LA LAMPADINA/RACCONTI – I truffatori

di Gustavo delli Paoli Carini

“In seguito ad un (presunto) incidente di moto, è emersa quest’estate la vicenda dell’ennesimo truffatore che era riuscito a farsi affidare somme ingenti da vari VIPs, in questo caso soprattutto romani.”

Anche se condivido il pensiero di qualcuno che disse: “È giusto che ogni tanto soldi e imbecilli prendano strade diverse.. ossia si separino”, non tutti i truffati sono necessariamente degli sprovveduti. Mentre la tipologia delle vittime è molto varia, tutti i truffatori hanno più o meno lo stesso metodo, con la distinzione che alcuni hanno sin dagli inizi l’unico intento di truffare, mentre altri partono con l’idea di gestire i portafogli dei clienti e scivolano verso la truffa quando non osano annunciare delle perdite e, come i giocatori d’azzardo, cercano poi di “rimediare” aumentando i rischi, e, nella disperazione, attingendo ovunque per trovare altro denaro, compreso quello dei nuovi clienti.. e da lì scatta il meccanismo della truffa conosciuta come Ponzi’s scheme.
Le truffe vengono sempre scoperte e saltano quando per un motivo o per un altro i clienti esistenti chiedono di ritirare i loro soldi e/o quelli nuovi smettono di arrivare.
Durante la mia carriera nel campo finanziario in vari paesi, ho saputo di molte truffe, vi sono stati molti truffati tra i miei amici e conoscenti, ho visto da vicino molti tentativi di truffa e sono stato in contatto diretto con almeno un paio di grossi truffatori, uno internazionale e intenzionale, l’altro “diventato” tale. Proverò a raccontare sinteticamente il modus operandi e la “carriera” di entrambi.

Inizio con un certo Jean Pierre Van Rossem, truffatore assolutamente intenzionale. Quando lo conobbi, in Belgio e in Francia era considerato un genio della finanza e veniva esaltato da molti giornali (in seguito scoprii che alcuni giornalisti erano pagati da lui). Sponsorizzava la Moneytron, una scuderia di Formula 1 con cui gareggiò la Minardi e anche ciò contribuiva a renderlo noto. Correva voce che gestisse ingenti somme di denaro ed è perciò che quando uno dei miei brokers fiamminghi che lo aveva conosciuto mi propose di incontrarlo, accettai volentieri, faceva parte del mio lavoro incontrare i potenziali clienti più importanti. Dopo il primo incontro devo aver rimosso la pessima impressione e la sensazione che di mercati finanziari lui capisse poco o nulla: potere della suggestione, della fama e della pubblicità. Ed è così che accettai quando mi propose di accompagnarlo sul suo jet privato a render visita ad uno dei più ricchi francesi dell’epoca (Mr K), a Grenoble. Io come direttore della banca depositaria, lui come gestore dei fondi.
Durante quell’incontro mi resi velocemente conto che Van Rossem non aveva alcun “metodo di gestione” da proporre e più sorprendentemente, che anche a Mr K non importava nulla, purché gli venisse garantito il 50% in sei mesi sui 50 milioni di dollari che avrebbe affidati a Van Rossem (somma che lui millantava fosse il taglio minimo per accettare di gestire un portafoglio). Immediatamente dopo l’incontro di Grenoble andai a trovare il Sig K a Parigi per smarcarmi da Van Rossem, spiegargli che la banca che rappresentavo nulla aveva a che vedere con questi e dirgli che pensavo che costui fosse un ciarlatano. Qualche mese dopo, grazie alla denuncia di un anziano businessman libanese avvicinato da Van Rossem (intanto divenuto deputato con il Vlaamse Block, partito belga di estrema destra), venne fuori che costui aveva “alleggerito” un numero impressionante di personalità di rilievo e industriali di ogni settore (birrerie, zuccherifici, costruzioni ecc). Incontrai successivamente molti di questi, alcuni mie conoscenze personali, per cercare una spiegazione a tanta leggerezza.

