ARTE: Robert Hughes, arriverderci a un personaggio unico Un uomo "esagerato", una voce decisiva nella fine del Novecento
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È morto quest’estate,
all’età di settantaquattro anni, Robert Hughes. È stato
per decenni il critico artistico del New York Times
che lo considerava il “più grande critico d’arte al
mondo”.
Prima che sia consegnato all’oblio o sbiadita la sua
ruggente figura, vorrei ricordare con qualche parola
la sua ingombrante personalità che l’ha reso comunque
“più interessante e più eccitante di una persona comune”,
“larger than life”.
Nato a Sidney nel 1938 emigra nel ’64 per stabilirsi
prima a Roma poi a New York. Era un uomo con una scrittura
veloce, definita anche succosa e muscolare con uno stile
schietto e divertente. È stata usata su di lui nell’arco
della sua vita una ricca quantità di aggettivi estremi:
“Supponente, sarcastico, a volte maleducato, spesso
sgradevole, scandaloso e inaudito”. Ironista fulminante
e acre, sapeva detestare, adorare disprezzare ma ha
sempre guardato all'opera d'arte come tale, scontrandosi
spesso contro la commercializzazione eccessiva dell'arte
contemporanea.
È sua la frase sulla famosa opera di Hirst: “..lo squalo
più sopravvalutato al mondo… Non è un miracolo che si
possa produrre tanto denaro con tanta scarsa abilità?”
cui Hirst rispose prontamente “Rembrandt, Velázquez,
Goya, penso che tutti siano stati interessati agli aspetti
commerciali della loro arte, io credo di agire come
ognuno di loro agirebbe, se fosse in vita”.
Amava definirsi “scrittore d’arte” e in quella veste
ha sempre difeso la qualità letteraria della critica
ingaggiando una battaglia continua contro mode e tendenze.
Lascia di sé una ricca letteratura e anche il ricordo
del famosissimo programma televisivo “The Shock of the
New” sullo sviluppo dell’arte moderna dopo l’impressionismo,
reso eccezionale dalla sua conoscenza enciclopedica
e il suo modo di comunicare intelligente, iconoclasta
ed entusiasta, ideale per il mezzo. Ne seguirà un libro
dallo stesso titolo e un altro “Nothing If Not Critical”
in cui promuove la critica d’arte al grado di autentica
letteratura. È suo il libro su Goya del 2005, vari volumi
su Barcellona, suo anche il libro “Cultura del Piagnisteo”
(The Culture of Complaint-The Fraying of America 1993)
in cui contesta la saga del “politicamente corretto”
e del vittimismo sociale con estrema lucidità, sempre
attualissimo.
È suo infine l’unico avvincente trattato sull’epopea
della fondazione dell’Australia “La riva fatale” (The
fatal shore 1987) che divenne subito un best seller
internazionale.
Nel 2002 il suo rifiuto a dirigere la biennale di Venezia
fece molto scalpore in Italia. L’invito gli era stato
fatto dall'allora sottosegretario ai beni culturali
Vittorio Sgarbi, ma lui aveva rifiutato affermando che
“La vita è troppo breve per sprecarla con gli indecisi”.
L’offerta all'inizio lo aveva reso felice, ma le diatribe
lo avevano in seguito amareggiato (New York Post).
Robert Hughes era sicuramente il più impietoso fustigatore
degli usi e dei molti malcostumi dell’arte contemporanea
ma anche se non condivido molte delle sue spietate considerazioni
legate a una visione generalizzante, le sue violenti
polemiche sono state utilissime per tenere acceso il
senso della critica che rende l’arte di oggi sempre
vivo e avvincente.
Non si poteva non rendere onore a questo formidabile
personaggio!
Marguerite de Merode Pratesi
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ATTUALITA': noi e gli americani continuiamo a ragionare in modo diverso? Differenze di vedute tra europei e loro dirimpettai oltre oceano
Qualche anno fa intorno a un tavolo
per una colazione di lavoro, ci trovammo in sette: due
italiani, un francese, un tedesco, un inglese e due
americani.
Gli argomenti, l’andamento delle materie prime, le valute
e la loro evoluzione, argomenti certo interessanti ma
dopo una giornata di lavoro cercavamo qualcosa che ci
proiettasse in un mondo differente.
Cominciammo a parlare della Piramide Cestia vista il
giorno precedente con grande impressione degli americani,
da lì poi passammo al viaggio di Giulio Cesare in Egitto
e a come fosse sorpreso di apprendere che le piramidi
esistevano già da quasi 2000 anni prima di Roma. Naturalmente
arrivammo ai giorni nostri e a come l’umanità avesse
trascorso gli ultimi due millenni.
Ma cosa pensava ognuno di noi dei prossimi duemila anni?
Ci guardammo incerti su cosa dire, poi cominciammo noi
europei, tutti più o meno di un pessimismo “filosofico”
adducendo situazioni sociali, guerre, economia, cataclismi
etc.
Gli Americani ci guardavano con un’aria perplessa e
finito di esprimere la nostra idea cominciarono loro.
