POESIA – Nascondere le poesie sotto i cuscini dei divani di casa: qualche notizia su Anna Achmatova

Anna Gorenko nasce nei pressi di Odessa nel 1889. Nasce esattamente 10 anni dopo l’uomo che causerà a lei, alla sua famiglia ed a molti, molti altri grandi sofferenze: Stalin.
Anna nasce in una famiglia aristocratica. Il padre, ingegnere navale, si accorge che sua figlia Anna di anni 17, scrive e pubblica poesie che parlano di sentimenti, trovando le riviste di poesie sotto i cuscini dei divani di casa. L’ingegner Gorenko non desidera che il suo nome venga “infangato” da quelle sciocche poesie. Anna replica immediatamente che sceglierà un altro cognome per firmare le sue poesie. Sceglierà il cognome di una sua bisnonna, principessa tartara, che aveva sposato un discendente di Gengis Khan e così diventa Anna Achmatova. Le cinque “a” del suo nome lo rendevano un incantesimo.
Anna era alta, magra, con lunghe gambe e lunghe braccia sottili, un viso illuminato da occhi sensibili, naso aquilino. Era l’immagine della femminilità dominante e misteriosa. Il premio Nobel Josif Brodsky diceva che era arrivata “attrezzata di tutto punto e non somigliò mai a nessuno. Aveva il dono della parola in un universo sordo e muto”.
Con la famiglia visse da bambina a Carskoe Selo, piccolo ma prezioso villaggio vicino a San Pietroburgo, dove il Palazzo bianco e dorato costruito da Rastrelli per Caterina II aveva anche un parco magnifico ricco di statue ispirate alla mitologia e poi vi aleggiava lo spirito di Puskin, su cui in futuro Anna scriverà un saggio. Lì Anna imparò il francese ed a leggere Tolstoj. Poi la famiglia si trasferisce a San Pietroburgo capitale dell’impero degli Zar.
La Russia dei primi del Novecento è un paese molto arretrato nelle campagne con un popolo di analfabeti. Al tempo stesso nella capitale, l’aristocrazia è colta e internazionale. La città è sofisticata, costruita da architetti italiani e ospita una élite intellettuale, che non prevede di essere spazzata via. Anna sposerà un ragazzo del suo ambiente, Nicolaj Gumiliev, poeta famoso che aveva viaggiato molto tra Africa e Parigi. Nicolaj pubblica una rivista letteraria dove Anna pubblicherà le sue poesie. Lui le aveva fatto una corte spietata tentando anche il suicidio per lei. Anna lo sposa con una convinzione modesta. Sarà un matrimonio difficile, dai tradimenti frequenti ed infelice, che terminerà nel 1918. Nascerà un figlio, Lev, con cui Anna avrà rapporti difficili.
Il 1914 è la fine del mondo: Anna e Nicolaj capiscono che è una tragedia da cui non si uscirà più. “Invecchiammo di 100 anni e accadde/ nel corso di un’ora sola” scriverà Anna.
Gli amori di Anna furono tutti infelici. Ebbe tre mariti di cui uno fu giustiziato come controrivoluzionario e l’ultimo marito, Punin, morì in un lager staliniano. Amò e fu riamata da Modigliani che incontrò a Parigi una prima volta durante il viaggio di nozze con Gumiliev, e poi successivamente tornò a Parigi dove con Modì condivideva la passione per le poesie di Verlaine, Mallarmé, Baudelaire. Lui fece diversi ritratti di lei e glieli regalò. I più furono smarriti da Anna tra un conflitto mondiale, una rivoluzione bolscevica, diversi altri pensieri ed i traslochi. Tutti, tranne uno.
Il figlio Lev diventerà un professore universitario in Unione Sovietica dove insegnerà. Fu molto controverso in Unione Sovietica a causa di una sua teoria che sosteneva che la civiltà russa è figlia dell’Asia oltre che dell’Europa. Questa convinzione che ha ancora oggi una rilevanza politica fu alla base delle persecuzioni che subì. Oggi in Kazakistan esiste un’università intitolata a Lev Gumiliev. Lev fu imprigionato diverse volte nel periodo delle purghe staliniane fino alla condanna nel 1949 a 15 anni di lavori forzati. Fu liberato nel 1956. Durante la sua incarcerazione, Anna racconterà in “Requiem” l’esperienza dei mesi in coda nel gelo davanti alla prigione “Tre Croci” dove si trovava Lev e molti altri. Le madri, sorelle, mogli, erano in fila per ore ed ore per poter consegnare in guardiola un pacco per i loro cari; se il pacco era accettato era segno