STORIA – Le battaglie dell’antica Roma: Svetonio e Budicca

Impressionante scorrere l’elenco delle battaglie sostenute dagli antichi romani e le tante loro vittorie. Disciplina e comandi e logistiche perfette per ogni occasione.
Una delle battaglie più cruente e che mi ha colpito particolarmente è stata quella affrontata sulla strada Watling in Britannia. Da una parte una legione romana agli ordini di Gaio Svetonio Paolino, dall’altra un gruppo di 40mila uomini agli ordini di una sola donna dotata di una forza e coraggio incredibile, Budicca il suo nome, la regina della tribù degli Iceni. La descrizione di quelle circostanze ci viene da Tacito negli Annales.
Tutto è cominciato con lo sbarco in Britannia dei Romani nel 43 d.C. All’inizio, rose e fiori con i locali che apprezzavano l’opera di ferma conciliazione tra le tribù della zona in continua lotta tra loro. Dopo poco però gli “invasori”, certi della loro forza, cominciarono ad assumere atteggiamenti autoritari ed oppressivi, imposero il disarmo alle tribù britanniche prima alleate o poi sottomesse (Iceni compresi), appropriazioni arbitrarie di terre e beni ai danni dei locali con una superbia inusuale.
Nell’anno 50 d.C. Budicca con i suoi uomini, oramai esasperati dalla situazione, strinsero alleanze con le tante tribù scontente così da organizzare una rivolta per annullare l’invadenza e distruggere ogni insediamento romano.
Fu formato un “esercito” composto da qualche migliaio di persone di ogni genere, malamente organizzate, ma con tanta energia e voglia di lottare. Poi la forza di incitamento e persuasione di Budicca era tale che erano tutti pronti a “combattere” fino all’annientamento totale del nemico.
Cominciarono con la città di Camulodunum difesa solo da una guarnigione di 200 uomini. In quell’occasione furono uccisi 2500 soldati romani intervenuti successivamente per cercare di contrastare un nemico così numeroso. La città fu rasa al suolo e tutti gli abitanti trucidati.
La tappa successiva, fu Londinium (Londra), oltretutto i rivoltosi, visti i primi successi riuscirono a raccogliere il supporto di molte delle tribù che incontravano nel loro percorso. Londinium non aveva praticamente difese e Svetonio Paolino intervenuto si rese conto che sarebbe stato impossibile ogni forma di salvataggio, ordinò cosi l’evacuazione della città, garantendo la protezione di quanti avessero voluto seguirlo in una fuga verso il nord. Iniziò quindi la ritirata seguito da una lunga colonna di profughi.

Nel frattempo le città di Londinium e Verulamium furono razziate e devastate e tutti coloro che erano rimasti furono trucidati dai ribelli. Durante il sacco delle tre città, gli uomini di Budicca si resero responsabili della tortura e dell’uccisione di almeno 70.000 persone, per la quasi totalità civili, senza distinzione tra uomini e donne, grandi o piccoli.
Svetonio Paolino in ritirata alla disperata, cercava nuove forze per contrastare i ribelli. Richiamò in servizio i veterani, tutti i reparti ausiliari disponibili, pronto a dare una spada e uno scudo a chiunque fosse in grado di reggere le armi. Ebbe il rifiuto dalla Legio II Augusta il cui generale era certo delle disfatta dell’esercito romano. Comunque mise insieme 13.000 uomini, l’armata di Budicca poteva contare su 50mila uomini.
Svetonio continuò la ritirata, inseguito dagli uomini di Budicca il cui esercito si ingrossava di giorno in giorno. Svetonio sapeva di non poter rinunciare alla battaglia ma essendo i Romani in forte svantaggio numerico, doveva trovare uno spazio adatto al combattimento e che non fosse in campo aperto dove le forze soverchianti del nemico lo avrebbero circondato e distrutto.
Svetonio finalmente trovò il luogo, lungo la strada di Watling all’interno di una stretta vallata, una posizione ben difesa: colline boscose e ripidi pendii proteggevano i fianchi e le retrovie dei Romani, scongiurando così il pericolo dell’accerchiamento, il fronte esposto era stretto così da contrastare fortemente il peso della superiorità numerica nemica, inoltre l’ampia visuale sulla pianura consentiva di avvistare i nemici da grande distanza.
I Britanni, erano certi di una facile vittoria, e credettero, vista la posizione scelta dai Romani, senza possibilità di scampo, che il generale romano si fosse messo in trappola con le sue stesse mani. Si ammassarono disordinatamente davanti al nemico. Budicca passò in rassegna il suo esercito, ricordando agli uomini che quel giorno non avrebbero combattuto per la ricchezza o per la gloria, ma per vendicare le ingiustizie subite e per riscattare la libertà perduta.
Svetonio rispose esortando i suoi a non lasciarsi intimorire dal gran numero dei nemici e a ricordare la loro forza ed il loro  valore: che combattessero lanciando i giavellotti e serrando i ranghi, con la vittoria avrebbero soggiogato l’intera provincia ribelle. Poi la battaglia iniziò tra l’urlo assordante degli attaccanti…
Leggi qui la cronaca della battaglia tramandata Tacito (Annali, XIV) e da Cassio Dione (Storia Romana, Epitome, LXII 12):