Rimanemmo senza parole per il profondo ottimismo della
loro posizione che riferendosi alle nuove frontiere
della medicina, a sistemi curativi rivoluzionari, intelligenze
artificiali, l’astronomia, nuovi pianeti, sistemi di
comunicazione, diminuzione della fame nel mondo, gli
OGM etc. chi più ne ha più ne metta, contavano che i
prossimi due millenni sarebbero stati di grandissimo
successo per ogni aspetto della nostra vita.
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Terminata la loro disquisizione, rimanemmo
in silenzio per qualche minuto. Avevano ragione loro?
Leggendo in questi giorni un articolo sul “Corriere
della Sera” a proposito delle mentalità differenti tra
noi e gli americani mi veniva in mente quella nostra
colazione di lavoro e cosa avrebbero fatto i vari Zuckerberg,
Brin, Page o Gates se anziché in USA fossero nati qui,
nella vecchia Europa.
Il Corriere poi proseguiva riportando un quadro interessante
delle due differenti mentalità, riscontrate in principal
modo tra i giovani, in verità si riferiva più alla differenza
tra Usa e Italia che non all’Europa ma ecco cosa ci
diceva:
per quanto riguarda il futuro
- USA: per il 35% dei giovani rappresenta un’incognita,
per il 65% un’opportunità.
- Italia: per l’83% dei giovani italiani è un’incognita,
per il 17% un’opportunità.
Il denaro:
- USA: per il 57% degli americani significa libertà,
per il 43% sicurezza.
- Italia: per il 19% degli Italiani significa libertà,
per l’81% sicurezza.
Il lavoro
- USA: per il 45% rappresenta il posto sicuro, per il
55% la possibilità di finanziare una propria idea.
- Italia: per il 93% è il posto sicuro e solo il 7%
lo intende per finanziare una propria idea.
Carlo Verga
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CULTURA:
NonSoloArena - Un museo straordinario a Verona
Alla scoperta di luoghi poco noti, fuori dall'ordinario
Fino a ieri la bella Verona evocava soprattutto
l'Anfiteatro, l'Arena dalla bellezza mozzafiato che
in estate ospita una stagione lirica che richiama spettatori
da tutto il mondo. Piazza Bra, Piazza delle Erbe, il
romantico balcone di Giulietta, le vie belle e ben tenute
e l'eccellente qualità della vita dovuta a un’attenta
e rigorosa amministrazione, ne fanno meta di turismo
appassionato e mai becero.
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Ma una nicchia di tutto rispetto se
la guadagna il Museo
Nicolis dell'Auto, della Tecnica e della Meccanica,
che si trova a pochi chilometri, nei pressi dell'aeroporto
a Villafranca di Verona.
Uno spettacolare contenitore di idee e cultura, un viaggio
nella storia dell'ingegno umano, tre piani di divertimento
e stupore.
Voluto e fondato nel 2000 dall'imprenditore veronese
Luciano Nicolis, recentemente scomparso, è una delle
collezioni di automobili antiche più importanti d'Europa.
Tutte le auto, recuperate negli angoli più remoti del
mondo, sono perfettamente funzionanti; molte hanno richiesto
anche dieci anni di accuratissimi restauri: ne fa fede
la Lancia Astura 1000 Miglia che ha partecipato all'edizione
2012 della mitica gara, arrivando quarta.
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Dalla storica, splendida Isotta Fraschini,
di dimensioni monumentali, con sofisticati salotti ricchi
di cristalli, argenti e radica e lussuose tappezzerie
damascate (ammirerete anche eleganti o folli acconciature
che le signore sfoggiavano su queste meraviglie), alla
Cottereau Populaire, alle prime Benz, alle Alfa Romeo,
alle Bugatti (e sono solo poche fra le tante!), si passa
poi ad una collezione di oltre cento motociclette unica
al mondo, alle biciclette, rappresentate a partire dalla
prima, storica “Draisina” (1817) in poi.
E ancora... motori a scoppio, a 1, 2, 4 e a 8 cilindri,
l'immenso motore di una motosilurante della Seconda
Guerra Mondiale... strumenti musicali, macchine per
scrivere, macchine fotografiche e mille curiosità da
far restare a bocca aperta non solo gli appassionati
del genere ma chiunque, dal bimbo al novantenne.
Renata Ferrara Pignatelli
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PIANETA TERRA: fracking e shale Se ne parla molto, cerchiamo di capire meglio...
"Fracking", "shale".
Nuovi termini, inglesi naturalmente, che probabilmente
non avevamo mai inteso fino a ora ma che sono destinati
a diventarci familiari negli anni a venire.
Per chi ci segue sulla Lampadina, sia nelle flash news
che nel numero di giugno, in un articolo divulgativo
sulla energia del pianeta avevamo accennato al "fracking"
promettendo di parlarne ancora. Manteniamo fede alla
nostra promessa.
Domanda: cosa e' il fracking?
Risposta : e' il metodo moderno per estrarre lo shale.
Ottimo! (Detto cosi' ne sappiamo quanto prima!). Vediamo
di chiarire.
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Cos’e' lo shale?
