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La Lampadina - n. 106 ::: Settembre 2021

Cari Lettori,
siamo arrivati a settembre, quasi archiviato l'ozio estivo, ci sentiamo carichi di buoni propositi e ci avviamo verso un autunno che speriamo non subisca intoppi e rallentamenti... Riaprono le scuole, le università, i teatri, non abbassiamo la guardia e procediamo cauti ma decisi.
In questo centoseiesimo numero si può dire che si parla del genio umano e dell'evoluzione: la creatività dei Romani nell'inventarsi strategie di vittoria in mare aperto; manufatti antichi di millenni in Italia e in Turchia che ci pongono domande alle quali non sappiamo dare risposta. L'umana spinta degli Olimpionici al volersi superare sempre. E può capitare anche che l'Uomo abbia colpi di genio (o di sonno) sollazzandosi con un buon gin, magari mentre a casa procede con il suo smart working (a proposito, lo chiamiamo così solo in Italia, all'estero si parla di remote working...). E ancora come in una staffetta ideale, il passaggio del testimone dai genitori, ai figli e ai nipoti per prolungare la nostra essenza nello spazio e nel tempo alla ricerca costante di ordine, armonia e pace.
In questo numero abbiamo inoltre dedicato molto spazio ai libri, meravigliose creazioni dell'intelletto umano: aspettiamo i vostri commenti in proposito
E poi concludiamo con un grande, Alessandro Volta, una batteria e la cantante... Curiosi?
Buona lettura
ICH

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Giovedì, 9 settembre 2021

Ciao,
oggi la nostra Lampadina si accende su:


ROMA – Un’arma segreta e la battaglia di Milazzo
Articolo di Carlo Verga

Girare per Roma con il naso all’insù, e trovare cose di cui se ne sa poco o niente. Un esempio? Avete presente la chiesa di San Nicola in carcere quella con le colonne inserite nel muro esterno della chiesa, vicino all’anagrafe di Roma? Tante volte passando da quelle parti mi sono chiesto quale ne fosse la storia. Ieri tornandomi in mente quelle strane colonne, ho fatto una veloce ricerca e grande sorpresa nel leggere che facevano parte di un tempio dedicato a Giano, voluto e costruito in onore di Gaio Duilio per la vittoria di una grande battaglia sul mare, a Milazzo.
Stupefacente, i Romani si sa, erano gente di terra, armamenti, scudi, lance, formazioni di battaglia, strategie, lunghi assedi, ma esperienza in mare sulle traballanti navette erano proprio come dire “un pesce fuor d’acqua”, eppure riuscirono a vincere una grandissima battaglia.
Il Mediterraneo all'epoca era sotto il diretto e fortissimo controllo di Cartagine e i Romani, per i loro traffici, si affidavano principalmente su accordi con le popolazioni locali, o marinerie greche o turche. Però, alla lunga, bisognava trovare una soluzione che li liberasse dal controllo e ricatto dei Cartaginesi, pertanto nel 260 a.C. fu dato inizio alla costruzione di una vera flotta che potesse proteggere i mari specialmente attorno al sud della penisola e le isole maggiori.
Pronte le prime navi, ne furono inviate 17 verso la Sicilia che si fermarono a Lipari in attesa dello scontro con i Cartaginesi. Non ci fu una vera battaglia in quella occasione, l’intero corpo fu distrutto dai Cartaginesi quando ancora all'interno del porto, con la cattura, oltretutto, del loro comandante Gneo Cornelio Scipione.
Certo i Cartaginesi erano bene al corrente della assoluta inesperienza dei Romani sul mare, pertanto la vittoria fu gioco facile.
Ma i Romani erano i Romani e cosa si sarebbero inventati per invertire la forza soverchiante dei Cartaginesi? Bene, fu studiato un sistema che potesse in qualche modo assomigliare ad un combattimento sulla terraferma anche se in mare. Il sistema fu trovato, un’arma segreta, il suo nome, “il corvo”.
Entro pochi giorni dalla sconfitta di Lipari, quanto restava della flotta romana e quella potente dei Cartaginesi si scontrò a largo di Milazzo. La flotta romana era comandata da Gaio Duilio, quella cartaginese da Annibale Giscone. La flotta cartaginese fu distrutta in poco tempo, 50 navi catturate e lo stesso Annibale riuscì miracolosamente a fuggire, ma il vero vincitore fu l’arma segreta, cioè il corvo.
Ma cosa era “il Corvo”?
Così ce lo descrive Wikipedia: il corvo era costituito da: un palo cilindrico posto a prua della nave, avente una certa lunghezza a qui veniva inchiodata una scala a tavole trasversali di lunghezza di quattro orgyie (circa 7 metri) e una larghezza di circa 60 cm. La scala aveva ai lati un parapetto alto fino al ginocchio. Sulla punta era installata una sorta di uncino di ferro. Una corda attaccata all'anello permetteva di sollevare il corvo che, se lasciato cadere, si piantava sul tavolato della nave avversaria rendendo impossibile la separazione delle navi. In pratica il corvo era una passerella che fissata alla nave avversaria, permetteva a soldati abituati a combattere sulla terraferma di passare da una nave all'altra e combattere come erano addestrati a fare.
Se le navi restavano accostate ai fianchi l'abbordaggio era generale, se invece si attaccava la prua, il corvo permetteva l'attacco dei fanti su due file. I primi assaltatori riparavano loro stessi e i compagni tenendo gli scudi davanti a loro, quelli che seguivano, sempre con gli scudi, proteggevano i fianchi.
I Cartaginesi, vedendo i corvi sulle tolde delle navi nemiche, «...restarono incerti, stupiti dal modo in cui gli attrezzi erano congegnati; tuttavia, avendo una pessima opinione dei nemici, quelli che navigavano davanti a tutti si gettarono audacemente all'attacco.» (Polibio, Storie, I, 23, BUR. Milano, 2001. trad.: M. Mari.)
Il corvo fu decisivo per le sorti della battaglia: le navi immobilizzate tra di loro permisero ai Romani di scontrarsi sui ponti delle navi e la battaglia da navale divenne simile a una terrestre, un genere di scontro in cui i Romani si erano distinti nei secoli.”

Gaio Duilio fu quindi il vincitore e fu onorato con la costruzione di quel tempio di Giano a Roma del quale vediamo ancora le colonne incastonate su un lato della chiesa di San Nicola in carcere. Annibale Giscone, il comandante cartaginese al suo ritorno in patria fu crocefisso, pena, questa, riservata dai Cartaginesi ai generali perdenti delle battaglie più importanti.

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“Il terrore delle  armi romane aggiunse  peso e dignità alla moderazione degli imperatori. Esse preservarono la pace tramite una costante preparazione alla guerra.”

Edward Gibbon

ABBIAMO OSPITI/CULTURA - Allegretto con spirito!
Articolo di Ida Tonini, Autore Ospite de La Lampadina

A seguito dell’articolo sul whisky del mese passato, Ida Tonini che ricorderete assieme a Marta Solimei ha scritto quei piacevolissimi trattati sui giardini di Roma e paesaggi laziali, ci ha mandato un divertente libretto intitolato “Allegretto con spirito”. È un tuffo in anni passati dove forse il viaggiare in tanti paesi lontani era forse più difficile ma certo più piacevole. Ma quello che è più sorprendente è che tutto gira intorno a personaggi storici, scrittori etc. e il legame di tutti con il gin e il Martini.
Estraggo alcune note che Vi propongo, la prima sul gin.

