ABBIAMO OSPITI/PITTURA – van Gogh e il vento odoroso d’azzurro

Articolo di Elvira Coppola Amabile, Autore Ospite de La Lampadina

Quel vento
sulla spuma
della mia mano
Salata di sole
bruciato nel mio mare.
Quel vento nei sogni
Sfumati nei tuoi.
Carezze salate
Carezze baciate
Carezze dazzurro.

Il mio van Gogh il genio che dipinge il vento.
L’esposizione alla Gare D’Orsay.
Gli ultimi 70 giorni della sua vita. 74 quadri. Più di un quadro al giorno. Senza contare gli schizzi i disegni gli appunti dei progetti.
Mai un’emozione tanto intensa! Tutti i quadri vicini ad un cuore tormentato. E l’ossessione di raccontarli. Dipingendo nuvole cieli vegetazione esplodente di colori.
Van Gogh coglie la vita delle cose che dipinge in modo geniale, “unico”. Dipinge tutto ciò che vede. Racconta col pennello la forza di espressione che anima ogni cosa.
Nei campi di grano, nei fiori, nelle radici, negli alberi, nei tetti delle case, nei cieli percorsi da uccelli neri come pensieri che fuggono. O forse presagi di morte. I corvi neri. E poi nei personaggi.
Uno struggimento ti prende l’anima e mai ti abbandona. Soffri con lui. Il tratto ancora fresco palpitante. La pennellata non si ferma sulla tela. Ti raggiunge e ti dipinge l’anima. L’erba vigne fiori grano nuvole traboccano dalle cornici in cerca di complicità. Ogni cosa vuole essere respirata toccata. Vuole che ti perdi mescolandoti al colore al vento alla luce. Sei dentro al quadro e quando ne esci il paesaggio ti segue e ti dipinge i sentimenti. Il vento ti soffia spingendoti in un universo di sensazioni che esplodono. Quell’universo non vuole e non può abbandonarti.
Com’è possibile che non sentivano questo quando Teo il fratello cercava di vendere i quadri di Vincent?
Forse i compratori ne erano spaventati?
Ma non lo comprendevano!
Teo sì che lo sapeva. Il fratello adorato che muore poco dopo di lui, un anno appena. La tenerezza di Van Gog doveva toccare profondamente chi lo conosceva e lo frequentava. Molti erano generosi con lui. Volevano prendersi cura di lui. Come il dottore che lo curava Paul Gachet. Gli assomigliava persino fisionomicamente. Vincent lo raffigura con un’espressione dolente. Come di chi è in pena per non saper dare l’aiuto sufficiente.
Il fratello Teo che sempre lo ha sostenuto aiutato e che muore non molto tempo dopo Vincent. Come se avesse anche lui esaurito uno scopo di vita. Sono struggenti le loro vite e il loro legame affettivo che traspare dall’arte e dalla copiosa corrispondenza.
Non sono quadri da contemplare, sono sentimenti da accogliere.
Ecco perché Van Gogh non smette mai di stupire coinvolgere e travolgere.
La chiesa poi.
La chiesa di Auvers sur Oise. Non resta sulla tela quando sei lì davanti e guardi. Dal quadro si muove verso di te. Ne senti l’incedere incombente il palpito sofferente. Cosa avrà significato per Vincent? Una preghiera impossibile da recitare?
Una supplica?
Ero lì davanti. Inerme!
Il cuore sospeso gonfio!
Le lacrime scorrevano e non sapevo come formulare una consolazione disperata che non potevo dedicare a nessuno.
Non puoi vedere le foto dei quadri di questo straordinario artista e capirlo.
Si appiattiscono le immagini seppure suggestive e bellissime e si spengono.
Devi vederli dal vivo questi dipinti!
Mille volte ho visto Van Gog. Mille volte sono stata attanagliata da quest’emozione!
La mostra di Parigi alla Gare D’Orsay ha regalato al mondo un momento prezioso, irripetibile per aver voluto raccogliere insieme tutte le opere degli ultimi suoi due mesi di vita. Non è un’antologia o una rassegna come in altre sia pur pregevoli esposizioni. È molto di più. In queste 74 opere segui passo passo la sua vitalità disperata che prende corpo freneticamente fino all’esaurimento di ogni forza. Per poi scegliere di finire.
Mai il dolore di vivere è stato tanto poetico e generoso.
Grazie!

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