Lo shale gas o gas da scisti bituminosi è un
gas naturale fossile formatosi circa 350 milioni di
anni fa grazie all'azione di batteri anaerobi ed intrappolato
all'interno di particolari rocce argillose chiamate
scisti, stratificate orizzontalmente e molto poco permeabili.
Questa particolare configurazione delle rocce rende
necessario, per liberare gas in quantità degne di essere
prese in considerazione, che nello scisto ci siano delle
fratture.
Fino a pochi anni fa, l'unico modo era approfittare
delle poche fratture già esistenti, oppure scavare pozzi
in senso orizzontale, in modo da aumentare il contatto
tra lo scisto e la trivella: il tutto non era economico.
Fino a che non e' stata messa a punto la tecnica di
estrazione detta del hydraulic fracturing o
"fratturazione idraulica".
Questa tecnica consiste nel provocare la frantumazione
sotterranea dello scisto mediante introduzione nel terreno,
opportunamente trivellato, di una miscela di acqua,
sabbia e altri componenti chimici ad altissima pressione.
Questo mix rompe le rocce e crea "strade" con una permeabilità
maggiore e favorisce la liberazione del gas che può
essere convogliato in superficie
La ricerca dei giacimenti di shale ha dato risultati
molto incoraggianti.
Di shale ce ne e' tantissimo (l’Agenzia Internazionale
dell’Energia ha recentemente ipotizzato che nel sottosuolo
siano intrappolati piu` di 950.000 miliardi di metri
cubi (Mmc) di gas non convenzionale di cui 450.000 Mmc
di shale gas) ed e' ubicato in larga misura
in zone del pianeta diverse da quelle nelle quali si
trova il "gas convenzionale" (Russia, Iran, Algeria,
Bolivia).
Nei soli USA ce n’è di più delle loro necessità interne:
perciò hanno iniziato a liquefarlo e a esportarlo, con
un conseguente effetto di "abbassamento" dei prezzi
internazionali.
Dato che siamo tutti ben consci dell'importanza che
ha per tutti gli Stati del globo l’approvvigionamento
energetico e di quanto il garantire la disponibilità
delle fonti influenzi la politica estera, comprendiamo
come questa "nuova" fonte energetica metta in gioco
interessi colossali, economici e politici.
La battaglia attuale si svolge sulla "sicurezza ambientale".
(Come sapete è il tema della sicurezza ambientale che
ha messo "fuori gioco" - almeno temporaneamente – l’energia
nucleare).
La domanda cruciale è: questa tecnica estrattiva del
fracking è sicura o no?
Perché ci sono delle perplessità. Quali?
In primo luogo questa tecnica richiede un consumo larghissimo
di acqua che per circa il cinquanta per cento rimane
intrappolata sotto terra insieme ai componenti chimici
immessi e a quelli prodotti dalla frantumazione delle
rocce. Che possibilità c'è che quest’acqua, prima o
poi, vada ad inquinare
le falde acquifere dalle quali dipende la nostra
stessa esistenza?
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In secondo luogo, una parte del gas
che si estrae non lo si riesce a "catturare". Questo
significa che viene disperso nell'atmosfera. Ebbene,
questo gas, che è per lo più metano, produce un "effetto
serra" di gran lunga superiore a quello dell’ormai famigerata
CO2!
In terzo luogo alcuni sostengono che queste tecniche
di frantumazione possano "indurre" dei terremoti, di
non grande magnitudo, ma con i terremoti non si scherza!
Infine con un’utilizzazione in larga scala di questa
tecnica si sottrarrebbe terreno all'agricoltura (la
stessa obiezione, ed è la più consistente, che viene
fatta alla produzione dei bio-combustibili), si aumenterebbe
il rumore e il cattivo odore.
Insomma ce ne e' abbastanza per accapigliarsi.
USA ed Europa stanno imboccando direzioni opposte. Gli
USA sono favorevoli, ma questo avviene quasi sempre
quando sono in gioco la loro economia e la loro indipendenza,
mentre la "vecchia" Europa è più scettica e vuole procedere
con i piedi di piombo.
La UE ha ritenuto troppo esigue le risorse di gas non
convenzionale rispetto alle esigenze dei paesi membri
ed ha appurato attraverso un report del giugno 2011,
che l'impatto ambientale delle attività di estrazione
è troppo alto anche in rapporto al contributo alla sicurezza
energetica che potrà dare. La Francia, seguita dalla
Bulgaria, ha proibito l'utilizzo del francking nel proprio
territorio. Gli altri paesi della UE non si sono ancora
espressi. Le compagnie petrolifere europee, tuttavia,
e l’ENI tra queste, non sono comunque rimaste con le
mani in mano e hanno stipulato accordi per eseguire
ricerche nei diversi territori "promettenti".
Certo, l'idea di non dover essere legati per i propri
approvvigionamenti a paesi come la Russia e l'Algeria;
e di poter ridurre la propria dipendenza dai paesi produttori
di petrolio, i paesi arabi in primis, fa venire l'acquolina
in bocca! Ma quale prezzo siamo disposti a pagare? E
chi ci farà conoscere il REALE prezzo da pagare? Quando
sono in gioco interessi di questa portata, ahimè è assai
difficile conoscere la verità.