“Nei famigerati pub la povera gente d'Irlanda beveva soprattutto gin, a fiumi. Il whisky, anzi lo scotch whisky, un distillato di spirito da cereali (orzo), stagionato in botti di rovere, che subisce un lungo e costoso processo prima di essere imbottigliato, era riservato ai signori. Si attribuisce l'invenzione del gin, anzi del genever, a un medico dell'università di Leida, Franciscus de le Boy Sylvius, che nel 1658 trovò la giusta alchimia tra distillato e bacche di ginepro (Juniperus communis) per aromatizzarlo; così nasceva il magico liquore, un rimedio diuretico, digestivo, tonico, coadiuvante dei reni affaticati dei ricchi mercanti olandesi di Leida colpiti da gotta, capace, inoltre, di dar sollievo ai soldati e ai marinai olandesi, che si ammalavano di malaria nei possedimenti oltreoceano.
Il boom che il gin ebbe in Inghilterra si deve all'arrivo sul trono britannico, nel 1689, di un olandese, Guglielmo III d'Orange, e al fatto che una parte del salario degli operai fosse corrisposta in gin. Vero flagello dei poveri, come si evince da un'incisione di William Hogarth, Gin Lane (La strada del gin, 1751), questo sistema elevò il tasso di alcolismo della popolazione povera e creò molti problemi dal punto di vista sociale, con gravi ripercussioni per l'ordine pubblico. Il governo inglese tra il 1729 e il 1751 cercò di porre rimedio con i Gin Acts, che avrebbero dovuto limitarne il consumo, ma senza grande successo.
La storia la scrivono i vincitori, si sa: la ricetta di una pozione simile a base di coccole (bacche) di ginepro e di alcol distillato per mantenerne le proprietà curative appariva già nel Compendium della Scuola Medica Salernitana (XII secolo), la prima ad ammettere le donne sia come insegnanti che come studentesse. Da Fulvio Piccinino, massimo storico italiano di vermouth e degli spiriti di casa nostra, raccolgo la notizia a proposito di un ricettario alchemico di Alessio Piemontese, pseudonimo di Girolamo Ruscelli, “De' secreti del reverendo donno Alessio Piemontese”, edito a Venezia nel 1555 in centinaia di copie e tradotto in molte lingue europee. Tra le innumerevoli ricette riportate si legge dell'Acqua celestiale, fatta con distillato di uva e non di cereali, la quale ha moltissime e notabilissime virtù di come si dirà di sotto. Piemontese enumera le botaniche necessarie per la pozione, molto simili a quelle usate nei gin di oggi: garofano, noce moscata, pepe tondo, coccole di ginepro e di alloro, genziana, fiore di sambuco, cannella fina, aloe, cardamomo, incenso maschio. L'acqua chiarissima e preziosa, rimedio per ogni malanno, cura le ferite e l'otite, elimina calcoli, sana le emorroidi, la rogna, la tigna, utile contro i morsi velenosi, per ogni ferita intossicata e per ogni piaga infetta, donando vita lunga dell'uomo e a chi coi debiti modi saprà farla.

La lunga storia del gin italiano ebbe inizio ai tempi dei monasteri e degli speziali degli orti botanici, che con le erbe cercavano rimedi per ogni problema. Lo testimonia il gin prodotto ai nostri giorni dai Monaci dell'Abbazia benedettina di Vallombrosa, immersa tra le foreste dell'Appennino Tosco-Emiliano.
È tra i gin più amati dagli intenditori per l'alta concentrazione aromatica delle bacche di un tipo di ginepro selvatico che si raccoglie tra le colline di San Ginuno e Pieve di Santo Stefano nella provincia aretina. Che il gin fosse una bevanda diffusa anche in Italia lo conferma nientepopodimeno che Giosue Carducci, la cui passione per il ribollir de' tini a persone della mia età è ben nota. Così si espresse nel 1881 in Gin e ginepri:

Quanto azzurro d'amori e di ricordi,
Gin, infido liquor, veggo ondeggiare
Nel breve cerchio onde il mio gusto mordi;
O dolci selve di ginepri, rare,
A cui fischian nel grigio ottobre i tordi.
Lungo il patrio, selvaggio, urlante mare!

Cincin!

Accadono cose sorprendenti quando si fa ricerca: su internet, puoi pescare un volume stampato nel 1500 da consultare comodamente seduto alla scrivania, o come succede a me sul mafraj di casa, con vista sul tramonto. Un altro incontro inaspettato, poi, mi ha trascinato in un vortice di suggerimenti, spunti, stimoli.
Non credo sia eccessivo affermare che il gin, in questi ultimi anni, si sia preso una grande rivincita sulla vodka e sul whisky. La Spagna ne è la prima consumatrice in Europa, cosa da imputare, credo, all'alta concentrazione, sulle sue spiagge, di una gioventù sempre più assetata e meno fantasiosa, che trascura margarita, caipirinha, mojito, daiquiri, pisco. Veloce da produrre, flessibile nella lavorazione, il gin, il cui unico obbligo perché sia tale è dato dalla prevalenza del ginepro sulle altre botaniche, sfoggia più di mille etichette, come quelle collezionate dall'Atlas Bar di Singapore, e le distillerie ne inventano ormai una al giorno. Il tutto ebbe inizio una ventina d'anni fa, quando apparve sul mercato l'Hendrick's, prodotto dalla distilleria 'William Grant, che si era inventata l'innesto tra le botaniche di cetriolo e rosa. Esiste persino un gin aromatizzato ai pezzi di Harley-Davidson. Il Bel Paese, un po' in ritardo, è entrato in questo mondo apportando le tante biodiversità che lo compongono e giocando sulle molteplici formule possibili: dai fiori alle fave di cacao, dal tè fino alle olive taggiasche, al pecorino, al profumo della canapa, del sigaro toscano, del basilico genovese. Se ne producono in tutte le regioni d'Italia tranne nel Molise e nella Basilicata. L'Abruzzo si fa onore con il suo J7 ad alto tasso alcolico, 47 gradi, sette botaniche tutte a chilometro zero. Si parla anche di gin barricati, invecchiati, il che avvicinerebbe il gin al whisky. Ma chi glielo fa fare. Costerebbe di più e palati sofisticati continueranno a confrontarsi con vini, cognac e altri spiriti di alta classe. In qualche isola greca il gin&tonic si serve dopo aver affumicato il bicchiere con un rametto di mirto infuocato. Si producono caffè e cioccolato martini, marmellate al gin&tonic e caci d'alta quota aromatizzati al gin; li produce il caseificio Capriz di Vandoies di sotto, sosta preziosa lungo la Val Pusteria tra Monguelfo e Bressanone. Non ho dubbi che queste e altre miscele possano stregare e sedurre ma, insisto, less is more, sia per il gin&tonic che per il Martini.
Intraprendenza, curiosità, passione fanno del gin un prodotto facilmente customizing anche nelle forme delle bottiglie che lo contengono, spesso decorate da artisti, pittori, fotografi, street artist, tatuatori, designer. Il che permette di inventarsi, ad esempio, bottiglie in vetro opalino bianco soffiato con un pendentif di una piuma d'argento per contenere il Watenshi Gin (Cambridge Distillery) da 2850 euro, attualmente il più caro al mondo. In rete si trovano delle palle di vetro verdi piene di gin da appendere agli alberi di Natale, usanza che si immagina derivi da una lontana tradizione anglo germanica.
Gli oscilla, invece, di origine latina, immagini antropomorfe, testine, pupazzetti in materiali deperibili come lana cera e argilla, venivano sospesi agli alberi in dono a Bacco per propiziare la maturazione della vigna.

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"Non bevo nulla di più forte del gin prima della colazione.”.