Furono vari i motivi addotti per aver dato fiducia ad un personaggio dall’aspetto decisamente losco e dal curriculum opaco a dir poco (in realtà era stato un trafficante di droga e di steroidi e doveva a ciò le sue disponibilità, poi sfruttate per millantare una inesistente competenza finanziaria). Alcune delle prime “vittime” erano state avvicinate da Van Rossem, già osannato da molti media, grazie alla passione comune per le Ferrari che Van Rossem diceva di collezionare. Una di queste mi confessò che era stato toccato dal fatto che Van Rossem aveva invitato il suo giovane figlio a fare un giro sul suo jet privato… Una volta raggirate le prime vittime, altre erano rassicurate dal fatto che loro amici e conoscenti avessero affidato ingenti somme con ricavi enormi in breve tempo (pochi mesi..in realtà il tempo necessario a trovare altri soldi da nuovi “polli”, secondo il classico “Ponzi’s scheme”, di cui sopra, inventato dal signor Ponzi fine ottocento, che consisteva nel pagare gli interessi promessi a chi gli avesse affidato un capitale, semplicemente con i soldi ottenuti dai nuovi clienti. Nessun investimento dunque, soltanto una semplice truffa destinata a venire smascherata prima o poi ..e così è sempre stato..(ma ovviamente continua a funzionare). Insomma i clienti erano rassicurati dagli altri clienti, i media facevano il loro lavoro di propaganda (senza indagare) e l’ingordigia e la paura, ingordigia per la promessa di forti guadagni e la paura di perdere un’occasione facevano il resto. Ho spesso constatato che le persone si perdonano più facilmente una perdita che non un mancato guadagno.

Interessante anche notare come molti (soprattutto nei Paesi meno avanzati in materia finanziaria) perdono più tempo per scegliere un paio di scarpe o un vestito che non a selezionare il loro consulente finanziario e affidano quindi facilmente somme ingenti all’amico, al parente, alla banca sotto casa o per sentito parlare di rendimenti stratosferici, senza alcuna spiegazione su come venissero ottenuti…

Alla fine Van Rossem fu arrestato e finì in prigione (anche grazie alla mia testimonianza, è ciò mi costò la sua accusa di essere io stesso un trafficante di droga e di capitali illeciti…accusa che ovviamente scemò nel nulla..ma non fu piacevole essere interrogato dalla polizia giudiziaria e sospettato dai media e persino dalle mie segretarie fiamminghe che consideravano Van Rossem un genio nazionale). Al momento del suo arresto fece una dichiarazione spiritosa alla televisione; “Ho una buona e una cattiva notizia. La buona notizia è che un capitalista è stato arrestato, la cattiva è che quel capitalista sono io”.

Lui tuttavia è sempre e soltanto stato un truffatore. Il traffico degli steroidi usati per aumentare in modo illecito il peso del bestiame era molto praticato all’epoca.

L’altro personaggio di cui racconto la vicenda è il cosiddetto Madoff dei Parioli, il quale come il vero Madoff, ha iniziato la sua carriera poi divenuta criminale, come gestore di portafogli. Esperienza bancaria solida, competenza reale sui mercati finanziari e ottima conoscenza dei derivati, ossia di quegli strumenti finanziari che grazie all’effetto leva (un solo esempio facile per tutti; all’epoca con 10,000$ di capitale depositato, si potevano comprare o vendere 1,000,000$ contro €uro o altre valute..una fluttuazione del 2% avrebbe fatto guadagnare …o perdere 20,000$). Agli inizi tutto filava liscio… guadagni reali probabilmente c’erano e i clienti soddisfatti ne parlavano e nuovi clienti arrivavano. Oltretutto, il Madoff dei Parioli, che chiamerò qui G Steppe, aveva assunto nel suo staff persone totalmente a digiuno di materia finanziaria, ma di “buona famiglia” e con una vita sociale attiva, onde assicurarsi un marketing efficace verso quella tipologia di pubblico che, come dicevo sopra, più che approfondire la materia, era rassicurato dalle conoscenze e dall’ambiente. In questo ambiente, appunto, correva voce che G Steppe garantiva guadagni altissimi, fino a 5, 10 volte più di quanto si potesse ottenere con investimenti tradizionali. Non so fino a che momento esatto la gestione di Steppe sia stata “reale”, ossia con l’uso di strumenti finanziari. Chi “vende” unicamente una performance stellare e nient’altro, senza peraltro informare i clienti dei rischi, senza questa non ha più alcun appeal per i clienti. Sicuramente ad un certo punto, probabilmente quando sono sopraggiunte delle perdite, come è normalissimo che accada, invece di fare la cosa onesta, ossia spiegarne le cause ed avvisare la clientela, Steppe ha incominciato ad attingere nei flussi finanziari dei nuovi clienti, falsando la contabilità e millantando continui ricchi guadagni.