Senza seguire alcuna strategia precisa, Budicca ordinò ai suoi guerrieri di lanciarsi alla carica nell’angusta vallata, persuasa che il loro numero e la loro furia sarebbero bastati per avere la meglio sui nemici. Per primi si fecero avanti i famigerati carri da guerra dei Britanni, i quali tuttavia non erano progettati per sfondare i ranghi nemici quanto più per trasportare lanciatori di giavellotti. I Romani resistettero all’azione di disturbo dei carri e, quando questi si fecero da parte, accolsero i Britanni con una pioggia di proiettili e dardi. Svetonio Paolino aveva con sé alcuni reparti di arcieri ausiliari e disponeva inoltre di un congruo numero di scorpioni, macchine da guerra romane di dimensioni ridotte, molto maneggevoli, capaci di scagliare dardi di ferro lunghi in media 70 cm fino a 400 metri di distanza. In più, ogni legionario disponeva di due giavellotti, che vennero scaricati sui ribelli non appena la distanza fu giudicata ottimale. Il bersagliamento dei Romani inflisse gravi perdite ai Britanni (in gran parte sprovvisti di armature ed adeguate protezioni) e rallentò l’impeto dei guerrieri lanciati alla carica. Non appena il fronte nemico iniziò a scompaginarsi e a perdere coesione, Svetonio Paolino fece disporre i legionari “a cuneo” ed ordinò loro di caricare a testa bassa i Britanni. La compattezza dello schieramento romano e lo stretto spazio della vallata trasformarono la battaglia in una mischia serrata dove il gran numero dei ribelli si ritorceva contro di loro. Le spade lunghe e le lance dei Britanni, armi che necessitavano di almeno un metro di spazio per essere usate adeguatamente, si rivelarono incapaci di contrastare il gladio, la spada corta dei Romani appositamente congegnata per questo tipo di situazioni. Iniziata all’alba, la battaglia si protrasse per ore e ore e la superiore disciplina dei legionari consentì ai Romani di operare un ricambio continuo di uomini nelle prime file. Verso mezzogiorno i Britanni diedero i primi segnali di cedimento ed iniziarono a perdere terreno. Svetonio mandò allora avanti gli ausiliari germanici, fino ad allora defilati, per lanciare l’affondo decisivo. La cavalleria ausiliaria strinse la morsa sui nemici caricando dalle colline lancia in resta e travolgendo i fianchi dello schieramento di Budicca. A questo punto la ritirata dei Britanni si sgretolò in una fuga disordinata, ma si creò un ingorgo convulso presso i carri dove ancora erano sedute le loro famiglie. Questo permise ai Romani, già lanciati all’inseguimento, di avventarsi su guerrieri e civili, uccidendo o catturando indistintamente.

Tacito scrive che Budicca, per evitare di essere presa prigioniera, si diede la morte con del veleno. e riporta inoltre che le perdite dei Romani furono intorno ai 2.000 uomini, i Britanni, fra guerrieri e civili, circa 40.000.
Tacito continua segnalando che il prefetto di campo della Legio II, Penio Postumo, colui che aveva disobbedito agli ordini di Svetonio Paolino e rifiutato di accorrere in suo aiuto, si diede la morte per il disonore. Svetonio fu poi sostituto per la violenza che aveva usato per eliminare ogni rigurgito di rivolta e tornato a Roma divenne console. Londilium (Londra) fu ricostruita e Roma rimase in Britannia per i successivi 350 anni, fino al 410 d.C.

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4 Commenti
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Enrico Borghi
5 Gennaio 2021 17:29

Complimenti a Carlo per il bell’articolo su Beodicca che fa seguito ad una interessante, recente puntata di Rai Storia, sullo stesso argomento, condotta da Paolo Mieli. Volevo solo completare l’informazione specificando che Camolodinum è l’attuale Colchester, importante città dell’Essex che io conosco perché città natale di mia moglie! C’è un bel castello del 12° secolo, ben restaurato, e costruito sulle rovine di un Castrum romano (da dove deriva, come in altri casi, il Chester) inserito in un bellissimo Parco sulle rive di un fiume.

Beppe Zezza
3 Gennaio 2021 9:09

Penso che l’equivoco venga dall’uso della espressione “sbarco” per la iniziativa dei Romani in Britannia del 43 d.C. Infatti a una prima frettolosa lettura parrebbe che questo “sbarco” si riferisca alla prima invasione della Britannia da parte dei Romani. Questa fu eseguita da Giulio Cesare intorno agli anni 50 aC. La vicenda narrata invece si riferisce alla “riconquista” della Britannia effettuata sotto l’impulso dell’imperatore Claudio.

Marco Travia
2 Gennaio 2021 10:13

L’articolo è interessantissimo anche perché riguarda una di quelle pagine di storia che raramente vengono prese in considerazione,
Mi domando soltanto se si tratta di una incongruenza l’indicazione delle date, dallo sbarco dei Romani nel 43 a.C., l’indicazione del 50 a.C. per l’inizio della ribellione sembrerebbe anteriore allo sbarco. Forse per sintetizzare più efficacemente lo scritto si è saltato qualche passaggio?
Complimenti comunque, grazie per l’attenzione e auguri sentiti per l’inizio del nuovo anno.,
Marco Travia

Reply to  Marco Travia
2 Gennaio 2021 14:22

Grazie Marco per i suoi commenti.
Ha ragione, ma non è un errore di sintesi, ma di battitura: tutto si è svolto d.C. non a.C.!