W.C. Fields

BEL PAESE - Misteri d'Italia (altri)
Articolo di Beppe Zezza

Se incontro un articolo con questo titolo mi aspetto di trovarvi scritto qualcosa relativo ai molteplici casi politici e sociali accaduti negli ultimi cinquant’anni e che manifestano ancora vaste zone d’ombra, che so io qualcosa di relativo al sequestro Moro, alla strage di Piazza Fontana, al caso Itavia ecc. Tutti argomenti che non invitano certo alla lettura: su di loro si sono scritti centinaia di libri, eseguite decine di inchieste, incentrate migliaia di trasmissioni televisive, insomma argomenti sui quali è difficile leggere qualcosa di nuovo, di interessante e di… affidabile.
Dunque il mio articolo NON parla di questo tipo di misteri ma di altro.
Parlo di misteri del passato. Grandi costruzioni che testimoniano di un tempo vivace, ricco, nel quale hanno vissuto uomini come noi, che sono stati capaci di lasciare testimonianze durature della loro presenza e dei quali non sappiamo nulla o assai poco e che ci sforziamo di immaginare e di ricostruire.

Recentemente un amico mi ha parlato di un monumento sardo datato di oltre cinquemila anni e scoperto in tempi relativamente recenti (1954): l’altare di monte d’Accoddi. Si è subito riacceso il mio interesse per la preistoria, nato negli anni della gioventù quando, insieme al direttore responsabile di questa newsletter e ad altri amici andavamo a “cercare” utensili lavorati, in siti già precedentemente scavati da archeologi professionisti. Ho fatto, allora, una breve ricerca via internet della quale desidero mettervi a parte.
L’altare di monte d’Accoddi si trova vicino Sassari, non lontano dal mare, in un luogo che era frequentato per motivi religiosi sin dal 4000 a C. Si tratta di una specie di torre costruita a gradini, con un sacello alla sommità e una gradinata d'accesso esterna. Trattandosi di una costruzione imponente ed essendo situata in mezzo a una pianura richiama subito l’attenzione (È stato proprio il fatto che in mezzo alla pianura ci fosse una collinetta che indusse il prof. Antonio Segni – si, proprio lui, il futuro Presidente della Repubblica – al quale appartenevano quei terreni a chiamare gli archeologi a scavare per ricercare se nascondesse qualcosa). Questo monumento, unico nel suo genere in tutta l’Europa ha una forte somiglianza con le “ziqqurat” mesopotamiche. Queste però si trovano a migliaia di chilometri di distanza!
Essendo poco probabile una relazione diretta si deve pensare piuttosto alla condivisione di una stessa credenza religiosa, che cioè la possibilità di stabilire un contatto più intimo con la divinità fosse riservata a “luoghi elevati” accessibili mediante “gradini successivi”. Diversa la divinità, per le ziqqurat mesopotamiche il sole, per quella di Monte d’Accoddi la luna.
Gli scavi archeologici hanno evidenziato la presenza di due successivi templi, uno sovrapposto all’altro. Il primo tempio era costituito da una piattaforma sopraelevata, a forma tronco conica, decorata ad ocra, sulla quale era eretto un ampio vano rettangolare – il sancta sanctorum – nel quale venivano compiuti i riti. Questo primo monumento, distrutto probabilmente da un incendio, fu abbandonato per essere poi, ricoperto – quasi incapsulato - circa due secoli dopo da un altro monumento, quello attuale, avente la stessa tipologia: piattaforma sopraelevata a forma tronco conica e tempio sulla sommità. Ovviamente dei “sacelli”, in legno, posti sulla sommità nulla è rimasto. Ai piedi della piramide si sono trovate tracce di molti pasti sacri e utensili dei riti propiziatori. Si pensa che all’interno della piramide ci possa essere una “camera” (un po’ come nelle piramidi egizie) nella quale annualmente si doveva svolgere il rito della fertilità con l’accoppiamento del sacerdote a una vergine. Per ragioni di sicurezza non è stato possibile eseguire gli scavi necessari per confermare questa ipotesi.
Questo monumento non era certo a beneficio delle sole popolazioni locali ma doveva essere il centro “liturgico” della zona e meta di pellegrinaggi annuali.
Il monumento è stato iniziato in un qualche momento tra il 3500 e il 3000 a.C. – abbandonato per duecento anni, ricostruito nel 2800 a.C. e usato fino al 1800 a.C. Complessivamente circa 1400 anni. Per farsi un’idea di cosa questo rappresenti si pensi che 1700 anni è l’intervallo di tempo che ci separa dalla caduta dell’Impero Romano di Occidente e che Lourdes, il più famoso santuario cattolico, è frequentato da poco più di cento anni! Cosa sappiamo di quella religione, di quei riti, di quelle credenze? Nulla o poco più. Solo congetture. Tutto sepolto nelle nebbie del tempo.
Gli scavi sono stati effettuati negli anni dal 1954 al 1958, e dal 1979 al 1990. (In questo secondo tempo è stato eseguito anche un “restauro” che ha destato qualche perplessità perché ritenuto “audace” in alcune sue scelte, ad esempio nel portare nella zona anche reperti megalitici ritrovati in luoghi poco distanti al fine di realizzare un “museo” da aprire al pubblico. (Come è noto, la “filosofia” dei restauri ha subito molti cambiamenti nel tempo).By <a href="//commons.wikimedia.org/wiki/User:Discanto" title="User:Discanto">Gianni Careddu</a> - Own work, <a href="https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0" title="Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0">CC BY-SA 3.0</a>, <a href="https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=24854051">Link</a>
Il complesso monumentale si trova nei pressi del vecchio tracciato della strada “Carlo Felice” in una zona non lontana da spiagge famose frequentate da milioni di turisti. Quanti di questi sono attratti dalla idea di andare a visitare questo sito archeologico? La visita certamente suscita qualche brivido intellettuale a chi è dotato di una cultura di base, di un interesse per la archeologia e di una sia pur limitata conoscenza della preistoria, ma per chi non ha tutto questo?  Difficile quindi che il “museo” possa raggiungere il pareggio “economico” tra entrate delle visite (€ 4 a biglietto) e costi di manutenzione e del personale.
È un po’ il nostro destino di italiani. Anche nell’angolo più sperduto del nostro Paese ci sono tesori incredibili, minuscoli musei, che manteniamo aperti a beneficio della “umanità” ma … a spese del nostro bilancio statale.
Per concludere, se andate in Sardegna, per terra o per mare, fate un salto a vedere l’altare del Monte di Accoddi: potrete dire di avere visitato un monumento unico nel mediterraneo nella forma e tra i più antichi al mondo visto che è datato circa due secoli prima delle piramidi egizie!

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“L'archeologia cerca qualcosa che forse c'è stato, pur tra colpi di fortuna ed  equivoci.”

