STORIA – Irlandesi schiavi

Un brivido di orrore ho sentito nel leggere un articolo che parlava della tratta di schiavi irlandesi.
Una cosa veramente mai udita. Ma non una bufala, (ne’ una fake news) perché documentata da seri studi storici.
Sulla tratta degli schiavi neri dall’Africa con destinazione il continente americano sia nord che sud abbiamo ampiamente sentito parlare. Il comportamento degli europei – per giunta di religione cristiana – è stato stigmatizzato in ogni possibile modo mentre su quello degli arabi mussulmani che la praticavano da secoli e che hanno alimentato il commercio europeo si è scritto molto meno.
Ma di una tratta di europei effettuata da altri europei non si sapeva nulla; (almeno io non ne sapevo nulla: se qualcuno dei nostri lettori ne fosse stato già a conoscenza sarei molto contento di conoscere il come e il quando è venuto a saperlo).
Eppure così è stato. E per un tempo piuttosto lungo.
Il primo documento di “vendita” di schiavi irlandesi è datato 1612 e la tratta è ancora attestata alla fine del 1700.
Chi erano gli schiavisti? Schiavisti gli inglesi protestanti e schiavi gli irlandesi cattolici.
Il primo a prendere questa iniziativa fu Giacomo I, dopo la guerra di religione che aveva insanguinato il Regno, per punire i ribelli e per soddisfare la richiesta dì manodopera da parte del Nuovo Mondo.
Qualche numero può dare un’idea del fenomeno: dal 1641 al 1652 gli irlandesi venduti come schiavi furono 300.000, a partire dal 1650 i bambini tra i dieci e i quattordici anni deportati e venduti come schiavi, insieme alle loro madri, in Virginia e New England furono oltre 100.000.
Altri dettagli sono raccapriccianti.
Le donne furono usate come fornitrici di sesso e per “produrre” mulatti attraverso l’accoppiamento con schiavi neri. Questa pratica, economicamente più conveniente rispetto all’importazione di schiavi neri, fu proibita da una certa data in poi proprio per non danneggiare il commercio degli schiavi neri.
Nelle navi da trasporto gli schiavi venivano imbarcati in un numero tale che non era possibile stendersi per dormire senza mettersi l’uno sull’altro. La mortalità lungo il viaggio era elevatissima, ma gli armatori non se ne curavano più di tanto, il viaggio di trasporto degli schiavi serviva infatti solo ad evitare il “ritorno a vuoto” dall’Inghilterra al Nuovo Mondo.
E in caso di difficoltà non c’era problema a liberarsi di parte del carico gettandolo a mare.
Ci sono testimonianze che documentano come nel 1798 vennero gettati nell’Oceano Atlantico ancora vivi 1.302 schiavi per avere più cibo a disposizione per l’equipaggio.
Il “prezzo” di uno schiavo bianco era molto inferiore a quello di uno schiavo nero (circa un decimo) sia per la minore resistenza fisica, sia per il minore “costo” – viaggio più breve e catena di approvvigionamento più corta dato che i neri, a differenza degli irlandesi, dovevano essere acquistati dagli arabi che li “fornivano”.
Per chi volesse saperne di più segnalo il libro ” White Cargo: The Forgotten History of Britain’s White Slave in America” di Don Jordan e Michael Walsh , ancora reperibile su Amazon, dal quale molte delle cose qui scritte sono state tratte.
Che dire di fronte a tante nefandezze? Oltre a “comprendere” il risentimento che molti irlandesi provano nei confronti degli inglesi, con una certa amarezza viene fatto di rilevare che la tratta degli schiavi non è questione di razzismo ma, ahimè, è manifestazione della malvagità alla quale può giungere l’essere umano soprattutto quando a comandare è il portafoglio.

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