ATTUALITA’ – Le donne, le loro scarpe e chi le produce

I grandi acquirenti di scarpe sono principalmente le donne, ne sono terribilmente attratte così da riempirne armadi, scarpiere, mobiletti e ogni angolo della casa.
Parlano di loro, rispecchiano l’interpretazione della realtà e le scelte sono molto individuali; possono essere eleganti, con il tacco, da tennis o sportive, comunque esse siano, le più ne perdono la testa! Esistono perfino trattati di psicologia per dare una spiegazione a questo fenomeno di sempre.
Vi ricordate Imelda Marcos? Ne aveva 2700 paia e 800 vestiti, mi chiedo quanto Le ci volesse la mattina per vestirsi. Gli uomini forse ne sono meno attratti, molti tengono a quelle comprate magari 10 anni prima o più, ma devono essere lucidissime e perfette, per molti fondamentale che siano solo comode.
Le scarpe sono oggetti unici e come altre cose, le comprano maggiormente i Paesi più ricchi ma le producono i più poveri, a parte naturalmente quelle di lusso dove l’Italia, per il momento, è leader.
A fine del XIX secolo il più grande produttore mondiale erano gli Stati Uniti, potevano contare su 234 fabbriche con una produzione di oltre un milione di scarpe al giorno. Nel 1981 ha chiuso l’ultima fabbrica.
Le cose cambiano. Quando un’area povera del pianeta inizia ad avere le caratteristiche giuste per diventare un nuovo centro dell’industria manifatturiera, i produttori di scarpe sono i primi a rendersene conto e veloci a trasferire gli impianti. Il fondo speculativo Bridgewater Assiociates ci dice che, in questi ultimi anni, la scarsa crescita del Pil mondiale è dovuta ai “vecchi” ed ex ricchi Paesi mentre spesso gli emergenti hanno crescita a due cifre. Perfino Pechino comincia ad essere in crisi per i costi della manodopera.
I lavoratori cinesi chiedono stipendi ogni anno più alti: nella provincia dello Shenzen da marzo 2018 il salario minimo è stato alzato al nuovo record nazionale di 1.600 yuan al mese (circa 200 euro). La media nazionale è di circa 60 centesimi di euro l’ora, il lavoratore cinese non fa certo la bella vita, ma sono tanti i milioni di stranieri che prendono meno di lui e sono pronti a sostituirlo.

Ne sono calcolati in circa 1 miliardo. Sono le avanguardie della produzione mondiale a basso costo, ma anche indicano una fase di sviluppo economico ascendente per il proprio Paese. L’area dei Paesi così detti “emergenti”, comprende tre continenti. Il primo è quello dell’oceano Indiano con lo Sri Lanka, Myanmar, Bangladesh e Indonesia. Sul lato africano, l’Etiopia, il Kenya, la Tanzania e l’Uganda.
Il secondo è quello del Mar Cinese meridionale, Cambogia, Fillippine, Indonesia, Laos e Vietnam.
Il terzo polo dei nuovi emergenti, meno forte dei primi due, si trova in America Latina, dove il Messico è il paese più interessante con il Nicaragua, la Repubblica Domenicana e il Perù.
Crocs, il produttore dei sandali di plastica americani, ha previsto di ridurre la quota di prodotti realizzati in Cina e aprire nuove fabbriche nel Sud-est asiatico. Coronet, società milanese che produce pelle sintetica per le grandi case di moda come Tod’s e Louis Vuitton, aprirà una fabbrica in Vietnam. Ed è chiaro che le nuove fabbriche, in quei siti segnalati, comprenderanno diritti limitati per i lavoratori e praticamente nessuna grana sindacali. Tuttavia è bene ricordare che 50 anni fa l’emergente del momento era il Giappone e la sigla “Made in Japan” indicava prodotti di scarso valore e scadenti. Ma poi sono arrivati Sony, Canon e Toyota e tanti altri. Lo stipendio del lavoratore medio giapponese, calcola l’Ocse, oggi è di circa 50 mila dollari all’anno: solo 3mila in meno del collega americano, ben 20mila in più di quello italiano…
Comunque care ragazze non abbiate paura: le scarpe continueranno ad esserci ovunque vengano prodotte e sempre più sofisticate… forse meno belle ma chissà?

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Giulia Ferrara Pignatelli
3 Dicembre 2018 22:51

Bella ricerca, divertente e interessante.