che il prigioniero era vivo, in caso contrario, deceduto. “Ho passato diciassette mesi in fila davanti alle carceri di Leningrado. Una volta una donna mi riconobbe. Una donna dalle labbra livide che stava dietro di me si riscosse dal torpore che era caratteristica di tutti noi e mi domandò in un orecchio: – Ma questo lei può descriverlo? E io dissi: Posso. Allora una specie di sorriso scivolò lungo quello che un tempo era stato il suo volto”. È proprio questa la volta in cui Anna comprende di essere la voce di un intero popolo. Attraverso “Requiem” Anna diventa consapevolmente la testimone di un intero popolo sofferente. Le sue poesie sono in metrica e rima.
Anna non cercò mai di emigrare, restò fedele al suo paese. I suoi amici Pasternak e Marina Cvetaeva la sostengono anche quando nel 1946 viene espulsa dall’Unione degli Scrittori e privata della tessera alimentare. Il regime comunista non le fece più pubblicare nulla fino a quando non morì Stalin. Si mantenne traducendo moltissimo, Victor Hugo e Leopardi avendo studiato l’italiano e Dante in particolare con Mandel’stam, l’amico poeta che era stato mandato al confino nel 1936 e che lei andrà a trovare e scriverà: “Ma nella stanza del poeta in disgrazia /vegliano a turno la paura e la musa./ Ed una notte avanza che non conosce l’aurora”.
Non fu mai arrestata forse perchè era troppo famosa o forse perché era utile politicamente. Anna non è nei manuali di storia ma ne è protagonista. La sua voce è una testimonianza storica. Una delle voci più importanti della poesia novecentesca.
Certamente viene da chiedersi come sia mai possibile che un paese come la Russia poi Unione Sovietica, passato nel tritacarne del Novecento, un paese che ha una così forte alchimia di dolori infiniti, possa annoverare così tanti poeti e scrittori eccelsi, con il coraggio di scrivere versi nel mezzo dell’orrore del Novecento. Certamente nella poesia russa vi è una dimensione religiosa e mistica. Anna, donna credente, scriverà una poesia patriottica durante il conflitto mondiale in cui chiederà al Creatore di sacrificare lei, il marito e il figlio, ma di salvare la Russia! La sua amica Marina Cvetaeva, dopo averla letta, si mise a gridare “Ma cosa ha scritto Anna? Non sai forse che la poesia si avvera sempre!” Davanti alla prigione Tre Croci di San Pietroburgo c’è una statua di Anna Achmatova.
La sua esperienza nel gelo in fila davanti alla prigione le fa scrivere: “Se mi farete un monumento fatemelo qui dove sono stata in piedi 300 ore e dove non mi hanno aperto i chiavistelli. Requiem è quello che lascio alle donne che erano con me”.
La profezia si è avverata. Nel 1940 cade Parigi ed Anna scriverà dolente “Vi avverto che vivo per l’ultima volta”. La sua è una grande disperazione. Nel 1941, la Wehrmacht invade la Russia ed Anna verrà invitata alla radio, dato che è celebre in tutto il paese, per incoraggiare la popolazione a resistere. Alcuni privilegiati, tra cui Anna verranno evacuati da Leningrado, che gli occupanti faranno morire di fame. Rientra a Leningrado nel 1945 e nel 1946 viene nuovamente attaccata come residuo di una vecchia cultura aristocratica, un relitto del passato. Occorre ripulire la cultura sovietica dalle influenze del capitalismo. Viene espulsa nuovamente dall’Unione Scrittori. Bisognerà aspettare la morte di Stalin per poter rivedere in giro i suoi libri. Nei suoi ultimi dieci anni di vita viene considerata la più grande poetessa dell’Unione Sovietica. Le viene assegnata una dacia e avrà il permesso di viaggiare e verrà in Italia. Sarà candidata al Nobel per la letteratura. Ad un certo punto Anna decide di fare testamento. Si fa accompagnare dal notaio da un giovanissimo poeta. Uscendo dallo studio notarile sussurrerà al suo giovane poeta: ”Quando morirò mettiti sotto il braccio il disegno di Modì e fila via!” Morirà a 77 anni per un attacco cardiaco.

 

 

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Renato de Saulpaint
7 Luglio 2023 16:58

Complimenti per questo ritratto bello e affascinante non solo di una grande poetessa ma anche del milieu artistico e storico in cui operava