VIAGGI: Pechino-Parigi 2016 (prima parte): dalla Cina alla Siberia.

il-percorso-bNel 1997 Philip Young, noto rallista inglese, intuisce l’interesse di fare rivivere il mitico rally Pechino-Parigi del 1907 vinto dal Principe Scipione Borghese. Da allora sono state organizzate quattro edizioni, la quinta sarà nel 2019.
109 equipaggi di cui sette italiani, cinque su Alfa Romeo Giulia degli anni ’70. Dalla Grande Muraglia la sfida inizia, attraverso 12 paesi fino a Parigi. Le strade non sono più quelle del 1907 ma resta comunque il rally più impegnativo del mondo per vetture d’epoca

Da sinistra Scipione Borghese, Ettore Guizzardi e Luigi Barzini

Da sinistra Scipione Borghese, Ettore Guizzardi e Luigi Barzini

La Pechino-Parigi 2016 (12 giugno-17 luglio) è stata la quarta edizione del rally più famoso del mondo per auto d’epoca.
La sfida ebbe inizio nel 1907 quando il giornale francese “Le Matin” crea la gara automobilistica Pechino-Parigi: “Quello che dobbiamo dimostrare oggi è che dal momento che l’uomo ha l’automobile, egli può fare qualunque cosa ed andare dovunque. C’è qualcuno che accetti di andare, nell’estate prossima, da Pechino a Parigi in automobile”?

Alla proposta aderirono una quarantina di equipaggi, ma a Pechino si presentarono solo in cinque, un triciclo Contal dalla Francia, due De Dion-Bouton, anch’esse dalla Francia, una Spyker olandese ed un’Itala dall’Italia.

Scipione e Guizzardi su Itala

Scipione e Guizzardi su Itala

Su Itala si iscrive Scipione Borghese. Il «Corriere della Sera» ottiene che il giornalista Luigi Barzini si unisca all’equipaggio. Gli articoli di Barzini sono pubblicati sul «Corriere della Sera» e sull’inglese «Daily Telegraph». L’Itala guidata da Borghese e dal suo autista Ettore Guizzardi attraversa regioni e popolazioni in Cina, Mongolia, Siberia e Russia che non hanno mai visto un’automobile prima di allora. Barzini scrive sotto le condizioni atmosferiche più disparate ed invia i pezzi quando trova una stazione telegrafica. L’arrivo a Parigi è un trionfo.
cover-barziniDa quest’avventura Barzini trarrà un racconto fotografico che diventerà famoso in tutto il mondo: ”La metà del mondo vista da un automobile. Da Pechino a Parigi in sessanta giorni”.

119 anni dopo, con il mio copilota Lorenzo Castellini, alfista milanese e Presidente della Scuderia Ambrosiana, siamo partiti da Pechino il 12 giugno e siamo arrivati a Place Vendôme a Parigi il 17 luglio.
Le nostra storica Alfa Romeo Giulia, lasciata la Cina, ha attraversato Mongolia, Siberia, Russia, Bielorussia, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Italia, Svizzera e Francia per un totale di 14.000 km. La nostra vettura é stata preparata senza mezze misure anche perché le piste in Mongolia hanno usualmente mietuto molte “vittime” ed è arrivata a Parigi senza problemi!
La gara si divide in una parte di regolarità con controlli orari, al minuto, rilevati più volte al giorno, ed in prove speciali in cui va rispettata una velocità minima. Tali prove con l’andare dei giorni sono divenute delle prove di velocità nello stile di una Parigi- Dakar!

partenza-sIl 12 giugno lasciamo Pechino verso la Grande Muraglia dove tra suoni di tamburo, draghi, emozioni e altri festeggiamenti partiamo per la grande avventura. La prima vettura a partire è una American La France del 1915, ogni 30 secondi una partenza con un applauso ed una rullata di tamburi.
Il giorno seguente ci inoltriamo nella Mongolia Cinese verso Erenhot, città situata nel Deserto del Gobi. Nella regione desertica circostante e soprattutto nei giacimenti di un vicino lago salato sono stati trovati diversi reperti di dinosauri.
Prima di arrivare in città passiamo con le automobili sotto un gigantesco arco che attraversa la strada, costituito dalla ricostruzione ideale, in scala naturale, di due Sauropodi che si baciano.

La nostra Giulia

La nostra Giulia

Entriamo in Mongolia ed i primi due giorni sono davvero memorabili: il rally entra nel vivo e le prove speciali su pista sterrata si  rivelano più impegnative di quanto avevamo pensato.
Noi italiani siamo molto soddisfatti; infatti una delle nostre Giulia è prima e le altre hanno degli ottimi piazzamenti. La sera arriviamo al campo dove ciascuno monta la sua tenda e poi si passa al controllo delle auto: stringere i bulloni riparare marmitte, sospensioni ed altro a volte molto più impegnativo. La Mongolia comincia a mietere le prime “vittime”!

Ulan Batar, capitale della Mongolia, è una splendida città con traffico forsennato. Si dorme in albergo e si passa la giornata, di riposo (saranno quattro in 36 giorni di rally!!!), lavorando sulle macchine. Il grande parcheggio è invaso da meccanici, piloti e navigatori tutti uniti nei controlli e nelle riparazioni.

La Mongolia

La Mongolia

Quattrocento chilometri senza mai vedere un centimetro di asfalto non sono una sciocchezza e già dopo 4 giorni molti concorrenti escono di classifica per le soste dovute alle riparazioni. Il percorso mostra dei paesaggi di grande bellezza ma ricchi di pietre, sabbia e colline che vanno e vengono. La gara si fa sempre più dura, le piste compaiono e scompaiono e solo il GPS ci permette di non perderci. La guida si fa più difficile, dobbiamo limitare i colpi più duri alla nostra vettura evitando le buche, le sabbie, cercando di passare i guadi senza affondare ne’ fermarci nei torrenti.

Le nuvole mongole, le più belle del mondo sembrano a portata di mano, tanto sono basse, ma la corsa ci impedisce di toccarle e di fermarci per ammirare il paesaggio!
Dopo 9 giorni dei quali sette passati in tenda lasciamo la Mongolia per entrare in Russia attraversando la Repubblica dell’Altaj, ricca di foreste e caratterizzata da alte montagne, separate da strette e profonde valli fluviali e da grandi bacini lacustri. Il monte più alto, Kadyny-Bažy (4506 m), è il punto più alto della Siberia. Dopo altre difficili prove speciali arriviamo in un albergo di bungalow di legno e abbiamo l’impressione di trovarci in un paesaggio alpino.
Il mattino seguente iniziamo il lungo viaggio attraverso la Siberia.

(Qui la seconda parte di questo articolo)

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