ABBIAMO OSPITI/LETTERATURA – Festivaletteratura Mantova 2021: Dante e dintorni

Articolo di Serena Ambroso, Autore Ospite de La Lampadina
Nell’ambito del Festivaletteratura 2021 che si è svolto dall’8 al 12 settembre 2021 a Mantova (vedi articolo di Lucilla Lureti Crainz su questo numero),  La Tenda Sordello ha dato ospitalità alla sezione Accenti  nella quale i frequentatori del Festival sono stati catturati da temi molto diversi fra loro ma molto interessanti, uno di questi è quello  trattato da Giuseppe Antonelli di Storia linguistica italiana.
Giuseppe Antonelli, professore ordinario di Linguistica italiana all’università di Pavia, nel suo  Dante: un’epopea pop ha brillantemente illustrato l’influenza che il Poeta ha avuto e continua ad avere nella cultura e nella lingua italiane. Ha iniziato affermando che l’attuale Vocabolario fondamentale dell’italiano – che secondo gli studi di Tullio de Mauro è costituito dalle 2000 parole usate nella vita quotidiana dagli italiani per soddisfare i propri bisogni comunicativi – ben 1200 sono già attestate in Dante. Ciò rende le opere di Dante ancora comprensibili a gran parte degli italiani di oggi, a differenza di quanto avviene per le opere coeve alla nostra Divina Commedia scritte in francese e in inglese, testi oggi non più accessibili alla maggior parte dei parlanti nativi di queste lingue.
L’oralità è una caratteristica di Dante. Le sue parole le ritroviamo oggi nei testi delle canzoni di Antonello Venditti che nella sua Ci vorrebbe un amico canta “E se amor che nullo amato, amore, amore mio perdona…” verso al quale fa eco Jovanotti  citando le stesse parole di Dante nella sua Serenata Rap. Anche l’inizio dell’Inferno viene utilizzato da Tullio De Piscopo a ritmo di pizzica che la trasforma in una suggestiva Taranta: Nel mezzo del cammin di nostra vita.
Un’altra testimonianza della straordinaria longevità dantesca sono le Lecturae Dantis che, iniziate da Boccaccio, sono giunte fino a noi e continuano ad essere vive in numerosi eventi culturali a noi contemporanei. Come continuano a vivere metafore quali fiamma per indicare una relazione amorosa, espressioni quali Lasciate ogni speranza voi ch’entrate; Fatti non foste a viver come bruti…; Non ragioniam di lor ma guarda e passa.
Altro esempio straordinario di amore per il Poeta lo troviamo quando Firenze divenne capitale dell’Italia unificata  nel culto patriottico che vide Dante diventare il ‘santo laico’ del nuovo Stato! Anche Francesco del Santis nel 1865 fa accenno a tale fenomeno.
Si hanno poi casi di amore illimitato per la Commedia che sconfinano in gravi patologie, come quello che è registrato nel 1872-73 al Manicomio di Roma, Santa Maria della Pietà, di un paziente maniaco furioso il quale – con un soverchio esercizio di memoria – intendeva imparare per recitare tutto il Poema di Dante.
Nel suo saggio politico De Monarchia (1312-1313) Dante si definì ‘un albero che fruttifica e non una voragine che inghiotte’. Parole profetiche. Infatti, se dal 1861 al 1868 Gustave Dorè pubblicò con Hachette le sue numerose incisioni (pubblicate nel 1868 in Italia da Sonzogno), nel 2021 possiamo ammirare 135 delle tavole dell’incisore francese a Firenze nel Chiostro del Brunelleschi, nella Cappella Pazzi, nella Cripta e nel Cenacolo di Santa Croce.
L’albero fruttifero di Dante continua a dare alimento nei campi artistici più svariati: nel 1911 Dante arriva al cinema (viene prodotto il primo film sull’Inferno), nel 1943 si interessa a lui l’Arte contemporanea di Angelo Boetto, passa nei giochi di enigmistica, sulle scacchiere, sulle carte da gioco, nella pubblicità per arrivare nel 1986 perfino nei videogiochi e di recente nelle scritte sui muri romani. Vicino a un liceo è stata recentemente osservata questa scritta: Beatrice ti amo. Dichiarazione sotto firmata Dante. Più pop di così.

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