Beppe Zezza
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ARCHITETTURA: Scampia, Napoli Un progetto architettonico, una realizzazione "altra", la volontà di resistere
Scampia, più che un quartiere
di Napoli, è una piccola città, con i suoi oltre 50.000
abitanti ufficiali e gli altri 20.000 non censiti.
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Il quartiere nasce su
una grande piana di antichi casali agricoli (il termine
Scampia significa, infatti, “spianata”) che facevano
da contorno all’area urbana e che furono annessi alla
città tra il 1925 e il 1927 diventando la periferia
della città di Napoli.
Nel 1985 il Comune di Napoli decide la costituzione
del nuovo quartiere Scampia e affida a un importante
architetto, Franz Di Salvo, la progettazione di un grande
complesso residenziale che, ispirandosi ai principi
delle unitès d’habitations di Le Corbusier,
prevedeva oltre alle case anche centri sociali, spazi
di gioco e altre aree comuni, dove centinaia di famiglie
avrebbero dovuto integrarsi e creare una comunità.
Il progetto urbanistico era senz’altro innovativo ma,
forse per la mancata costruzione del “nucleo di socializzazione”
o forse per l’inabitabilità delle case, è diventato
un quartiere dormitorio dove risiede la più svariata
composizione sociale: assegnatari di alloggi pubblici,
abitanti proprietari degli alloggi negli edifici delle
cooperative, occupanti abusivi degli edifici di edilizia
pubblica ancora non completati, rom ed extracomunitari.
A ciascuna di queste categorie corrispondono tipologie
edilizie diverse. Ci sono le Vele, così conosciute per
la loro forma triangolare, le Torri e i “palazzi serpentoni”.
In prossimità delle Vele, hanno preso posto diverse
strutture residenziali per la piccola e media borghesia,
spesso vergognosa di vivere a Scampia. Qui li chiamano
“parchi” ma sono tutti circondati da alte recinzioni
in ferro.
Come se non bastasse, nei primi anni Novanta, è stato
avviato il funzionamento di un nuovo carcere, la cui
collocazione ai margini del quartiere era stata decisa
anni prima. Pur essendo una buona soluzione per decongestionare
l’altro principale carcere cittadino, la nuova casa
di detenzione non svolge un ruolo positivo per la qualità
della vita del quartiere. In poco tempo la criminalità
organizzata e la camorra hanno trovato terreno fertile
per i loro traffici.
In questo contesto cittadino, all’inizio del duemila,
si inserisce un progetto dei Padri Gesuiti.
Nel 2001 è arrivato a Scampia padre Fabrizio Valletti
con la delicata missione, affidatagli dai suoi superiori,
di sperimentare un incontro tra azione religiosa, formazione
culturale e promozione sociale, tenendo conto dei gravi
problemi che il quartiere presentava.
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In collaborazione con
il Comune di Napoli è stato costruito il Centro
Hurtado dove sono state avviate le più diverse attività.
Laboratori di sartoria, legatoria, informatica, fotografia,
musica e canto, la biblioteca “Le Nuvole” ed anche una
palestra. Si è costituita la Cooperativa Sociale La
Roccia che si occupa di organizzare e di gestire tutte
le attività.
I problemi, com’è immaginabile, sono immensi ma i promotori
dei progetti ce la stanno mettendo tutta e cominciano
ad ottenere i primi risultati, come ci ha raccontato
padre Valletti in occasione della nostra visita circa
due mesi fa.
Chi volesse saperne di più e decidesse di collaborare
con padre Valletti e la Comunità, può mandare una mail
alla Lampadina e sarà messo direttamente in contatto
con loro.
Lucilla Crainz Laureti
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ABBIAMO
OSPITI - PITTURA: i cieli olandesi di Johannes Vermeer
Per la prima volta in Italia l'artista olandese,
maestro della luce
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“Vermeer:
il secolo d’oro dell’arte olandese” è il titolo
dell’importante esposizione visibile a Roma alle Scuderie
del Quirinale dal 27 settembre al 20 gennaio 2013.
La mostra si profila unica nel suo genere, sinora mai
in Italia era stato organizzato un omaggio al celebre
artista, fra i più importanti esponenti della pittura
olandese dal XVII secolo.
Johannes Vermeer (Delft/Olanda, 1632- 1675) pittore,
mercante e conoscitore d’arte, nel corso della sua vita
non ha dipinto che cinquanta opere, delle quali se ne
conoscono solo trentasette.
La sua produzione in un anno era di due o tre quadri
al massimo, quel tanto che bastava per mantenere la
sua numerosa famiglia che contava ben undici figli.
Annoverato tra i più grandi pittori di tutti i tempi,
Vermeer è diventato un incredibile personaggio cult,
un’icona tale da ispirare registi di Hollywood e scrittrici
come Tracy Chevalier autrice del best-seller, il libro
“La ragazza con l’orecchino di perla”.
