La Lampadina/Racconti – Quando i pazienti sono i tuoi pastori!

di Paola Maddaluno

Ci sono tanti modi per passare il Natale, in famiglia con gli amici ma mai soli. Questo è quello che per la maggior parte della gente significava il Natale. Mimmo però aveva una sua regola particolare, per lui il Natale era fare il medico in corsia e l’ultimo Natale che aveva trascorso in famiglia era quello in cui la sua mamma ormai non aveva lunghe speranze di vita. Era molto anziana e lui come medico aveva sempre poco tempo da dedicarle.
Il lavoro che svolgeva in ospedale era molto impegnativo, tra turni, reperibilità, notti e congressi non vi era tempo neanche per lei. Era molto motivato; lo aveva deciso sin da ragazzo. Il suo vivere in corsia era la sua vita, aveva rinunciato anche a sposarsi perchè nessuna donna avrebbe mai accettato di unirsi ad un uomo così assente nella vita familiare. Così con poche occasioni di svago, la sua vita procedeva, ma quel Natale con l’occhio clinico del medico aveva guardato sua madre e aveva capito che altro tempo non ce ne sarebbe stato. Si era detto: “Quest’anno o mai più”. Così mentre si preparava il piano dei turni delle festività, aveva espresso qualche difficoltà per essere disponibile la Vigilia di Natale. Un suo collega, con cui in privato aveva confidato i suoi dubbi e le sue riserve sullo stato di salute della propria madre, evitò qualunque di discussione in reparto e gli disse che quell’anno ci sarebbe stato lui a fare il turno di guardia del 24 dicembre sera. Mimmo gli fu grato, di solito era sempre lui, lo scapolo del Reparto a fare quella notte, ma questa volta aveva necessità di stare a casa e così fece.
Una serata tranquilla con la sua mamma, un brodino vegetale e le aveva fatto una sorpresa preparando un po’ di pesce in bianco. Lei che della cucina era stata la regina ora non riusciva neanche a stare in piedi dietro ai fornelli, ma del pesce ne aveva sempre voglia e anche se quella non era né una zuppa né un sauté di cozze, era comunque un ricordo dal sapore del mare. Quel mare che li aveva sempre uniti nelle lunghe estati passate in spiaggia e all’ombra nella pineta per mangiare e spezzare la calura. Era di solito la sera che si metteva a cucinare. E sapeva anche come farlo mangiare, siccome lui aveva paura delle spine, lei gli comprava il pesce spada e, scherzando, gli diceva che stasera gli avrebbe fatto mangiare la “bistecca di pesce”. Col tempo le sue paure erano diminuite e aveva imparato a mangiare tutti i tipi di pesce, non esitava neanche davanti ai gamberi da sgusciare e adorava aprire le cene con l’insalata di pesce.
Anche ai suoi pazienti cercava di suggerire di mangiare il pesce, e anche a quelli più giovani, glielo inseriva sempre nelle diete quando li dimetteva dal reparto. Quella sera con il brodino vegetale e il merluzzo in bianco fecero la loro cena, a casa l’unico segno del Natale era un bambinello in ceramica adagiato su cuscinetto di raso bianco, vicino la foto del suo papà. La madre gli disse, con poca voce, mi raccomando il bambinello di ceramica tienilo con cura me lo regalò tuo padre il primo Natale che eravamo sposati e ci ha portato fortuna…Così fu e quando con la badante cominciarono a svuotare la casa della sua infanzia e prendere le poche cose che erano rimaste, prese la scatola in cui era riposto il bambinello e se lo portò con sé insieme ad un quaderno di ricette, che la badante non voleva per sé. Ripose il quaderno di ricette in un cassetto della scrivania e la scatola con il bambinello sotto alcuni pigiami nella cassettiera della biancheria e ogni Natale la tirava fuori e metteva il bambinello vicino alle foto più care, più raramente invece sfogliava il quaderno di ricette, che ormai giaceva abbandonato nel fondo della scrivania.
Il bambinello era diventato l’unico segno natalizio della sua casa, l’unico addobbo, per uno come lui che usava la casa solo per dormire e fare la doccia. La sua vita era nel reparto con i suoi pazienti. Il colore inequivocabilmente verde delle pareti dell’ospedale, che per lui significava speranza, l’odore di disinfettante e le luci della corsia erano per lui delle immagini indelebili che davano significato alla sua vita. Quando non era di turno la notte, andava la mattina presto in ospedale perché il “viaggiare” dei carrelli, con cui gli infermieri giravano per le stanze e andavano a dispensare le medicine del risveglio, lo eccitava moltissimo: per lui era come assistere ad una corsa automobilistica.
Da un po’ di anni vi era un’altra parte bella del suo lavoro, vi erano gli specializzandi, ormai con le nuove normative europee erano retribuiti e vivevano anche loro in corsia e lui cercava di trovare sempre il tempo per istruirli e coinvolgerli nel lavoro clinico. Alcuni suoi colleghi preferivano relegarli dietro ai computer a fare il lavoro di ricerca delle fonti scientifiche per pubblicare qualche articolo ma lui, inguaribile nella sua passione di medico, li trascinava in corsia per mostragli che cosa fosse la vera clinica. Il suo Primario lo guardava con ammirazione e non riusciva a capire dove trovasse tanta energia. Per lui era così né Natale né Pasqua, solo la medicina. Comunque con l’arrivo delle forze più giovani i turni del reparto si erano alleggeriti e anche lui trascorreva qualche notte di più a casa, anche se qualche volta si sentiva inutile e temeva di sprecare il suo tempo.
Si era rimesso di nuovo ai fornelli, aveva tirato fuori il quaderno delle ricette della sua mamma e aveva incredibilmente riscoperto il valore della buona cucina, ovviamente si era cimentato anche con il pesce e non si faceva mancare né “la bistecca di pesce” né un bel branzino al forno. Aveva controllato i turni e quest’anno, con sorpresa, il 24 dicembre sera sarebbe stato a casa, lui, il suo pesce e il suo bambinello di ceramica che aveva già tirato fuori dal cassetto. Aveva già preparato alcuni numeri del Lancet che voleva rileggere e la sera del 24 sarebbe stata una serata tranquilla in cui avrebbe potuto sonnecchiare. Aveva guardato i turni e il giovane specializzando che avrebbe fatto il turno la Vigilia di Natale, si chiamava Alberto, un giovane talentuoso, con cui amava scambiarsi degli utili spunti di aggiornamento. Da quello che aveva appreso sarebbe diventato padre ai primi di gennaio e si era offerto di fare qualche turno di più a dicembre per essere libero nei giorni della nascita del suo primo figlio. Mimmo gli aveva detto che era un peccato che per pochi giorni il suo Natale sarebbe stato senza un bambinello vero e gli aveva però aggiunto che le più belle vigilie della sua vita erano proprio quelle con le luci della corsia e i pazienti, con i loro sguardi speranzosi, erano stati i suoi veri pastori in quel presepe ideale che era il reparto per lui. Così alle 18,00 del 24 dicembre era già a casa, stava ascoltando un po’ di musica classica, mentre cucinava e rifletteva sul da farsi, ogni tanto andava in soggiorno e buttava un occhio sul bambinello, per un istante gli venne il ricordo della sua mamma…squillò il cellulare e vide il numero di Alberto, lo specializzando, rispose tutto preoccupato e Alberto con una voce concitata gli disse che lo doveva aiutare, la sua compagna aveva rotto le acque, l’avrebbe portata in ospedale ma certo non avrebbe potuto fare la guardia, Mimmo non aspettava altro, pensò: “a lui il bambinello vero e a me i pazienti del Reparto e al mio bambinello di ceramica il profumo della buona cucina fatta con le ricette della mia mamma…”. Alle 19,30 era già in reparto a guardare le luci della corsia, era quello il suo Natale, con i pazienti che erano i suoi pastori e il bambinello di ceramica che lo aspettava a casa.

