COSTUME – Viva la fantasia e l’inventiva

Al termine  del percorso universitario  si viene alle prese con la  ricerca di un lavoro. Seguire le orme paterne in  un percorso già tracciato, con possibilità di essere molto spalleggiati e inseriti?
Promotore finanziario? Bancario? Ingegnere? Architetto? Avvocato? Medico?
A volte, senza troppo entusiasmo questa era la strada più seguita. Solo una enorme passione per qualcosa di totalmente diverso (attore, cantante, regista, pittore..) poteva spingere ad affrontare con coraggio la conseguente lotta nella famiglia per la quale il vecchio classico posto fisso, fino alla pensione, sembrava essere l’unico traguardo anelato. Ma non sempre la fatica dello studio universitario garantisce un ottimo impiego (troppa l’offerta e poca la richiesta) e, oltre tutto, il fallimento di una società o un esubero di personale può rendere precario anche il  più fisso dei posti. Insomma… poche certezze. Inoltre, spesso, orari spaventosi, ansie, poco o nessun tempo per la famiglia. Sì, ricco stipendio ..ma fino a quando? Fino a quando si sarà necessari nella società in cui  si lavora? Fino a quando non si preferiranno due master in più e venti anni di meno?

Dopo averci insegnato a girare in tutte le stagioni con scarpe da tennis e jeans, i giovani ci hanno insegnato ad abbattere ruoli tradizionali. I padri hanno cominciato a seguire i figli fin da piccoli. Li cambiano, li cullano la notte, spingono di giorno carrozzelle brandendo biberon e ignorando il sorriso beffardo del bancario impettito e incravattato. Accompagnano i figli alle feste, vanno a prenderli a scuola, assistono, in orari di lavoro, alle recite scolastiche.
Per guadagnare questo spazio però, occorre un lavoro diverso, che non impegni per tutta la giornata. Si riflette… servono tutti quei soldi? Forse potrebbero bastarne di meno. Forse si potrebbe abbandonare quel lavoro dipendente abbastanza sicuro ma tanto noioso e che non lascia spazio per altro. Ed ecco che allora, per un periodo breve o più a lungo termine, si inventano nuove professioni che rendono forse meno ricchi ma anche più liberi e felici.
Così
si occupano di terrazzi e giardini dopo essersi immersi notte e giorno in manuali di botanica. Trascinano in giro i turisti in lunghissime golf cart raccontando e, spesso, inventando storie mirabolanti sui monumenti della città in un inglese spesso discutibile. I più coraggiosi hanno inzeppato, in processioni di side-car obese signore che portano in giro scotolandole sui sanpietrini romani.
Portano a spasso cani a mucchi, con i guinzagli che si intrecciano dappertutto, caricati in macchina per il parco, ammucchiati nei sedili da cui felici leccano le mani del loro istruttore. La stessa macchina poi porta i bambini a scuola scaricandoli pieni di peli di tutti i generi: neri, bianchi, ricci. A volte bambini e cani condividono il passaggio in auto ed è una festa perché i bambini li conoscono tutti per nome e li adorano dato che il papà a volte porta “il lavoro” a casa.

Altri portano un gruppetto armato di cavalletti e pennelli ad eseguire acquarelli improbabili. Dovrebbero rappresentare storici monumenti ma…gocciolano troppo.
Vanno ad assistere gli anziani portandoli alle mostre, leggendo libri, aiutandoli a mettersi in contatto con il mondo tramite il computer. Collegamento  su zoom e vedono i nipoti lontani. Non sono più tanto soli.
Organizzano giri in bicicletta. A volte con persone che rifiutano la bici elettrica ed arrancano pedalando felici su e giù per tutti e sette i colli di Roma. Inventano corsi di cucina per bambini che ne escono tutti infarinati e con durissimi biscotti da consegnare orgogliosi a casa.
Fanno gli skipper nel mare che hanno sempre amato, in barche che mai avrebbero potuto avere in proprietà ma che per un certo tempo sono veramente e totalmente loro.
Tornano alle campagne dei bisnonni abbandonate da generazioni vivendo in città più piccole ed umane.
Vogliono una vita. Un lavoro sufficiente per vivere, da ritmi umani e che lasci spazio per cose belle che non sempre sono anche costose. Non lo è una passeggiata in campagna o in montagna o una nuotata in un mare che non sia la costa Smeralda. Non è costosa una partita di pallone nel parco. Non si vive per lavorare ma si lavora per vivere. È un vecchio detto che da sempre risuona inascoltato nelle nostre orecchie. Ma ora alcuni lo ascoltano. Ed allora ecco che si sta studiando la possibilità che anche i giovani in carriera abbiano una settimana cortissima di lavoro. Anche per loro un respiro di un lungo fine settimana. Avranno tre giorni di fila per fare quello che hanno sempre sognato di fare e che il durissimo lavoro ha fatto accantonare. Già ora rispondono alle conferenze in zoom in tuta e a volte con un bebè in braccio.
Certo non per tutti è così ma in tanti e per tanti è ora LA VITA a contare, quella che ci siamo sempre detti “È UNA SOLA” ed allora la vogliono vivere felici e più liberi anche se, forse, più poveri.

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