Ho conosciuto Steppe perché vari miei amici mi chiedevano di valutarne l’operato. Vivevo a Londra e senza vedere gli estratti conto, inesistenti, né le operazioni effettuate, potevo soltanto dare pareri generici. Quando venni a Roma, Steppe mi fu presentato, sempre con l’idea di ottenere spiegazioni sulla sua gestione, e devo riconoscere che mi fece un’impressione positiva; brillante e competente. La sua spiegazione sulle performance era plausibile. Mi propose di occuparmi di una società di gestione a Bordeaux, da lui appena acquisita e di aiutarli ad aprire e sviluppare un ufficio a Parigi, dove ero stato direttore di un’importante banca di affari/broker americana ed avevo quindi contatti e requisiti necessari. Accettai con un certo entusiasmo, anche perché la società acquisita a Bordeaux esercitava sotto il controllo della severa COB (commissione bancaria francese, equivalente della CONSOB).Fu proprio a Bordeaux e a Parigi, dove con Steppe e Partner/amica ci prendevano con un jet privato (deve essere un vezzo dei truffatori), che subodorai e poi maturai la convinzione che Steppe truffava i clienti italiani. Come? Steppe era l’unico ad avere la competenza necessaria per gestire dei portafogli ad alta volatilità; chi poteva farlo mentre lui era con me in Francia? Scoprii successivamente, grazie all’innocente dichiarazione di una loro contabile che, al ritorno Steppe diceva loro a chi allocare le somme ricevute dai nuovi clienti, attribuendole a guadagni su operazioni mai effettuate, fittizie. Inoltre quando li introdussi presso uno studio di avvocati specializzati nel settore per aiutarli nell’apertura di una sede a Parigi, Steppe e partner si rifiutarono di dare tutte le informazioni che qualsiasi studio serio avrebbe chiesto e quelle che diedero bastavano a capire che il loro business non era sostenibile. Si trattava certamente di una truffa.

Smisi la collaborazione ed incominciai a consigliare ai miei amici e alle mie conoscenze di cui sapevo che si erano affidati a Steppe di ritirare più velocemente possibile ciò che avevano investito. Le reazioni furono per me sorprendenti e al contempo illuminanti. Chi mi disse che era molto amico di un collaboratore di Steppe e che quindi non correva alcun rischio, chi mi sospettò di voler proporre altri investimenti, chi non volle proprio prestare ascolto alle mie pur inconfutabili spiegazioni, chi mi disse di conoscere Steppe da anni e di fidarsi di lui (pur non avendo mai visto un estratto conto ufficiale della sua situazione). Solo un paio dei miei amici più cari seguirono senza discutere il mio consiglio. Quando la truffa fu svelata, un giornalista del Messaggero mi disse che alcune vittime da lui interrogate gli avevano chiesto come mai uno sconosciuto, certo delli Paoli, sembrava essere certo della truffa allorché né Consob, nè Banca d’Italia ne erano al corrente. L’intervista in cui spiegai la mia convinzione apparve sul Messaggero; poche righe e troppo tardi.

Greed and fear. Ingordigia e paura hanno spesso il sopravvento sul buonsenso. Non mi permetto di dare consigli, ma miracoli, almeno nel mondo della finanza, non esistono e se qualcuno vuole crederci, almeno si faccia spiegare bene come funzionano.”

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2 Commenti
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Stefano Assettati
14 Dicembre 2022 17:53

Purtroppo la storia del Madoff italiano è assolutamente vera, ma l’esito giudiziario è ben diverso da quello del Madoff americano. Indubbiamente molti hanno investito soldi sporchi con il Madoff italiano e lo stato italiano era soprattutto interessato a scoprire tali investitori e a risarcire lo Stato. La Consob italiana ne è uscita indenne, la banca d’appoggio (abruzzese) scaricò le responsabilità su due impiegati che invece se la cavarono senza alcuna colpa, le società costituite in Lussemburgo, Londra, Parigi, Bahamas, Panama ecc facevano parte di un gioco di scatole cinesi nelle quali la magistratura italiana non riuscì a venirne a capo. La condanna del Madoff fu irrisoria: soli 9 anni di cui 4 agli arresti domiciliari. Oggi lui è libero, credo che viva a Londra e si può godere quanto sottratto (tra lui e la sua amante/complice). E’ proprio vero che in Italia quasi sempre vince il malaffare: è la teoria del figliuol prodigo!

Francesca Rocca
10 Dicembre 2022 10:42

Buona trama per un giallo, ma non fiction, grazie.