Luciano Canfora

ABBIAMO OSPITI/SPORT - Verso Pechino e Parigi via Tokyo 2021
Articolo* di Luciano Barra, Autore Ospite de La Lampadina

Come sempre avviene nello sport il tempo per gioire è molto breve, nuove pressioni e nuovi avvenimenti sono già alle porte. Ma Tokyo non può essere archiviata facilmente per le belle emozioni che ci ha dato, per i record di medaglie raggiunti, per le meravigliose storie umane, per le bellissime immagini televisive e soprattutto per quel 1° agosto indimenticabile. E merita di essere ricordato ancora una volta che questi sono stati i più difficili Giochi di sempre, causa la pandemia, le difficoltà organizzative e la mancanza di pubblico che ha fatto cadere entusiasmi e motivazioni.
Va detto che l’Italia e lo sport italiano hanno ben gestito la pandemia sicuramente meglio di altri. Forse anche aiutati dal fatto che una grande maggioranza di atleti partecipanti erano militari (come riportato da S.O., 252 pari al 65,6% mentre quelli che hanno vinto medaglie sono l’86,3%) e quindi fra i primi ad essere vaccinati.
Tutto ciò in barba alle continue critiche che sentiamo, in Italia, su come è stata affrontata la pandemia. Giochi tanto difficili che non è stato facile prevedere le nostre medaglie. La Gazzetta dello Sport ci è andata più vicina con una coraggiosa previsione di 37 medaglie. Ma a dimostrare la difficoltà sta il fatto che solo 15 sono stati i medagliati indovinati dai loro giornalisti.
Ha ben detto il nostro Capo Missione Carlo Mornati – il Segretario Generale del CONI – che potevamo vincere altre 7 medaglie, sfiorando l’incredibile cifra di 50. Ricordo che a metà degli anni Novanta la Scuola dello Sport, grazie a Lino Bellotti e Mario Gulinelli, reclutò il guru mondiale della Teoria e Metodologia dell’allenamento sportivo, il prof. Yuri Verkhoshansky. Aveva lasciato l’Unione Sovietica dopo la diaspora sovietica e ci dava preziosi consigli nelle materie in cui era un maestro.
Vedendo i miei continui documenti sulle proiezioni olimpiche venne a trovarmi e mi spiegò che quel tipo di studi in Unione Sovietica li avevano fatti, nel suo Istituto, venti anni addietro prima dei Giochi di Mosca.
L’obbiettivo era di studiare dove era più facile vincere delle medaglie e monitorare il lavoro delle Federazioni. Poi mi fece vedere uno studio che lui aveva fatto sull’Italia, dove aveva inserito tutta una serie di parametri sociali, economici e sportivi. Il risultato diceva che noi eravamo un paese da 40/50 medaglie! Ecco perché ha ragione Carlo Mornati nella sua affermazione, ma le parole non bastano.
A me è molto piaciuto l’atteggiamento di Giovanni Malagò, forse il vero responsabile della Preparazione Olimpica. Quasi un Capitano non giocatore che saltabeccava da un impianto ad un altro, da una premiazione ad un’altra, da una intervista ad una bevuta a Casa Italia. Sfido qualcuno a mettere in dubbio che la medaglia di Tamberi sia anche merito suo. Quale presidente del CONI avrebbe permesso segretamente alla fidanzata di Tamberi di andare ai Giochi? E chi ha dubbi che il buon Gianmarco, dopo una vigilia agonistica non esaltante, abbia trovato in quella presenza la motivazione giusta per saltare sempre alla prima prova l’asticella a 2.37?
MEDAGLIERE – I medaglieri, come le sentenze, non si commentano, sono lì incisi nella pietra.
SportOlimpico, con l’articolo di Gianfranco Colasante, li ha vivisezionati a dovere. Ma in vista di Parigi 2024 è bene ricordare che ci sono sei paesi irraggiungibili: USA, Cina, Giappone, Russia, Australia e Gran Bretagna. E due che a Parigi faranno molto meglio: la Francia che gioca in casa e la Germania che deve riscattare una prestazione giapponese mediocre. A noi rimane la sfida con la sorprendente Olanda. Mentre dovremo guardarci le spalle da nazioni come Corea, Canada, Polonia, Brasile, Nuova Zelanda etc. Senza dimenticare che, a quanto si dice, non ci saranno più il Sollevamento pesi e il Karate e che nessuno è in grado di immaginare altre 5 medaglie d'oro in Atletica.
Per questo la nostra preparazione olimpica comincia già domani ed è di fatto accorciata di un anno. I primi due anni sono i più importanti, purché il CONI sia disposto a mettere le sue mani in argomenti che in questi anni ha volutamente ignorato. Come le direzioni tecniche (es.: ma è un bene che la Scherma non abbia più un DT Unico di tutte le specialità, oltre a quelli per arma? O è un bene che le nostre squadre di Pallavolo abbiano deciso di non partecipare alla VNL? E tante altre domande) ed io spero che questa volta con i Giochi dietro l’angolo si voglia puntare più alla qualità che alla partecipazione.

TELEVISIONE - Sulla televisione merita brevemente soffermarsi. Le immagini offerte da OBS, l’Olympic Broadcasting Service, il braccio operativo del CIO che ha prodotto in proprio circa diecimila ore, fra dirette ed altro, sono state di primissima qualità. Da quando il CIO ha deciso di non affidarsi per la produzione televisiva alla stazione televisiva nazionale (Los Angeles 1984, con le immagini soprattutto sugli atleti americani, aveva segnato lo spartiacque) il salto di qualità è stato incredibile. Solo per dare un esempio il Tennis da Tavolo e la Ginnastica sono state affidate come produzione alla CCTV Cinese, la Vela alla Nuova Zelanda, il Nuoto all’Australia, la Pallamano alla Danimarca, il Canottaggio alla BBC inglese, Judo e Karate alla NHK giapponese, il Ciclismo alla NOS olandese e l’Atletica alla YLE finlandese.
Questa ultima ha il merito di aver inventato la produzione con cinque distinte regie, più quella integrata, ed ha avuto negli ultimi trenta anni i migliori registi mai visti: Rajmo Piltz, Kalevi Uusivuori ed ora Tapani Parm. La produzione dell’atletica ai Giochi Olimpici – con l’eccezione di Sydney che fu affidata alla BBC con al comando Martin Webster – è merito loro. La mia esperienza in questo campo mi dice che molto spesso i registi a questo livello sanno dello sport, ed in questo caso dell’atletica, molto di più dei delegati tecnici delle Federazioni Internazionali. Altrimenti avremmo visto il duetto Tamberi-Jacobs e meglio ancora lo show di Tamberi con il gambaletto di gesso in pista?
I dati televisivi globali non sono ancora noti. Qualcosa è trapelato con la BBC (anche loro erano soggetti al limite delle 200 ore ma almeno potevano usare lo streaming, cosa non permessa alla RAI che non aveva acquistato questo diritto) che ha toccato i 104 milioni di spettatori, con delle punte di 5 milioni per la finale dei 100 maschili e 4,5 per i 100 femminili. Non proprio bene è andata alla NBC americana causa il fuso orario (13 ore di differenza con Tokyo) e della fallimentare spedizione dell’atletica. Si parla di 150 milioni di viewers con una media in prime time di 15,6 milioni contro i 198 milioni di Rio de Janeiro 2016 con 27,5 in prime time (Rio è sullo stesso fuso della costa orientale degli USA).
In Italia i numeri globali non sono stati ancora annunciati. Ma alcuni dati parziali sono eloquenti.
Ovviamente l’atletica l’ha fatta da dominatrice con punte oltre i 5 milioni e, si dice, con un picco di 7 milioni al momento della doppia medaglia di Jacobs e Tamberi, e circa 4 milioni per la staffetta 4x100. Va considerato che il nuoto ha avuto le sue finali nel cuore della notte e molte altre prove degli italiani non sono stati in orari di facile accessibilità. La stessa atletica ha avuto le sue finali più importanti fra le 13 e le 15 quando gli Italiani sicuramente preferivano il mare e la tavola. Immaginate che numeri ci sarebbero stati con finali in prime time. L'articolo continua sul sito...

*Articolo pubblicato su www.sportolimpico.it il 13 agosto 2021

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"“I primati mondiali sono fatti per  essere battuti, un oro olimpico resta per sempre.”

