ABBIAMO OSPITI – ARCHEOLOGIA: splendore nella decadenza

Articolo di Valentina Ivancich – Autore Ospite de La Lampadina

NL35 - splendore nella decadenza - facciata museo“Mettere un museo all’E.U.R. equivale a farlo morire”, spiegava poco tempo fa una fonte, degna di fiducia sia per la sua integrità personale, sia per la innegabile esperienza in materia. Effettivamente questo quartiere di Roma, così importante per urbanistica e architettura, è anche un poco sfortunato: ai romani, e probabilmente anche agli altri, dà una certa idea di remota lontananza, di trafficati percorsi, di faticosi tragitti. Idea, peraltro, del tutto immotivata: in realtà ci si arriva abbastanza rapidamente, sia con i mezzi pubblici (raro caso per Roma, c’è la Metropolitana), sia in macchina, che lì trova anche ampia scelta di parcheggio.
Tuttavia, questa fama evidentemente contribuisce a scoraggiare i più, assieme, occorre dirlo, ad una informazione assai carente: chi ha mai visto, a Roma-centro o altrove, una qualsiasi locandina o affissione che vanti le bellezze del Pigorini o del Museo della Civiltà Romana? Risultato: già nei musei del Centro vanno in pochi (Musei Capitolini a parte), i musei dell’E.U.R. sono quasi deserti. Ed è un gran peccato: si tratta di musei magnifici, che hanno sede in edifici che hanno fatto la storia dell’architettura, e che custodiscono collezioni uniche al mondo.
Tra i tesori nascosti laggiù, in fondo al viale Cristoforo Colombo, sotto lo stesso monumentale porticato che dà accesso al Museo Pigorini, ma qualche passo più avanti, si trova il piccolo, delizioso Museo dell’Alto Medioevo, con il suo carico di tesori. E il più inaspettato di questi, il più bello, forse, si trova in fondo, come una impareggiabile ciliegina su una torta già di tutto rispetto: l’Opus Sectile di Porta Marina.
Se ne può scrivere senza timore di rovinare l’effetto per il neofita, di guastare la sorpresa della prima volta. L’autore di queste righe può testimoniarlo: anche tornandoci, ogni nuova visita è come fosse la prima: la meraviglia rimane, intatta. Dopo aver percorso il Museo, e il suo assortimento così vario di armi, gioielli, scultura e tessuti dei Secoli Bui, con gli occhi e l’immaginazione ancora colmi di quest’epoca travagliata di decadenza, guerre, invasioni, sconvolgimenti, eccoci in fondo, si penserebbe, ma no: c’è un altro corridoio, si gira un angolo, e ci si trova di fronte a questo miracolo: l’abbagliante splendore di cui era ancora capace quello stesso mondo, o comunque un mondo di poco precedente.
L’Opus Sectile di Porta Marina è una magnifica decorazione murale, in intarsio di marmi preziosi, che ornava laNL35 - splendore nella decadenza - opus sectle scorcio sontuosa sala di ricevimento in una dimora di Ostia antica: la domus ritrovata appena fuori dalla Porta Marina, una delle porte della città. O meglio, l’avrebbe dovuta ornare: infatti gli splendidi pannelli devono il loro eccezionale stato di conservazione al fatto che in realtà, la sala non fu praticamente usata. Per motivi che restano tuttora nel regno delle congetture (Guerra? Terremoto? Subsidenza del terreno? Tutt’e tre le cose?) la ricca decorazione, nuova di zecca, cadde a terra, o non fu montata; contemporaneamente il luogo fu abbandonato e dimenticato – quindi, non saccheggiato. La storia del ritrovamento, degli scavi archeologici e dell’ammirevole e certosino lavoro di restauro, sono molto ben raccontate nei pannelli della saletta vicina.
Si tratta di un’opera di grande bellezza. Figure geometriche, volute vegetali, archi, palmette, dischi e colonne, animali, false architetture che rispecchiano quelle vere dell’epoca – il tutto nei più bei marmi colorati provenienti da tutto il mondo allora noto- si susseguono e si intersecano sulle pareti e sul pavimento della grande sala, che un tempo si apriva direttamente sul mare, allora vicinissimo. Un pergolato di viti -rese a mosaico, ora scomparso- ornava il soffitto di questo spazio tra interno ed esterno. Lo sfarzo fa sognare mondi lontani, civiltà perdute. Era la fine del IV secolo d.C., un’epoca piuttosto tarda per il mondo romano, e che è facile immaginare decadente, di disfacimento; ma dove, evidentemente, esistevano ancora la ricchezza, la cultura e i saperi artigiani necessari per volere e per realizzare una tale opera.
Museografia ottima: l’allestimento, elegante e sobrio, è estremamente efficace. Esaurienti e chiare le spiegazioni: numerosi pannelli raccontano la storia dell’opera, del suo ritrovamento, quello che è stato possibile ricostruire delle sue origini; illustrano aspetti della tecnica di realizzazione e l’importanza dei marmi pregiati nel mondo antico, sia economica che sociale (status-symbol). Viene data un’ottima idea del lungo e meticoloso lavoro di restauro. Inoltre, tutto questo apparato esplicativo è posto, molto intelligentemente, in una saletta attigua, separata dall’opera, che si può così ammirare in tutto il suo puro splendore, senza distrazioni, e con una illuminazione e scenografia ottimali. Per poi andarsi a documentare a volontà nella stanza a fianco.
Non va dimenticato il resto del Museo, e vale davvero la pena fermarsi, all’andata o al ritorno, davanti alle sue vetrine e reperti. Plutei paleocristiani, mosaici tardo-romani, armi splendidamente decorate d’oro e d’argento, gioielli, orecchini Bizantini finiti in tomNL35 - splendore nella decadenza - tesoretto Montecassinobe Longobarde, fibule, rarissimi tessuti Copti – ogni angolo svela un piccolo tesoro. Ed è un piacere, (e un sollivo!) ogni volta, ritrovare queste vetrine vecchio stile, che presentano una gran varietà di oggetti in maniera suggestiva e affascinante, oltre che istruttiva. La moderna mania della didattica e del minimalismo a tutti i costi ha purtroppo ridotto alcuni musei a esposizioni fredde, asettiche, senz’anima; questo per fortuna qui non è avvenuto.
A metà percorso, in una teca vicino ad una finestra, ammicca il cosiddetto Tesoro di Cassino: un meraviglioso gioiello, probabilmente Bizantino, in filigrana d’oro costellata di gemme, che fu ritrovato in uno scavo vicino alla cittadina ciociara, assieme alle monete d’oro che anche sono esposte. Sono reperti più recenti degli altri, risalgono a dopo il Mille; chi le ha sepolte in un bosco di collina? Per quale motivo? Altre storie da ricostruire, o da immaginare.

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2 Commenti
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18 Febbraio 2015 17:22

Bell’articolo, Valentina.. Daccene ancora tanti!

Alessandro Masetti
17 Febbraio 2015 18:42

Articolo molto interessante, non conosco quel Museo e sicuramente lo andrò a visitare. Grazie