggiunto in quel periodo il nostro livello tecnologico attuale, non avrebbe avuto alcuna possibilità di contatto con gli esseri della Terra.
Anche per un lungo periodo del genere umano, la cui prima specie “Homo erectus” risale a 1,6 milioni di anni fa, con numerose altre specie susseguenti (ad esempio Neanderthal) non sarebbe stato possibile alcun contatto da pare di extra terrestri. La nostra specie “Homo Sapiens”, che ha fatto subito un salto di qualità rispetto alle specie precedenti, compare 30.000-35.000 anni fa e solo nel XX secolo DC è in grado di inviare o ricevere comunicazioni interspaziali. In definitiva prevedere la contemporaneità dell’evoluzione su due differenti pianeti risulta realmente impossibile.
Un’altra considerazione riguarda la distanza di questi pianeti oggetto d’indagine degli Scienziati, distanza di qualche migliaio di anni luce. Prendendo come esempio un pianeta distante 1000 anni luce, quello che gli Scienziati possono oggi captare è una situazione del pianeta di mille anni fa ed una eventuale loro risposta arriverebbe al pianeta fra mille anni ossia fra l’invio e la ricezione passerebbero 2000 anni, il periodo fra l’impero romano ed oggi.
In definitiva contatti impossibili.
Invece per un pianeta a noi prossimo, Marte, in base ai dati rilevati dalle sonde inviate dalla Nasa, gli Scienziati hanno formulato alcune ipotesi di vita, che però si sarebbe estinta circa 2 miliardi di anni fa.
Quindi a parte che non è possibile sapere quale potrebbe essere stata la forma di vita, la contemporaneità con la nostra evoluzione non si sarebbe verificata.
In conclusione però è da apprezzare qualsiasi tentativo di ricerca effettuata per meglio comprendere l’Universo, sia per la sua struttura che per possibili forme di vita, perché se anche inizialmente si prevedono scarse probabilità di successo, si è verificato qualche volta nel passato che durante le ricerche indirizzate ad un certo obiettivo sono state effettuate scoperte in campi correlati.

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Allegra Hall condivide:

Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana. Ma riguardo l'universo, ho ancora dei dubbi".

Albert Einstein

COSTUME – Ospedali
Articolo di Lalli Theodoli

Possiamo, anzi siamo capaci nella vita di mentire a noi ed agli altri. Facciamo finta di essere felici quando non lo siamo, di essere scevri da preoccupazioni quando ne siamo attanagliati, di fingerci affettuosi quando siamo totalmente indifferenti.
C’è al mondo però un luogo in cui non si mente. Non si mente perché prioritario non è l’apparire, quale che esso sia, ma lottare contro ansia, paura, preoccupazione. Negli ospedali, luoghi di chiara sofferenza, non è pensabile mentire su noi stessi.
In una stessa stanza, in due letti due persone più o meno della stessa età reduci da operazioni simili. L’una fin dai giorni precedenti ha borbottato contro il cibo, la rozzaggine delle infermiere, la scomodità del letto, la mancanza di attenzione da parte del personale medico. L‘altra diceva che sì, certamente, aveva mangiato altrove cose ben più buone. Il letto, beh, quello di casa era certamente meglio, il personale era molto troppo preso per poter accorrere velocemente, ma tutto era pulito ed efficiente. Tanti “ GRAZIE” sorridenti a chiunque venisse ad occuparsi di lei.
Dopo l’operazione. La prima un lamento continuo ad altissima voce implorando tutti i santi del cielo e maltrattando la povera parente che cercava di alleviarne le sofferenze. La seconda solo molte silenziose smorfie di dolore. Due uguali operazioni. Due diversi modo di affrontarle.
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Margherita, che, praticamente, vive nell’ospedale, si dà molto da fare in cambio della inusuale ospitalità. 

Donna da sempre attiva nella vita, con miriadi di figli e nipoti che ha seguito con molti “fatti” e meno parole, pulisce i davanzali delle finestre del reparto con una solerzia commovente. Trascina catini pesanti di acqua, lavora e canta. È grata al fabbricato che la ospita per cui se ne prende cura come può. Quando le chiedo se non teme che le inservienti si secchino per la sua intromissione mi guarda stupita e “Ma cche dici Ni? So' contente!!! Ce contano anzi!” Cantando a voce ancora più spiegata continua energica il suo lavoro.
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Nel reparto arriva una gran signora. Mi chiede, a me che sono ospite da qualche giorno, alcune informazionii, ed io rispondo a quanto mi chiede ma le raccomando, inoltre, di tenere un profilo basso. 