Usain Bolt

ARCHEOLOGIA - 12.000 anni fa. Un luogo di culto chiamato Göbekli Tepe
Articolo di Marguerite de Merode Pratesi

Vi siete sicuramente emozionati quando è arrivata la notizia che i dipinti trecenteschi della Cappella degli Scrovegni di Padova e che Montecatini Terme avevano ricevuto dall'Unesco il titolo di World Heritage, ovvero patrimonio dell'Umanità. L’Italia gode ora di 55 siti riconosciuti grazie ai quali si situa al primo posto nel mondo, in questa classifica.

Il motto dell’UNESCO è “costruire la pace nelle menti degli uomini e delle donne” attraverso i canali dell’educazione, della scienza, della cultura e della comunicazione. Per questo è sempre interessante osservare quali sono le ultime scelte dell’UNESCO per quanto riguarda la salvaguardia dei siti di interesse culturale e naturali nel mondo.
Nel 2018 un ritrovamento unico è entrato a far parte della grande famiglia del patrimonio mondiale. Antico di 12.000 anni è un luogo di culto chiamato Göbekli Tepe, riconosciuto come il luogo rituale più antico del mondo.
Si trova nel Sud-Est dell'Anatolia, vicino alla frontiera tra la Turchia e la Syria. Questa data è impressionante, ma lo è ancora di più se si confronta con i monumenti storici e preistorici che ci sono più familiari. 12.000 anni sono più di 6.500 anni prima delle città sumere, 7.000 anni prima di Stonehenge, 5.500 anni prima dell'inizio degli allineamenti di Carnac in Francia, 7.500 anni prima della piramide di Cheope. Mancano addirittura quasi 1.000 anni a Gerico, uno dei primi siti urbanizzati conosciuti. L’inizio delle indagini archeologiche in questo luogo comincia nel 1995, con l’archeologo tedesco Klaus Schmidt che guida una serie di scavi dopo la segnalazione di un pastore del posto in seguito a particolari ritrovamenti.
Göbekli Tepe, la "collina dell'ombelico" in turco, è costruita su una collina artificiale di otto ettari con una struttura composta da decine di colonne monolitiche alte da quattro a cinque metri disposte lungo almeno 20 anelli concentrici, che gli archeologi hanno chiamato “recinti”, con una regola di progettazione astratta. I pilastri del sito sono decorati con elaborati rilievi raffiguranti animali, tra cui gazzelle, giaguari, asini selvatici asiatici e pecore selvatiche.
Gli scavi hanno portato alla luce manufatti e statuette raffiguranti figure umane, oltre a sculture nella roccia e incisioni raffiguranti animali, simboli astratti e pitture rupestri. L’edificazione dei vari elementi architettonici è probabilmente il risultato di un lavoro che si ripeteva periodicamente, un luogo di incontro per svolgere rituali per gruppi di cacciatori-raccoglitori. Un modo per unire le persone.
Rasenta dell’incredibile pensare che questa imponente struttura sia l’opera di cacciatori-raccoglitori, in un’epoca anteriore all’invenzione delle prime tecniche di coltivazione e di allevamento, ben prima della lavorazione della ceramica. Rappresenta lo sforzo esteso e coordinato di gruppi di persone riunite per costruire i monoliti e i vari manufatti e porre letteralmente le basi per lo sviluppo di una società complessa, stabilire contatti tra gruppi di diversi territori, favorendo lo scambio di beni, i rapporti e il trasferimento di conoscenze e innovazioni. La rivoluzione sta nello scoprire quanto i cambiamenti socioculturali necessari per lo sviluppo delle credenze religiose abbiano preceduto anziché seguito lo sviluppo dell’agricoltura, in contrasto con le teorie sullo sviluppo della civiltà condivise in precedenza.
Quando furono posate le prime pietre, il pianeta aveva un volto diverso.
La maggior parte degli umani era principalmente impegnata nella caccia e nella raccolta, e la grande rivoluzione agricola non si era ancora diffusa in Medio Oriente, per non parlare dell'Europa in un periodo, dove l'uomo stava appena iniziando a istallarsi. Infatti, il sito sembra essere nato non come luogo abitativo ma come luogo di culto.
Come dicevo, questa scoperta contribuisce a ridefinire alcune conoscenze acquisite in precedenza riguardo alla storia dell’agricoltura e, in generale, delle abitudini – anche alimentari – delle prime civiltà mesopotamiche. Avrebbe favorito uno sfruttamento pianificato delle risorse alimentari e di conseguenza lo sviluppo delle prime pratiche agricole.
Queste scoperte sono di un’importanza fondamentale ed è interessante notare come continue scoperte nel campo archeologico e paleoantropologico ci portino a rivedere teorie e concetti che pensavamo definitivamente stabiliti. Un bell’acquisto nei World Heritage dell’UNESCO.

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"Io vedo noi stessi come il risultato dell'evoluzione, cosa che è di per sé un gran mistero.”

James Dewey Watson

COSTUME - Facce appese: il lavoro a distanza e il ritorno in presenza
Articolo di Lalli Theodoli

Facce appese alla spiaggia. Facce appese in campagna e in montagna.
Che succede?
Ah già! Siamo alla fine di agosto. Per molti, la fine del mese segna un inesorabile ritorno al lavoro. Fra poco tempo anche a scuola. Ma, musi lunghi?
Non siamo gli stessi che un anno fa si dicevano disperati "Speriamo che almeno il lavoro riprenda! e, possibilmente, non a distanza!".
Lo dicevamo per lo più lavorando in casa con enormi difficoltà a tenere i bambini lontani dalla scrivania (non dico stanza perché in pochi avevano una stanza in cui potersi barricare per lavorare) cercando di mettere un po' di ordine fra maglie, giochi e vasellame, che non apparisse nella video chiamata con il capo.
Trovare una camicia stirata con cui farsi vedere era una impresa quasi impossibile. Fra cane e bambini il caos. Mentre si cercava di avere un serio colloquio con il Direttore del Personale sulle prospettive future della azienda, passavano veloci sullo schermo bambini nudi inseguiti dalla moglie che brandiva urlante i vestiti e dal cane (che non doveva essere vestito ma agiva come se volesse, anche lui, sfuggire alla vestizione).
La tensione per voler sembrare una postazione di lavoro tranquilla e ordinata e razionale lasciava esausti alla fine del colloquio. Poi ci si precipitava in cucina urlando alla regina della casa "Ma non li potevi tenere calmi almeno per un po'?"
Altro che colloquio sulle prospettive future, la prospettiva è il mio licenziamento!"
La risposta era lapidaria: “Occupatene un po' tu. Io sono esausta”.
Seguiva uno sbattimento di porta ed un girare della chiave sulla toppa. Bambini e cane interdetti. La faccia rivolta al capo famiglia “Come la metti?” era scritta sia nelle facce dei bambini che sul muso del cane.
Un anno fa, alla chiusura degli uffici in presenza, la coppia aveva stabilita serenamente una strategia: “Ma certo, faremo un po' per uno. Quando tu avrai da lavorare li terrò io. Li farò giocare, ma tranquilli, che non ti disturbino, e altrettanto farai tu quando sarà il mio turno". È durato poco. Le carte lasciate in ordine alla postazione, pronte per lunghe riflessioni il giorno dopo, giacciono sparse per la casa. Alcuni fogli arricchiti da pupazzetti con pennarelli neri, altri mangiati dal cane, altri irriconoscibili per essere soffocati dalla minestra (ma che ci facevano vicino alla minestra? Inutile domandarselo… lì stavano!).
I primi giorni il lavoro da casa... una felicità. Poter lavorare a qualsiasi ora per il tempo che si voleva. Poi trasformato in un lavorare a tutte le ore possibili festivi compresi. Il fatto che si sapeva che comunque a casa eravamo, autorizzava a chiamate la domenica e la sera tardi. Il blink dell’arrivo di messaggi non aveva sosta. E come non andare a controllare? Potevano essere gli anziani genitori o la figlia grande lontana che voleva notizie o aveva un groppo di nostalgia.
Si rispondeva.
Ed era un “Buona sera dr. Rossetti, mi scuso per l’orario ma, tanto siamo tutti al palo… la volevo aggiornare”. Al palo sì, ma eravamo con una birra fredda a guardare una partita dagli spalti vuoti con i piedi sul tavolino e cane e bambini addormentati sul divano. Ora sono di nuovo tutti svegli. La regina della casa, uscita dopo ore dal suo volontario esilio, dorme esausta sull'altra poltrona. Se si sveglia sono guai. Gli altri membri umani e canini hanno ora gli occhi spalancati.
Un momento di suspence… si abbracciano a vicenda e richiudono gli occhi. “E’ andata!”
Se questo quadro non vi appartiene affatto avete ragione ad avere i musi lunghi nel pensare di dover tornare al lavoro e… in presenza.
Se invece questo vi riporta alla mente un qualcosa di già vissuto… allora afferrate, quale che sia, la vostra divisa da lavoro, e cominciate a fischiettare felici e sorridenti uscendo dalla porta di casa.

