SCIENZA – Epigenetica e psiconeuroendocrinoimmunologia

Accade talvolta che ci si imbatta su qualche testimonianza scritta -un libro o un saggio- o orale che mettano in dubbio convinzioni che abbiamo acquisito negli anni sulla base di quanto ascoltato dai mezzi di informazione. Questo avviene soprattutto nel campo scientifico dove le acquisizioni della ricerca si fanno strada con difficoltà, spesso ostacolate da motivazione di interesse.
Questo è capitato a me. Tra i doni sotto l’albero, ho trovato un libro Epigenetica e psiconeuroendocrinoimmunologia. Le due facce della Rivoluzione in corso nelle scienze della vita, di due autori che hanno delle buone credenziali, Anna Giulia Bottaccioli e ‎Francesco Bottaccioli. (Una cosa che mi ha colpito leggendolo è la, non dico ampia ma sterminata, bibliografia citata).
La “Epigenetica” [1] L’epigenetica studia i cambiamenti cellulari senza mutazioni genetiche, che possono essere reversibili o irreversibili, ereditabili o non ereditabili, è un argomento che mi ha sempre affascinato e sulla quale ho scritto qualche anno fa un articolo per La Lampadina.
Sin dalle prime pagine alcune idee che avevo sono state scosse.
Più o meno consciamente avevo immagazzinato nella mia mente che dopo la conclusione dello Human Genome Project con il quale si era decifrata la sequenza del genoma umano, erano stati identificati e mappati tutti i geni presenti nel genoma umano, fosse ormai imminente – questione solo di tempo e di risorse – conoscere l’origine di certe malattie particolarmente inquietanti per l’uomo moderno come il cancro, l’Alzheimer ecc.
La ricerca si è indirizzata, spinta anche dall’industria che ha visto possibilità di grandi ritorni economici, a mettere a punto ‘test genetici’ che potessero predire il rischio di contrarre questa o quella patologia. L’impatto di questa convinzione è confermato dalla notizia letta recentemente sui giornali di una star che si è sottoposta a una mastectomia preventiva bilaterale (asportazione di entrambi i seni) avendo scoperto che tra i suoi geni c’era quello associato al cancro alla mammella!
Ebbene le ricerche più recenti hanno mostrato come «le mutazioni [genetiche] sono ben tollerate se non intervengono altri fattori e, solo in rari casi, una mutazione può condurre direttamente a una malattia» (pag. 11), cioè l’idea che la conoscenza approfondita del genoma potesse incrementare fondamentalmente la capacità diagnostiche e predittive si è rivelata una illusione.
Questo fondamentale fallimento è legato alla scoperta che il paradigma meccanicista-riduzionista, che fa dipendere “linearmente” UN effetto da UNA causa, e che è alla base della meccanica classica – non può essere esteso alle “scienze della vita” – in altri termini la vita è assai più complessa di quanto ci si potesse aspettare. Gli studi “epigenetici” hanno mostrato come questa non possa essere “concepita come il semplice ancorché imprevedibile prodotto dell’informazione genica” ma come «la vita retroagisce sulle condizioni che l’hanno prodotta e che continuamente la rinnovano» (pag. 18 e immagine dell’articolo da La Lampadina citato); in altri termini non conta solo l’informazione genica del soggetto ma anche il vissuto, suo e dei suoi genitori.
Come detto l’epigenetica studia i cambiamenti cellulari senza mutazioni geniche.
Questi cambiamenti possono essere “reversibili” – cioè possono scomparire allo scomparire della causa che li ha prodotti – o “irreversibili” cioè la nuova situazione resta invariata anche se le cause che l’hanno prodotta scompaiono, ma anche “trasmissibili” – cioè passare da una generazione all’altra, o “non trasmissibili” – cioè non ereditabili.
Si sono individuati dei “meccanismi” epigenetici che “modulano” le informazioni dei geni, “accendendoli, spegnendoli o modificandone l’azione” [definizione un po’ “maccheronica” ma sostanzialmente corretta” della “segnatura” epigenetica.
Una prima conseguenza si ha sull’ereditarietà. «Ciò che si deve comprendere» – scrive Waddington uno dei padri fondatori del paradigma epigenetico – «è che la coppia di genitori dona alla prole un set di potenzialità, non un set di caratteristiche già formate.»