La gente che la circonda è gente molto semplice e non vorrei che la prendessero storta. Mi ascolta con attenzione. Non riceve visite. Non vuole pesare su nessuno ed un po’ anche non vuole che la sappiano in ospedale invece che in una clinica costosissima che oramai da tempo non può più permettersi.
Condivide con me le amiche ed i parenti che mi vengono a trovare. Discreta nella vita “fuori” lo è ancora di più nella vita di ospedale. Ma il giorno dopo il suo arrivo, la nostra stanza sembra ospitare una festa.
Da quel che vedo, tutte le occupanti delle altre stanze si sono riversate intorno al letto della Gran Signora.
Non mi ha minimamente ascoltato. Lei anche “fuori“ non ascolta mai nessuno. Sta lì che racconta della villa in cui viveva bambina con tre cuochi, la nurse, uno stuolo di servitù, i giardinieri, parla di balli da mille ed una notte illuminati da mille candele… e tutti la ascoltano incantati come da una fiaba. Per tutto il tempo che passerà all’ospedale ci sarà una processione di pazienti che vogliono sapere ancora, e ancora, di una vita che sembra loro inventata. Mi ero totalmente sbagliata. Non fastidio per una vita agiata che non hanno conosciuto, nessun odio per una classe un tempo tanto ricca di privilegi: solo ma una grande innocente infantile curiosità.
Arriva una giovane madre. Ha subito nel passato parecchi dolorosi interventi. Era una fifona di tutto, di guidare, dei treni, di cosa avrebbe potuto accadere al marito, dei pericoli per i figli, delle operazioni che aveva dovuto subire. Negli intervalli della malattia i figli la scongiuravano di portarli sulle montagne russe, ma, terrorizzata, con un enorme dispiacere, non riusciva ad accontentarli. Ora carambola serena sul KATUN di Mirabilandia: una delle più spaventose esperienze che si possano affrontare. “Non ho più paura di nulla”, dice, ”il giro della morte l'ho già fatto qui, ora li accompagno senza alcun timore.”
La sera si trascinano tutti i letti nella stanza della TV. Alcune stanno troppo male per guardarla ma non vogliono restare isolate. Il programma televisivo passa in secondo ordine. L’importante è stare insieme, consolarsi a vicenda, incoraggiare chi ha una paura matta dell’operazione del giorno dopo. Chi l'ha già superata sorvola sui dolori atroci che ha subito, anzi sorride incoraggiante.”Non è nulla, vedrai” dice conscia dell’entità della menzogna. Ha sempre rassicurato serena i suoi familiari in difficoltà e continua a farlo per quanti le stanno intorno.
La comprensione, la solidarietà affiorano di continuo. La parrucchiera aggiusta i capelli alla ragazza che aspetta molto preoccupata la visita del fidanzato, mentre l’estetista mette un po’ di rosa sulle sue guance pallide. Si guarda allo specchio. Ora è più tranquilla.
Al momento di tornare a casa ci abbracciamo tutte con commozione. Sappiamo oramai molto ognuna dell’altra. In pochi giorni si sono creati dei legami che la vita certamente disperderà, ma non il ricordo di tanta umanità forte anche nella sofferenza.

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"Tanto per Cantare"

la rassegna di canto popolare promossa dal

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Sabato 8 e domenica 9 giugno
alle ore 20:00

al
Cortile del Liceo E. Q. Visconti
Piazza del Collegio Romano, 4



scarica qui il programma

E questa 14° edizione della rassegna sarà anche l'occasione per festeggiare 40 anni di attività
del Coro del Lunedi!

Siete tutti invitati!

 

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Un po' qua, un po' là... 

Di chi è quel quadro? -
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Oslo è un cantiere aperto! - La città norvegese rivoluzionerà la sua superficie di 730 mila metri quadri.
Il piano del 2015 stimava che entro fine 2019 non potrà più circolare nel centro della città qualsiasi tipo di auto, neppure elettrica; nessuna deroga nemmeno per i residenti. Al posto dei parcheggi ci saranno grandi spazi verdi, piste ciclabili, ampi marciapiedi.
Questo è il principio ispiratore: intanto si è cominciato a eliminare i parcheggi, aumentare le piste ciclabili, estendere l'area pedonale, vietare l'accesso di numerose strade.
Stanno verificando la situazione. Inoltre, le auto diesel verranno bandite sul tutto il territorio norvegese dal 2025.
CV

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APPUNTAMENTI DELL'ASSOCIAZIONE
LA LAMPADINA:::PERIODICHE ILLUMINAZIONI

Ecco i prossimi appuntamenti dedicati ai Soci de La Lampadina.