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"Primo giorno di Smart Working:
– figlio che ti chiama ogni tre secondi
– cane che ti guarda come fossi un’ ospite
– rete wireless più lenta di una lumaca zoppa.
La mia stima infinita per le casalinghe.

DebFraRom1, Twitter

ABBIAMO OSPITI/VITA - Un'estate figli e nipoti
di Simonetta Pacini Verga, Autore Ospite de La Lampadina

Onde piccole e grandi vanno e vengono portando calore rumore e allegria.
Mille gocce di vissuto perduto e di ritrovato.
Cambiano le taglie dei loro vestiti, cambiano i timbri delle loro voci ma non gli sguardi che comunicano più delle loro poche parole.
Hanno impresse nei loro lineamenti le memorie trascorse e i segni di appartenenza.
Un gesto, un’occhiata, un intercalare un’ombra e ci si ritrova.
C’è una nonna una bisnonna un padre l’essenza di una figura.
Sono ignari di cosa si portano dentro, lo scopriranno più avanti quando qual cosa verrà a mancare e si soffermeranno non solo sul loro denso presente, ma anche su improvvisi vuoti che verranno riempiti con queste memorie rapide e improvvisamente presenti.
Noi sequoie ampie li accogliamo sotto rami sapienti e accoglienti sapendo che la linfa che ci tiene in vita molto è dovuta all’ombra che proiettiamo su di loro e che ci fa essere vivi ancora un po’ utili.
Piccolo pensiero mattutino.

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"I nipoti sono i punti che congiungono la linea di una generazione all’altra.

Lois Wyse

ABBIAMO OSPITI/PENSIERI E PAROLE - Platone e Maria Teresa di Calcutta
di Aloisio Gaetani d'Aragona, Autore Ospite de La Lampadina

Platone, allievo di Socrate da cui ereditò un enorme influsso e maestro di Aristotele.
Nato nel 427/428 a.C. in una delle famiglie aristocratiche più importanti di Atene.

Lasciò le basi del pensiero filosofico valide in tutto il mondo, ancora dopo 24 secoli.
I brevi concetti descritti più avanti sembrano scritti oggi e potrebbero ancora cambiare il pianeta.

"Prima di pensare a
scendere per strada e fare le rivoluzioni
prima di immaginare nuove costituzioni
per stabilire un nuovo sistema,
parlate a voi stessi e
fate regnare in voi ordine, armonia e pace.
Tutto qui.
Solo dopo, cercate di trovare anime che vi somiglino
e passate insieme all’azione"

Teresa di Calcutta pensava alla stessa maniera e lo confermò:
"Prima di sognare un nuovo ordine, siate voi intanto a rappresentare il cambiamento che vorreste vedere nel mondo".
Il contrario non ha mai funzionato e mai funzionerà.
Se invece lo crederete nel profondo, sentendovi leggeri e felici, potremmo ritrovarci all'alba di una nuova era, forse quella dell'Acquario..

I concetti di ordine, armonia e pace, non sono religiosi nella scontata interpretazione bigotta che molti immaginerebbero, non si ispirano a idee vecchiotte di un'altra epoca, ma appartengono piuttosto a donne e uomini veri, forti e coraggiosi al limite dell'eroismo, a persone che sanno trasformare quasi magicamente il male in bene, a donne e uomini  che ignorano cosa sia la paura, che sanno sognare con la testa tra le nuvole ma i piedi ben piantati per terra, che intuiscono cosa nel fondo sia veramente la vita, lasciando sempre indietro la vagabonderia, l'inerzia, gli stupidi e inutili luoghi comuni.

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"Se c’è luce nell’anima, ci sarà bellezza nella persona. Se c’è bellezza nella persona, ci sarà armonia nella casa. Se c’è armonia nella casa, ci sarà ordine nella nazione. Se c’è ordine nella nazione, ci sarà pace nel mondo."

Proverbio cinese

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FLASH NEWS!

Un po' qua, un po' là... 

Zucca a mare! - Un tifone in Giappone ha spazzato via una famosa scultura di zucca Yayoi Kusama in mare, il valore qualche milione di dollari. La zucca era stata piazzata su un molo. Ed ecco come è finita.
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Sarà un Monet? - Una start up NFT (non fungible token, in altre parole un crittografico su block chain) offre sul mercato il dipinto di Claude Monet sopra riportato, il prezzo 2 milioni di dollari  ma non è nel catalogo ufficiale del pittore, che fare? La provenienza incerta presumibilmente rintracciata dall'Irlanda del Nord a Cuba fino al Messico fino a Miami. Lo compriamo? Spring Sunshine (1865).
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Il Monopoli on line! - Lo puoi scaricare e giocare on line fino a 6 giocatori. Le strade, gli alberghi, le case le stesse. Anche i dadi e le pedine, però.... poche chiacchiere. (Marmalade Game s- Hasbro costo 4,49 euro).
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APPUNTAMENTI DELL'ASSOCIAZIONE
LA LAMPADINA:::PERIODICHE ILLUMINAZIONI
Ecco i prossimi appuntamenti dedicati ai Soci de La Lampadina.

30 settembre - 3 ottobre 2021

Parma e dintorni tra classico e contemporaneo
Il Granducato conserva preziosi forzieri colmi di bellezza e noi li apriremo!
Antico e moderno si alterneranno tra dimore storiche, il Battistero, la Fondazione Magnani Rocca, la collezione Maramotti, Barilla e molto molto altro.

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Sabato 16 ottobre 2021

Una giornata tra lo splendido e affascinante giardino di Ninfa, l'Abbazia e il borgo di Fossanova e il museo Archeologico di Priverno.

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Proiezione privata, dedicata ai Soci de La Lampadina di
"Kounellis a Pechino"

La proiezione del filmato “ Kounellis a Pechino” realizzato per documentare il progetto “Translating China”, ideato e realizzato da Giuseppe Marino che ne è stato anche il produttore con il regista Andrea Cavazzuti”, rappresenta sinteticamente il lavoro del Maestro Kounellis in Cina. 
Il film è stato girato nel 2011, quando Jannis Kounellis, in occasione del progetto Translating China, viene invitato dal Today Art Museum di Pechino a realizzare delle opere in Cina e ad esporle in una grande mostra personale.
 