 

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8 Commenti
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Alfonso
10 Giugno 2021 7:29

L’ho letto subito, appena mi hai mandato il link! Ho incontrato questa figura con una certa emozione, riconoscendo il mio padrino in questo medico dedito e appassionato. Grazie! È stata un’emozione molto intima e profonda.

Paola Maddaluno
Reply to  Alfonso
4 Luglio 2021 11:33

Caro Alfonso, grazie per la condivisone delle comuni emozioni!

Claudia Caggiula
6 Aprile 2021 12:27

Ma che bel racconto! Scritto con il cuore e con la semplicita’ che hanno solo le cose veritiere. Brava Paola, dopo aver letto il tuo racconto mi sei ancora piu’ cara!

Paola Maddaluno
Reply to  Claudia Caggiula
6 Aprile 2021 12:56

Grazie per l’apprezzamento!

Laura
6 Aprile 2021 10:00

Bello e ancora molto vero. Senza il lavoro e la dedizione dei nostri medici, questi tempi sarebbero molto, molto più duri.

Paola Maddaluno
Reply to  Laura
6 Aprile 2021 11:06

É proprio vero: i medici e tutto il personale sanitario in questo periodo sono veramente unici!

Cesare
6 Aprile 2021 8:30

Molto bello. Sono medico anch’io all’antica e apprezzo ancora di più il racconto.

Paola Maddaluno
Reply to  Cesare
6 Aprile 2021 11:05

Grazie. E’ un tributo alla categoria che ho voluto scrivere con riconoscenza per quei medici che ho incontrato nella mia vita, uno di questi era mio padre!