All’esposizione romana è stata riunita la serie degli
“Interni” di Vermeer, vere e proprie icone della pittura
olandese del secolo d’oro, che delineano la straordinaria
abilità dell’artista nel creare – attraverso molteplici
tecniche pittoriche- la rappresentazione “della luce”
su materiali e superfici diversi: ciò che infatti prepotentemente
emerge dalle opere di Vermeer è proprio la “sua “inconfondibile
Luce”: l’unica che riesca a riprodurre il Cielo d’Olanda.
Ancor oggi c’è molto mistero sull’uso dei materiali
(anche pittorici) esemplificati nell’ambito delle realizzazioni
di Vermeer. Quelli evidenziati nella serie de “Gli Interni”
sono molto curiosi.
Anche gli spazi, minuziosamente “riportati” nei quadri,
rappresentano la dimora stessa del pittore, o altri,
completamente inventati ma ricchi di arredi, mobili,
oggetti raffinatissimi fanno da scenografia ai personaggi
che vivono “dentro” le incredibili composizioni. La
lettura è l’immagine “dentro altre”, in un susseguirsi
di sequenze davvero straordinarie.
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Artista raffinato, e dotato
di una straordinaria memoria visiva, fu capace di tradurla
nell’ambito delle sue opere tessendo il tutto pittoricamente,
in una trama ricca di suggestive atmosfere, intrecciate
con un’infinità di fatti, personaggi, dolcissime figure
femminili, paesaggi e contesti più vari.
Artista enigmatico e misterioso, poco si conosce della
sua vita – solo nell’Ottocento, infatti, il critico
francese Théophile Thoré-Burger ne fece la fortuna dedicandogli
un’appassionata biografia e in seguito anche Proust
divenne suo accanito sostenitore.
Nel percorso espositivo delle Scuderie figurano accanto
a Vermeer anche altri importanti vedutisti dell’arte
olandese; si possono ammirare i paesaggi e le scene
di Carel Fabritius, le opere di Nicolaes Maes, Pieter
de Hooch e di Gerard Dou, “il maestro del chiaroscuro”,
effetto applicato alle scene notturne “a lume di candela”.
Laura Novello
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COSTUME:
NPGI - Non Più Giovani Imbarcate
Barca che vai, donna che trovi
|
Seduti, a riposo, in un bar del porto
con un drink in mano e lo sguardo che scorre sulle tante
barche.
Ne sta entrando una: lui al timone, lei arrotolata in
uno scomodo pareo svolazzante (Magliette in barca! No
ai veli!), corre intorno piazzando malamente i parabordi:
uno corto, uno troppo lungo, fissati in fiocchi gentili
e poco marini.
Si appropria del mezzo marinaio, lo fa oscillare sulla
testa del marito che la sgrida furioso. Lancia all’ormeggiatore
la cima che piomba miseramente in acqua e, finalmente,
nonostante tutto, la barca è attraccata.
Riposo?
No.
Scompare sottocoperta e ne riappare poco dopo aggravata
da due enormi sacchi di spazzatura che, camminando con
passo incerto sull’ancor più traballante passerella,
va a scaricare nei lontanissimi bidoni.
Lui accende intanto un mezzo toscano e scambia con i
vicini informazioni preziose su meteo, porti, cantieri,
rotte e velai.
Eccola di nuovo a bordo che, con i capelli abituati
a cure di parrucchieri solerti che ora schizzano invece
da ogni parte, increspati, salati, di un colore fra
l’arancione e il verde e nemmeno tentano più di nascondere
la terribile ricrescita, brandisce la canna dell’acqua
e armata di scopettone comincia furiosamente a lavare
la barca, a strofinare via il sale.
Si sente un borbottio furioso da sottocoperta: si è
scordata un oblò aperto.
La barca, pulita, lucida, grata.
Riposo finalmente?
No.
Riemerge con in braccio un bacile pieno di vestiti lavati
e strizzati (a mano) che stende tutto intorno. E poi
di nuovo sottocoperta: esce un profumo di cibo e poi
apparecchia e poi laverà e metterà a posto e poi…… domani
tutto di nuovo da capo.
A sera, prima di buttarsi esausta nella stretta cuccetta,
dopo un nostalgico pensiero al king size bed di città,
con un enorme tubo di pomata si cosparge gli innumerevoli
lividi neri e bluastri. Per fortuna il grosso bernoccolo
sulla testa si sta lentamente riassorbendo
Fa finta di essere felice, fa finta di ADORARE tutto
questo.
In realtà non vede l’ora di tornare a casa, di fustigare
la servitù, di correre dal parrucchiere, di non entrare
mai più in cucina.
Una buona notizia?
Per motivi fiscali la barca passerà l’inverno fuori
confine, lontana, troppo lontana per i fine settimana
fuori stagione.
“Che peccato!” sussurra dolcemente al comandante. E
corre a chiudersi in cabina dove, in una danza forsennata
ma silenziosa di ringraziamento, anticipa le gioie di
tornei di burraco e di vestitoni coprenti che finalmente
permettano alla pancia di occupare il suo posto nel
mondo.