Il Maestro, nei dialoghi con Giuseppe Marino ed altri, esprime dei concetti fondamentali sull'arte e sulla sua scelta di particolari materiali con i quali ha composto in loco le opere per la mostra di grande successo al Today Art Museum di Pechino conclusiva del progetto. 

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In programma le presentazioni di:

"Il figlio minore. Il mistero di Ettore Barzini, ucciso a Mauthausen"
di Andrea Barzini
e
"Il fiduciario"
di Emanuele Ludovisi.

Per info sull'Associazione e/o prenotazioni, scriveteci a
appuntamenti@lalampadina.net

 

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E ANCORA
FLASH NEWS!
 

Una pandemia di 20mila anni fa - Una ricerca pubblicata su Current Biology, una seria rivista scientifica, ci dice che dai dati genetici di 26 popolazioni umane esaminate dal progetto “1000 genomi” che raccoglie le sequenze di DNA derivato da molti paesi del mondo, è stato possibile stabilire che una pandemia simile all’attuale, c’era stata nell’Est dell’Asia circa 20mila anni fa.
Fu devastante e durò per tantissimi anni ed ancora oggi ne può trovare traccia nel genoma di certe popolazioni vissute 900 generazioni fa.
CV

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Un libro d'amore - Un libro che ci racconta tante lettere d’amore:  “Amore” di Shaun Usher (Feltrinelli).
La lettera d'amore più bella, spedita nell’800 da un contadino ad una giovane ragazza:
“Mi piaci molto, ma sappi che se mi dici di no, io tengo d’occhio qualcun altro che mi piace anche più di te”.
CV

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Quanto costa studiare!- Il debito contratto dagli studenti americani con enti finanziari, banche etc per i loro studi universitari è davvero ingente, il solo debito verso il Tesoro è di 1,6 trilioni di dollari, pari al pil Canadese!
CV
  

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Arco di trionfo formato regalo- In onore a Chirsto l’arco di Trionfo a Parigi verrà impacchettato con 25 mila metri di polipropilene blu e argento, questo in occasione di un settembre parigino dedicato appunto a Christo e Jeanne-Claude due grandi artisti molto legati a Parigi.
CV  

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Per i grandi camminatori la via Francigena in una app- La nuova APP è stata realizzata dall'Associazione Europea delle Vie Francigene (AEVF) in collaborazione con le sette Regioni italiane attraversate dall'itinerario (Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio) e i cantoni Vaud e Vallese della parte svizzera.
È stata pensata e progettata da  ItinerAria.
L'app  ti guida gratuitamente nel percorso dal Colle del gran San Bernardo fino a Roma.

La app per tutte le 45 tappe del percorso, ti consiglia come procedere, la velocita di cammino, i tempi per raggiungere la prossima tappa, luoghi di ristoro e perfino suona se sbagli strada.
Ora non hai più scuse!
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Tatuaggio sì, tatuaggio no! - Lo vuoi fare ma dubbi tanti di come verrà?
Bene ,scarica l'app InkHunter, e questa ti darà l’opportunità di scegliere tra migliaia di tatuaggi di autore, poi proiettarne l’immagine su ogni parte  del corpo, così da verificarne i colori e tutto il resto..

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ALL'OLIMPICO CON
LA LAMPADINA

 

I teatri finalmente riaprono!
Ecco gli appuntamenti di ottobre
al Teatro Olimpico di Roma.

Dal 14 al 17 ottobre 2021

SONICS - DUUM
Un salto verso la bellezza

Rinnovato nelle scene, nei costumi e nelle musiche, ricco di nuove e avvincenti evoluzioni acrobatiche, Duum è uno spettacolo dedicato alla ricerca della bellezza e del fare insieme.
Lo spettacolo è ambientato nella valle di “Agharta”, mondo leggendario situato nel cuore della Terra, del quale i SONICS cercano di immaginare e rappresentare le vibrazioni, i colori, i ritmi e gli equilibri.

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Dal 26 al 31 ottobre 2021

NO GRAVITY DANCE THEATRE
Inferno 2021
Illusion & Sculpture dance

Diretto da Emiliano Pellisari, dopo anni ritorna il primo show internazionale della No Gravity con una nuova produzione, nuove musiche e nuove scene in occasione delle celebrazioni dantesche per i 700 anni.  
Il corpo umano è violentato dalla forza cinetica del volo aereo, fasciato da tessuti bagnati, bendato da corde e stracci, appeso in aria.
Il corpo umano è autocontrollato con movimenti geometrici, azioni perfette.

Info: www.teatroolimpico.it


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LA LAMPADINA
Libri
Le letture della Redazione

Libri libri libri!
Andiamo velocemente verso la fine di questa particolare estate:  il caldo, la pandemia sì-no, i problemi mondiali, i nostri nonni direbbero “Ah che tempi.. ai nostri non succedeva.” 
Queste sono alcune delle letture che ci hanno accompagnato in questi mesi e Ve le proponiamo noi della Redazione.
Per l'elenco completo, cliccate qui
o in fondo al box.
Saremo felici di ricevere i Vostri suggerimenti di lettura ed anche i commenti che vorrete fare sui libri proposti.

Letti da Carlo Verga:

"Il fratello minore"
di Andrea Barzini

La storia della famiglia e il mistero dell’ultimo morto in un campo di concentramento tedesco, voto 8. Probabilmente presenteremo il libro in autunno in un circolo romano.

La ragazza della palude
di Delia Owens

Un giallo non male.
Voto 8.
"Cambiare l'acqua ai fiori"
di Valerie Perrin
Particolare. Voto 8.
"Il figlio maschio"
di Giuseppina Torregrossa

Vita siciliana. Voto 6.
"Il giorno del Bianconiglio"
di Alessandro Curioni
Una storia di hacker e guerra web. Voto 7

Letti da Carlotta Staderini:

“Due vite”
di Emanuele Trevi.
Vincitore dello Strega, un libro che va dritto al cervello ed al cuore scritto magnificamente. Tante le annotazioni da ripercorrere.
Attraverso questo libro ho fatto la conoscenza di Pia Pera, una delle protagoniste del libro di Trevi a sua volta scrittrice di grande sensibilità di cui ho letto: ”Al giardino ancora non l’ho detto”, riprendendo un verso di Emily Dickinson.
Libro molto poetico.

Due parole su “I leoni di Sicilia”. A mio avviso il secondo volume “L’inverno dei Leoni” di Stefania Auci, è molto meglio scritto del primo.
La storia, inutile dirlo è assolutamente straordinaria e il libro si legge con gran piacere. È relax. Un libro proprio per l’estate. Comunque questo libro che ha avuto un gran successo è già stato tradotto in moltissime lingue ed è diventato un caso letterario cosi come lo furono i libri della Ferrante.
In questo momento in cui l’Italia ha un Presidente del Consiglio che tutti ci invidiano, ha collezionato medaglie ed è apprezzata nel mondo, si dice che questo libro fa parte del "Rinascimento Italiano”.
Molto bello un libro sul Vietnam “Quando le montagne cantano” di Que Mai Nguyen Phan. La storia del Vietnam  attraverso tre generazioni di donne della stessa famiglia. Molto ben scritto, poetico e interessante. Una carrellata storica romanzata che ci ricorda da quanti popoli questi Vietnamiti sono stati invasi ed oppressi. Oppressi poi non solo da altri popoli ma soprattutto dai loro stessi governanti, che si inventarono per esempio una "riforma agraria” così ideologica e mal fatta che  ridusse alla fame vera il popolo, le famiglie ed i legami si spezzarono e ci furono milioni di morti. Poveri Vietnamiti.
Poi, molto divertente, “La mano”
di Simenon.
Sto leggendo “La Rinnegata”
di Valeria Usala.
L’Internazionale ne parla bene. Una storia sarda, molto dura.
È proprio vero che come diceva Einstein "È più facile disintegrare un atomo di un pregiudizio”.

