Aleggia in molti di noi una sorta di rassegnazione per quella che è la nostra situazione politica, sociale, civica, culturale. Attraversiamo una fase in cui tendenzialmente siamo demoralizzati; ci sembra di vedere intorno a noi solo cose che non vanno, solo “disgrazie”, solo problemi. In generale anche i media preferiscono enfatizzare le cose che non vanno, dato che, purtroppo, da un punto di vista di audience sono più efficaci.
In realtà però se dovessimo provare a fare delle macro categorie, oltre a quella dei rassegnati, molti di noi potrebbero riconoscersi anche in qualcun’altra (o più) di queste:
A – quelli che “guardano e passano” facendo finta di niente e non curandosi di ciò che accade – gli ignavi
B – quelli che vorrebbero scendere in piazza e appendere una serie di personaggi per gli alluci – i rivoluzionari
C – quelli che non vogliono essere meno “furbi” degli altri e quindi: “… se tu fai cosi, lo faccio anch’io!” – i più furbi
D – quelli che vorrebbero fare, ma pensano che tanto sia inutile – i rassegnati
ed infine
E – coloro che nonostante tutto si rimboccano le maniche e, sorpassando ogni altro pensiero che in realtà li bloccherebbe, si muovono – i fattivi
Il più delle volte oscilliamo tra tutte queste. Sebbene ci faccia impazzire stare fermi ad un semaforo rosso pedonale, quando nel raggio di centro metri non ci sono pedoni e il furbetto accanto passa lo stesso, il nostro sforzo è di non cadere nella categoria C, ma rimanere retti e rispettosi. E stringiamo i denti se sfreccia l’auto blu del potente di turno che deve correre a casa, anche se saremmo tentati di cadere nella categoria B.
La nostra salvezza è di rimanere il più spesso possibile dentro la categoria E.
La rinascita, la svolta, deve venire da ognuno di noi. È inutile stare ad aspettare che succeda qualcosa: siamo noi stessi il motore di questo qualcosa e questo motore deve essere avviato ADESSO. La speranza è che piano piano questa tendenza si inverta e saremo noi ad essere imitati. Siamo noi che dobbiamo diventare “infettivi” e cercare di instillare negli altri questo buon seme. E per fortuna questo seme si sta iniziando a spandere grazie a tutti colori che si convincono che questa è la strada.
L’aspetto più visibile è la quantità di nuove iniziative sociali, nuove attività che stanno nascendo in questi ultimi anni e il numero sempre più crescente delle persone che vi prendono parte. E la chiave del successo di queste iniziative è proprio la volontà di ogni singolo di darsi da fare, di unirsi in squadre, determinandone cosi il successo.
E quindi, dopo questa ampia premessa, vorremmo noi tutti de La Lampadina, essere fattivi e “infettivi”, nel nostro piccolo, per la nostra capitale, che inevitabilmente sta vivendo anni duri, e porre la vostra attenzione su una iniziativa del Comune di Roma – ma che abbiamo riscontrato anche in numerosi altri comuni d’Italia – che è quella dalla Adozione delle aree verdi.
Si tratta di prendersi carico a proprie spese di aree verdi più o meno grandi – ovviamente in base al tempo e al budget disponibile – pulendole, curandole, rimettendo a dimora piante, tagliando l’erba, insomma trattarle proprio con lo stesso amore dei terrazzi o dei giardini di casa nostra, concetto che dovremmo avere comunque sempre in testa anche quando ci “cade” una carta a terra sul marciapiede (è dimostrato che ciò è infettivo: se cammino su un marciapiede ben pulito, sarò sicuramente molto meno tentato di farmi “cadere” una carta a terra).
La procedura per avviare l’adozione è assai semplice: si tratta di redigere una semplice domanda indicando l’area che si vorrebbe adottare.
Sul sito del Comune di Roma si possono recuperare sia la specifica delibera, sia il modulo di richiesta e vedere anche quali sono le aree già adottate.
Si lo so, la reazione è quella di dire: “Ma come con tutti i tributi comunali, l’Imu, la Tari, la Tasi (la Iuc) ecc devo anche prendermi io carico del verde pubblico?”
Ebbene SI, lo vogliamo fare noi senza fermarci a pensare. La Lampadina vuole essere sempre più fattiva e coinvolgere tutti i suoi Lettori ad esserlo.
Ci stiamo organizzando per prendere in adozione un’area verde di Roma. Stiamo vagliando alcune ipotesi studiando le tipologie e le aree nei rispettivi Municipi, ma dovremo fare i conti anche con la forza lavoro e le risorse economiche che avremo: tutta la Redazione è pronta a rimboccarsi le maniche e voi?
Sono d’accordo. Qui a Roma Sud abbiamo adottato da tre anni il Parco degli Scipioni. Un carabiniere in pensione lo apre e chiude tutti i giorni. E’ stato ed è un lavoro faticoso: una domenica al mese ci si ritrova a fare la pulizia e quando bisogna potare gli alberi – o cadono per il maltempo – si passano ore al telefono con il Comune. Ma funziona… e ultimamente un volenteroso falegname ci ha fatto una piccola biblioteca per bambini in cui una volta a settimana i bimbi possono lasciare o prendere un libro… anche questo funziona! Quindi brava Sabina che lo ha proposto.
Trovo molto interessante l’iniziativa e potrei aderire per una zona di Roma nord.
Io sono pronto, sia ad adottare, sia a lavorare. Però a Roma Sud (Appio, Tuscolana, Ardeatina, Lautentina) che è la mia zona. Abito nel parco dell’Appia Antica. Aspetto vostre notizie.
Saverio Brenciaglia
Brava Sabina! Un gruppo di volonterosi, capeggiati da un dinamico giovane avocato (Derosa), ha preso in carico Piazza Don Minzoni e il piccolo parco di Villa Balestra e lo ha totalmente trasformato. I risultati si possono ottenere malgrado il Comune! L’avocato promotore parte del gruppo “E” ed ha, per fortuna, un bel seguito!
Infatti sono nati i gruppi di “retake” che operano già da tempo e sono bravissimi.
Sostengo da tempo che bisogna essere fattivi e non furbetti nè ignavi, ma i romani non riescono a capire e sono maleducati, ossia senza educazione nè senso civico.
Se uno si azzarda di educarli (“scusi le è caduto un pezzo di carta”, “scusi raccolga la popò del suo cane”, ecc.) ti riempono di insulti.
Ma bisogna insistere!