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Martedì 4 Giugno 2019
Ore 11.00
"Dietro le quinte del Teatro dell'Opera di Roma"

Una visita privata accompagnata dal dottor Francesco Reggiani, responsabile dell'Archivio Storico dell'Opera di Roma, e resa possibile su gentile concessione del Sovrintendente della Fondazione Teatro dell'Opera di Roma, Carlo Fuortes.

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18 - 22 settembre 2019
MOSCA

Andremo alla scoperta di una città di grande fascino, in continua e accelerata evoluzione, con un itinerario che toccherà mete letterarie, di storia antica, arte classica e contemporanea.

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Per info sulle attività,
le prenotazioni e
sull'Associazione
scriveteci a
appuntamenti@lalampadina.net

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E ANCORA
FLASH NEWS!
 

Una vendita all’asta molto particolare! - Per festeggiare i 50 anni dallo storico avvenimento, Christie’s propone il manuale utilizzato dal comandante Neil Amstrong e da Buzz Aldrin, il pilota all’interno del modulo lunare Apollo 11, quando nel luglio del 1969 per primi allunarono nel male della Tranquillità. All’epoca si stima che 530 milioni di persone assistettero all’allunaggio trasmesso in diretta in piena notte.
Il valore di asta dovrebbe essere di 7-9 milioni di dollari.
CV

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Lemuri anti stress uguale Lemoga! - Grande moda nel Regno Unito, non più cani e gatti ma lemuri.
Sembra che tutto sia cominciato all’hotel di lusso Armathwaite Hall di Keswick, nel Lake District, nord dell’Inghilterra, dove alle lezioni di yoga offerte ai propri clienti, “partecipano” dei lemuri come esperienza di incontro con la natura e aiutano a migliorare lo stress e l'affaticamento.
Che dire?
Rivediamoci i Lemuri del film Madagascar, forse l'idea l'hanno presa da là.
CV

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SUGGERIMENTI "ILLUMINANTI"

DA VEDERE:
Venerdì 7 Giugno 2019 - 
ore 10.30 - Cinema Tiziano, Via Guido Reni 2, appuntamento con
l’ACDMAE INTERNATIONAL CINE FESTIVAL

che ci propone un film filippino dal titolo: "Di che colore sono i sogni dimenticati?"
Leggi qui per saperne di più...

 

Due appuntamenti all’Università degli Studi Link Campus University Of Rome, via del Casale di San Pio V, n. 44, Roma:

Giovedì 13 Giugno 2019
ore 14.00

Convegno "Autonomia ed eteronomia nella crisi familiare."
Leggi qui per saperne di più

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Giovedì 20 Giugno 2019
ore 11.00

Presentazione del libro 
“Democrazia e crescita.
Una proposta per uscire dalla trappola del debito”
di Gianfranco Leonetti e Umberto Triulzi
Leggi qui per saperne di più

 

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MOSTRE

Ecco le segnalazioni di
Marguerite de Merode

ROMA

Palazzo delle Esposizioni: Mostre in mostra. Roma contemporanea dagli anni Cinquanta ai Duemila/1 curata da Daniela Lancioni.
Vengono riproposte sei mostre di rilievo che si sono tenute a Roma nei singoli decenni tra gli anni Cinquanta e gli anni Duemila:
- Titina MaselliGalleria La Tartaruga 1955
- Giulio PaoliniGalleria La Salita 1964
- Fabro. Concetto spaziale d’après Watteau, 1967-71 / Corona di piombo, 1968-71 / L'Italia d'oro / Alluminio e seta naturale, 1971, rassegna "Informazioni sulla presenza Italiana" a cura di Achille Bonito Oliva, Incontri Internazionali d'Arte - 971.
- Carlo Maria Mariani. La costellazione del Leone, Galleria Gian Enzo Sperone 1981
Jan Vercruysse, Tombeaux (Stanza), Galleria Pieroni 1990
- Myriam Laplante. Elisir, a cura di Lorenzo Benedetti e di Teresa Macrì, Fondazione Volume! e The Gallery Apart, 2004.
Una retrospettiva da non perdere.
Fino al 28 luglio 2019

Istituto Giapponese di Cultura - Ai vostri posti: la fotografia sportiva in Giappone.
Il salto, il lancio, la corsa, il tuffo, la bracciata, la parata, la presa, il calcio, la stoccata.
I corpi degli atleti compiono le azioni primordiali dell'uomo, affinate nell'esercizio e per la sfida.
Verso Tokyo 2020 una carrellata mozzafiato dei migliori scatti del gotha della fotografia sportiva del Giappone, in collaborazione con Japan Camera Industry Institute.
Fino al 24 novembre 2019

