ABBIAMO OSPITI/CULTURA – La Collezione Castellani e la moda del gioiello “archeologico”

Articolo di Duccia Caruso Di Castelnuovo, Autore ospite de La Lampadina

Chi visita a Roma il Museo Archeologico Nazionale di Villa Giulia, salendo al piano nobile di quella che fu la residenza estiva del Papa Giulio III e affacciandosi all’interno della saletta delle Arti e delle Scienze, ha la gradita sorpresa di scoprire una “Wunderkammer” la cosiddetta “camera delle meraviglie”. Qui, infatti, è esposta ai visitatori la Collezione di oreficerie appartenuta alla famiglia Castellani.
Ma chi erano i Castellani e per quale ragione hanno lasciato la loro collezione al museo di Villa Giulia.
Per coloro che fossero interessati a questa pagina di storia ecco di seguito qualche notizia.

Spilla in oro e smalto con gemma in cristallo di rocca. è incisa di una Nereide che cavalca due delfini. Sul bordo, la firma del noto incisore ottocentesco: BERINI INC

I Castellani furono soprattutto orafi esperti e raffinati ma anche studiosi del mondo antico e appassionati collezionisti. Per tutto il 1800 dominarono la scena romana ed internazionale riscuotendo uno straordinario successo per le loro splendide creazioni nella nobile arte orafa.
L’avvio alla nuova moda del “gioiello archeologico”, quello “nello stile degli antichi”, in antitesi ai gusti settecenteschi, si deve a Fortunato Pio, capostipite della famiglia, che nel 1814 aprì un negozio a Roma in via del Corso 174. Grazie alle sue abili capacità di artigiano e alla sua profonda conoscenza delle antiche tecniche dei gioielli etruschi, greci e romani, fu notato da Michelangelo Caetani, duca di Sermoneta, uomo di primo piano nell’ambiente della nobiltà romana e della Curia Pontificia, con il quale strinse una profonda e sincera amicizia.

Punzone con monogramma a doppia C incrociata (iniziali Castellani e Caetani

Fu proprio Michelangelo Caetani, consigliere e collaboratore della bottega Castellani a disegnare alcuni modelli ad imitazione dei monili antichi e, soprattutto, il punzone a doppia C incrociata – lettere iniziali di Castellani e Caetani – inconfondibile marchio da apporre sui gioielli prodotti.
L’intensa attività archeologica del primo trentennio del 1800 con i numerosi scavi eseguiti a Roma, a Vulci, a Tarquinia e a Cerveteri, sollecitarono l’interesse per l’antico sia in Fortunato Pio che nei due figli, Alessandro ed Augusto, ormai compartecipi dell’attività paterna. In questo panorama così eterogeneo di mercanti, collezionisti, archeologi ed antiquari, i Castellani, sempre più interessati al recupero delle “belle” cose classiche iniziarono gli esperimenti sulle tecniche antiche della lavorazione dell’oro, riproducendo il metodo etrusco della granulazione e della filigrana.
Dei due fratelli, Alessandro, dotato di notevole estro artistico e di cultura umanistica fu un raffinato antiquario ed un abile promotore della ditta all’estero, tant’è che negli anni sessanta del 1800 aprì una succursale a Parigi sugli Champs Elisées ed un’altra succursale anche a Londra in Firth Street. Trasferitosi successivamente a Napoli nel 1862, Alessandro fondò una scuola di oreficeria.
Il fratello Augusto, di carattere più stabile e riflessivo, seguì a Roma l’attività del padre, occupandosi dell’amministrazione della ditta senza mai abbandonare, comunque, l’interesse per il mondo classico e per le scoperte archeologiche.
Il successo delle oreficerie Castellani non è solo circoscritto alla riproduzione del gioiello di gusto

Spilla in oro e micro mosaico con iscrizione: AMOROMA. La sovrapposizione delle lettere al centro vuole esaltare la parola ORO. Elaborazione Castellani su disegno di Michelangelo Caetani.

archeologico, ma è dovuto anche al recupero di motivi figurativi di un vasto repertorio artistico assolutamente italiano e all’avere inserito nel castone un micro mosaico o una moneta greca e romana, una gemma incisa o un cammeo, una pietra semi preziosa.
Per tutta la seconda metà del 1800 ebbero grandi riconoscimenti anche in campo internazionale: le Esposizioni Universali a Vienna, a Parigi, a Londra e persino a Philadelphia; una committenza sempre più ampia e illustre che raccoglieva importanti famiglie e nobili casati, come i Borghese o i Pallavicini Rospigliosi e i Doria Pamphilj, alcuni regnanti quali gli stessi Savoia o i reali di Prussia.
È negli ultimi anni del secolo che si iniziò ad avvertire il progressivo declino dell’attività e lo scemare delle vendite. Il repertorio creativo così innovativo e duttile non riusciva più a stare in pari con i tempi: i nuovi fermenti culturali ed artistici dell’Art Nouveau, del Futurismo, del Liberty, del Cubismo non coinvolsero Alfredo, ultimo rappresentante della famiglia, che alla morte del padre Augusto nel 1914 aveva ereditato il laboratorio ormai trasferito a Piazza Fontana di Trevi. Nel 1916 fu lo stesso Alfredo a decidere di donare l’intera Collezione allo Stato Italiano che nel 1919, grazie all’allora Direttore del Museo Etrusco di Villa Giulia, Roberto Paribeni, l’accolse per l’esposizione permanente nella Villa cinquecentesca del Papa Giulio III dove oggi è possibile ammirarla.
N.d.R: La Lampadina ha organizzato una visita alla collezione e a Villa Giulia per il 27 aprile 2023, venite?

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