Tanti anni che mancavo dai Musei Vaticani, finalmente a fine agosto siamo riusciti ad entrare con figli e nipoti e così da ripercorrere le sale del museo con la necessaria calma e non spinti da una folla vociante. Avevamo un’ottima guida e tra le tante cose, evidentemente presa molto da Raffaello, ci siamo soffermati a lungo davanti alla “Scuola di Atene”, il grande capolavoro del pittore.
La descrizione lunga e attenta, il racconto della filosofia di ciascuno dei personaggi come e perchè raffigurati nelle varie pose, i loro pensieri i loro crucci. Siamo rimasti impressionati dalla dialettica e dall’entusiasmo della guida nel descriverci l’opera che naturalmente abbiamo apprezzato anche per la composizione e il pensiero di’insieme.
Abbiano poi continuato il percorso da soli trascurando la parte d’arte moderna, trascinati, dalla stanchezza dei nipoti che dopo due ore davano segni di insofferenza. Varrebbe comunque la pena di parlare anche di quella sezione dove esposto anche un Van Gogh fascinoso per la sua storia… ma questa è un altro argomento e magari ne parliamo nel prossimo numero della Lampadina.
Torniamo sulla “Scuola di Atene”, leggo In questi giorni un commento di un critico americano Kelly Grovier che stravolge la nostra percezione dell’opera impartendo una centralità differente da quanto immaginato fino ad oggi. Il Grovier, in altre parole, ci dice che abbiamo capito poco o niente del dipinto, ma che la filosofia dell’opera si concentra su un minuscolo oggetto a cui nessuno aveva dato peso fino ad ora e che racchiude un mistero del suo inserimento effettuato ad opera quasi finita.
“Guardate bene, – ci dice -, proprio al centro, «oltre il braccio sinistro del malinconico scrittore che siede nel mezzo del dipinto, un semplice calamaio vacilla all’angolo di un grande blocco di marmo, ad appena una gomitata dal cadere, rompersi e aprire un buco nero nel cuore del lavoro di Raffaello». Ebbene: «Quell’oggetto senza pretese, e solo quello, trasforma l’affresco da tributo bidimensionale al pensiero razionale in una meditazione molto più profonda e mercuriale sui misteri dell’esistenza».
Non tralascia naturalmente un’analisi approfondita di ciascuno dei personaggi, la loro filosofia, il loro modo di pensare anche il modo di discutere tra loro e sottolinea come tutto verrebbe a fermarsi se il calamaio cadesse carpendo l’attenzione di tutti, stravolgendo l’intero concetto del quadro, ponendo così proprio il calamaio, un oggetto di nessun interesse, sfuggito agli occhi di milioni di visitatori, come centro di un mondo, forse futile nella propria debolezza.
Infine conclude: “quel calamaio, e solo quel calamaio, rappresenta la fluidità dell’identità che Raffaello ingegnosamente costruisce (e decostruisce) attraverso la superficie del suo dipinto. Togliete il calamaio dall’epicentro dell’affresco, e l’opera si dissolve in un fiasco di forme confuse e confondenti. Il profondo, e trascurato, calamaio di Eraclito è la vera sorgente da cui l’energia elastica del capolavoro di Raffaello promana senza fine».
Che dire? I commenti di Kelly Grovier stravolgono la mia percezione del quadro e naturalmente le spiegazioni della nostra guida, certo aprono uno spiraglio interessante sull‘intera opera.
Voi cosa ne pensate?
Per saperne di più, leggete l’articolo di Kelly Grovier su BBC Culture
Molto interessante ed intrigante l’interpretazione di Kelly Grover sul quadro di Raffaello “La scuola di Atene”. Se siete interessati ha scritto un libro. “A new way of seeing . The history of art in 57 works.” In cui da interpreta (parola chiave) capolavori d’arte.
Ho seguito per 3 anni un corso sulla pittura di Raffaello al Louvre, e ci siamo soffermati per ben 4 “lezioni” sulla Scuola di Atene, questo dettaglio del calamaio, peraltro interessante, non è mai stato analizzato né citato. Allora un problema si pone: chi ha fatto dello zelo? Il critico americano o l’esperto francese?
Comunque ottimo, come sempre, l’articolo di Carlo.
Ciao Manu, so che tu sei donna di cultura e mi fa piacere tu abbia apprezzato la segnalazione dei commenti del critico americano. Che dire? Certo l’americano doveva cercare qualcosa che nessun altro aveva detto fino ad ora, poi chissà?
Voi state bene? Spero a presto.