Lalli Theodoli
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La Lampadina ::: Periodiche illuminazioni Newsletter di fatti conosciuti ma non approfonditi, luoghi comuni da sfatare, semplici novità... La Lampadina è una newsletter ideata da Carlo Verga, gestita da un Comitato di redazione composto da: Filippo Antonacci, Isabella Confortini Hall, Lucilla Crainz Laureti, Marguerite de Merode Pratesi, Ranieri Ricci, Lalli Theodoli, Beppe Zezza e redatta con la partecipazione di: Lorenzo Bartolini Salimbeni, Renata Ferrara Pignatelli, Carlotta Staderini Chiatante, Giancarlo Puddu, Angelica Verga. La sede è in via G. D. Romagnosi 20, 00196 Roma. La newsletter, di natura non politica, non ha scopo di lucro e si propone di fornire - con frequenza inizialmente mensile - "periodiche illuminazioni" su argomenti di vario genere, con spunti di riflessione e informazioni. L'invio viene effettuato su segnalazione degli stessi lettori, agli amici ed agli amici degli amici. il presente numero è inviato a circa millequattrocento persone. Sono gradite da chiunque le collaborazioni e le segnalazioni di persone interessate a ricevere la newsletter. Per informazioni scrivere a info@lalampadina.net |
| FLASH NEWS! Un po' qua, un po' là...
Forse
abbiamo risolto il problema dell'acqua - Certo,
in condizioni estreme! La giapponese Takram
ha messo a punto un sistema denominato hydrolemic
system che con particolari innesti
artificiali nel corpo umano consente di trasformare
l'umidità dell'aria inspirata in acqua, di
catturare, di riciclare e rimettere in circolazione
i liquidi in uscita e infine un apparato che
riduce la traspirazione trasformando il calore
del corpo in elettricità. In questo modo i
tecnici giapponesi pensano di aver risolto
il problema della sopravvivenza: saremo ancora
umani? CV
*
Il
Made in Italy tira - La situazione
internazionale è quella che sappiamo tutti,
tuttavia il Made in Italy, procede alla grande,
solo con una linea aerea molto specializzata
la Fly Emirate sez. cargo ha raggiunto in
pochi mesi le 25mila tonnellate. I settori,
sono la moda, il farmaceutico, l'alimentare
con prodotti freschi e surgelati.
Le destinazioni sono i paesi asiatici ma anche
l'Australia e il Sud Africa. Gli aeroporti
di partenza: il 45% Malpensa, il 35% dalla
Toscana e il 19 % dal centro Italia.CV
*
I
profumi, che meraviglia! - Ma lo
sapevate che ci sono aziende che li preparano
per tutti i gusti, anche i più strani? In
particolar modo una, la DaleAir,
su ordinazione ha preparato: per il museo
di Stoccolma un profumo di mummia, all'Imperial
War Museum di Londra ha fornito un particolare
odore per rendere più realistica la vita in
trincea nella prima guerra mondiale; a un
negozio sportivo l'odore di spogliatoio. Insomma
ce ne sono per tutti i gusti.
A
proposito di profumi, sembra che alcuni Santi
sia da vivi ma anche da morti emanassero dei
profumi soavi: Santa Rosa di rosa, San Gaetano
di arancio, Santa Teresa di Gelsomino. Sarà
vero? CV
*
Siamo
nell'anno del dragone - La Cina si
prepara nella sola
Pechino a festeggiare i duecentomila nati,
il doppio del 2004.
Sembra
che i bambini nati sotto il segno del dragone
siano i migliori e pertanto grande attività
dei cinesi quest'anno! Sembra che il municipio
di Pechino abbia in costruzione tre nuovi
ospedali e una rete di centri di assistenza
per questa straordinaria attesa natalità.
L'articolo in questione però non ci spiega
come sia possibile in una città come Pechino
una natalità cosi forte e dove esistono (o
esistevano?) regole ferree tali da costringere
le coppie ad avere un solo figlio o pagare
multe salatissime nel caso di nascite ulteriori.
CV
*
Apple
vs. Samsung: riflessioni dal Sole24 Ore del
2/9/2012 - Ma il gesto è proprietà
intellettuale? Così sembra dalle decisioni
dell'Alta Corte californiana.
|
Jonathan
Ive (vice presidente della l'Apple's Industrial
Design) appartiene alla scuola di "funzionalità"
i cui maestri sono stati per lui Dieter Rams
e Steve Jobs. La loro ricerca era diretta
al gesto naturale ed essenziale che caratterizzi
la funzione.
Ma se Ive ha ragione e quindi quella funzione
non può essere resa se non con quella forma
o quel gesto, chiunque voglia produrre un
oggetto con quella funzione deve necessariamente
copiare Ive. Questo è quindi uno dei crimini
contro la proprietà intellettuale commesso
dalla Samsung secondo il tribunale USA.
Ma lo zoommare per l'I-phone e che discende
dallo stesso concetto, è stato voluto proprio
come gesto naturale e per questo la Apple
lo ha brevettato. Allora i gesti naturali
diventano anch'essi proprietà intellettuale?
Certo Apple con le sue invenzioni e innovazioni
apre la strada per la vendita dei suoi prodotti
e nello stesso tempo pone le basi per una
conoscenza comune necessaria per ogni sviluppo
del settore. Apple ha imparato e anche copiato
dalla Braun, Xerox, Parc etc., quindi andrebbe
data una giusta dimensione alle sue richieste.