Galleria Borghese Lucio Fontana. Terra e oro.
Sono cinquanta le opere tra sculture e dipinti, realizzate per lo più fra il 1958 e il 1968, del maestro dei «Tagli» e dei «Buchi».  
Una scelta di opere — una cinquantina in tutto, realizzate per lo più fra il 1958 e il 1968 — selezionate all’interno di due produzioni specifiche dell’artista: quella dedicata al tema della Passione di Cristo — una delle pagine più note e importanti di arte sacra del Novecento — e quella riservata ai dipinti-scultura «in oro».
Fino al 28 luglio 2019

MAXXITerre in movimento
Olivo Barbieri, Paola De Pietri e Petra Noordkamp: gli occhi di tre grandi autori per raccontare la metamorfosi del paesaggio marchigiano sconvolto dal sisma del 2016: reperti, rovine, nuovi fragili insediamenti, persone.
Fino al 1 settembre 2019

Galleria  del Cembalo Cig Harvey. Luci del Nord-est.
Le foto di Cig Harvey per la prima volta in  mostra in Italia presso la Galleria del Cembalo sono visioni istantanee, reali della sua vita nel Maine.
Per Cig harvey l'immagine è la dicotomia tra forma e contenuto che non può essere scissa, e la fotografia non riproduce ma racconta.
Fino al 6 luglio 2019


NAPOLI

Museo e Real Bosco di Capodimonte
Dentro Caravaggio curata da Maria Cristina Terzaghi e Sylvain Bellenger.
La mostra approfondisce il periodo napoletano di Caravaggio e l'eredità che ha lasciato nella città partenopea.
Con un rigoroso approccio scientifico, mette a confronto sei opere del maestro e 22 opere di artisti influenzati dalla novità che esprimono le tele di Michelangelo Merisi.
Fino al 14 luglio 2019

Jan Fabre: l'artista belga di fama mondiale  torna a Napoli con un nuovo progetto che coinvolge quattro luoghi di grande prestigio:
- il Museo e Real Bosco di Capodimonte
- la chiesa del Pio Monte della Misericordia
- il Museo Madre
- la galleria Studio Trisorio.
Con un lavoro di nome: Oro Rosso, Sculture d'oro e corallo, disegni di sangue.
L'artista propone sculture in oro e disegni di sangue creati dagli anni Settanta ad oggi, oltre a una serie inedita e sorprendente di sculture in corallo rosso, realizzata appositamente per Capodimonte.
Si crea un dialogo con alcuni capolavori pittorici e splendidi oggetti d'arte decorativa di epoca rinascimentale, manierista e barocca selezionati dal curatore, Stefano Causa.
Nella chiesa del Pio Monte della Misericordia, una grande scultura in cera, autoritratto dell'artista belga, dialoga con la grande tela di Caravaggio Sette opere di Misericordia (1606-1607).
Fino al 15 settembre 2019

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Pensiero Laterale
Il Dongiovanni

Un uomo sposa 20 donne della sua città, ma nessuno lo accusa di poligamia. Com’è possibile?
Vive in Italia; l’uomo non è vedovo né ha mai divorziato; l’uomo è cristiano cattolico, religione che proibisce la poligamia; non nasconde il fatto di aver sposato 20 donne; altre donne della città desiderano essere sposate da lui.
Colmo dei colmi: l’uomo pensa di accontentarle tutte…

Guarda qui la soluzione...

La Lampadina ::: Periodiche illuminazioni
Newsletter di fatti conosciuti ma non approfonditi, luoghi comuni da sfatare, semplici novità.

La Lampadina e' una newsletter ideata da Carlo Verga, gestita da un Comitato di redazione composto da: Filippo Antonacci, Isabella Confortini Hall, Lucilla Crainz Laureti, Marguerite de Merode Pratesi, Laura Lionetti, Ranieri Ricci, Carlotta Staderini Chiatante, Lalli Theodoli, Beppe Zezza e redatta con la partecipazione di: Lorenzo Bartolini Salimbeni, Renata Ferrara Pignatelli, Giancarlo Puddu e Angelica Verga. La sede è in via Castiglion del Lago, 57, 00191, Roma.

La newsletter, di natura non politica, non ha scopo di lucro e si propone di fornire - con frequenza inizialmente mensile - "periodiche illuminazioni" su argomenti di vario genere, con spunti di riflessione e informazioni. L'invio viene effettuato su segnalazione degli stessi lettori, agli amici ed agli amici degli amici. il presente numero è inviato a circa duemila persone. Sono gradite da chiunque le collaborazioni e le segnalazioni di persone interessate a ricevere la newsletter.
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