LA LAMPADINA/RACCONTI – Emanuele Macaluso, morte di un comunista galantuomo

di Pinzi Fabbri
Nelle 1500 settimane che intercorrono tra il 1985 e il 2015 credo di aver battuto il percorso tra Palazzaccio e Porta Portese sul lungotevere nei due sensi almeno 1500 volte facendo il mio jogging.

A voler essere riduttivo ho incrociato Emanuele Macaluso almeno 150 volte, sempre di mattina e sempre sul lungotevere Aventino tra ponte Palatino e ponte Sublicio.
Le prime volte eravamo entrambi giovani, io avevo poco più di quarant’anni e lui circa sessanta.
Gli sguardi che ci scambiavamo non erano particolarmente cordiali, probabilmente i miei occhi tradivano un sentimento del tipo: “Ti conosco sporco comunista!” Al che lui rispondeva con un “Ti riconosco sporco borghese anche se mimetizzato sotto gli stacci che indossi!” Sì, perché essendo ancora anni in cui il jogging lo facevano in pochi, io stavo attento a non fare troppo il fanatico ben vestito per di più ad un’andatura modesta come 8 km/h. Notavo però con soddisfazione che mi cedeva sempre la destra scostandosi dal muretto di sponda per lasciarmi passare senza dover rallentare per evitare l’impatto.
E questo compiacimento aumentò soprattutto dopo aver incrociato sulla sponda opposta del fiume quel personaggio che rispondeva al nome di Oscar Luigi Scalfaro che non era ancora diventato Presidente della Repubblica ma già si compiaceva di passeggiare circondato da scimmionesche guardie del corpo.

Nel corso degli anni di cui parlo ne ho incrociati altri circondati dai gorilla tipo Romano Prodi in bicicletta a Villa Borghese con il quale si stabilì subito un sodalizio ciclistico o, indimenticabile, Francesco Cossiga, già PdR che più volte si sedette al mio fianco da Enzo, il barbiere di Corso Rinascimento, sui insostituibile coiffeur, nel cui salone il presidente dava spettacolo di entusiasmo con i primi telefonini cellulari in circolazione.

Tornando a Macaluso, debbo dire che l’episodio di Scalfaro segnò l’inizio di una nuova apertura nei nostri rapporti peripatetici sicché la prima volta che lo re incontrai, dopo il suddetto sulla sponda opposta, mi venne spontaneo regalargli un sorriso dei miei più smaglianti.
Forse la prima volta lui, sempre così serio e un po’ imbronciato non fece tempo a ricambiare, ma da quel momento in poi fu sempre un crescendo di confidenza, muta ma pur sempre confidenza. Al sorriso seguì il saluto con la mano tremula stile pupazzetti della Regina Elisabetta e poi quello ironico dello scatto della mano alla fronte.

Sciocchezze, direte, e probabilmente avete ragione, ma sono quelle sciocchezze che costituiscono buona parte dell’opinione che uno si fa di una persona. Così Macaluso, vecchio intramontabile esponente di un partito che sta agli antipodi delle mie opinioni politiche e che raccoglie nel suo grembo personaggi discutibili, troneggia, nella sua mitezza, fra i grandi.

Figuriamoci poi oggi quando il mondo della politica è diventato un vomitevole caravanserraglio di piccoli e grandi mariuoli e/o pavoni che fanno la ruota a mero scopo di profitto personale!

E concludo con una nota curiosa che fa pensare a strane forme di predestinazione sotto la cappa del cielo: dopo il 2015 ridottesi le mie prestazioni sportive ,per disgraziate ragioni di artrosi e simili impedimenti dei vecchi, ho cominciato ad accontentarmi di portare a spasso i cani sul lungotevere e zone verdi limitrofe. In quella funzione mi sono sfrecciati accanto migliaia di joggers nel frattanto cresciuti a dismisura. Tutti mi hanno ignorato meno uno, con il quale la storia di Macaluso si è ripetuta, praticamente identica, perfino nei particolati, ma alla rovescia. Anzi è andata oltre perché con lui il film è  passato dal muto al sonoro con ampi scambi di considerazioni proletarborghesi.

Chi era costui? Franco Giordano, segretario di Rifondazione Comunista dopo Bertinotti!

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Paola Maddaluno
10 Febbraio 2021 12:13

I rapporti di stima vanno oltre le ideologie! Bello!