La storia quindi della proprietà intellettuale
andrebbe riscritta per un equilibrio più equo.
Che ne pensate? CV
*
Marevivo
e il progetto "Delfini Guardiani" -
Il 21 settembre scorso sulla banchina Mamozio
del porto dell'isola di Ponza è partita la
seconda edizione del progetto "Delfini Guardiani
dell'isola di Ponza", l'innovativo percorso
di educazione ambientale promosso da Marevivo,
dal Suo presidente Rosalba Giugni e con la
partecipazione del sindaco Pietro Vigorelli.
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Il
progetto “Delfini Guardiani” – che ha l’obiettivo
di trasformare i ragazzi delle isole minori
e dei comuni
costieri in vere e proprie sentinelle della
salvaguardia
del proprio territorio - nel
2012
ha mobilitato non
solo l’isola di Ponza
ma anche
Capri e Sant’Antioco in Sardegna e per l’edizione
2013 sbarcherà anche sulle isole di Ischia,
il Giglio e Lampedusa.
Il distintivo di “Guardiani dell’Isola” dà
ai ragazzi il diritto di presentarsi, senza
accompagnatori adulti, alla Capitaneria di
Porto o al Comune per segnalare eventuali
problemi di carattere ambientale
Il percorso, nella passata edizione, ha impegnato
gli alunni delle scuole di Ponza in escursioni
sulle spiagge, incontri con pescatori e artigiani
locali e nella conoscenza diretta dell’ambiente
marino, attraverso l’attività di sea-watching.
Durante la loro ultima uscita in barca anche
tre grandi tursiopi si sono avvicinati e hanno
scortato i ragazzi per oltre 40 minuti, suscitando
grande allegria e entusiasmo: per loro incredibilmente
rappresentava la prima esperienza d'incontro
ravvicinato con I mammiferi marini. E dato
che fra i tre ne è stato avvistato uno che
aveva sulla coda dei frammenti di rete, ci
piace pensare che quel delfino, venuto a guidarli
verso l’isola di Zannone, fosse proprio Tiberio,
tempo prima imprigionato in una rete a Capri
e poi di nuovo in viaggio verso le isole pontine.
I giovanissimi hanno avuto anche la possibilità
di avvicinarsi a sport come la subacquea,
la vela e l’arrampicata e hanno avuto il sostegno
del Corpo Forestale dello Stato, della Capitaneria
di Porto, della Compagnia di Trinchetto, degli
ornitologi dell’ISPRA e del parroco Don Ramon.
TEATRO
- DANZA - MOSTRE FINO ALLA FINE DEL MONDO!
Le
segnalazioni de La Lampadina
Nella lista delle cose necessarie
da fare entro “la fine del mondo”, da ottobre
a dicembre 2012, non possono mancare il teatro,
la danza e la musica.
In questo numero de La Lampadina, parliamo
della programmazione di ottobre, la selezione
completa degli spettacoli di novembre e dicembre
la potete trovare
sul sito!.
Non
è facile avventurarsi nel vastissimo panorama
artistico romano, perciò con la consapevolezza
di essere parziali e lungi dal pretendere
di essere esaustivi, vogliamo solo offrire
alcune suggestioni, così abbiamo scelto di
parlare di dieci spettacoli da non perdere,
concentrandoci soprattutto sulle produzioni
di più ampio respiro.
Partiamo
dal Roma
Europa Festival che abbraccia
diversi luoghi e teatri della città, per ospitare
spettacoli dei più riconosciuti artisti al
mondo, nel campo della musica, dell’arte visuale,
del teatro e della danza contemporanea. Consigliamo
di seguirlo integralmente ma per ragioni di
spazio, ci limitiamo a segnalare due spettacoli
di danza. Il primo è Here/After di
Constanza Macras, al Teatro
Eliseo dal 5 al 7 ottobre,
che parte da un tema profondo come l’agorafobia
per analizzarlo con ironia e provocazione.
Poi ci spingiamo a Oriente
con Birds
with Skymirrors dal
26 al 28 ottobre al Teatro
Argentina, di Lemi Ponifasio, riconosciuto
autore samoano, che
si ispira alla vitalità della natura tra rito,
danza, mito ed evocazione.
Proseguiamo con il Teatro di Roma, rappresentato
dal Teatro Argentina, che fa da capofila per
proposte di altissimo livello nazionali e
internazionali, mentre il Teatro India, il
palcoscenico off, ancora non ha comunicato
la Stagione che quest’anno si concluderà a
dicembre, per consentire i lavori di ristrutturazione
e sistemazione degli spazi.
Ci cattura un titolo stravagante, Soprattutto
l’anguria, in scena il
13 e il 14 ottobre, un testo di Armando
Pirozzi, diretto da Massimiliano Civica, regista
dallo sguardo che sonda negli abissi, scarnificando
gli orpelli e che qui va a sezionare il rapporto
tra due fratelli, uno parlante e uno silenzioso.