Un’importante scoperta è stata come meccanismi ‘epigenetici’ possano essere attivati dallo stress al quale l’organismo è sottoposto.[1] Lo stress può essere dovuto all’ambiente naturale nel quale l’organismo vive – cioè diverso è lo stress al quale l’organismo è sottoposto se vive in alta montagna o nel deserto – all’alimentazione  – cioè diverso è lo stress se l’alimentazione è insufficiente o scarsa in carboidrati o scarsa in proteine –  o anche all’ambiente sociale –– cioè diverso lo stress al quale era sottoposto un nostro antenato che viveva attorniato da animali feroci da un nostro contemporaneo che viva in una città ordinata e protetta (chissà se queste città esistono!)
Ma di grandissima rilevanza il fatto che “segnature epigenetiche” possano essere generate non solo da stress “fisici” ma anche da stress “psicologici”.
È stato osservato come uno stress “psicologico”, quale può essere un grave lutto o una situazione conflittuale permanente in ambito lavorativo o domestico possa produrre dei cambiamenti epigenetici i quali a loro volta possono avere effetti su vari aspetti della salute, talvolta impensati, inclusa la risposta immunitaria.
L’epigenetica studia i meccanismi attraverso i quali gli stimoli ambientali esterni, fisici o psicologici, possono influenzare l’attività genica e di conseguenza sia il sistema immunitario che il sistema endocrino. Recentemente è stato documentato come avversità gravi in fasi precoci della vita, abusi e altri traumi possono attivare il sistema neuroendocrino dello stress e promuovere modificazioni epigenetiche capaci di indurre alterazioni dell’umore e di altre funzioni psicologiche e mentali.
L’epigenetica si interseca con la psiconeuroendocrinologia, una disciplina nuova della quale non avevo mai sentito parlare, la quale studia la relazione tra lo stress, il sistema endocrino e il sistema immunitario – cioè la risposta dell’organismo alle malattie.
Il fatto che certi “stili di vita” portassero a delle conseguenze sulla salute è cosa oramai nota. La correlazione tra depressione solitudine e aggravamento del cancro si può dire accertata. La ricerca epigenetica ha confortato queste evidenze epidemiologiche.
Si è rilevato come i tempi di guarigione delle ferite siano notevolmente allungati in una situazione di stress da conflitto familiare. Una ricerca di neuropsichiatri danesi ha evidenziato che le donne che nel primo trimestre di gravidanza avevano subito un evento grave riguardante un congiunto mostravano un aumento significativo di nascite malformate. Una ricerca ha dimostrato come una grave carenza alimentare prolungata di donne gravide abbia avuto conseguenze sui figli non solo fisiche immediate (come prevedibile) ma anche di tipo psichiatrico in età adulta, con trasmissione alla generazione successiva.
Tuttavia gli studi ’epigenetici’ hanno anche mostrato come certe ‘mutazioni’ siano reversibili e che dunque sia possibile agire su di esse. «Questo apre le porte non solo alla ricerca farmacologica ma anche alla ricerca di modalità di gestione per perfezionare terapie comportamentali capaci di influire sull’epigenoma, in primis alimentazione, attività fisica e gestione dello stress».
Questo approccio psiconeuroendocrinologico (PNEI) supportato dall’epigenetica ha già fornito buoni risultati nella cura di quello che può essere definito il male del secolo: la depressione Questa è stata fino ad oggi largamente curata esclusivamente con mezzi “farmacologici”[2] nella ipotesi riduttiva che «i disturbi dell’umore siano riducibili a uno equilibrio di molecole chimiche nel cervello che i farmaci dovrebbero essere in grado di rimettere a posto».
La PNEI presenta buone prospettive anche per la cura di altre patologie, e questa è una buona notizia!

[1] Lo stress non è eliminabile perché sarebbe l’eliminazione della vita. «Quello che conta – scrive Selye, il pioniere delle ricerche sullo stress – non è l’eliminazione dello stress ma la sua gestione per la quale non c’è una formula uguale per tutti anche se la strada da seguire è uguale per tutti: vivere in armonia con le leggi della natura stabilendo il proprio personale ritmo di marcia».

[2] In Italia nel periodo 2010-2013 il consumo di antidepressivi è quasi quintuplicato

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