Letti da Marguerite de Merode Pratesi:

L'arminuta
di Donatella di Pietrantonio
Una storia toccante del passaggio di una ragazzina da una vita di agi al ritorno nella vera sua famiglia  in uno stato di grande povertà. Un abbandono? Una storia forte, ruvida ma di grande impatto emotivo.
Ben scritto! Voto 9.

"Il giardino delle bestie"
di Erik Larson

Non proprio un libro nuovo, ma dove l'autore evoca un momento storico che mi ha sempre intrigato: il periodo che precede in Germania la seconda guerra e l'incredibile superficialità del mondo nel percepire la salita del nazismo. Voto 9
"Les Téméraires. Quand la Bourgogne défiait l'Europe" di Bart Van Loo
Un interessantissimo libro storico che descrive la storia dei Duchi di Borgogna e di conseguenza, di tutta la zona del nord-Europa ricchissima di tante interferenze di popoli che attraversavano queste estese regioni lasciando testimonianze in ogni settore.
"L'inventore dei libri: Aldo Manuzio, Venezia e il suo tempo"
di Alessandro Marzo Magno
.
Il libro riprende la storia di un genio e precursore della storia dell'editoria.
Libro ben documentato. Voto 7.
"L'albero dello zenzero"
di Oswald Wynd.

Un libro che parla della donna, in Giappone, perciò tocca un mondo affascinante e senza tempo. Voto 8.

Letti da Beppe Zezza:

Io ho letto: Le xxi siècle du christianisme a cura di Dominique Reynié.
Raccolta di saggi sulla situazione delle diverse confessioni cristiane nel mondo con un accento particolare sulla Francia.

C'è poi“Ce pays des hommes sans Dieu”
di Jean-Marie Rouart
Sul declino del cristianesimo e il progredire dell'Islam in Francia.
Sto leggendo “Les plus grandes batailles de Rome” di Pierre Cosme.
Non a caso un francese dato che le prime tre battaglie ricordate sono tre sconfitte romane!
Anche io come Marguerite ho l'abitudine di leggere molti libri allo stesso tempo, li alterno secondo l'esprit del momento.
Letti da Lalli Theodoli

Ho letto Sui campi di battaglia
di Giovanni Verusio

Titolo non attraente ma libro pieno di sorprese. Inviato commento tempo fa.
"Fiore di Roccia"
di Ilaria Tuti
.
Eroiche donne che sotto i bombardamenti foraggiavano le truppe al confine.
"Una Viennese a Parigi" di Ernst Lothar.
Una austriaca sfuggita dalla patria da un rendiconto esatto di quanto avviene

Letti da Isabella Confortini Hall:

"Zero K"
di Don de Lillo.
Una summa del "Don de Lillo pensiero". Una realtà distopica alla quale siamo sicuramente già arrivati in qualche remota regione della Terra; riflessioni antiche come il mondo, che il pensiero umano sta cercando di portare a un senso finale omnicomprensivo e sappiamo da sempre che non ci riuscirà, è semplicemente oltre la nostra portata.

"Il duello dei neurochirurghi" di Sam Kean.
Appartiene alla Libreria Scientifica di Adelphi. Il libro è appassionante, è un viaggio alla recentissima scoperta delle neuroscienze. Kean spiega come si formula il nostro pensiero, anche se esattamente ancora non lo sappiamo, e cosa succede nel nostro cervello a tutti noi quando scappiamo, mangiamo, baciamo, perchè lo facciamo, cosa contribuisce e cosa si attiva o rimane in stand-by. Soprattutto pone una domanda: come si passa dall'attività neurale alla formazione della coscienza e ancor più a quello che noi chiamiamo "Anima"?
"L'estate romana di Andrea Montemarte" di Emanuele Ludovisi.
Un thriller psicoanalitico, estremamente raffinato e compatto. La scrittura trascina come acqua che scorre senza chiuse, ciò non ostante, l'approfondimento psicologico dei protagonisti, (sono tutti protagonisti della loro vita, e ciò influenza fatalmente quella degli altri), avanza come un trivella di pozzo petrolifero senza lasciare spazio a se o a ma. Non vi è giudizio, nè connotazioni morali, ma con piacere avidamente si impara, poichè si parla di tutti noi, della continua battaglia tra istinto e razionalità, poichè, come dice l'Autore, "siamo creature per metà divine e per metà istintive".
Seguirà commento completo nel prossimo numero!

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La Lampadina Racconti

Il Professore e la Cantante
di Marina Patriarca

Lampadina!? L’oggetto è comune in ogni casa. Può essere tondeggiante o con  forma di pera molto ovale, stretta come una lingua di fiamma, o panciutissima, più stretta o filiforme, le offerte nei negozi includono flash lampeggianti di effetto come da pista da ballo, e quando ad esempio un bambino incuriosito preme un pulsante la prima volta, sorpreso e conquistato da quella luce, subito pensa di farla sua, ci prova e riprova. La accende, la spenge. Per i giardini  si trovano lampade che si caricano ad energia solare, e poi c’è il neon di luce fredda  geometrica.

Noi consumisti frettolosi nel traffico urbano, confusi  dai fari autostradali, bagliori on line di ogni video e cellulare, poco ci accorgiamo di quella curva liscia della verace lampadina nei salotti e salottini o sulla cucina appesa nel modello classico “a padella” che stava sopra  le pagine del quaderno nei pomeriggi dei compiti a casa. Viene il buio serale e dei giorni scuri di pioggia, teniamolo a portata di mano quel pistillo lucente in certe serate dai vari stati di animo, per molti stanchezza, stress, strane allergie, amici o affetti lontani e pensieri ammassati.
La pila di Volta fu il primo generatore statico di energia elettrica mai realizzato e costituisce il prototipo della batteria elettrica moderna. E lui, Alessandro Volta nella sua residenza l’aveva realizzata nel 1799. Siamo adesso nel 2021 ed io sto cercando la giusta illuminazione per il  mio studio appena occupato. Cosa scegliere?

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La Lampadina ::: Periodiche illuminazioni
Newsletter di fatti conosciuti ma non approfonditi, luoghi comuni da sfatare, semplici novità.

La Lampadina e' una newsletter ideata da Carlo Verga, gestita da un Comitato di redazione composto da: Filippo Antonacci, Isabella Confortini Hall, Lucilla Crainz Laureti, Marguerite de Merode Pratesi, Ranieri Ricci, Carlotta Staderini Chiatante, Lalli Theodoli, Beppe Zezza e redatta con la partecipazione di: Lorenzo Bartolini Salimbeni, Renata Ferrara Pignatelli, Laura Lionetti, Giancarlo Puddu e Angelica Verga. La sede è in via Castiglion del Lago, 57, 00191, Roma.

La newsletter, di natura non politica, non ha scopo di lucro e si propone di fornire - con frequenza inizialmente mensile - "periodiche illuminazioni" su argomenti di vario genere, con spunti di riflessione e informazioni. L'invio viene effettuato su segnalazione degli stessi lettori, agli amici ed agli amici degli amici. il presente numero è inviato a circa duemila persone. Sono gradite da chiunque le collaborazioni e le segnalazioni di persone interessate a ricevere la newsletter.
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