Cambiamo registro con la vivacità del Circus
klezmer proveniente da
Barcellona, il 16 e il 17 ottobre,
che rappresenta il circo contemporaneo, con
acrobati e clown, non più accompagnati da
sofferenti animali in gabbia, ma dalla drammaturgia
teatrale e musicale.
Restiamo su scenari surreali, dal
18 al 21
ottobre, con Giù
di Scimone e la regia di Sframeli. La compagnia
racchiude i personaggi in un enorme water,
dal quale esprimeranno la loro filosofia dell’esistenza
senza compromessi.
Entriamo nel mondo dell’immaginario e del
sogno con il ritorno dello spettacolo Favole
di Oscar Wilde, diretto da Giancarlo
Sepe, Il 15 ottobre
al Teatro la Comunità.
Uno spettacolo di culto della scena romana,
vincitore nel 2004 del premio Olimpici del
Teatro per il miglior spettacolo d'innovazione,
rappresentato per 440 repliche, sempre in
questo piccolo teatro e che proseguirà, sfidando
la solita programmazione, per almeno tre mesi.
Gli spettacoli
selezionati fino a dicembre 2012 da Alice
Calabresi ti aspettano sul sito
in una nuova Rubrica!
Mostre
a Roma
Al Macro, Anders
Petersen. Rome, a Diary 2012.
20 settembre- 28 ottobre
Per il quinto “incontro fotografico” curato
da Marco Delogu, l’artista svedese Anders
Petersen (nato a Stoccolma nel
1944) usa la formula del Diario per ritrarre
una Roma lontana dalle riproduzioni convenzionali.
Il fotografo si dedica a rapresentare la famiglia,
le coppie di ogni età, raccontandone la vita
quotidiana con una fotografia in bianco e
nero molto contrastata e spesso “estrema”
in cui il suo intenso rapporto con il soggetto
si esprime più di mai con una vera “ossessione”
per l’essere umano.
Al Macro Testaccio, FOTOGRAFIA:
Festival Internazionale di Roma
21 Settembre- 28 Ottobre
Nell’undicesima edizione del festival, il
tema, “Work”, è ritornato al centro del linguaggio
fotografico. Un’edizione importante che presenta
il lavoro di 180 fotografi nelle due sedi
del Macro, nelle Accademie di cultura straniere,
nelle gallerie e in molti altri spazi.
Ancora nell'ambito del Festival, Inaugurazione della mostra "Gaialight - Mass Surveillance" a cura di Benedetta Cestelli Guidi, 25 settembre, ore 20.00, Galleria edieuropa QUI arte contemporanea, Piazza Cenci 56.
"Refugee
Scart, l'Arte dei Rifugiati"
incontra Nanni Balestrini, Gianfranco Baruchello,
Mirella Bentivoglio, Piero Dorazio, Toti Scialoja",
Sala della Crociera, Biblioteca di Storia
dell'Arte, via del Collegio Romano 27,
fino all’8 ottobre.
I rifugiati, simbolo estremo d’immigrazione, ma anche metafora dello scarto delle società, incontrano l’arte contemporanea italiana ed entrano con le proprie opere in uno spazio storico, cuore delle stratificazione della cultura d'occidente. La mostra è organizzata da Refugee Scart un progetto umanitario della SPIRAL Foundation ONLUS con il Patrocinio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per Rifugiati UNHCR in collaborazione con Centro Astalli, Laboratorio53 e Programma Integra a beneficio di Rifugiati arrivati in Italia alla ricerca di protezione.
A Venezia CARLO SCARPA. VENINI 1932-1947 Venezia, Le Stanze del Vetro I vetri di Murano firmati Carlo SCARPA: Fondazione Cini , Isola di San Giorgio Maggiore. Fino al 29 novembre una bellissima raccolta dei lavori dell’architetto veneziano quand’era direttore artistico della Venini a Murano (1932-1947). Lavoro in cui lo Scarpa artista s’incontra con il designer e l’architetto in un risultato di grande originalità creativa. La mostra costituisce la prima iniziativa pubblica de “LE STANZE DEL VETRO”, un progetto avviato dalla Fondazione Giorgio Cini e presenta più di 300 opere provenienti da collezioni private e musei di tutto il mondo. Le opere sono suddivise in una trentina di tipologie che si differenziano per tecnica di esecuzione e per tessuto vitreo (dai vetri sommersi alle murrine romane, dai corrosi ai vetri a pennellate). Il materiale esposto comprende anche prototipi e pezzi unici, disegni e bozzetti originali, insieme a foto storiche e documenti d’archivio.
A
Torino:
Fabergè, fino al 9 novembre, Venaria
Reale, Reggia di Venaria.
Ancora in mostra le uova imperiali, regalate
dallo Zar a Zarina e Regina Madre in occasione
della Pascqua ortodossa. Una collezione acquistata
dal magnate russo Viktor Vekselberg da Malcom
S. Forbes, ora in esposizione con la collaborazione
della Link of Times Cultural and Historical
Fundation di Mosca e il Consorzio La Venaria
Reale.
La
selezione delle mostre è
cura di Marguerite de Merode Pratesi
e ti aspettano sul sito
in una nuova Rubrica!
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