LA LAMPADINA – RACCONTI: intermezzo vittoriano

Da: “Otto limericks per Dorella e altre storie acide”
di Vittorio Grimaldi

Edizione Clichy

A Camilla

Nel mese di novembre la stazione di Bologna è triste, a prescindere dall’orologio fermo sull’ora della strage. Grumi di neve sporca disegnavano le corsie riservate ai taxi. Il prof. Olindo Maffei, ordinario di Lettere antiche all’Università di Bologna, non sapeva se era più a disagio per l’umidità che gli entrava nelle ossa o per il silenzio spettrale del piazzale, quasi deserto alle sette del mattino. Sebbene non avesse più traguardi, vedovo e con i figli lontani, aveva accettato con entusiasmo l’invito dell’Università di Milano a tenere una conferenza sulle satire di Orazio. Mentre camminava intirizzito, si assolse con un po’ di autoironia… « Vanitas vanitatum», nessuno si salva dalla vanità, sebbene il resto della frase «et omnia vanitas» lo disturbasse perché, ben tradotto, significa che tutto è inutile. Non c’era dunque alcuna ragione plausibile per andare a Milano a quella conferenza, in quella triste mattina di novembre. Nel tratto allo scoperto, fra i portici di via Gramsci e l’ingresso della stazione, gli vennero in mente i versi rassegnati e dolenti della Nevicata di Carducci, vecchio, solo e allo stremo delle forze: «gridi, suoni di vita più non salgono da la città, non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro, non d’amor la canzone ilare e di gioventù». Rabbrividì. Sempre meglio, pensò, di quella pioggia sottile, insistente e malvagia che penetrava ovunque aprendosi una via gelida fin sotto la camicia di flanella. Si infilò nel sottopassaggio sporco, grigio e gocciolante per risalire fino al marciapiede del treno proveniente da Roma. Nel 1992 non c’era ancora l’Alta velocità e i vagoni erano suddivisi in scompartimenti con i divanetti di velluto – beige o rosso, a seconda della classe – che si fronteggiavano. Le motrici elettriche erano ancora le «432» color sabbia o addirittura le «626» di prima della guerra, i cosiddetti «coccodrilli» come i modellini «HO» della Rivarossi regalatigli dalla mamma nel Natale del 1948, quando il prof. Maffei aveva sei anni ed era reduce dalla cocente delusione di un carro armato caparbiamente incapace di produrre scintille col suo finto cannone di latta. In compenso, negli anni Novanta erano già arrivati i graffitari che avevano quasi completamente coperto di scritte i fianchi esterni dei vagoni. Il prof. Maffei, non riconoscendo in quell’orgia di disegni ingarbugliati il numero del suo vagone, si arrampicò sul treno appena in tempo e si mise alla ricerca del suo posto facendosi strada a fatica nei corridoi stretti, ingombri di valigie. Si sedette, finalmente, in senso contrario alla direzione di marcia. Di fronte aveva un giovane che calzava scarpe nere lucidissime sulle quali rifulgeva, come un cornicione, la cucitura sporgente delle suole, tanto da relegare in secondo piano il raffinato disegno scolpito sulle punte. Capelli scuri e ricci, profilo angoloso, orecchie esageratamente larghe, quando Maffei era entrato nello scompartimento, richiudendosi alle spalle la pesante porta scorrevole, non aveva neppure alzato gli occhi dallo spartito che stava leggendo, né s’era preoccupato di fargli spazio scansando i piedi enormi e così magnificamente calzati. Maffei si accomodò un po’ seccato dall’arrogante indifferenza del giovane. Alla sua sinistra sedeva una ragazza bellissima ma dai lineamenti un po’ mascolini. Era avvolta in un ampio soprabito scuro, di una lana ruvida e pesante, forse casentino, guarnito da un collo di pelliccia decisamente fuori moda. Qui furono i capelli a colpirlo, neri e folti, raccolti in un’acconciatura sfatta, come in un dipinto preraffaelita. Il prof. Maffei non poté fare a meno di notare che la fanciulla, per una sorta di bizzarra coinci-denza fra il suo aspetto e i suoi interessi, era intenta alla lettura di un trattato sulla pittura inglese dell’Ottocento: Dante Gabriel Rossetti, Frederic Leighton, Lawrence Alma-Tadema. Artisti singolarmente coerenti con la foggia della sua selvaggia acconciatura, salvo, forse, che per il colore dei capelli che, per quei pittori, avrebbero dovuto essere rossi. «Mi chiamo Vittoria» disse rivolgendo al nuovo venuto uno sguardo saettante «e lui» aggiunse «è Francesco, dirige un’orchestra»… «Francesco saluta il professore!». Il tono era divertito ma perentorio, come quello di una mamma comprensiva che, rivolgendosi a un figlio distratto, vuole insegnargli le buone maniere. Francesco rispose solo con un grugnito sommesso e non alzò gli occhi dallo spartito. «Lei non poteva avere un nome diverso» disse Maffei accennando al libro di Vittoria, «ma come sa che io faccio il professore?» «Che altro può fare chi legge un affare intitolato Echi luciliani nelle satire di Orazio?» rispose quella beffarda. «Touché» riconobbe Maffei «ma non mi dica che le piace quella roba… La vedova egizia, Il trionfo di Tito, tutta quella paccottiglia greco-romana con i marmi del Tepidarium e le cortigiane nel Frigidarium. Però» aggiunse «mi piacciono le chiome rosse scarmigliate che accentuano le pose dannunziane e languide di chi si faceva di oppio e di laudano». Vittoria si aggiustò i capelli e proruppe in una risata fresca, argentina, sorprendentemente infantile. «È proprio così» disse» ma sono quelle le tipe che piacciono a Francesco! Non è vero Francesco?». Poi si rivolse al professore: «Guardi come è bella Persefone» disse. E qui tirò fuori da una cartella la riproduzione del celebre dipinto di Dante Gabriel Rossetti, lo sguardo diretto ma sfuggente, la donna fatale, dalla chioma corvina e riccioluta stringeva fra le dita sottili una melagrana spaccata. La somiglianza con Vittoria era così straordinaria che il professore ne fu turbato «Non assaggi mai» disse «i chicchi di quella melagrana». Vittoria sorrise lusingata. Francesco sollevò gli occhi dal suo spartito proprio mentre il treno entrava nella stazione di Milano Centrale, sballottandoli impietoso per l’intrico dei binari fra uno scambio e l’altro.

Con un ghigno luciferino si volse al professore e disse “Tanto li ha già mangiati tutti!».

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